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5. L’unico stasimon

5.3 Diverse ipotesi sulla conclusione dello stasimo

Alla luce del contenuto dell’ode, finora analizzato, appare maggiormente chiara la problematica relativa all’ultima stanza, che ha suscitato nella critica diverse perplessità, seguite da altrettante proposte interpretative. La questione si origina dalla convinta affer- mazione, enunciata dal Coro mentre si trova da solo sulla scena, che Neottolemo porterà Filottete a casa, quando il gruppo di marinai è fra i primi a sapere che le sue intenzioni rea- li, previste dal piano orchestrato con Odisseo, sono di condurre l’eroe a Troia. Sembra crearsi, così, una contraddizione con la precedente performance corale, che prevedeva l’attiva collaborazione e partecipazione allo stratagemma; in alternativa, a chi vuole inten- dere le parole del Coro come mendaci e sempre in adesione ai piani ingannevoli, è stata sollevata l’obiezione per cui non vi è motivo che il raggiro venga portato avanti durante l’assenza del protagonista. Questa osservazione è stata fatta, fra i primi, da Tycho von Wilamowitz-Moellendorff (1917), il quale, non vedendo le ragioni di portare avanti il rag- giro, date le circostanze dell’ode, ipotizza che le parole del Coro non siano da intendere come espressione del suo personaggio drammatico, ma che siano solo uno strumento nelle mani del poeta. Nello specifico, lo scopo dell’intervento sarebbe quello di sottolineare de- terminati aspetti della situazione scenica che Sofocle ha intenzione di far vivere anche al pubblico, con una particolare focalizzazione sui sentimenti di Filottete, sulla sua gioia e speranza nel ritorno imminente217. Questa opinione è stata condivisa da alcuni interpreti, fra cui Burton (1980), secondo il quale il contrasto di emozioni che si viene a creare fra la descrizione delle miserie del protagonista e l’ottimismo dell’ultima stanza avrebbe la fun- zione di dare spazio alla felice illusione del ritorno, enfatizzata nell’espressione lirica per

216 Anche se in realtà θεός, “come un dio”, è congettura di Hermann, approvata da Wilamowitz (1921) e ac-

colta da numerosi editori, per πᾶσιν (v. 728), un aggettivo che ha subito molti tentativi di emendazione in quanto non permette la responsione con il giambo del v. 716. A fronte dei vantaggi nella creazione del gioco fonico, non ha alcun argomento paleografico a suo favore e Dawe (1996) preferisce mettere le cruces.

217 Cfr. Wilamowitz (1917), pp. 285-87. Un affinamento di questa teoria può essere colto nell’interpretazione

già citata di Reinhardt (1979), p. 182, cfr. supra, nt. 126, per la quale il Coro, che nella tragedia avrebbe il duplice ruolo di supportare l’intrigo di Neottolemo e comunicare simpatia nei confronti di Filottete, nello sta- simo adempirebbe a quest’ultima funzione.

78 far sì che possa essere apprezzata da tutti i partecipanti alla vicenda, compreso lo spettato- re218.

Per quanto tali argomentazioni siano esposte in maniera incisiva, ci sono alcuni elementi che portano a dubitare fortemente che il personaggio corale possa essere così fa- cilmente estromesso dal suo ruolo. Innanzitutto, si è visto come, nel corso del dramma, il Coro assuma una caratterizzazione e un coinvolgimento nell’azione che ha pochi altri pa- ralleli; inoltre, l’unicità dello stasimo può essere considerata un chiaro indizio della sua maggiore integrazione nello svolgimento della trama. A supporto di questa continuità drammatica, si può stabilire un confronto con la parodo, il canto in cui il gruppo corale as- sume probabilmente la sua più marcata definizione, ricordando la presenza di alcuni echi e di forti parallelismi già evidenziati in precedenza219; alla luce di questo richiamo stilistico, non è difficile ipotizzare anche un collegamento drammaturgico. Dall’altro lato, se si vuole considerare la possibilità che l’ode sia solo un mezzo per esprimere i sentimenti del prota- gonista, si può facilmente notare che, al contrario, in essa è presente un punto di vista che può essere considerato del tutto in linea con quello dei marinai, come si evince confrontan- dolo con le parole di Filottete ai vv. 663-66, quando questi proferisce la sua gratitudine verso Neottolemo e anticipa le stesse tematiche dell’ultima stanza, prima fra tutti il ritorno a casa220. Nonostante ricorra il tema della felicità per il rimpatrio, la prospettiva avanzata dall’eroe si distingue per la sua focalizzazione sull’arrivo dei nemici, gli Achei mandati a recuperare l’arco, e la possibilità di partire da Lemno per sfuggire loro. Nell’evocazione del rimpatrio nel finale dello stasimo, invece, manca qualsiasi accenno a rancore o risenti- mento, cosa del tutto coerente con la supposizione per cui è la mentalità corale ad essere espressa, non quella del protagonista. Delle ulteriori obiezioni si possono muovere anche alla teoria, affine a questa, per cui lo stasimo ha la funzione di dipingere i sentimenti di Neottolemo, e che la compassione dimostrata dai marinai è l’equivalente di quella da lui

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Cfr. Burton (1980), pp. 237-39, secondo cui Sofocle, il quale «has here used his chorus as an instrument to heighten the impact of the contrast of emotions upon his audience» p. 238, enfatizzerebbe il sentimento di speranza già contenuto nelle precedenti parole di Filottete (vv. 663-6) per poi mandarlo in frantumi con il grido di dolore che segue nell’immediato le ultime parole dello stasimo. Questa sensazione di “gioia prima della catastrofe” non è isolata nella produzione sofoclea, basti pensare all’Edipo Re (vv. 1086 ss.), anche se in quel caso il Coro comunica un’emozione frenetica, ben diversa dai toni di questo stasimo.

219 Cfr. supra, p. 73.

220 Filottete rivolgendosi a Neottolemo: «tu che solo m’hai consentito di godere / questo raggio di sole, di ri-

vedere la terra dell’Eta, / il mio vecchio padre, gli amici, ero a terra / di fronte ai miei nemici e m’hai rimesso in sella!», vv. 663-66, trad. G. Cerri.

79 provata fuori scena221. Pur essendo vero che il giovane subirà, nel corso del dramma, un profondo cambiamento d’atteggiamento e di simpatia verso Filottete, fino a questo mo- mento il figlio di Achille non ha dato segno di essere particolarmente toccato dalla sua dif- ficile situazione. Non sembra necessario, perciò, che sia il Coro a esprimerla in questo momento, a maggior ragione considerando che questa anticipazione indebolirebbe l’effetto delle scene successive222.

Se si ipotizza, dunque, che l’ode sia da intendersi all’interno del quadro che vede il Coro caratterizzato come personaggio, allora si può cercare di connetterla ai tratti salienti della ciurma di marinai, ossia la loro fedeltà verso il proprio comandante e verso quelli che credono essere i suoi interessi. Questa atteggiamento, insieme alla disponibilità di mentire a favore della causa di Neottolemo, veniva palesata già nelle parole d’esordio della parodo (vv. 135-6) e ribadita nel corso della stessa, in accordo all’ordine di essere sempre pronti ad ogni cenno e di sapersi adeguare al caso (vv. 148-9). Successivamente, si è visto come il Coro abbia utilizzato gli interventi lirici per far avanzare l’inganno, invocando una pietà verso Filottete che risulta poi strumentale, avente lo scopo di far sembrare convincente la decisione di Neottolemo di prendere con sé il ferito (vv. 507 ss.). La compassione e la pro- spettiva del rientro a casa sono anche gli elementi su cui lo stasimo è costruito; pertanto, stabilite queste connessioni con i precedenti interventi corali, sembra una scelta migliore considerare il canto nell’ambito di una sua continuità drammatica con il ruolo che il Coro ha così attivamente intrapreso finora. Una proposta che aderisce a questa conclusione è quella di Müller (1967), anche se lo studioso fornisce un’interpretazione molto diversa per quanto riguarda le reali intenzioni corali, che non sarebbero fraudolente, ma sinceramente convinte che Filottete e Neottolemo abbiano raggiunto un compromesso che permetterebbe a entrambi di ottenere ciò che desiderano223. Questa teoria, però, sembra inconciliabile con il significato evidente del testo, poiché non si spiegherebbe il comportamento dei marinai nel corso delle scene successive, in particolare quando sollecitano il loro comandante ad

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Di questa opinione Kitto (1956), p. 118, e Knox (1964): «The choral ode sets before us all those feelings of sympathy and admiration for Philoctetes which Neoptolemus has suppressed and hidden beneath the bril- liant surface of his lying improvisation, all that is soon to burst out and overpower him», p. 130.

222 Adams (1957), pp. 148-9, vede nella pietà espressa dal Coro nello stasimo un modo per evidenziare al

pubblico che «this is an emotion Neoptolemus, for all his inborn goodness, has yet to feel».

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Cfr. Müller (1967), pp. 212-238. Burton (1980), pp. 237-8, afferma che questa teoria ha la virtù di conser- vare l’ironia intrinseca della situazione e di prendere in considerazione l’effetto che ha sul Coro lo sviluppo del rapporto fra i due eroi, inoltre i marinai vengono così considerati come un personaggio del dramma, ca- ratterizzato dalla limitata comprensione tipica dell’uomo medio. Anche Burton, però, vede il limite di dover spiegare il drastico cambio di atteggiamento ai vv. 837-864.

80 agire in fretta e a rubare l’arco, approfittando del sonno del suo legittimo proprietario (vv. 837-864).

Riprendendo la linea interpretativa secondo la quale durante tutto il canto viene so- stenuto l’inganno ai danni di Filottete, l’ovvia obiezione che le viene mossa, come si è det- to, riguarda l’inutilità che questo avvenga in assenza dei diretti interessati. Sono stati fatti due tentativi per spiegare in maniera naturale il comportamento del Coro, al primo dei qua- li si è già accennato nel corso del commento all’ultima stanza, menzionando l’ipotesi che dopo il v. 717 escano dalla caverna Filottete e Neottolemo, come propone, fra i primi, Jebb224. Al fatto che non vi siano paralleli specifici per un ingresso anticipato dei perso- naggi nel corso di uno stasimo, è stato risposto che, in realtà, nelle Trachinie di Sofocle (v. 962) e nell’Alcesti di Euripide questo accade225

, per quanto, in queste occasioni, l’arrivo venga descritto puntualmente dal Coro, mentre qui ne manca qualsiasi accenno, seppur mi- nimo, come può essere il passaggio delle forme verbali alla seconda persona. Un argomen- to a sfavore più incisivo, tuttavia, sempre inerente alla convenzione drammatica, riguarda il ruolo giocato dagli ingressi in scena nell’opera+ in questione, un elemento messo in luce da Taplin (1971) nel suo contributo sulle “azioni significative” di questa tragedia, in cui viene evidenziata la coincidenza delle apparizioni di Filottete con gli eventi importanti del- la trama, come uno strumento per sottolinearli e accrescerne la tensione226. Pertanto, anche nel caso in esame, si può supporre il ricorrere a questa funzione da parte del drammaturgo e constatare che l’inquieta aspettativa di una prossima risoluzione, creata dalle parole della seconda antistrofe, verrebbe indebolita e al contempo oscurerebbe il sopraggiungere anti- cipato dei due attori.

Si potrebbe addurre una seconda ragione, questa volta di carattere interpretativo, per contestare l’ipotesi che nel corso dello stasimo si verifichi un mutamento delle inten- zioni corali. Infatti, chi suggerisce che il cambiamento di tono sia dovuto all’improvviso ritorno dei due eroi, presuppone che questo evento determini il passaggio dall’espressione di sentimenti genuini alla simulazione, considerando la pietà dei marinai sincera e dunque incompatibile con l’intento del raggiro227

. Anche in questo caso risulta utile un confronto con la parodo, dove viene dedicata un’intera coppia strofica (vv. 169-90) alla compassione verso Filottete e all’impossibilità di comprendere chiaramente le ragioni delle sue soffe-

224 Cfr. supra, p. 69 e nt. 204 per gli altri interpreti a favore di questa soluzione. 225

Cfr. Gardiner (1987), p. 35, la quale menziona anche altri casi in cui vi è un ingresso anticipato degli atto- ri, anche se è impossibile stabilire a che punto del canto.

226 Cfr. Taplin (1971), pp. 25-39.

227 Così, p. es. Jebb (1962) e Knox (1964), per il quale, quando i due uomini escono dalla grotta, «the chorus

81 renze, il tutto cantato alla presenza di Neottolemo e dopo avergli già comunicato la sua fe- deltà e disponibilità di sostenere i piani fraudolenti. In merito a questo passo, si è visto co- me la pietà che vi viene espressa risulti, agli occhi del pubblico, alquanto convenzionale e perfettamente in linea con la caratterizzazione del personaggio corale, con l’aggiunta di una funzione drammatica volta a sottolineare uno stacco, rispetto alle aspettative create, al momento dell’apparizione del protagonista. Sulla scorta di queste considerazioni, si può avanzare l’ipotesi che non vi sia necessariamente contraddizione, per il Coro, fra l’essere toccato dalla triste sorte di Filottete, di cui si descrive il terribile passato, ed essere sosteni- tore del piano di condurlo all’esercito acheo; tale commiserazione, anzi, sottolinea la svolta positiva prevista nell’imminente, che sia il rimpatrio o il viaggio a Troia, poiché la parten- za prevede in ogni caso la liberazione dalla solitudine e una rimessa in contatto con il mondo e con l’aiuto che la società può dare. In conclusione, non è necessario ipotizzare che debba esserci un cambio di atteggiamento o uno stacco emotivo evidente all’interno dell’ultima coppia strofica228

, ma conviene interpretare l’ode nella sua coesione dramma- turgica e tonale, una caratteristica che d’altronde era già stata evidenziata, a livello temati- co e stilistico, notando la funzione dei due paradigmi mitici di Issione e di Eracle.