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Alcuni orientamenti nazionali riguardanti le valute virtuali

2 Regolamentazione Bitcoin: aspetti giuridico-fiscal

2.5 Alcuni orientamenti nazionali riguardanti le valute virtuali

Alla luce di quanto esposto in precedenza, è facile intuire quanto le valute virtuali rappresentino una questione di estrema importanza, tanto a livello europeo quanto internazionale. Di seguito verranno analizzati i comportamenti più interessanti adottati dai diversi ordinamenti, data l’impraticabilità di esporre in modo esauriente le molteplici modalità con le quali tutti i paesi del mondo hanno tentato di regolamentare la materia, sia in senso positivo che negativo. Ci sono paesi che fin da subito hanno vietato categoricamente produzione e transazioni in bitcoin, altri che, in attesa di risvolti a livello internazionale, divulgano avvertenze sui rischi del sistema delle criptovalute consentendone indirettamente l’utilizzo e poi stati che invece hanno avuto un atteggiamento positivo a favore della diffusione delle criptovalute. Ad ogni modo, a livello nazionale, gli stati hanno spesso adottato approcci eterogenei e frammentati, e alcuni paesi hanno persino mostrato opinioni diverse e talvolta conflittuali su argomenti relativi a Bitcoin.

Il Brasile, nell’ottobre 2013, ha varato una legge (n. 12.865) che regola la creazione e lo scambio di monete elettroniche definite come "risorse memorizzate su un dispositivo o sistema elettronico” che consente all'utente finale di eseguire un'operazione di pagamento. La legge permette al Brasile di determinare l’uso del bitcoin, e di ogni genere di valuta elettronica che nascerà in futuro. Nel mese di aprile 2014, l’autorità fiscale brasiliana ha stabilito che i guadagni in conto capitale sono soggetti ad una tassazione del 15% ma soltanto se le plusvalenze superano i 16.000 dollari93.

In Germania, in largo anticipo rispetto a molti altri paesi dell’Unione Europea, l’Autorità di vigilanza tedesca sul mercato finanziario (BaFin) ha definito il bitcoin non come denaro o valuta straniera ma semplicemente come un’unità di conto94. Pertanto, il mero utilizzo

di Bitcoin come mezzo di scambio alternativo alla moneta a corso legale non costituisce attività soggetta ad autorizzazione95. Di converso, in tutti i casi in cui vi sia acquisto o vendita di Bitcoin per conto terzi su scala commerciale, secondo quanto deciso dalla BaFin, è necessaria una licenza ai sensi della legge bancaria tedesca (KWG), in quanto attività sottoposta a regolamentazione e vigilanza96.

93 De Filippi, “Bitcoin: a regulatory nightmare to a libertarian dream”, luglio 2014, p.5 e ss. 94 https://cryptonomist.ch/criptovalute/crypto-le-regole-in-germania/

95 La Rocca. L, “La prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo nelle nuove forme di

pagamento. Focus sulle valute virtuali”, Analisi Giuridica dell'Economia, Fascicolo 1, giugno 2015, p. 216 e ss.

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Il 1° aprile 2017 il Giappone ha ufficialmente legalizzato il bitcoin come metodo di pagamento legalmente accettato nel paese, diventando così il primo paese ad aver assimilato le criptovalute ad una moneta, sebbene non abbiano corso legale. Tuttavia, nonostante il Giappone sia uno dei paesi più avanzati sul fronte dell’adozione e integrazione delle criptovalute, le autorità giapponesi stanno valutando la possibilità di introdurre regole più restrittive, soprattutto alla luce degli attacchi informatici subiti dal paese. Il paese ha annunciato recentemente il lancio della JCEA (Japanase Cryptocurrency Exchange Association), un ente che mira all’implementazione di buone prassi nel settore e a sviluppare norme esaurienti in materia di tutela dei clienti e controlli normativi interni.

Considerando il contesto regolamentare degli Stati Uniti, Il 18 marzo 2013 la FinCEN (Financial Crimes Enforcement Network), un’agenzia all’interno del dipartimento del Tesoro dell’amministrazione federale, ha definito le condizioni per cui un utilizzatore di moneta virtuale può essere considerato come Money Service Business (MSB), ossia come un ente di trasmissione di denaro e ricadere sotto le disposizioni delle leggi antiriciclaggio che impongono precise misure per l'identificazione delle persone con cui concludere affari. Nel settembre 2015 la Commodity Futures Trading Commission (CFTC)97 ha

affermato che “Bitcoin e altre valute virtuali possono essere adeguatamente definite come commodities”.

Accanto ai paesi che permettono la diffusione delle valute virtuali, in ossequio alle regole definite dalle autorità nazionali, sono presenti anche quei paesi che pongono una serie di restrizioni per circoscrivere la diffusione del mercato delle criptovalute. Tra questi paesi rientra sicuramente la Cina. Il 5 dicembre 2013, la Banca Popolare Cinese (PBOC) ha esplicitamente vietato le transazioni da e con bitcoin a tutte le istituzioni finanziarie nazionali (che siano banche o società minori di pagamento) e la possibilità di offrire servizi o fare affari con l’industria dei Bitcoin98. Tuttavia, tale divieto non è stato esteso

ai cittadini privati, i quali possono continuare a detenere e ad utilizzare monete virtuali. Nonostante tale misura restrittiva, i volumi di scambio hanno continuato ad aumentare rendendo la Cina il principale mercato delle criptovalute. Un report della Goldman

97 La CFTC, fondata nel 1974, è un’agenzia federale indipendente responsabile della regolamentazione dei

futures delle materie prime negli Stati Uniti. La sua sede principale si trova a Washington e persegue diversi obbiettivi tra i quali la protezione degli investitori dalle frodi, dalle truffe e dalle pratiche di trading abusive e garantire l’integrità del settore finanziario.

98 A.Capogna, L.Peraino, S.Perugi, M.Cecili, G.Zborowski, A.Ruffo, “Bitcoin: profili giuridici e

comparatistici. Analisi e sviluppi futuri di un fenomeno in evoluzione”, Diritto Mercato Tecnologia N. 3 – 2015, p. 51 e ss.

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Sachs99 ha rilevato come più dell’80% delle transazioni di bitcoin, nel primo bimestre del

2015, siano avvenute in Yuan cinesi. Inoltre, la Cina è diventata un luogo favorevole in cui installare le apparecchiature utilizzate dai miners, dato il basso costo della manodopera e delle materie prime. Pertanto, ad agosto 2017 la Cina ha dichiarato illegali le ICO (Initial Coin Offering), il sistema di raccolta fondi basato sulle criptovalute, ritenute in grado di intaccare l’ordine economico e sociale, oltre che a creare dei rischi alla stabilità finanziaria.

All’inizio del 2018 è intervenuta anche la Corea del Sud, uno dei paesi più attivi insieme al Giappone. Le autorità hanno previsto un divieto di trading di criptovalute in modo anonimo. Le banche saranno costrette a vietare operazioni derivanti da conti anonimi per il trading in valute virtuali affinché tutte le transazioni diventino pienamente tracciabili e trasparenti e in modo tale da mettere un freno al riciclaggio e alle attività criminali, oltre che alla speculazione e all’evasione fiscale100.

Infine ci sono alcuni paesi che fin dal principio, per varie ragioni, hanno impedito qualsiasi operazione fatta in bitcoin. Esempi a tal proposito sono: Bolivia, che nel 2014 ha categoricamente bandito qualsiasi valuta non distribuita o regolata direttamente dal governo, Ecuador, Vietnam e Tailandia101.

99 https://www.financemagnates.com/cryptocurrency/trading/goldman-sachs-report-80-of-bitcoin-trading-

in-chinese-yuan/

100http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2018-01-23/bitcoin-corea-sud-vuole-mettere-fine-all-

anonimato-102350.shtml?uuid=AEqsURnD&fromSearch

101 A.Capogna, L.Peraino, S.Perugi, M.Cecili, G.Zborowski, A.Ruffo, “Bitcoin: profili giuridici e

comparatistici. Analisi e sviluppi futuri di un fenomeno in evoluzione”, Diritto Mercato Tecnologia N. 3 – 2015, p. 53.

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