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2 Regolamentazione Bitcoin: aspetti giuridico-fiscal

2.6 Regime fiscale

Di seguito verranno analizzati gli interventi più importanti delle istituzioni nazionali e sovranazionali allo scopo di segnalare le questioni più importanti in merito al trattamento fiscale delle criptovalute. Sul tema vige poca chiarezza la quale, come accennato all’inizio del presente capitolo, deriva principalmente dalla natura ibrida di questi strumenti e soprattutto da un difficile inquadramento giuridico. Al riguardo, merita un’attenta analisi il documento102 pubblicato dall’IRS (Internal Revenue Service)103 il marzo 2014 attraverso il quale l’autorità prende posizione in merito ai principi fiscali da applicare alle transazioni realizzate in valute virtuali. Anzitutto, l’ente chiarisce che le valute virtuali vanno considerate come forma di proprietà e non come moneta, pertanto le ricevute delle valute virtuali, come pagamento per l’acquisto di beni e servizi, devono essere comprese nel reddito lordo104. Inoltre, ai fini fiscali statunitensi, le transazioni che utilizzano valuta virtuale devono essere segnalate in dollari, quindi ai contribuenti è richiesto di determinare il valore di mercato delle monete virtuali convertendo il loro valore in dollari. Ancora, l’IRS afferma che i principi tributari statunitensi si estendono anche all’attività dei miners. Infatti, la valuta virtuale estratta con successo da un contribuente deve essere inclusa al valore di mercato nel calcolo del reddito lordo oppure è assoggettata all’imposta sul lavoro autonomo se il mining deriva da un’attività commerciale. L’autorità, alla fine del presente paper, segnala che in caso di inosservanza delle misure proposte riguardo alle transazioni in valute virtuali si potrebbe incorrere in sanzioni. L’autorità recentemente ha indagato sulla piattaforma Coinbase per verificare quanti utenti dichiarano al fisco i profitti in Bitcoin. In particolare, l’ente statunitense ha richiesto dati sensibili di migliaia di utenti che abbiano comperato, venduto, inviato o ricevuto più di 20.000 dollari in Bitcoin sui loro conti correnti tra il 2013 e il 2015. La sentenza105 ha rilevato che la piattaforma in esame aveva almeno 5,9 milioni di clienti che hanno completato sei miliardi di transazioni. Come mostra la sentenza, più di 10.000 persone hanno acquistato o venduto più di 20.000 dollari di valute virtuali. Tuttavia, solo 800-900

102 https://www.irs.gov/pub/irs-drop/n-14-21.pdf

103 IRS è l’Agenzia delle entrate del governo federale degli Stati Uniti d’America. I compiti dell'IRS

comprendono l’offerta di assistenza fiscale ai contribuenti, il perseguimento e la risoluzione di casi di pratiche fiscali errate o fraudolente.

104 Michael Sardar, Digital Currency: Taxation, Enforcement, and the John Doe Summons, The Cpa

Journal, Septemper 2017, p. 62 e ss.

105https://www.scribd.com/document/365893210/US-v-Coinbase-

order?irgwc=1&content=10079&campaign=Skimbit%2C%20Ltd.&ad_group=66960X1514734Xf98090d 6fa5931ea07eb790a7c503175&keyword=ft750noi&source=impactradius&medium=affiliate#from_embe d

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contribuenti all’anno hanno dichiarato proventi in criptovalute tra il 2013 e il 2015. Ciò suggerisce senz’altro che molti utenti della piattaforma Coinbase potrebbero non avere riportato i loro guadagni in bitcoin, sollevando questioni legate all’evasione fiscale. Con Sentenza pubblicata il 22 Ottobre 2015106, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è espressa in merito all’applicazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto alle operazioni di cambio riguardanti i bitcoin. L'intervento dell’Unione Europea era stato sollecitato dall'iniziativa di David Hedqvist, cittadino svedese interessato a offrire la possibilità di cambiare bitcoin in corone svedesi e viceversa. L’autorità ha affermato che le transazioni che implicano un cambio tra bitcoin e moneta a corso legale sono esenti dall’IVA. L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA (Direttiva 2006/112/CE)107 prevede che

siano assoggettate all’IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisca in quanto tale. La Corte sostiene in primo luogo che il bitcoin, valuta virtuale oggetto di cambio con le valute tradizionali, non può essere qualificata come bene materiale ai sensi dell’articolo 14 della direttiva IVA, dato che questa valuta virtuale non ha altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento. Conseguentemente tali operazioni non ricadono nella nozione di cessione di beni ma costituiscono prestazioni di servizi ai sensi dell’articolo 24 della direttiva IVA108. La presente Direttiva dedica inoltre un intero Titolo alle esenzioni, cioè

alle transazioni che beneficiano dell’esenzione dall’imposta. L’esenzione si applica, ai sensi dell’art.135, lettera e), alle operazioni relative a divise, banconote e monete con valore liberatorio, quindi alle monete a corso legale. Pertanto, la Corte di Giustizia Europea, affermando che le valute tradizionali e bitcoin non hanno altre finalità oltre a quella di mezzo di pagamento, di fatto parifica le monete tradizionali ai bitcoin, di conseguenza le operazioni che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità di valuta virtuale e viceversa costituiscono prestazioni di servizio a titolo oneroso e rientrano tra le operazioni sopracitate, pur trattandosi di operazioni relative a valute non tradizionali. Quindi, monete legali e bitcoin sono semplici mezzi di pagamento, svolgono la stessa funzione e alla luce di ciò devono essere soggetti alla stessa disciplina109. L’esenzione dall’IVA concorre, in questo caso, ad aumentare il grado di efficienza delle

106 http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=170305&doclang=IT 107 http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex:32006L0112

108 L’art.24, comma 1 della Direttiva 2006/112/CE esordisce affermando che: “si considera «prestazione di

servizi» ogni operazione che non costituisce una cessione di beni.”

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transazioni nel mercato interno. Tale principio, però, non è da ricondurre esclusivamente alle monete aventi corso legale, bensì valido per ogni mezzo di pagamento.

Ponendo l’attenzione al contesto nazionale, anche la Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 72/E del 2 settembre 2016110 ha fornito

alcuni chiarimenti inerenti al trattamento tributario delle criptovalute, in risposta ad un quesito avanzato da una società che intendeva svolgere un’attività di servizi in bitcoin. In particolare, si è espressa sulla tassazione sia diretta che indiretta, nonché sul trattamento fiscale da riservare alle persone fisiche e giuridiche. Con riferimento alla tassazione indiretta, l’ente dichiara che in assenza di una specifica normativa applicabile al sistema

delle monete virtuali, la predetta sentenza della Corte di Giustizia costituisce necessariamente un punto di riferimento sul piano della disciplina fiscale applicabile alle monete virtuali e, nello specifico ai bitcoin. In sostanza, non si può prescindere dalle

dichiarazioni della Corte di Giustizia Europea, di conseguenza tale attività rientra nelle prestazioni di servizi esenti da IVA. Per quanto concerne la tassazione diretta, gli elementi economico-reddituali derivanti dallo svolgimento dell’attività in valute virtuali da parte di una società sono ascrivibili ai ricavi (o ai costi) caratteristici di esercizio dell’attività svolta, pertanto concorrono, quali elementi positivi o negativi, alla formazione del reddito d’esercizio civilistico e della base imponibile soggetta ad ordinaria tassazione ai fini Ires ed Irap. I bitcoin che a fine esercizio sono nella disponibilità (a titolo di proprietà) della Società devono essere valutati secondo il cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio. Per quanto riguarda invece il regime applicabile alle persone fisiche, la medesima Risoluzione precisa che “le persone fisiche che detengono i bitcoin al di fuori

dell’attività d’impresa, si ricorda che le operazioni a pronti (acquisti e vendite) di valuta non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa”. Va segnalato però

che, le plusvalenze derivanti dalle operazioni di compravendita di monete virtuali potrebbero costituire redditi imponibili, in quanto riconducibili alla categoria dei redditi diversi di cui all’art. 67 TUIR111. Inoltre l’Amministrazione Finanziaria si riserva la

facoltà, in sede di controllo, di acquisire le liste della clientela al fine di effettuare le opportune verifiche anche a seguito di richieste da parte della Autorità giudiziaria.

110http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/file/nsilib/nsi/normativa+e+prassi/risoluzioni/archivio+risoluzion

i/risoluzioni+2016/settembre+2016+risoluzioni/risoluzione+n.+72+del+02+settembre+2016/RISOLUZIO NE+N.+72+DEL+02+SETTEMBRE+2016E.pdf

111 Se durante l’anno solare una persona fisica detiene valute virtuali, per almeno 7 giorni consecutivi,

complessivamente per un controvalore che eccede la soglia di 51.645,69 euro, secondo l’Agenzia delle Entrate si tratterebbe di un’attività con un chiaro intento speculativo. Pertanto, nel caso specifico, si applicherebbe l’aliquota ordinaria del 26% sulle plusvalenze finanziarie.

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CAPITOLO 3

Criticità del Bitcoin e opportunità offerte dalla Blockchain