2 Regolamentazione Bitcoin: aspetti giuridico-fiscal
2.2 Assunzioni sulla natura giuridica
In questa sezione verranno analizzate le fattispecie giuridiche più importanti nel tentativo di attribuire al bitcoin una definizione giuridica. Il compito, si anticipa, è molto arduo e sarà pertanto più agevole definire le criptovalute in negativo, piuttosto che individuare un criterio positivo che ne permetta un congruo inquadramento normativo.
2.2.1 Bitcoin e moneta
Si è visto che il bitcoin può essere classificato come mezzo di scambio virtuale di terzo tipo poiché permette l’acquisto di beni e servizi virtuali e reali ed è pienamente convertibile in altre valute. Viene comunemente definito come moneta virtuale o criptovaluta. La prima considerazione che deve essere fatta è se il bitcoin e le altre valute virtuali possono essere ricomprese nella definizione di moneta. Dal punto di vista giuridico, il termine moneta identifica in ciascun ordinamento la moneta a corso legale, ovvero una moneta emessa da una Banca Centrale e riconosciuta da una legge nazionale che conferisce lo status di valuta legale, obbligando il creditore ad accettarla in pagamento al suo valore nominale e stabilendo l’efficacia liberatoria nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie. Questa caratteristica non è ravvisabile in bitcoin e in nessun’altra criptovaluta. Nessuna legge nazionale o internazionale attribuisce valore legale al bitcoin. Questo vuol dire che le monete virtuali non sono espressione della sovranità di alcuno Stato, non sono emesse o garantite da alcuna Banca Centrale, non hanno un valore ufficiale e né hanno efficacia liberatoria erga omnes35. Ciò implica che il loro valore è determinato esclusivamente dal grado di spontanea accettazione che conquistano sul mercato. Ne discende quindi che le valute virtuali non sono assimilabili alla moneta avente corso legale, bensì a denaro contrattuale qualora le parti siano d’accordo nell’accettarlo come mezzo di adempimento che estingue il rapporto obbligatorio36.
Inoltre, tipicamente a tutte le monete “tradizionali” sono riconosciute 3 caratteristiche: mezzo di scambio, riserva di valore e unità di conto. Per le ragioni che saranno meglio esposte nel capitolo successivo, la volatilità, elemento comune a tutte le valute virtuali, non permette il soddisfacimento completo delle 3 citate funzioni e quindi un inquadramento come moneta. Quanto detto induce ad escludere che, per motivazioni di matrice economica e giuridica, le valute virtuali siano equiparabili alla moneta legale.
35 Marco Mancini, “Valute virtuali e Bitcoin”, Analisi Giuridica dell’Economia, giugno 2015,
Fascicolo 1, p. 122 e ss.
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2.2.2 Bitcoin e moneta elettronica
Una volta escluso che si tratti di moneta in senso stretto, adesso si analizza se il Bitcoin possa essere ricondotto alla fattispecie di moneta elettronica, evidenziando analogie e differenze. La definizione di moneta elettronica è contenuta nella direttiva europea 2009/110/CE, art. 2, n.2. così espressa: «il valore monetario memorizzato
elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso dietro ricevimento di fondi per effettuare operazioni di pagamento (...) e che sia accettato da persone fisiche o giuridiche diverse dall’emittente di moneta elettronica»37. I punti di contatto tra moneta elettronica e moneta
virtuale sono molteplici perché entrambe vengono memorizzate in un supporto elettronico, condividendo quindi la forma dematerializzata, e permettono l’acquisto di beni o servizi reali e virtuali. Tuttavia, emergono significative differenze. Innanzitutto, l’emissione della moneta elettronica è affidata esclusivamente ad un Istituto bancario o ad un IMEL (Istituti di Moneta Elettronica)38, cioè di terzi soggetti autorizzati e controllati
dalle banche centrali nazionali che, a seguito di un deposito di fondi, divengono debitori- garanti dell’utilizzatore del dispositivo elettronico39. Di converso, l’emissione delle
monete virtuali non è demandata ad un ente pubblico soggetto a vigilanza da una banca centrale dato che la maggior parte di esse hanno uno schema decentralizzato40. Inoltre, l’emissione di moneta elettronica non corrisponde alla diffusione di una nuova valuta ma equivale ad una rappresentazione digitale della moneta a corso legale. In sostanza, attraverso la procedura di memorizzazione descritta dalla direttiva, l’emittente provvede a surrogare la moneta legale con un altro mezzo di pagamento, la moneta elettronica41. Diverso è per il bitcoin la cui emissione genera una nuova valuta, diversa e alternativa rispetto alla moneta nazionale, non avente un corrispettivo in formato cartaceo. Queste differenze si riflettono anche sulle modalità di rimborso: la moneta elettronica, essendo
37 http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2009:267:0007:0017:it:PDF
38 Sono soggetti, aventi natura giuridica di impresa, ai quali, unitamente alle banche, è riservata l’attività di
emissione di moneta elettronica. Possono anche svolgere attività connesse e strumentali all'emissione di moneta elettronica e offrire servizi di pagamento. Non possono, però, svolgere l'attività di concessione di crediti, in alcuna forma. Per operare, gli istituti di moneta elettronica devono ottenere l’autorizzazione dalla Banca d'Italia, concessa previo accertamento del possesso di determinati requisiti.
39 A. Capogna, L. Peraino, S. Perugi, M. Cecili, G. Zborowski, A. Ruffo, “Bitcoin: profili giuridici e
comparatistici. Analisi e sviluppi futuri di un fenomeno in evoluzione”, Diritto Mercato Tecnologia N. 3 – 2015, p. 39 e ss.
40 È utile precisare che considerazioni analoghe si estendono anche agli schemi di valute virtuali accentrate.
Queste sono emesse e gestite da una società privata alla quale non è stata rilasciata alcuna autorizzazione a svolgere tali attività, pertanto non sono mai riconducibili alla fattispecie di moneta elettronica.
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un surrogato della moneta legale, può essere rimborsata in qualunque momento. Per contro, il bitcoin, non essendo una rappresentazione digitale di una moneta fiat, non è oggetto di rimborso ma solo di cambio con un’altra valuta. Inoltre, l’efficacia solutoria, connotazione precipua delle monete a corso legale, si estende in automatico anche alla moneta elettronica, essendo una rappresentazione informatica della valuta nazionale, mentre ciò non accade con il bitcoin, in quanto moneta convenzionale.
Questo ci porta senz’altro ad escludere con certezza che il bitcoin possa essere assimilato alla moneta elettronica consentendo da un lato, di affermare ulteriormente che i due non sono sinonimi, dall’altro di escludere l’applicabilità della normativa europea della moneta elettronica alle valute virtuali.
2.2.3 Bitcoin e moneta complementare
Un’altra ipotesi che merita un’analisi è quella di ricondurre il bitcoin alla moneta complementare. Si tratta di una valuta che è privata, non riconosciuta dalla legge, né emessa da un ente pubblico e accettata esclusivamente su base consensuale da soggetti che fanno parte di un determinato sistema42. Viene chiamata moneta complementare perché fondamentalmente assolve alle funzioni di una moneta affiancando la moneta nazionale di riferimento. L’obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo economico di medio-lungo periodo agevolando lo scambio di beni e servizi all’interno di una data comunità. Con questo sistema le imprese di una comunità che ne accetta il corso possono incrementare il proprio volume produttivo, incentivare l’acquisto di beni e servizi e sostenere l’economia locale. Ci sono diversi strumenti che perseguono tale finalità: i buoni pasto, le miglia accumulate con le compagnie aeree o i punti fedeltà. In Italia esistono diversi progetti: il più famoso è il Sardex, nato in Sardegna nel 2009 e poi replicato anche in altre regioni. Questo è un esempio di moneta complementare che viene definita anche moneta locale in quanto risponde unicamente alle esigenze di imprese presenti all’interno di uno specifico territorio. Le aziende sarde possono finanziarsi reciprocamente, scambiandosi debiti e crediti, attraverso un sistema informatico di conti online. Le aziende con saldo positivo riscuotono i crediti acquistando beni e servizi all’interno del network, mentre le imprese con saldo negativo estinguono il debito vendendo alle imprese partecipanti beni e servizi43. È evidente che le monete virtuali e
42 G. Arangüena, V. Lino, G. Nava, G. Pascali, G. Santoro, “Bitcoin: una sfida”, 2014, p. 25 e ss. 43https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/20/monete-complementari-dal-sardex-al-tibex-allo-scec-ecco-
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quelle complementari condividono diversi aspetti: entrambe non hanno valore legale, né sono emesse da un’autorità pubblica e sono accettate dai partecipanti esclusivamente su base consensuale. Tuttavia, è anche possibile sottolineare alcune differenze. Innanzitutto, la loro principale finalità economica è quella di favorire il mutuo soccorso, la solidarietà e la collaborazione tra le imprese aderenti mediante la diffusione di un mezzo di scambio comune rafforzando i legami economici all’interno di uno specifico network. Questo scopo, di natura essenzialmente mutualistica, non è rilevabile nell’ambito degli schemi di valute virtuali. Inoltre il bitcoin si propone come valuta virtuale a carattere globale grazie alle potenzialità offerte dalla tecnologia mentre invece la moneta complementare solitamente viene impiegata in un ambito territoriale più circoscritto. Queste considerazioni portano a dire che, nonostante le affinità sopraindicate tra i due schemi, l’equiparazione delle valute virtuali alle monete complementari non consente di cogliere pienamente la complessità di tali strumenti44.
2.2.4 Bitcoin e strumenti finanziari
Le medesime difficoltà di una classificazione giuridica del bitcoin si incontrano anche nel momento in cui si considera che tale strumento innovativo in realtà non viene acquistato solamente come mezzo di pagamento per realizzare delle transazioni ma anche come tipologia di investimento nel quale poter impiegare i propri capitali. Valorizzando questa seconda finalità, è assolutamente doveroso interrogarsi riguardo alla possibilità di includere il bitcoin nella definizione di strumento finanziario. Quest’ultima è contenuta specificatamente all’art. 1, comma 2 del TUF (Testo Unico della Finanza)45. La nozione
di strumento finanziario assume un ruolo centrale perché costituisce l’oggetto di ogni attività di intermediazione mobiliare riservata ad istituti abilitati. L’esclusione delle criptovalute dalla definizione di strumento finanziario è indubbia perché la norma espone una elencazione tassativa di varie tipologie di strumenti e contratti finanziari che preclude alla fattispecie delle valute virtuali di farne parte. Inoltre il TUF, al comma 4 del suddetto articolo, sostiene esplicitamente che «i mezzi di pagamento non sono strumenti finanziari». Pertanto, se è vero, come detto in precedenza, che i bitcoin hanno anche finalità di investimento, è pur vero che in essi prevale la funzione di mezzo di pagamento,
44 Marco Mancini,” Valute virtuali e Bitcoin”, Analisi Giuridica dell’Economia, giugno 2015, Fascicolo 1,
p. 125
45 Emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ed entrato in vigore il primo luglio del 98’,
rappresenta la fonte normativa italiana di riferimento in materia di finanza ed attività di intermediazione finanziaria.
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per cui la normativa impedisce ogni tentativo di inclusione degli stessi all’interno della classificazione di strumenti finanziari. Del resto, poiché le attività che hanno ad oggetto gli strumenti finanziari costituiscono una riserva di attività, se i bitcoin fossero ricompresi all’interno della nozione degli strumenti finanziari, lo scambio e il meccanismo di estrazione violerebbero sistematicamente la disciplina del TUF. Ancora, considerato che nessuna autorità abbia provveduto a sanzionare tali ipotetiche inosservanze, questo consente di scartare con certezza, al momento e per quanto concerne l’ordinamento italiano, anche questa classificazione46.
2.2.5 Bitcoin e prodotti finanziari
Riconoscendo la finalità di investimento ai bitcoin, citata in precedenza, c’è da chiedersi se soddisfano i criteri definitori che costituiscono la fattispecie dei prodotti finanziari nell’ambito delle attività di intermediazione mobiliare. I prodotti finanziari sono identificati all’art.1, comma1, lett. u) del TUF come «gli strumenti finanziari e ogni altra
forma di investimento di natura finanziaria; non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari». Il prodotto
finanziario è dato dalla somma di due sottocategorie, una relativa agli strumenti finanziari, tipizzati dal legislatore all’art.1, comma 2, del TUF, l’altra attinente ad ogni altra forma di investimento di natura finanziaria, di natura atipica e fondata non su un’elencazione bensì sulla classificazione finanziaria. Sulla prima categoria, è stato già chiarito che le criptovalute non possono essere assimilate agli strumenti finanziari. Rimane da capire se i bitcoin possano configurarsi come un investimento di natura finanziaria. A tal proposito si è pronunciata la Consob47 che ha avuto modo di fornire al mercato talune indicazioni, in particolare chiarendo che per ogni altra forma di investimento di natura finanziaria debbano intendersi le proposte di investimento che implichino la compresenza dei tre seguenti elementi: (i) impiego di capitale; (ii) aspettativa di rendimento di natura finanziaria; e (iii) assunzione di un rischio direttamente connesso e correlato all’impiego di capitale. L’Autorità di Vigilanza precisa inoltre che per configurare un investimento di natura finanziaria, non è sufficiente che vi
sia accrescimento delle disponibilità patrimoniali dell’acquirente (cosa che potrebbe
46 P.L. Burlone e R. De Caria, “Bitcoin e le altre criptomonete. Inquadramento giuridico e fiscale”, IBL
Focus, aprile 2014. p. 4.
47 Comunicazione CONSOB n. DTC/13038246 del 6 maggio 2013 consultabile direttamente al seguente
link http://www.consob.it/documents/46180/46181/c13038246.pdf/e17116af-cbb1-4d3e-b8d1- f921d3ccb0a8
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realizzarsi attraverso talune modalità di godimento del bene come ad esempio con la rivendita del diamante) ma è necessario che l’atteso incremento di valore del capitale impiegato (ed il rischio ad esso correlato) sia elemento intrinseco all’operazione stessa.
In tal senso, la Consob tende ad escludere dai prodotti finanziari gli investimenti di consumo, ossia quelle operazioni finalizzate all’acquisto di attività reali idonee a soddisfare direttamente un bisogno non finanziario, seppur concluse con l’intento di investire il proprio patrimonio. Ciò che rileva, quindi, ai fini dell’individuazione dell’investimento di natura finanziaria, è l’effettiva e predeterminata promessa, all’atto dell’instaurazione del rapporto contrattuale, di un rendimento collegato al bene48. Si
desume che, qualora le operazioni in bitcoin dovessero soddisfare i requisiti previsti dalla Consob relativi ad un investimento di natura finanziaria, la nozione di prodotto finanziario potrebbe ritenersi valida e parimenti si applicherebbe tutta la normativa ad esso connessa, con particolare riferimento agli artt. 94 e ss. del TUF.
2.2.6 Bitcoin e documento informatico
Il Codice dell'Amministrazione Digitale (D.Lgs. n. 82/2005) definisce il documento informatico come una "rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente
rilevanti", cioè qualcosa che non ha un valore in sé, ma solo in correlazione logica con
l’atto o il fatto giuridicamente rilevante di cui fornisce una rappresentazione49. In dottrina
ci sono pareri discordanti riguardo alla possibilità di qualificare il bitcoin come documento informatico dal punto di vista giuridico. Alcuni50 ritengono che il bitcoin sia assimilabile alla categoria di documento informatico in quanto anch’esso rappresentazione digitale di valore contenente dati ed informazioni giuridicamente rilevanti e sottoscritto da firme digitali che provvedono al perfezionamento delle transazioni. Altri51, ritengono invece che non sarebbe corretto attribuire alle criptovalute la definizione di documento informatico in quanto non sarebbe la rappresentazione di qualcosa perché presenta un valore d’uso proprio, per effetto di un consenso sociale
48 Iemma, Cuppini, Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners, “La qualificazione giuridica delle
criptovalute: affermazioni sicure e caute diffidenze”, Marzo 2018, p. 9 e ss.
49 A.Capogna, L.Peraino, S.Perugi, M.Cecili, G.Zborowski, A.Ruffo, “Bitcoin: profili giuridici e
comparatistici. Analisi e sviluppi futuri di un fenomeno in evoluzione”, Diritto Mercato Tecnologia N. 3 – 2015, p. 43 e ss.
50 G. Arangüena, V. Lino, G. Nava, G. Pascali, G. Santoro, “Bitcoin:una sfida”, pp. 31-32, 2014.
51 Iemma, Cuppini, Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners, “La qualificazione giuridica delle
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generalizzato, pienamente spendibile per il soddisfacimento degli interessi del proprietario.
2.2.7 Bitcoin e bene immateriale
Come ultima ipotesi sulla natura giuridica del bitcoin occorre senz’altro riportare la definizione giuridica di bene contenuta all’art. 810 del Codice Civile: “Sono beni le cose
che possono formare oggetto di diritti”. La norma identifica i beni nel concetto di cosa
che richiama tangibilità, caratteristica non riscontrabile nelle criptovalute. Si ritiene, quindi, che la normativa sui beni sia legata ad una concezione di cosa corporale e di bene materiale, e ciò rischia di impedire una piena qualificazione del Bitcoin nella sfera del diritto proprietario a causa della sua intrinseca natura immateriale52. Non essendo giuridicamente disciplinati dall’ordinamento, i bitcoin non formano oggetto di un diritto del proprietario, il quale non ha alcuna facoltà: non ha diritto alla conversione, non ha diritto a vederli accettati in pagamento dagli altri agenti economici. Esiste un mercato, ma esiste solo nei fatti53. Inoltre, anche volendo includere il bitcoin, inteso come bene mobile, immateriale ed infungibile all’interno della definizione di bene ex art. 810 c.c., non si riuscirebbe a cogliere la complessità del fenomeno né a dare una risposta soddisfacente riguardo alle questioni legate alla tutela giuridica dei consumatori e quelle di carattere monetario.
2.2.8 Considerazioni conclusive
Non c’è dubbio che ormai il fenomeno bitcoin e delle criptovalute sia diventato un argomento di grande attualità che richiama l’interesse sia degli operatori di mercato che delle istituzioni politiche e regolamentari. Dalle argomentazioni precedenti sono emerse tutte le criticità relative all’inquadramento giuridico delle valute virtuali in una delle categorie previste dall’ordinamento. La complessità tecnologica, i diversi meccanismi stabiliti per il funzionamento tra una valuta e l’altra, le distinte modalità di impiego e la dimensione globale non consentono di collocare il bitcoin all’interno di una predeterminata disposizione normativa, pertanto le implicazioni giuridiche sono tuttora poco prevedibili. A tal riguardo, bisogna riconoscere che le criptovalute rappresentano degli strumenti nuovi e di natura ibrida che non trovano pieno riscontro nell’ambito degli
52 G. Arangüena, V. Lino, G. Nava, G. Pascali, G. Santoro, “Bitcoin:una sfida”, p. 31, 2014. 53 http://www.iurisprudentes.it/2016/05/19/profili-giuridici-del-bitcoin-la-moneta-diventa-digitale/
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istituti giuridici tradizionali, di conseguenza è necessario un intervento da parte del legislatore che porti ad una regolamentazione organica che disciplini concretamente il fenomeno. In attesa di un intervento deciso da parte delle autorità finanziarie competenti, ci si limita a ricondurre la fattispecie delle monete virtuali a istituti giuridici generali, come quella di bene giuridico immateriale o documento informatico54, pertanto, la disciplina applicabile alle attività che contemplano l’utilizzo delle criptovalute può essere definita tenendo conto di volta in volta delle specifiche caratteristiche del caso concreto.