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Alessia Brischetto Designer

Figura 5 Goodnight Lamp

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infrastrutture tecnologiche (cfr. Pellegrino, 2009). Lo spa- zio domestico come spazio della comunicazione media- ta, ritrova le sue origini sin dai primi anni del secolo scorso, quando apparirono sul mercato il telefono e la radio. Già con l’introduzione di questi dispositivi all’interno della casa, il vivere quotidiano entrò in relazione con il mondo esterno. Se prima dell’avvento di tali dispositivi, le relazioni familiari erano di tipo diretto, faccia a faccia, da questo momento storico in poi assisteremo a nuove forme di mediazione e di relazione tra individui.

Si è passati quindi da relazioni dirette che prevedevano una serie di implicazioni, come quelle private e intime e informali, che si svolgono all’interno di una cerchia ristret- ta di persone, a una forma (im)mediata di relazioni con il mondo esterno. Quindi nuove forme di relazioni tra la sfe-

ra-pubblica e quella privata: “La dicotomia tra pubblico

e privato rimanda all’opposizione tra pubblicità e riserbo, tra apertura e segretezza, tra visibilità e invisibilità” (Thomp-

son, 1998, p. 174). Come afferma Pellegrino (2011) queste coppie concettuali elaborate da Thompson si sono ristrut-

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turate e trasformate profondamente nel corso del tempo, risultando sempre più ibride e meno distinte. Questo a cau- sa della crescente tendenza di rendere tecnologico l’am- biente domestico. All’interno di questo processo evolutivo, le tecnologie più significative sono quelle adibite alla co- municazione (di massa, interpersonali, dell’informazione e, infine, personali e sociali, come il cellulare e i social networ-

king sites) che assumono un ruolo cruciale nella modifica-

zione dello spazio chiuso, alle influenze e ai flussi comunica- tivi dello spazio esterno “pubblico”.

Questa apertura verso lo spazio esterno vede alternarsi fasi in cui la casa sembra cruciale nel consumo e fruizione di informazione (si pensi a tutta l’elettronica destinata al seg- mento “home consumer”, in particolare all’intrattenimento e ai videogiochi) con fasi in cui la crescente mobilità, por- tabilità e miniaturizzazione dei dispositivi tecnologici sem- brano scindere dalla casa la possibilità di essere raggiunti e raggiungibili dagli altri lontani, ma anche delocalizzare il senso fisico dell’espressione “sentirsi a casa”(Cfr. Pellegrino, 2011).

Lo spazio della casa diventa un ambito all’interno del qua- le il rapporto tra media e vita quotidiana viene esplorato e analizzato, e come afferma Raymond Williams (2000) la casa è il palcoscenico dove si manifesta la “privatizzazione

mobile”.

Come scrive Williams (2000, p. 46): “Da un punto di vista

sociale il fenomeno della complessità è caratterizzato da due tendenze, apparentemente contraddittorie ma intrin- secamente connesse, dello stile di vita della moderna so- cietà urbana industriale: da un lato la mobilità, dall’altro l’apparente autosufficienza della residenza familiare. Il pri- mo periodo della tecnologia pubblica, ben esemplificato dalle ferrovie e dall’illuminazione urbana, veniva sostituito da un tipo di tecnologia per il quale non è stata ancora tro- vata una definizione soddisfacente; una tecnologia funzio- nale ad uno stile di vita mobile, ma allo stesso tempo cen- trato sull’abitazione familiare: una forma di privatizzazione mobile”. Al termine privatizzazione mobile si riferiscono in

particolare le forme ubique e di connessione in rete senza fili che svincolano la fruizione e l’accesso ai servizi dal luogo della casa o di lavoro.

La dimensione fisica in questo senso non rappresenta, po- tenzialmente, una distinzione discriminante rispetto alle

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possibilità di comunicazione, vista la capacità intrinseca che i dispositivi tecnologici hanno per loro natura. I dispo- sitivi che sfruttano forme ubique di comunicazione, posso- no, se concepite correttamente, accompagnare in modo stabile il nostro operare nel quotidiano, facilitando le nostre relazioni con il mondo del lavoro, l’interazione con le or- ganizzazioni, sino alle situazioni più intime e private come il prendersi cura di sé o del proprio nucleo familiare. Quest’ul- timo aspetto può inoltre generare interessanti forme di au- tonomia individuale. Ad esempio, le tecnologie possono rivelarsi delle stupefacenti protesi relazionali e sociali per categorie deboli, quali ad esempio anziani e disabili, che molto spesso vivono in condizioni di isolamento e solitudine. Le tecnologie consentono di avere a portata di mano una vasta gamma di infrastrutture, funzioni e opportunità, che rendono, potenzialmente, l’interazione mediata ubiqua (ovvero onnipresente), istantanea.

Il quadro delle applicazioni tecnologiche all’interno della casa si riferisce principalmente a tre settori: ambient intelli-

gence, ubiquitous computing, Internet of Things-IoT.

Si tratta di sistemi che si basano su architetture pervasive, accomunate dalla crescente invisibilità della tecnologia e che rendono la casa un nodo connesso in una più vasta rete infrastrutturale. I principi di ubiquità e di comunicazio- ne pervasiva trovano il loro fondamento all’interno delle architetture tecnologiche. Essi hanno come obiettivo quel- lo di disseminare la connettività delle reti all’interno della casa e fuori dalla casa, estendendo le funzioni dei disposi- tivi come i computer e i cellulari a superfici ed oggetti pre- senti nell’ambiente casa. Questi sistemi innovativi si basa- no sulla convergenza tra tecnologie (sensori, reti senza fili e internet) e sul principio della progressiva invisibilità della materialità degli artefatti tecnologici. Per definire le fun- zionalità di tali sistemi all’interno dalla casa, è necessario inquadrare il settore di ricerca noto come Ambient Intel-

ligence (Aml). Quest’ultimo può essere descritto come un

settore che si occupa di innovazione tecnologica, in rife- rimento ai sistemi computazionali “disposti intorno a noi”. La sua applicazione trova ambiente idoneo in moltissimi campi della vita quotidiana e nei seguenti campi opera- tivi: conoscenza (educational, ambienti apprendimento),

lavoro, casa, salute ed assistenza - eHealth, eCare, sicurez- za, tempo libero, trasporti e mobilità.

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Questo ambito scientifico si colloca a livello storico grazie alle intuizioni di Mark Weiser, Donald Norman e Emile Aarts. AmI di Aarts, basandosi sugli studi e le teorie di Weiser e sul- la visione dell’uso delle tecnologie elaborata da Norman, afferma che le tecnologie devono assolvere in primo luogo un compito sociale, e indica come questo possa essere at- tuato attraverso la somma delle seguenti tecnologie: - Ubiquitous Computing – integrazione negli oggetti di uso comune dei microprocessori;

- Ubiquitous Communication – possibilità di far comunicare tra loro tali oggetti;

- Interfaccia utente intelligente – possibilità di interagire con essi, da parte dell’utente, in modo naturale e perso- nalizzabile.

Gli studi di Aarts sono orientati alla realizzazione di ambien-

ti di vita quotidiana in cui l’uomo vive e opera, e conce- piti come un ambiente ecologico. Le tecnologie presenti

sono interconnesse tra di loro (ubiquitous computing e wi-

reless ambient media), invisibili e attivabili solo se richieste

dall’uomo. Lo stesso fondatore della disciplina, Weiser, so- stiene che: “La tecnologia migliore è quella che scompa-

re” e deve porre al centro dell’interesse l’utilizzatore finale, cioè l’uomo. Questo si traduce in soluzioni tecnologiche che devono essere al servizio dell’individuo oltre che della società e della comunità. Tecnologie evolute che devono offrire all’utente i vantaggi del loro uso senza evidenziare la relativa complessità che esse assolvono (Epasto, 2009). Si tratta di artefatti tecnologici in grado di dare degli input di tipo immersivo. Le caratteristiche di tali ambienti posso- no essere quindi individuate nelle seguenti definizioni: em-

bedded (dispositivi invisibili e pervasivi distribuiti in tutti gli

ambiente); personalized (tecnologie in grado di riconosce- re gli utenti e di adattarsi automaticamente alle loro esi- genze); adaptive (che modificano la loro configurazione e le loro interazione in base alle risposte degli utenti e all’am- biente in cui esse avvengono); anticipatory (che consen- tono, se possibile, di formulare ipotesi anticipatorie rispetto ai desideri degli utenti).

Nello specifico, i concetti base dell’AmI di Weiser sono ri- conducibili alle ubiquitous computing, pervasive compu-

ting e calm technology. Con ubiquitous computing e per- vasive computing l’autore indica quello che lui definisce

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rato in modo nuovo, presupponendo che l’ambiente in cui viviamo debba essere progettato prevedendo al suo interno tutta la tecnologia necessaria allo svolgimento dei compiti che l’individuo dovrebbe svolgere per portare a compimento le proprie attività. Questo presuppone nuo- ve modalità di concezione e di sviluppo progettuale degli artefatti tecnologici stessi. Oltre ad essere integrati nell’am- biente in cui si vive devono allo stesso tempo presenti e, come scrive lo stesso autore, “talmente adatti, talmente

naturali, che li usiamo senza nemmeno pensarci”.

Un altro aspetto che introdurrà Weiser è quello di calm te-

chnology: questo paradigma introduce un nuovo modo di

pensare l’interazione uomo-ambiente. L’interazione non è più soggetta a vincoli o limitazioni legate alla tecnologia, ma naturale, consente all’individuo di comunicare in modo simultaneo con chi gli sta intorno e non, attraverso l’ausilio delle tecnologie computazionali integrate nell’ambiente. Le considerazioni finora trattate hanno riguardato l’ubiqui-

tous computing e come sia possibile la riduzione dell’intru-

sività delle infrastrutture informative, l’ambient intelligence, e come essa mira ad incorporare nell’ambiente diffuso, la capacità di comunicazione. Adesso invece viene affronta- to il concetto di Internet of Things. Questo settore tecnolo- gico è un’alternativa dell’Aml e dell’ubiquitous computing. Consiste nell’applicazione dell’architettura acefala e distri- buita di Internet non solo ai computer o ai cellulari, ma ad oggetti d’uso quotidiano (cfr. ITU, 2005). Le IoT sono una fa- miglia di tecnologie il cui scopo è rendere qualunque tipo di oggetto, anche senza una vocazione digitale, un dispo- sitivo collegato ad internet, in grado di godere di tutte le caratteristiche che hanno gli oggetti nati per utilizzare la rete. Attualmente le proprietà degli oggetti connessi sono essenzialmente due: il monitoraggio e il controllo. Monito- raggio vuol dire che l’oggetto può comportarsi come sen- sore, ovvero essere in grado di produrre informazioni su di sé o sull’ambiente circostante. Ad esempio una lampada IoT non solo può rivelare se la propria lampadina è funzio- nante oppure no, ma potrebbe anche analizzare il livello di umidità dell’aria. Controllo sta a indicare che gli oggetti possono essere comandati a distanza senza l’impiego di particolari tecnologie ma attraverso internet. I campi di applicazione sono svariati, attualmente i settori più produt- tivi sono la domotica, in cui gli oggetti IoT invadono la casa

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e gli oggetti presenti in essa, compresi gli elettrodomestici, e le smart cities, dove le città diventano produttrici di dati e sono controllabili a distanza. Ne sono un esempio i totem digitali presenti nelle principali capitali di tutto il mondo, che possono indicare il numero di pedoni presenti ad una fermata del tram, gli smartphone connessi ad un hotspot pubblico ecc.

All’interno della casa, le tecnologie illustrate sino a qui sono potenzialmente in grado di incorporare in modo ecologico nuove routine e modi di concepire il proprio essere e il pro- prio contesto abitativo. Abbattono di fatto il confine “den- tro-fuori” (casa) e aprono nuovi scenari abitativi e sociali. Questi scenari, che, ormai sono reali e molteplici, rendono possibile la gestione in remoto e in tempo reale dei nostri elettrodomestici, che essendo interconnessi, permettono di monitorare e ottimizzare i consumi energetici. Oppure, arredi in grado di misurare i nostri parametri vitali e comu- nicarli al medico, sensori che rilevano il movimento in gra- do di controllare a distanza un familiare e avere notizie in tempo reale sul suo stato di salute “monitoraggio diffuso”. Sistemi in grado di mettere in comunicazione persone lon- tane, attraverso canali alternativi di comunicazione, come quello emozionale e simbolico. Oggetti che interagiscono in modo diretto con l’individuo attraverso stimoli sonori, tat- tili e visivi. Oppure elettrodomestici in grado di comunicare in modo autonomo tra loro per ottimizzare le risorse ener- getiche o rispondere alle nostre esigenze alimentari. Oppu- re piani cottura integrati a sistemi interattivi (come quello sviluppato da Whirlpool: Kitchen of the Future), che si con- nettono ai social network, ai siti di cucina e molto altro. Il futuro, non è mai stato così vicino, la casa e le implicazioni sociali connesse all’abitare contemporaneo sono un cam- po fertile e promettente. Allo stesso tempo, la pervasività e la velocità di sviluppo dei sistemi tecnologici contempora- nei non deve esimerci dal confrontarci con aspetti etici e sociali. Le tecnologie hanno un grande potenziale, il nostro compito è impiegarle attraverso pratiche progettuali re- sponsabili ed etiche, che siano in grado di garantire all’in- dividuo tutte le funzionalità necessarie per la costruzione di relazioni uomo ambiente ecologiche e naturali.

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Il titolo può sembrare un ossimoro e voi, in preda ad un sicuro sconcerto, vi starete domandando come sia possibile trasforma- re una calamità naturale in una opportunità.

Ma è questa contraddizione che può produrre una nuova visione di sviluppo del paese Italia. È apparentemente impossibile pen- sare che dalle ceneri di un “gran fuoco” si riaccenda una nuova sfavillante fiamma, eppure secondo la nostra visione del futuro noi dovremmo renderlo possibile. Solo attraverso lo studio e la condi- visione di processi di analisi e sintesi in cui la cultura progettuale contemporanea incontra la cultura dei luoghi è possibile trovare una nuova via per l’assetto urbano contemporaneo, composto non solo da meri agglomerati di abitazioni ma soprattutto da ele- menti finalizzati al benessere del singolo cittadino.

Riprogettare un luogo o ricostruirlo significa in primis ripensare le proprie abitazioni secondo nuove linee progettuali sostenibili, fles- sibili, supportate dalla partecipazione, che promuovano l’identità e l’espressione dell’individuo nello spirito della collettività.

Le trasformazioni sociali in atto, l’aumento della popolazione, le migrazioni, l’eterogeneità degli stili di vita pongono ancora una volta la centralità dell’abitare come uno dei temi principali di ri- cerca per lo sviluppo di un Paese. Oggi più che mai, insieme alla cultura storica e umanistica abbiamo la necessità di investire sulla cultura contemporanea fatta di materia e di digitale, di elementi della tradizione e frutto di prassi consolidate, insieme a elementi di innovazione e trasferimenti tecnologici provenienti da molti settori della ricerca.

L’intervento delle nuove tecnologie nei sistemi abitativi, come nel caso delle applicazioni dell’Internet of Things all’habitat quotidia- no, rappresentano una nuova interessante frontiera nel coniuga- re forme e funzioni della casa a elementi di connessione digitale.

Il terremoto e l’abitare