In un Paese come il nostro, do-tato di uno dei più ricchi patri-moni d'arte del mondo, il pro-blema della salvaguardia, della conservazione e del ripristino di incalcolabili tesori del passato è tra i più impegnativi ed assil-lanti.
Q u a n d o poi, ai fattori naturali di deperimento, agli insulti del tempo, all'incuria, che a volte ha datazione secolare, si aggiungo-no le ricorrenti calamità natura-li, i sinistri flagelli che tutto tra-volgono in vortici paurosi, allora c'è veramente da disperare, da piangere l'irreparabile, da confi-dare solo più nella buona sorte affinché sia limitata l'area e la vastità del danno.
Pensiamo solo ai fatti a noi più vicini: la seconda guerra mondiale (non è possibile fare esempi: cito, a caso, Montecassi-no e gli affreschi del Mantegna nella chiesa degli Eremitani, a Padova), l'inondazione di Firen-ze del novembre 1966 (oltre un migliaio di opere d'arte sommer-se sotto uno strato di melma im-pregnata di nafta), il terremoto del Friuli (e qui molte ferite non si rimargineranno più; tutto è scomparso, e per sempre).
Che cosa si può fare per pro-teggere e far vivere, nei limiti delle umane possibilità, una delle componenti più alte della
bellez-za del mondo? Ancora una volta è la volontà che deve animare l'ingegno, unendosi alla passione ed alla sensibilità: spesso quella scheggia della bellezza del mon-do torna a rilucere, torna a vi-vere e ad esaltare lo spirito. Nel corso dei millenni c'è sempre sta-to qualcuno che si è accanista-to a distruggere e c'è sempre stato qualcuno che si è dedicato a di-fendere, a custodire, a riparare o a limitare i danni: in questa ultima schiera mi sia consentito collocare anche i restauratori.
Inutile nascondersi che l'atti-vità era, ed è, delicatissima e
dif-ficile, e bisognosa, più che di buone intenzioni, di autentiche capacità, di preparazione tecni-ca, di sicure conoscenze, non sol-tanto in campo artistico. A parte il fatto che molte scoperte sono di data recente (il restauratore del passato non poteva ricorrere ai raggi X, ai gas inerti ed al la-ser), occorse un gran tempo pri-ma di approdare a tecniche sem-plici ma efficacissime, che hanno relegato tra i ricordi la pulitura di un dipinto con il sapone o la saliva, la cipolla cruda o la mela acerba.
O p e r a z i o n e di a s p o r t o di rifacimenti su un d i p i n t o di Barnaba da M o d e n a (a. 1377).
restauratori del passato, a vol-te, hanno fatto più male che be-ne. Ciò avveniva specialmente quando non ci si limitava a re-staurare, ma si procedeva ad ag-giunte ed a ridipinture, per segui-re il proprio estro ed il gusto del tempo. I paesaggi mutavano a-spetto, i personaggi cambiavano volto ed abbigliamento. Ma quel-lo non era più un restauro, era un'usurpazione.
Per questa ragione, ora si par-la di restauro scientifico; per que-sta ragione, l'autentico reque-staura- restaura-tore moderno (artista, scienziato, artigiano, critico e storico del-l'arte, allo stesso tempo) deve possedere una educazione che abbia potenziato le sue sensibili-tà oltre che le sue cognizioni e che lo ponga in grado di com-piere un lavoro che ha come obiettivo essenziale il recupero dell'opera d'arte nei suoi valori estetici e nella sua autenticità.
La formazione professionale dei restauratori continua a rive-stire un carattere di preoccupan-te attualità. Da fonti autorevoli la situazione è stata definita de-solante. Irrisorio, rispetto alle ne-cessità, risulta essere il numero di allievi che escono dall'Istitu-to Centrale del Restauro e dal-l'Istituto di Patologia del Libro, di Roma, dall'Opificio delle Pie-tre Dure e dal Laboratorio della Fortezza da Basso, di Firenze, dal Laboratorio Archeologico della Soprintendenza alle Antichità dell'Etruria, dal veneziano Labo-ratorio di San Gregorio e dalle similari istituzioni minori esi-stenti a Napoli, a Bari, a Bolo-gna ed a Milano.
Cosi, è stata avanzata la pro-posta, e qualcosa si è tentato al
Il s a l o n e p r i n c i p a l e , i n t a s a t o di o p e r e . Si im-p o n g o n o n u o v i a m im-p l i a m e n t i .
riguardo, della creazione di un certo numero di Istituti di for-mazione per restauratori che fos-sero emanazione diretta di più Soprintendenze, su scala regiona-le o interregionaregiona-le: l'attività di-dattica dovrebbe unirsi alla fun-zione produttiva di interventi « sul campo », tuttora cosi defi-citari nelle singole aree.
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In attesa di un intervento più incisivo dei pubblici poteri, qual-cuno si è già mosso sul piano privatistico. Ad Aramengo, un piccolo centro del Monferrato, posto quasi al confine di tre pro-vince, dei privati sono stati capa-ci di dar vita ad una originale iniziativa che è, nel contempo,
R e s t a u r o di u n ' o p e r a di T a n z i o da Varaiio, R e s t a u r o di una tela seicentesca a t t r i b u i b i l e a Francesco del Cairo.
scuola e museo, laboratorio di ri-cerche e di splendide realizza-zioni, luogo di delizie... per chi ami l'arte.
Personalmente, ho atteso per
anni l'occasione di una visita, poiché non mi pareva serio pre-sentarmi ai cancelli ed interrom-pere l'operosa e silente giornata dei restauratori, dicendo loro:
« Sono venuto a vedere cosa sta-te facendo ». L'opportunità della mia prima visita mi venne of-ferta, di recente, da una manife-stazione torinese. Mi ero inte-ressato allo svolgimento del XII Congresso nazionale dell'Asso-ciazione Nazionale Insegnanti di Storia dell'Arte ed il prof. Gian Giorgio Massara, rappresentan-te regionale, nel consegnarmi un programma in cui, tra l'altro, si prevedeva, per un intero pome-riggio, una « visita al Laborato-rio di Restauro diretto dai Pro-fessori Guido e Gian Luigi Ni-cola », mi chiese se volevo par-teciparvi. Non gli rivelai quale favore mi facesse.
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Era una bella giornata di sole ed il nostro autobus si stava iner-picando verso Albugnano; i
fessori piemontesi spiegavano a quelli giunti da Messina e da Po-tenza che in quella verdeggiante conca ben riparata si nasconde-va uno dei gioielli dell'arte no-stra, l'abbazia di Vezzolano. Poi ci inabissammo verso una pro-fonda valle e qualcuno comin-ciò ad aguzzare gli occhi per ve-dere se, sul costone di fronte, già si poteva intravedere l'altis-simo campanile in mattoni di Aramengo.
Poco dopo il gruppo si affac-ciava al cortile principale di ca-sa Nicola. Vari padiglioni si col-locano tutt'attorno: sulla gradi-nata di quello che pare il più importante, i padroni di casa ci stanno attendendo, attorniati da uno stuolo di ragazze e di giova-notti in camice bianco.
Lo hanno definito il clan dei Nicola ed è un termine assai az-zeccato. Accanto al prof. Guido ed alla moglie Maria Rosa lavo-rano il figlio Gian Luigi, la nuo-ra, la figlia, vari validi tecnici ed il gruppo degli allievi-appren-disti: in tutto una trentina di persone. Il fatto di rilievo è que-sto radunarsi intorno ad una fa-miglia di artisti, per apprendere e per operare, di un cosi nutrito gruppo di giovani che provengo-no, in buona parte, dai territori circostanti.
Tutto è nato dalla sensibilità e dalla vocazione artistica di Gui-do Nicola, che lo hanno con-dotto ad ampliare la sua « bot-tega » torinese nel paesello na-tivo per farvi partecipi il mag-gior numero di persone deside-rose di dedicarsi ad una attività tanto ardua quanto necessaria.
Il progetto, cresciuto con gra-dualità secondo quegli schemi che caratterizzano le opere du-rature, vede sorgere, accanto ad una rustica cascina monferrina, varie razionali costruzioni adi-bite ai differenti settori in cui si
articola il lavoro del restaura-tore moderno. Nessun aiuto e-sterno, nessuna sovvenzione so-no mai pervenuti, se si eccettua un mutuo artigiano concesso per il finanziamento delle nuove co-struzioni.
Ora si è di nuovo allo stretto e ci sono progetti per amplia-menti ma, fatto a dir poco scon-certante, la municipalità frappo-ne difficoltà alla concessiofrappo-ne dei
permessi. Eppure, sarebbe quan-to mai necessario un interessa-mento fattivo dei pubblici poteri per potenziare l'istituzione ed anche per concorrere al finanzia-mento dell'acquisto di nuove co-stosissime apparecchiature.
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Ed eccoci nel grande salone appositamente costruito per
re-Da un i n s i e m e di sparsi brandel l i si è r i c o s t r u i t a una b a n d i e r a . Si p r o c e d e alla divisione di un foglio di c a r t a d i s e g n a t o sulle d u e facciate.
staurare quelle grandi tele di cui sono ricchi le nostre chiese ed i nostri palazzi. È largo una de-cina di metri, lungo 20 e alto 11; vi sono sistemati ingegnosi mac-chinari tra cui un carro-ponte ed il transelevatore, consistente in un ponte-carrello spostabile in tutte le direzioni e regolabile per ogni inclinazione; l'operatore può cosi raggiungere ogni punto del dipinto senza calpestarlo e senza doverlo srotolare e riar-rotolare di continuo nel corso del suo lavoro. Con il transelevato-re si è potuto agitranselevato-re su tele enor-mi come quella che Francesco Tabusso è venuto qui a dipinge-re e che aveva una superfìcie di poco meno di cento metri qua-drati: ora è collocata nell'abside della milanese chiesa di San Francesco.
Questo è il cuore della cli-nica, della sala operatoria per le opere pittoriche che vediamo ap-poggiate ai muri o giacenti sul-l'unico grande tavolo che occu-pa quasi tutto lo soccu-pazio. Dei Leo-nardo, dei Caravaggio, dei Tie-polo, dei Defendente Ferrari ed anche dei Picasso e dei De Chiri-co sono passati di qui e ne sono usciti, rinati a nuova vita.
Stupisce il profano l'elenco dei moderni, che potrebbe con-tinuare con Braque, Kandinskij, Fontana e tanti altri. Le tecni-che necessarie per il restauro del-le opere più recenti non solo dif-feriscono molto tra di loro, ma variano con il rinnovarsi dei pro-dotti sempre nuovi utilizzati da-gli artisti.
Nei locali contigui ci sono le apparecchiature a raggi infraros-si, i misuratori di umidità, i
reat-ln alto: L ' a t t r e z z a t u r a p e r l ' i m p r e g n a z i o n e s o t t o v u o t o s p i n t o . ( T r a t t a m e n t o di u n a t e r r a c o t t a ) . Al centro: Il p r o f . R o b e r t o A r o s i o o s s e r v a a! m i c r o s c o p i o i cristalli di u n ' a r e n a r i a e g i z i a n a . In basso: Il p r o f . Gigi M a r t i n e n g o e s e g u e la r a d i o g r a f i a di u n d i p i n t o .
tori per asciugare gli affreschi (le pitture divelte da mura lontane con le tecniche dello strappo o dello stacco e rimaste supporta-te su supporta-tele e lini, vengono qui in-collate su tavole di poliestere a nido d'ape e potranno successi-vamente essere ricollocate nella loro sede originaria).
Sui tavoli e sugli scaffali si al-lineano storte e provette, barat-toli e boccette di polveri e liqui-di colorati. Ecco l'impianto che consente di impregnare sotto vuoto spinto, con speciali tipi di resine, i legni tarlati che si stan-no polverizzando, le pietre fria-bili, le statue in disfacimento, le stele egizie in antichissima are-naria. Con questo modernissimo sistema si sono recuperate per sempre delle opere d'arte che or-mai si ritenevano perdute.
A tutte le attività viene data un'impostazione archeologica; si è colpiti dall'estremo rispetto per tutto ciò che può avere un'atti-nenza, anche assai collaterale, con l'oggetto in esame. Schede, disegni, schizzi, descrizioni ana-litiche, fotografie e radiografie accompagnano tutto il lungo iter restaurativo.
Con la lampada di W o o d non soltanto si può rilevare, su di un dipinto, l'autenticità della firma, ma anche ricostruire tut-ta la cronologia degli interventi conservativi precedenti.
La radiografìa a raggi X con-sente di analizzare le ridipinture soggiacenti, le abrasioni, la pre-senza di corpi estranei, perfino i segni di pollice lasciati dall'au-tore. Le tecniche di restauro sono
In alto: R e c u p e r o d e l c o l o r e o r i g i n a l e su un s a r c o f a g o d e l M u s e o E g i z i o di T o r i n o . Al centro: C i v i c o M u s e o A r c h e o l o g i c o d e l C o -m u n e di M i l a n o . V e t r i n e in a c c i a i o e p e r s p e x , a p e r f e t t a t e n u t a stagna ( l ' a r i a è s t a t a s o s t i t u i t a c o n u n a m i s c e l a di g a s i n e r t i ad u m i d i t à c o -s t a n t e ) . P r o g e t t o : a r c h . C e -s a r e V o l p i a n o . In basso: O p e r a z i o n e di p u l i t u r a e c o n s o l i d a -m e n t o n e l r e p a r t o d e l l a s t a t u a r i a .
La c o s t r u z i o n e dei nuovi telai avviene in un a p p o s i t o r e p a r t o .
sempre « reversibili »; ciò vuol dire che se, in futuro, si doves-sero scoprire tecniche più avan-zate, sarà facile cancellare lo intervento oggi realizzato, per provvedere ad uno sostitutivo, di maggior efficacia.
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La ripartizione delle mansioni che regna al Laboratorio di
Ara-mengo è indicativa della specia-lizzazione cui si è giunti nel cam-po del restauro. Anche gli ap-prendisti, dopo una prima for-mazione di carattere generale, vengono orientati verso quei set-tori per cui dimostrano una mag-gior predisposizione.
I quadri, gli affreschi, spesso coperti da ridipinture ad olio ed a tempera, le statue lignee sono il campo di azione di Guido
Ni-C u s t o d i e cani da g u a r d i a s o n o indispensabile c o m p l e m e n t o del L a b o r a t o r i o di A r a m e n g o .
cola. Egli ha al suo attivo, dopo sei lustri di attività, opere im-wportanti come il ripristino delle
settecentesche pitture del Beau-mont, nella sede di quell'Arme-ria Reale, che da tanti anni i to-rinesi attendono di poter rive-dere, o il restauro delle grandi tele del Guala e del Crosio, del-la casalese chiesa di San Dome-nico.
In stretta collaborazione con il figlio Gian Luigi, ha operato sui grandi cicli pittorici di San Giovanni, in Asti e sui quadri di battaglie del torinese Museo Nazionale del Risorgimento, sul-le tavosul-le lignee recate ad Ara-mengo dal Petit Palais di Gine-vra, come sui cicli di affreschi di antiche chiese a Romagnano, a Gattinara, a Castelletto d'Or-ba, a Baceno, a Mondovi. E an-cora, si potrebbero ricordare la scoperta, dopo pazienti sondag-gi, degli affreschi da sempre ignorati, della chiesa di San Pie-tro Martire a Morano Po o il salvataggio ed il ripristino delle pitture del Palazzo dei Marche-si di Saluzzo, in Revello (per cui Marziano Bernardi ebbe a scri-vere che i Nicola « hanno dato prova eccelsa della loro valen-tia »).
La signora Maria Rosa, che ha avuto una funzione determi-nante in tutta questa storia, ap-partiene alla famiglia Borri, un casato genovese che risale al Sei-cento e di cui si ricordano pit-tori ed affreschisti di buona fama.
La sua specialità è il « salva-taggio » delle vecchie bandiere, delle stampe, dei papiers peints. Quando in una bandiera vecchia di secoli il tessuto si taglia e si sbriciola, occorre mettere insie-me i framinsie-menti, fissarli su veli di seta, ricorrere ad accorgimenti delicatissimi. Un lavoro che ri-chiede un'infinita pazienza,
co-me la ripulitura dei grandi (e chissà quanto antichi) pannelli policromi indiani che vediamo stesi sui tavoli, o le carte giap-ponesi o i quadretti orientali in carte di riso cinesi. Per la signo-ra Maria Rosa, dividere in due parti un foglio di carta con il bisturi (nel senso dello spessore) pare le cosa più semplice di questo mondo. Ecco qui un fo-glio del giornale « La Stampa » sezionato: ondeggia fra le dita incredibilmente sottile, ma i ca-ratteri a stampa delle due fac-ciate che sono derivate dal taglio sono nitidi e perfetti.
Gian Luigi Nicola, dopo gli studi al Liceo artistico di To-rino e all'Accademia, si occupa anche, con particolare successo, di egittologia ed ha fatto parte, in qualità di restauratore, della Missione archeologica dell'Uni-versità di Roma, a Tebe in Egit-to. In un sodalizio fruttuoso con l'arch. Cesare Volpiano è perve-nuto ad importanti realizzazioni, come la ricostruzione del tem-pietto di Ellessija al Museo Egi-zio di Torino. Mirabile è stato il suo lavoro, abbastanza recen-te, per la realizzazione della Rac-colta Egizia milanese, con il re-stauro di vari sarcofagi che era-no in condizioni pietose. La sede prescelta era costituita da due saloni sotterranei del Castello Sforzesco: le caratteristiche cli-matiche potevano pregiudicare, con il passar del tempo, lo stato di conservazione dei reperti (mummie, legni, pietre, stoffe, papiri) che non disponessero di particolari protezioni. Si costrui-rono vetrine a tenuta stagna: poi l'arch. Volpiano (che ha anche brevettato il sistema) ed il prof. Nicola immisero nelle vetrine delle miscele a base di gas inerti che escludessero i fenomeni di ossidazione e di putrefazione e la sopravvivenza di parassiti e
Titolari ed a p p r e n d i s t i a colazione nella g r a n d e cucina di A r a m e n g o .
della maggior parte delle specie costituenti fauna e flora batte-rica.
Nell'ambito di questa merite-vole attività, vorrei ancora ri-cordare l'opera paziente ed ap-passionata di Roberto Arosio, professore di scienze, che, in col-laborazione con l'illustre prof. Arrigo Cigna, si occupa delle analisi, conduce esperimenti e sovrintende al gabinetto chimi-co e dell'ing. Mario Grosso, chimi- co-struttore di strumenti di preci-sione, che ha ideato laboriosi congegni per misurare il grado di umidità degli affreschi, per graduare il calore dei rulli per le « stirature » delle tele, per stemperare le colle. A sua volta, il prof. Gigi Martinengo sovrin-tende ai reparti fotografici e ra-diologici.
Jjc He #
Il Centro di Restauro è stato promotore dell'organizzazione di rassegne d'arte di notevole pstigio, come la Mostra del re-stauro delle bandiere, svoltasi nel 1971, la Mostra dei soffitti in gesso del Basso Monferrato, realizzata l'anno successivo e di similari iniziative. Inoltre, sono
sempre numerose le delegazioni di ospiti e di studiosi, anche stra-nieri, che vengono a rendersi conto del lavoro, per vari aspet-ti originali e di avanguardia, che vi si svolge e le visite di asso-ciazioni e di scuole (ne sono già venute un centinaio).
I Nicola si improvvisano con molto garbo ciceroni ed illustra-no un'attività che, lo si vede su-bito, amano profondamente. Ci tengono a rilevare che il loro è essenzialmente un lavoro di
équi-pe dove concorrono tante eséqui-pe-
espe-rienze, maturate nell'esecuzione di una vasta gamma di differen-ti operazioni. È inevitabile che i visitatori si pongano il proble-ma della sicurezza di tante opere raccolte in un luogo abbastanza appartato. Si viene cosi a sapere che provvedono all'indispensabi-le difesa dei perfezionatissimi si-stemi d'allarme, dei guardiani e ben 19 cani sufficientemente fe-roci.
Ed eccoci a parlare dei ragazzi che operano silenziosi e solerti e che quotidianamente appren-dono tecniche e specializzazioni che saranno loro preziose nei decenni a venire. Il Centro è u n a piccola comunità di gente che si
stima e va d'accordo. A mezzo-giorno, titolari ed apprendisti si riuniscono a tavola nella grande cucina, ricca di mobili antichi e di un'infinità di rami che pen-dono alle pareti; alla sera non tutti tornano alle loro case: c'è anche chi, abitando molto di-stante, alloggia presso la fa-miglia Nicola.
Alcuni provengono dal Liceo artistico, altri dalle scuole
me-die o dagli Istituti d'arte: ciò che conta è l'attitudine e la buo-na volontà. C'è quello che nei momenti di libertà intagliava ba-stoni ed ogni pezzo di legno che gli capitava fra le mani e quello che, in classe, riempiva la lava-gna di disegni o ricopiava in con-tinuazione vecchie cartoline. È bastata la segnalazione di un in-segnante sensibile ed ora sono qui: se persevereranno hanno un
futuro assicurato, dinnanzi a loro.
« Cerco di dare a tutti questi giovani uno scopo di vita —- mi dice, con molta convinzione, Guido Nicola —- credo che essi saranno felici». L'attività ap-passionante che imparano a svol-gere e lo spirito di sacrificio che qui affinano mi inducono a rite-nere che essi saranno certamente felici.