Emanuele Battistelli
Cosa mangiare.
L'alimentazione deve fare assegnamento su una triplice coalizione di sostanze:
— tissulari o protidiche
— energetiche o carboidratiche (lipidiche e glucidiche)
— protettive od oligodinamiche (saline, vita-miniche, aromatizzanti).
Di guida alla scelta delle vivande che le con-tengono in varia natura e misura è l'istinto o il discernimento?
È il primo più che il secondo, sebbene questo si possa affinare sui testi di fisiologia alimentare, dei quali il più m o d e r n o e pratico è quello di U. Aichelburg « Enciclopedia degli alimenti », Utet, Torino.
C o m u n q u e , ogni manuale consacra la neces-sità per ogni adulto di soddisfare giornalmente il suo fabbisogno energetico che è di 3 0 0 0 cai per l'uomo e di 2 5 0 0 per la d o n n a : cosa che deriva da circa 70 g di proteine, 60-80 g di lipidi o grassi; 450-500 g di idrati di carbonio o carboi-drati. E più che altro sottolinea il fabbisogno protidico o proteico pari a 1 g per kg di peso del corpo. Chi ha un peso di 70 kg ne ha bisogno di 70 g di cui 1 4 ( 1 / 5 ) di n a t u r a animale. Va da sé che tali principi alimentari sono immedesimati in vivande che recano acqua metabolica in cui sono disciolti sali minerali, vitamine, enzimi, e u n quid di sostanze cellulosiche che d à n n o un senso di satollamento allo stomaco ed evitano la stipsi. Ogni alimento ha u n ' a z i o n e p r e p o n d e r a n t e ma nessuno è monovalente. Prendete, ad esempio, la carne. Essa è la fonte tipica di proteine animali, ma rifornisce l'organismo anche di vitamine e di sali di ferro. Prendete anche il p a n e . Esso è un veicolo di carboidrati (amido); m a è anche una fonte economica di proteine. Più la pasta evidentemente del pane. Le leccornie contengono
in varia misura glucidi (zuccheri, amido), lipidi o grassi e protidi.
Non è qui il caso di penetrare nella folta folla delle razioni alimentari per indicarne le migliori, le più utili alla salute. Le chiameremmo ricette se il termine non sapesse troppo di medicina. L'argomento si presterebbe a una danza di opi-nioni. Però su alcune voci alimentari c'è con-cordanza di pareri.
Pasta e riso, cui molti rinunziano per il timore d'ingrassare, non provocano l'obesità, purché non siano troppo conditi. Se il condimento è troppo ricco di b u r r o o di altri condimenti grassi, il valore calorico della pasta e del riso aumenta oltre il traguardo delle 2500-3000 calorie e, con esso, l'effetto nutritivo e ingrassante.
Se la pasta è ritenuta u n a pietanza pesante — tanto è vero che il Marinetti — f o n d a t o r e del f u t u r i s m o — soleva ripetere che i difensori della pasta asciutta ne p o r t a n o la palla o il ru-dere nello stomaco, come ergastolani o archeo-logi, il riso è invece u n alimento leggero, perché breve è il suo soggiorno nell'apparato digerente. Un etto di pasta asciutta sviluppa 360 calo-rie, circa 1 / 8 del fabbisogno termodinamogeno od energetico quotidiano di un adulto; u n etto di riso ne fornisce 300. Ma il riso è u n veicolo di amido, cioè dell'elemento energetico più eco-nomico e reca anche u n quid di proteine (22 g circa in un etto, m e n t r e di amido ne contiene 240 g) e sono le proteine migliori f r a quelle dei cereali, perché contengono in percentuale abba-stanza elevata gli 8 aminoacidi indispensabili al-l ' u o m o .
Concludendo, non c'è nessun motivo per non a m a r e ad u n t e m p o frate riso e sorella pasta.
La carne è invece il più diffuso veicolo di pro-teine. La seguono a varie incollature il pesce,_ i formaggi, le uova, i legumi.
Peraltro, le carni h a n n o il torto di essere un alimento acidogeno e, come tale, di concorrere al
rapido invecchiamento. I legumi contengono più proteine delle carni ma sono proteine meno no-bili, di meno facile digeribilità.
Nel settore dei condimenti zuccherini non c'è f r a i dietologi contrasto di pareri sebbene il miele sia preferibile perché è già un condimento pre-digerito. Ce n ' è invece nel settore dei condimenti grassi, in q u a n t o alcuni esaltano quelli di ori-gine animale (burro, margarina, lardo).
Il più completo accordo di opinioni sussiste invece sul valore alimentare-dietetico della frutta succulenta in c o n f r o n t o della frutta secca.
Questa ha un grande valore nutritivo, ora per l'alto contenuto amidaceo, come nella castagna; ora per l'alto contenuto adipo-proteico (o lipi-dico-proteico) di cui v a n n o orgogliose le noci, le nocciuole, le nocelle (arachidi) e le m a n d o r l e . Ma la f r u t t a secca ha il grave torto di essere carente di acqua metabolica, o della vita, e di vitamine idrosolubili. La castagna non ne reca n e m m e n o di liposolubili.
La f r u t t a secca, in sintesi, ha un alto valore nutritivo e, all'opposto, u n basso valore biolo-gico, n o n essendo capace di dare u n maggior tono di vitalità e di salute all'uomo. Alimento acidogeno, al pari delle carni, dei grassi animali, dei legumi, ecc., essa accresce l'acidosità del san-gue e dei tessuti p o r t a n d o , di consesan-guenza, a u n affievolimento delle forze e delle resistenze orga-niche, specialmente negli individui adulti, per-ché in loro l'acidosità alimentare giornaliera va ad aggiungersi a quella dell'età.
La f r u t t a succulenta ha invece u n basso va-lore energetico e, in contrapposto, un alto vava-lore biologico grazie alla dovizia di acqua metabolica o di vegetazione, di tasso vitaminico, di acidi or-ganici liberi e salificati. E sono, a p p u n t o , gli uni e gli altri che ristabiliscono nell'organismo l'equi-librio acido-basico indispensabile alla salute.
Scrisse il Tallarico che l ' a c q u a della f r u t t a suc-culenta, similmente all'acqua della v e r d u r a , del latte, del vino, ecc., non è c o m p a r a b i l e all'acqua potabile, banale, c o m u n e , di sorgente, m a è u n a m a t e r i a nobile, elaborata nelle officine misteriose della vita delle piante, e q u a n d o penetra nell'or-ganismo u m a n o non esercita nessuna f u n z i o n e di trasporto, ma assurge a f u n z i o n i più nobili e più alte di o r d i n e cellulare, p r o t o p l a s m a t i c o , per-ché è figlia delle attività m e t a b o l i c h e che l ' h a n n o creata, è figlia della vita di cui ha conservato la m e m o r i a (').
Inoltre la frutta succulenta e la verdura: — stimolano l'appetito, il quale va sempre più affievolendosi per la progressiva debolezza dello stomaco u m a n o ;
— h a n n o azione diuretica dovuta all'abbon-danza di acqua e di sali potassici;
— h a n n o azione lassativa perché contengono acidi tartarico, citrico, succinico, malico; cellu-losa e composti pectici; sostanze tutte che solle-citano la peristalsi intestinale che si impigrisce con l'età. La cellulosa funziona meccanicamente sulle pareti intestinali; la pectina ne assorbe i gas e stimola anch'essa l'intestino.
Nessun pericolo alla salute è pertanto legato all'uso a b b o n d a n t e di frutta succulenta, la quale, va, in ogni caso, mangiata — ad eccezione di alcuni frutti — fichi, melograne — invariabil-mente con la buccia: scrigno di vitamine e di enzimi.
Cosa bere.
« T u t t i i malvagi sono bevitori di acqua come è dimostrato dal diluvio ». N e saranno impersuasi gli astemi, ma soltanto il vino rallegra il cuore dell'uomo.
Gli antichi avi nostri avrebbero processato per f r o d e e arrestato come altrettanti barattieri gli imbottigliatori di acque minerali, gli spacciatori di idrati in cartine. N o n d i m e n o non c'è pranzo conviviale in cui non sia servita u n ' a c q u a mine-rale f r i z z a n t e e di alto rango oligominemine-rale.
È una necessità fisiologica ingerire acqua. Ma è un delitto versarla nel bicchiere non colmo di vino per diluirlo. È questo un malvezzo che fa inorridire i sommellier (dispensieri di b e v a n d e ) . L ' a c q u a , del resto, è presente in tutte le be-v a n d e idroalcooliche e perfino nel latte e nella f r u t t a succulenta: ed è — ripetiamo — acqua metabolica, fisiologicamente ben superiore al-l'acqua a n o n i m a o no di fonte.
La b e v a n d a ideale, più che la nordica birra, è il vino, q u a l u n q u e sia la stagione dell'anno.
Q u a l u n q u e sia la fisionomia della mensa il pro-blema che si p o n e ai commensali non è solo quello di m a n g i a r e con calma masticando a c c u r a t a m e n t e e insalivando i cibi, gustandoli con malcelata
vo-(') CFR. GIUSEPPE TALLARICO, Im /'rutta e la Salute, Edizioni
luttà, ma è anche quello di degustare il vino o l'assortimento dei vini.
Scrisse il Mensio « Innanzi tutto i vini si de-vono bere a piccoli sorsi quasi masticandoli, e non mai prima di averne osservato attentamente il colore in tutte le sue tinte e gradazioni, e di averne, anche e ripetutamente, gustato il pro-f u m o ».
Nel caso di più vini l'ordine di successione ha una tassativa esigenza e una notevole impor-tanza.
Il bianco secco — tipo Cortese, Riesling, Soa-ve, Verdicchio, ecc. — f r e d d o con gli antipasti, le ostriche, il pesce.
Il rosso di stirpe superiore, ma cadetta, come il Grignolino, il Freisa, il Dolcetto, ecc. a tempe-ratura ambiente, d u r a n t e il pasto, come dissetante.
Il rosso solenne, stagionato, di maschia impo-nenza e avveimpo-nenza, come il generoso Barbera e l'aristocratico Barolo e tutti i vini del prolifico nebbiolo (Nebbiolo, Barbaresco, Gattinara, Ca-rema, e altri 14 tipi), sempre, in ogni caso, tie-pido, con gli arrosti, la selvaggina, i formaggi fer-mentati che, rispetto a quelli freschi, sono più digeribili.
Spumante preferibilmente dolce, f r e d d o ma non troppo, alla fine del pranzo con le torte e la pasticceria. N o n è escluso che lo spumante possa essere l'unico vino del pranzo. Ma allora è pre-feribile che sia secco o dry.
C'è chi si astiene dal bere più tipi di vino pa-ventando il pericolo dell'ebbrezza alcoolica. N o n è che b e v e n d o n e più tipi si ingeriscano più tipi di alcool. L'alcool etilico non ha varianti. Qua-l u n q u e sia iQua-l vino, Qua-l'aQua-lcooQua-l, che ne è Qua-l ' a n i m a , è sempre alcool etilico, unico e solo, il m e n o carico di atomi di carbonio, il m e n o oberato da mole-cole d'idrogeno.
Di vero c'è che sorseggiando più vini si finisce con il berne di più, con l'ingerire più alcool di q u a n t o se ne ingerirebbe limitandosi a un tipo di vino soltanto. Di alcool immedesimato nel vino, 0 in altra bevanda idroalcoolica, se ne dovrebbe ingerire nell'arco della giornata qualcosa come
1 g per kg di peso del corpo.
Quali che ne siano l'età, il colore, il sapore, il p r o f u m o i vini v a n n o serviti in bicchieri di fi-nissimo cristallo. N o n bisogna però mai riempirli.
Riempiti, o colmi che fossero, non si p o t r e b b e apprezzare e gustare gli aromi, i p r o f u m i , che esaltano il fascino dei vini stessi e invitano a berli.
Il r a p p o r t o alcool-peso del corpo non è valido
per la birra, la più povera tra le bevande alcoo-liche normali. Di alcool infatti ne contiene di so-lito appena il 3 - 6 % , tanto che la legislazione ali-mentare di alcuni Paesi non l'annovera tra le be-vande alcooliche da pasto e fuori pasto. Alcuni tipi di birra, però, di alcool ne contengono fino al 9 % .
Bevendone più di 1 litro il giorno — cioè della dose massima normale — si possono avvertire i disturbi da opeina (alcaloide narcotico) che ac-compagna la luppolina, la quale conferisce alla bevanda il caratteristico sapore amaro e la resi-stenza alle alterazioni.
Le bevande doviziosamente alcooliche — ac-quaviti e liquori — h a n n o un'azione fisiologica che sarebbe disonesto sottovalutare. Esse infatti esercitano sulla secrezione salivare u n ' a z i o n e sti-molante; un'altra sulla secrezione gastrica e pan-creatica; e un'altra ancora sui normali fenomeni diuretici. Contrariamente all'opinione corrente, acquaviti e liquori in morigeratissime dosi espli-cano un'azione sedativa e precisamente neuro-sedativa alla stregua della birra.
Le acquaviti sono liquori senza vena di dolce e di aroma; i liquori sono invece acquaviti dolci-ficate e aromatizzate. La loro ricchezza in alcool etilico varia dal 40 al 6 0 % . I tipi classici, quelli che affrontano il consumo a viso aperto, non con-tengono alcoli superiori, né impurità igienica-mente deleterie.
Alla serie di b e v a n d e idroalcooliche v a n n o in-clusi i vini di f r u t t a (sidro) e i vini di cereali (di produzione però esclusivamente africana).
Al settore delle bevande energetiche apparten-gono i succhi di frutta e l'idromele (miele + acqua e talvolta condito con droghe e liquori). A quello delle bevande nervine o alcaloidiche a p p a r t e n g o n o il caffè, il tè, il mate, e numerose altre bevande esotiche.
Ma la vera bevanda-vivanda è il latte e le sue edizioni fermentate, concentrate, aromatizzate, ecc. Alle sue f o r m e fermentate — tipo yoghurt, kefir, k u m i s — sono attribuite virtù igienico-ali-mentari superiori tanto da farle considerare al-trettanti elisir di lunga vita.
Consumo individuale di vivande e di bevande.
O r a , d o p o aver lungamente affrontato l'assor-timento multivario dei cibi solidi e liquidi e le loro rispettive virtù nutritive, è il caso di
pene-trare nella statistica dei rispettivi consumi indi-viduali annui medi.
Le variazioni di consumo nelle singole voci alimentari agricole ed extragricole — alcune in aumento, altre in diminuzione — nell'arco breve degli anni recenti non sono, per dimensioni pon-derali. meritevoli di essere soppesate, almeno per la maggioranza delle voci stesse.
CHE C O S A E Q U A N T O I N D I V I D U A L M E N T E SI C O N S U M A I N U N A N N O
F r u m e n t o (pane e pasta) . • k g 170
Riso » 4
Farinacei (orzo, segala, mais) » 6,3
Patate e batate (patate dolci) . » 39
Legumi secchi » 4,4 Legumi freschi » 9,4 Ortaggi » 149 Pomodori » 40 Frutta succulenta » 84,5 Agrumi » 38
Frutta in guscio secca ed esotica . » 12,6
Carne bovina » 33
Carne suina » 16
C a m e ovina e caprina . . . . » 1
Carne equina » 0,8
Pollame, selvaggina conigli . » 16
Frattaglie » 3
Pesce fresco » 7
Pesce secco e conservato . » 2
Uova 12
Latte » 72
Formaggi » 10,5
Olio d'oliva » 11
Oli di semi (margarina inclusa) . » 10
Burro » 2 L a r d o e strutto » 2,1 Z u c c h e r o » 30 Caffè » 3,2 V i n o . 1 101 Birra
. »
12 Acquaviti e liquori 4 » 1,7Sono in d e c r e m e n t o rispetto al 1969 più che altro le patate, i legumi secchi, quelli freschi, la f r u t t a succulenta in m i s u r a varia che va dal 2 al 1 0 % .
Sono invece in a u m e n t o le carni dei suini, del pollame (incluso il tacchino e la f a r a o n a ) , il latte (grazie ai b u d i n i e ai gelati), il caffè e la birra. L ' i n c r e m e n t o oscilla dal 3 all'I 1 % .
Le statistiche non d e n u n z i a n o i consumi di miele, di cacao, di sostanze aromatizzanti o spe-zie, di aceto, tanto per citare i condimenti delle
principali leccornie e il condimento sovrano della verdura.
Quello che appare strano è la stasi del consumo di frutta succulenta e di uva da mensa: l'alfie-riano desco molle. A parte l'elevatezza dei prezzi, a causa delle numerose intermediazioni che si in-terpongono fra la produzione e il consumo che rende la frutta un genere di lusso per le mense delle classi meno abbienti, altri elementi con-corrono a far disdegnare la frutta fresca: il ti-more che essa sia veicolo di intossicamento tra-mite l'epidermide o buccia e tratra-mite anche la polpa.
L'alimentazione nell'economia nazionale.
Nessun Paese al m o n d o , avesse anche l'am-piezza di un continente, è sufficiente a se stesso. Non può quindi perseguire una politica alimen-tare autarchica. T a n t o m e n o lo può l'Italia il cui territorio agricolo si è produttivisticamente ri-stretto a causa del forte contingente (circa 6 mi-lioni di ettari) di terreni a b b a n d o n a t i o quasi.
I generi alimentari che più incidono sul pas-sivo della stessa, d o v e n d o n e reperire all'estero il deficit, sono le carni, i grassi vegetali e animali, il latte, i formaggi, i cereali, le u o v a , i legumi secchi, e perfino il miele.
Le esportazioni h a n n o invece per protagonisti i prodotti della orticoltura, della frutti-agrumicol-tura, della viticoltura da mensa e da enologia (vini e liquori).
Parrebbe strano, perfino paradossale, che nella carenza nazionale di carne, a causa della quale si riversano all'estero — a contropartita delle im-portazioni di 8 milioni di q circa f r a carne ma-cellata e animali vivi — poco più o poco m e n o di 3 miliardi il giorno in valuta pregiata, senza contare il controvalore del latte ( 1 . 5 0 0 . 0 0 0 quin-tali), di uova ( 2 0 0 . 0 0 0 quintali, corrispondenti a 2 miliardi e mezzo di pezzi), p a r r e b b e — ripe-tiamo — strano che gli allevatori si risolvano a smobilitare gli allevamenti animali. Zootecnia e avicoltura richiedono m a n o d o p e r a anche q u a n d o sull'asse zootecnico e zoocolturale operi la mec-canizzazione. La disaffezione alla terra è tale, e al lavoro che ne c o m p o r t a , che gli imprenditori preferiscono o p t a r e per i settori meno impegna-tivi. Ma con tutto ciò non siamo n e m m e n o auto-sufficienti nei f a r i n a c e i e nei legumi, e perfino in questi ultimi, che p u r r a p p r e s e n t e r e b b e r o una alternativa al c o n s u m o di carni bovine, suine,
avi-cole. L'unica differenza sta nella digeribilità che è piuttosto debole nei legumi, tanto da richie-dere — mangiandone -— il ricorso a buoni di-gestivi.
L'alimentazione nell'economia familiare.
Il consumo di generi alimentari incide •—• in termini di spesa •— per il 5 0 - 5 5 % sulle entrate (salari, stipendi, redditi) individuali o familiari, ammesso che l'alimentazione si basi — come si deve basare — su 2700 calorie prò capite. Un numero inferiore di calorie sconfinerebbe nella sottoalimentazione e nelle sue deleterie conse-guenze.
Confrontati tali consumi agli « standards »
nu-tritivi consacratudalla scienza dell'alimentazione può rilevarsi la soddisfacente prevalenza delle so-stanze nutritive di origine animale, specialmente nei settore dei pròtidi (proteine nobili). Il che però come abbiamo già detto incide negativa-mente sulla economia nazionale che deve sfian-carsi finanziariamente nella importazione di car-ni, latte, uova, ecc. Ma i consumi proteici sono indicativi, più degli altri consumi, del livello so-ciale e civile della popolazione.
A p p u n t o perché i consumi di generi alimentari quali che siano pesano prevalentemente sul red-dito individuale o familiare si pone e si impone la necessità di conoscere le virtù delle vivande e delle bevande sia dal lato bromatologico che energetico.