2.5 La tutela preventiva della salute nell’ordinamento penitenziario
2.5.3 Alimentazione e tutela della salute
L’alimentazione, così come l’igiene, è tradizionalmente una delle tematiche più problematiche all’interno delle carceri e per questa ragione è stata uno dei principali oggetti delle critiche che sono state mosse nel tempo a tale istituzione127. Il cibo è uno degli strumenti in grado di condizionare maggiormente la percezione dei detenuto circa l’attenzione e la correttezza dell’amministrazione penitenziaria nei loro confronti.128 Inoltre, in passato, il regime alimentare era spesso utilizzato come strumento di ulteriore afflizione, tanto che il cd. trattamento a pane e acqua era una delle sanzioni disciplinari fondamentali129.
L’ordinamento penitenziario del 1975 si pone in netto contrasto con tale visione, ponendo invece a carico dell’amministrazione penitenziaria un vero e proprio obbligo alimentare130, diretto corollario del diritto alla salute131. L’art. 9 ord. penit., inoltre, prevede espressamente che debba essere garantita un’alimentazione “sana e sufficiente, adeguata all'età, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima”
recependo così le previsioni delle Regole penitenziarie europee.
Per la verità, se confrontate con le rispettive norme internazionali132, un profilo sembra essere assente nella normativa nazionale, laddove non è prevista la variabile della cultura e della religione come parametro del quale l’amministrazione deve tenere conto. Tale lacuna non è di poco conto se si considera da un lato l’altissima percentuale di detenuti stranieri negli istituti e, dall’altro, la giurisprudenza univoca della Corte EDU, che non ha esitato a riconoscere nella mancata garanzia di cibo compatibile con la
126 BELLANTONI G., Il trattamento dei condannati, in (a cura di) CORSO P., Manuale della esecuzione penitenziaria, cit., p. 103.
127 DI GENNARO G., BREDA R., LA GRECA G., Ordinamento penitenziario e misure alternative, cit., p. 74.
128 DE FERRARI F., ROMANO C. A., Sistema penale e tutela della salute, p. 51.
129 Consentita anche dal Regolamento del 1931 (cfr. artt. 153 e 154).
130 Il regolamento specifica che i pasti garantiti devono essere almeno tre (quattro per i minorenni) e ne fissa altresì la cadenza temporale (cfr. art. 11 reg. esec. co. 1, 2, 3).
131 Oltre all’obbligo di garanzia di acqua potabile, che deve essere accessibile in ogni momento (art. 9 co.
3 ord. penit.).
132 Art. 22 delle Regole europee e art. 22 delle Regole dell’ONU.
96
propria religione una violazione della Convenzione133.L’unico riferimento a tale questione è contenuta nel regolamento che, all’art. 11. co 4, richiede di tener conto delle prescrizioni delle fedi religiose, aggiungendo però la formula del “in quanto possibile”.
Il margine di discrezionalità che viene in questo modo aperto sembra essere in contrasto con le pronunce della Corte EDU e pertanto, in virtù della giurisprudenza sopradetta, deve considerarsi vigente un obbligo a carico dell’amministrazione di predisporre un’alimentazione diversificata qualora la fede di appartenenza del detenuto lo richieda134 e ciò, senza poter addurre giustificazioni organizzative per negare tale diritto.
Aldilà di questa precisazione, i parametri dettati dalla legge ed espressi dalle parole “sana”, “sufficiente” ed “adeguata” risultano, come si evidenziava in merito all’edilizia e all’igiene, abbastanza ambigui e necessitano di specificazione ulteriore.
Proprio al fine di vincolare tale importantissimo obbligo a carico dell’amministrazione, è quindi previsto, al 9 co. 4, che la quantità e la qualità del vitto giornaliero sia precisata da apposite tabelle approvate con decreto ministeriale135, le cd. tabelle vittuarie.
Definite “la garanzia minima di tutela della salute del detenuto”136 ed aggiornate almeno ogni cinque anni, dette tabelle diversificano il trattamento alimentare a seconda dello stato di salute del soggetto, prevedendo regimi alimentari specifici, ad esempio in caso di detenuti tubercolotici o diabetici o ancora per i detenuti in infermeria. Sempre per motivi medici, può poi essere disposta dal sanitario una modifica della dieta riguardante il singolo soggetto, con il limite del rispetto del costo previsto ordinariamente dalle tabelle, salvo i casi di eccezionale gravità137.
133 Si vedano a questo proposito Corte EDU, 7 dicembre 2010, Jakobski v. Polonia, ric. n. 18429/06 e Corte EDU, 17 dicembre 2013, Vartic v. Romania (n. 2) ric. n. 14150/08. Per una sentenza nazionale in materia si veda Cass. pen., Sez. I, sent. n. 41474, 25 settembre 2013 (dep. 7 ottobre 2013). In realtà, la Suprema Corte in tale sentenza non ha preso direttamente in considerazione il merito del profilo in esame, essendo il punto di diritto connesso alla procedura da seguire nel caso di reclamo per violazione di un diritto del detenuto. In ogni caso, il diritto in questione era quello relativo alla possibilità per il detenuto in regime di 41 bis di richiedere un’alimentazione vegetariana e l’ingresso di maestro buddhista zen.
134 RENOLDI C., Sub art. 9, in (a cura di) GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario, cit., p. 115.
135 Nella realtà, è ormai invalsa la prassi di modificare le tabelle con circolare del capo del DAP. È stato notato che tale prassi risulta essere maggiormente idonea da un lato per via della rilevanza del bene salute e, dall’altro, per via del riassetto di competenze tra Ministro e capo dipartimento operata dal d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165. (Cfr. VITELLO F., Sub art. 9, in GREVI V., GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario. Commento articolo per articolo, IV edizione, Padova, 2011 pp. 122-123).
136 FIORENTIN F., Esecuzione penale e misure alternative alla detenzione: normativa e giurisprudenza ragionata, Milano, 2013, p. 224.
137 Circ. min. 7 aprile 1988, n. 686040. Tale obbligo è inoltre evidenziato dalle Regole penitenziarie europee all’art. 22. 6.
97
Una previsione rilevante in merito alle tabelle vittuarie è poi quella secondo cui l’approvazione di queste è subordinata al parere obbligatorio e vincolante dell’Istituto Superiore della Nutrizione (sempre all’11 co. 4 reg. esec.). Come è stato notato nella vigenza del precedente regolamento, infatti, vi è una forte necessità che la scienza dell’alimentazione si interessi all’alimentazione dei detenuti ponendo criteri alimentari ad hoc, visti anche gli effetti negativi della detenzione sui processi dell’assimilazione e del metabolismo138.
Un’ulteriore garanzia dell’adeguatezza dell’alimentazione riservata ai detenuti è la previsione circa il potere di controllo sull’applicazione delle tabelle e sulla preparazione del vitto, riconosciuto ad una rappresentanza di detenuti designata mensilmente per sorteggio (art. 9 co.6 ord. pen e 12 reg. esec.139). Grazie a questo importante momento di “democratizzazione dell’istituzione penitenziaria”140, il legislatore ha inteso predisporre, in linea di continuità con una circolare antecedente la riforma penitenziaria141, un diretto coinvolgimento degli interessati ai fini di limitare il rifiuto del vitto, fatto che si verifica assai spesso142.
L’art. 9 ord. penit. prevede poi che, di regola, i pasti siano consumati in locali a ciò adibiti (comma 2), manifestando l’esigenza di evitare la consumazione del cibo nei locali di pernottamento. Questa disposizione, dettata per non privare i soggetti di un momento di socialità fondamentale ma anche per il rispetto di fondamentali regole igieniche, è nella pratica inattuata in gran parte degli istituti nazionali143, ove vi è molto
138 DI GENNARO G., BREDA R., LA GRECA G., Ordinamento penitenziario e misure alternative, cit., p. 75.
139 L’art. 12 prevede che tale rappresentanza sia composta da tre soggetti per cucina (co.1 e 2). Inoltre, stante la mancata previsione di una retribuzione per tale mansione, è prevista la possibilità di usufruire di permessi dal lavoro e dalla scuola (co.4)
140DI GENNARO G., BREDA R., LA GRECA G., Ordinamento penitenziario e misure alternative, cit., p. 76.
141 Circ. min. 14 maggio 1969, n.1808/4266.
142 Questo meccanismo se di certo aiuta a superare tale problema non è in ogni caso risolutivo. È infatti stato rilevato che il mancato rispetto delle regole derivanti dalle tabelle continua ad essere un problema concreto, forse dettato dalle scarse competenze tecniche dei sorteggiati o forse per via delle limitatissime risorse. Cfr. Relazione al Ministro di Giustizia sugli interventi in atto e gli interventi da programmare a breve e medio termine (d’ora in avanti Relazione finale) della Commissione Palma in www.ristretti.it.
143 Un’apertura in tal senso è prevista al co. 7 dell’art. 13 che prevede la possibilità per il regolamento interno di autorizzare la cottura di generi alimentari all’interno delle celle, a ciò è però aggiunto che tale attività non deve avere carattere di continuità.
98
spesso anche un problema di individuazione, all’interno delle celle, di superfici di appoggio idonee alla consumazione del pasto144.
A ben vedere, se la predisposizione di un servizio mensa145 con spazi dedicati alla consumazione degli alimenti risponde alle esigenze sopradette, vi è al contempo un ulteriore fattore da tenere in considerazione. Non può infatti essere negato che la possibilità di preparare personalmente cibi e bevande abbia un preciso significato psicologico146, riducendo il senso di dipendenza provato dal detenuto nei confronti dell’amministrazione penitenziaria. Anche per questo motivo deve essere valutata positivamente la possibilità, concessa al 13 comma 4 reg. esec., di utilizzo dei fornelli nelle stanze per riscaldare liquidi e cibi già cotti e per la preparazione di bevande e cibi di facile e rapido approntamento. È chiaro però, che tale previsione non dovrebbe essere sfruttata per evitare l’approvvigionamento da parte dell’amministrazione penitenziaria, emergendo dal dato regolamentare una possibilità cumulativa e non alternativa rispetto all’obbligo dell’amministrazione penitenziaria.
Inoltre, è ugualmente da sottolineare che tali fornelli, dalle caratteristiche di spesso non adeguate per la preparazione di cibi per più di una persona, si rilevano talvolta essere un serio pericolo per l’incolumità dei detenuti. Oltre alla pericolosità insita nelle caratteristiche tecniche dei fornelli, il problema maggiore è però quello connesso all’inalazione volontaria del gas racchiuso nelle bombolette, utilizzato tanto come surrogato di sostanze stupefacenti quanto come metodo per realizzare intenti suicidari. Entrambe queste pratiche sono, infatti, le principali cause di decesso in carcere147.
L’accesso ai generi alimentari è poi assicurato attraverso due ulteriori modalità:
l’acquisto a proprie spese (cd. sopravvitto) e la ricezione di “pacchi” dall’esterno148.
144 RENOLDI C., Sub art. 9, in (a cura di) GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario, cit., p. 117.
145 Per quanto concerne il servizio di vettovagliamento, questo può essere organizzato “in economia”
(quindi gestito dall’Amministrazione) ovvero dato in appalto. La legge (art. 9 co. 5 ord. pen. e art. 13 co.
6) esprime una preferenza per la prima modalità, disponendo che la mancata adozione della gestione diretta debba essere “specificatamente ed adeguatamente motivata”. Nella realtà però l’appalto esterno è la modalità maggiormente presente negli istituti nazionali.
146 DI GENNARO G., BREDA R., LA GRECA G., Ordinamento penitenziario e misure alternative, cit., p. 76.
147 RENOLDI C., Sub art. 9, in (a cura di) GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario, cit., p. 117.
148 Entrambi questi strumenti sono utilizzati con il fine di ottenere, oltre per l'appunto generi alimentari, anche oggetti per la cura della persona e per l’espletamento delle attività trattamentali, culturali, ricreative e sportive. Tali categorie merceologiche, dettate invero solo con riferimento allo spaccio, sono state estese
99
Quanto al cd. sopravvitto149, la legge precisa che, a prescindere dalla scelta di gestione diretta o di gestione attraverso un’impresa esterna (cd. di mantenimento) deve essere assicurato il mantenimento di prezzi non superiori a quelli correnti all’esterno (art. 9 co.7 ord penit.)150. Per quanto concerne i cd. pacchi, invece, riconosciuto il loro valore quale strumento essenziale di contatto con l’esterno, sono però previsti limiti quantitativi di fonte regolamentare151.
Con specifico riferimento ai generi alimentari, poi, sono dettate specifiche limitazioni, che valgono sia con riguardo all’acquisto presso lo spaccio sia con riguardo alla ricezione per tramite dei pacchi. È previsto anzitutto che i generi vittuari accumulati non possano superare il fabbisogno settimanale di una persona152 (co. 8 e 9, art. 14 reg.
esec.) e, in secondo luogo, che si debba trattare di alimenti di consumo comune (art.14. , co 6 reg. esec.). L’ovvia esclusione di articoli “di lusso”, che vale in generale per ogni oggetto acquistato e ricevuto, risponde ad una duplice ratio: anzitutto evitare disparità tra i detenuti ed ostacolare l’utilizzo di tali beni come merci di scambio ed in secondo luogo impedire che attraverso beni costosi si creino sfere di influenza all’interno degli istituti153.
Infine, vista la necessità di controllo dei pacchi, volta ad evitare l’introduzione di oggetti pericolosi o di sostanze stupefacenti, è previsto che gli alimenti debbano avere natura e confezionamento tali da assicurare la possibilità di ispezione senza manomissione (sempre al co. 6, art. 14).
Un altro limite, che opera con specifico fine di tutela della salute è quello concernente la possibilità di ottenere bevande alcoliche. Mentre è assolutamente vietata anche ai pacchi attraverso una circolare interpretativa (circ. min. 16 febbraio 2001 n. 3540/5990). Il 14 co.
1 reg esec. rinvia al regolamento interno per la concreta individuazione degli oggetti consentiti.
149 Vale precisare che non necessariamente il cd. spaccio ha natura “fisica”, in assenza di locali all’uopo adibiti, infatti, le richieste sono raccolte e successivamente gli oggetti richiesti sono consegnati al detenuto. Cfr. DI GENNARO G., BREDA R., LA GRECA G., Ordinamento penitenziario e misure alternative, cit., p. 77.
150 Al fine di controllo dei prezzi applicati e della qualità della merce, è previsto, anche in questo caso, il meccanismo della rappresentanza dei detenuti (integrata in questa ipotesi da un delegato del direttore scelto tra il personale civile, art. 9, co.7, ord. penit.).
151 Nel vigore del precedente regolamento esecutivo non essendo previsti limiti, questi erano stabiliti attraverso lo strumento della circolare. Tale strumento permetteva nella pratica un’ampia discrezionalità all’amministrazione, che con il nuovo regolamento si è voluta vincolare per evitare un’eccessiva compressione del diritto in questione. Ora il quantitativo massimo è di quattro pacchi al mese che cumulativamente non possono superare i 20 kilogrammi (art. 14 co. 3).
152 Le limitazioni non valgono nel caso di merci destinate alle detenute madri con prole per il fabbisogno del bambino (art. 14 co. 10, reg. esec.).
153 VITELLO F., Sub art. 9, in (a cura di) GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario, cit., p. 127.
100
la ricezione di tali bevande attraverso i pacchi, ne è però possibile l’acquisto presso lo spaccio, ma sono al contempo previsti il divieto di accumulo e precise limitazioni quanto al consumo giornaliero (art.14 co. 3) 154.