2.6 L’assistenza sanitaria in carcere
2.6.1 Il riordino della medicina penitenziaria e le persistenti criticità del sistema
Come si diceva parlando della legge di riforma penitenziaria, l’innovazione principale del legislatore del tempo fu quella di riconoscere la titolarità di posizioni soggettive in capo al detenuto, tra cui in particolare anche il diritto alla salute.
L’inserimento all’interno dell’ordinamento penitenziario dell’art. 11173 si pone proprio in linea con questa volontà, ma d’altra parte, il percorso verso il riconoscimento effettivo di questo come di altri diritti è stato particolarmente lungo e complesso ed ancora oggi permangono molteplici problematiche.
Anche a seguito della L. 354/75, infatti, nonostante l’affermazione di specifici principi in materia di servizio sanitario, l’assenza di una riforma dell’ordinamento del personale medico e sanitario interno al carcere, ha portato, ad un’attuazione del servizio medico penitenziario non sempre adeguata alle necessità della popolazione detenuta174. L’ordinamento di detto personale non è infatti stato toccato dalle varie riforme in materia sanitaria ed in particolar modo dalla legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale175 (L. 833/1978), rimanendo così centrale il ruolo dell’Amministrazione Penitenziaria nella predisposizione dei presidi interni agli stabilimenti carcerari.
Di conseguenza, senza soluzione di continuità rispetto al precedente modello, il sistema penitenziario ha continuato, anche dopo la riforma, ad essere dotato di un
173 Come nota La Greca, prima della L. 354/75 la disciplina concernente la materia sanitaria era nel regolamento del 30 disseminata in varie norme e non considerata in maniera sistematica ed organizzata.
LA GRECA G., La salute del detenuto, in Dir. pen. proc., 1999, fasc. 3, p. 384.
174 RUOTOLO M., Diritti dei detenuti e Costituzione, cit., p. 144.
175 D’ora in poi SSN.
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proprio apparato sanitario autonomo, dipendente dall’Amministrazione penitenziaria in quanto parte di questa.
A ben vedere, a seguito dell’entrata in vigore della L. 833/78 ci si chiese, vista la mancanza di una previsione esplicita in materia di sanità penitenziaria, se il SSN dovesse farsi carico dell’assistenza sanitaria dei detenuti ovvero se la previsione dell’art.
11 ord. penit., prevedendo un proprio servizio medico e farmaceutico, dovesse considerarsi norma derogatoria rispetto alla disciplina generale in materia sanitaria176.
Una prima tesi sosteneva che l’art. 11 non fosse da considerare quale ostacolo alla configurazione di specifiche competenze a carico del SSN in ambito penitenziario e ciò in virtù della previsione dell’art. 1 della legge 833 che indirizzava l’attività del SSN nei confronti di tutti i cittadini, a prescindere dalla loro condizione individuale o sociale177.
A questa posizione si contrapponeva la tesi circa l’autonomia del Servizio Sanitario Penitenziario, basata invece sulle esigenze di salvaguardia delle peculiarità proprie della medicina penitenziaria rispetto alla medicina comune178. A seguito di un ampio dibattito fu quest’ultima tesi a prevalere, in quanto sostenuta, oltre che dalle organizzazioni di categoria, anche dal Consiglio di Stato, che con il parere n. 305 del 7 luglio 1987 sottolineò che l’assistenza sanitaria dei detenuti rientrava “tra i compiti riservati allo Stato, da svolgere con le preesistenti strutture del servizio sanitario penitenziario179”.
In realtà, l’esclusione della sanità penitenziaria dalla sanità nazionale generale ha portato, come si è osservato nel corso dei decenni, ad una assoluta sperequazione nelle prestazioni offerte intra moenia, nemmeno lontanamente paragonabili a quelle offerte all’esterno.
Inoltre, come è stato notato, il riconoscimento della competenza esclusiva del DAP ha azzerato la possibilità di superamento dell’approccio antecedente la riforma penitenziaria, approccio che presentava il rischio di un uso della medicina penitenziaria
176 PENNISI A., Diritti del detenuto e tutela giurisdizionale, cit., p. 89.
177 Per un contributo a sostegno della prima tesi, si veda, inter multis, TERRANOVA A., La tutela della salute in carcere, in Quaderni del CSM, 1983, p. 43 e ss.
178 Per un approfondimento invece a sostegno della tesi dell’autonomia, anche in questo ex multis, è possibile vedere MAROTTA GIGLI G., L’assistenza sanitaria negli Istituti penitenziari, in Rass. penit. e crimin., 1984, p. 64 e ss.
179 Per amplius si veda SALVATI A., Il passaggio dell’assistenza sanitaria in carcere al sistema sanitario nazionale, in www.amministrazioneincammino.luiss.it, 20 maggio 2010; BRUNETTI B., La tutela della salute in carcere. Organizzazione del servizio sanitario penitenziario. Evoluzione normativa in www.ristretti.it. Per un contributo più recente si veda CAREDDA M., La salute e il carcere. Alcune riflessioni sulle risposte ai bisogni di salute della popolazione detenuta, cit., § IV.
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tendente a privilegiare le concezioni finalistiche della pena detentiva, piegando l’intervento medico alle esigenze di ordine e sicurezza dello stabilimento180.
Proprio al fine di superare queste problematiche, anche a seguito del forte dibattito in materia riaccesosi negli anni 90181, la L. 419/98, nell’ambito di una generale riforma del SSN, ha previsto all’art. 5 (Riordino della medicina penitenziaria), il conferimento di una delega al Governo al fine di realizzare il passaggio della sanità penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale182.
In ottemperanza alla delega è seguito il d.lgs. 22 giugno 1999 n.230 (cd. Legge di riordino della medicina penitenziaria) che ha disposto il trasferimento della sanità penitenziaria, prevedendo in particolare il passaggio dall’una all’altra amministrazione del personale, delle attrezzature, degli arredi, degli altri beni strumentali e delle risorse finanziarie destinate alle funzioni sanitarie183. Il passaggio in esame, previsto in maniera graduale e progressiva dallo stesso d. lgs 230/99 ed ostacolato dal vincolo di “riforma a costi invariati”184, è stato particolarmente lento e solo con L. 244/2007 (legge finanziaria 2008) si è sancito il trasferimento definitivo, prevedendo, oltre allo stanziamento di fondi, l’adozione entro tre mesi di un decreto presidenziale per la definizione dei criteri e delle modalità del suddetto trasferimento, che sono stati infine definiti nel d.p.c.m. del 1 aprile 2008185.
180 RUOTOLO M., Diritti dei detenuti e Costituzione, cit., p. 147 che nota che la posizione del detenuto rispetto ai trattamenti sanitari “senz’altro fuoriusciva dal quadro costituzionale”. Nello stesso senso anche TERRANOVA A., La tutela della salute in carcere, cit., p. 83.
181 In particolare, la situazione venne riportata all’attenzione politica, tra l’altro, dall’Indagine conoscitiva sulla situazione della salute nelle carceri italiane promossa nel 1994 dalla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, nel cui documento conclusivo si evidenziavano le gravissime deficienze strutturali e si auspicava un pronto intervento in materia.
182 Vale precisare che la riforma in questione non vide un consenso generalizzato ma, anzi, molte critiche furono mosse sulla base della difficoltà per il SSN di assolvere in modo adeguato le funzioni sanitarie in carcere, da un lato, sempre per via delle caratteristiche specifiche della sanità penitenziaria e dall’altro per via della mole di problematiche che già il SSN deve affrontare con riguardo alla sanità comune. Sul punto si veda LA GRECA G., Il commento legge di riforma e consensi, in Dir. pen. e proc., 1999, fasc. 1, p.15 e ss.
183 BERNASCONI A., Sub art. 11, in (a cura di) GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario, cit., p. 125.
184 Come sancito dall’art. 5 comma 3 della legge delega 419/98. Molte sono state le voci critiche sul punto, si veda ad esempio LA GRECA G., Commento al d.lgs. 230 del 1999, in Dir. pen. e proc., fasc.
10, 1999.
185 Recante le “Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria.” Rilevantissimo è inoltre l’allegato A a tale decreto in cui sono delineate le “Linee di indirizzo per gli interventi del Servizio Sanitario Nazionale a tutela della salute dei detenuti e degli internati negli istituti penitenziari, e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale”.
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Le funzioni in materia di assistenza sanitaria in carcere, come previsto dall’art. 3 del d. lgs 230/99, sono ora ripartite tra Ministero della Sanità (che “esercita le competenze in materia di programmazione, indirizzo e coordinamento del Servizio sanitario nazionale negli istituti penitenziari”) Regioni (che “esercitano, le competenze in ordine alle funzioni di organizzazione e programmazione dei servizi sanitari regionali negli istituti penitenziari e il controllo sul funzionamento dei servizi medesimi”) e Aziende unità sanitarie locali (cui “sono affidati la gestione e il controllo dei servizi sanitari negli istituti penitenziari186).
Infine, residua a capo dell’Amministrazione penitenziaria il compito di vigilare sull’osservanza del rispetto delle disposizioni previste dal decreto e di garantire la sicurezza all'interno delle strutture sanitarie penitenziarie e nei luoghi esterni di cura ove siano ricoverati i detenuti187.
È da notare, però, che come è stato più volte sottolineato188, il passaggio in questione non ha determinato il venir meno di qualsiasi obbligo di tutela della salute del detenuto a carico dell’Amministrazione penitenziaria, in quanto detto passaggio “ha valenza essenzialmente di organizzazione, gestione, responsabilità operativa e attuazione di una piena indipendenza della funzione medica”. Di conseguenza, permane, andando a sommarsi con l’obbligo di prestazione di cure adeguate a carico delle Autorità sanitarie, “l’obbligo dell’Amministrazione penitenziaria di tutela del diritto alla salute di ogni persona a essa affidata in quanto privata delle libertà, qualunque sia la sua classificazione e il conseguente regime detentivo” 189.
Aldilà degli importantissimi aspetti amministrativi ora delineati, la legge di riordino della medicina penitenziaria ha una rilevanza peculiare nel percorso di riconoscimento di una tutela effettiva del bene salute in carcere anche per via dei principi in essa espressi. In particolare, viene affermato per la prima volta in maniera
186 Deve quindi ritenersi, come da dottrina unanime, tacitamente abrogato il comma 10 dell’art. 11 che prevede che l’amministrazione, nell’espletamento delle funzioni sanitarie, possa avvalersi della collaborazione dei servizi sanitari pubblici, stante che questi, a seguito del riordino della medicina penitenziaria, ne hanno responsabilità diretta. Cfr. PENNISI A., Diritti del detenuto e tutela giurisdizionale, cit., p. 90.
187 Art. 3 co. 4 e art. 4 co.1 d. lgs. 230/1999.
188 In particolare, hanno evidenziato l’esigenza di non interpretare il passaggio al SSN come un disconoscimento di qualsiasi obbligo dell’Amministrazione penitenziaria in materia di salute il Comitato Nazionale per la Bioetica ( cfr. Parere del 27 settembre 2013, “La salute dentro le mura, cit.) ed altresì la Commissione Palma ( cfr. Relazione finale, cit., p. 18).
189 Entrambi i virgolettati da ultimo citati sono contenuti nella Relazione finale della Commissione Palma, p. 18.
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esplicita e diretta il diritto a prestazioni sanitarie del detenuto. Sancisce infatti l’art. 1 co. 1 che i detenuti hanno il diritto “al pari dei cittadini in stato di libertà alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci ed appropriate, sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali e uniformi di assistenza individuati nel Piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali e in quelli locali”.
Un’ulteriore previsione fondamentale è poi quella prevista all’art. 1 co. 2 lett. a) che prevede che il SSN debba assicurare ai detenuti livelli di prestazioni analoghi a quelli garantiti ai cittadini liberi, garantendo così espresso riconoscimento al il principio di equivalenza delle cure, già sancito a più riprese a livello internazionale190.
Infine, al co. 6, è disposto che i detenuti siano esclusi dal sistema di compartecipazione alla spesa delle prestazioni sanitarie erogate dal Servizio sanitario nazionale (cd. ticket)191. Come si anticipava già sopra, questa previsione potrebbe essere intesa quale attuazione del diritto alla salute nella sua forma di diritto alle cure gratuite, previste all’art. 32 Cost. co.1 ultima parte per i soli indigenti ed invece allargata dalla legge alla totalità dei detenuti, in guisa probabilmente della posizione di particolare vulnerabilità di detti soggetti nonché delle ovvie limitazioni che subisce il diritto all’assistenza sanitaria in carcere.
Nonostante i molteplici aspetti positivi e di innovazione che il processo di riordino della medicina penitenziaria ha apportato al sistema sanitario penitenziario, tra cui l’innegabile “apertura delle porte carcere, ad un’istituzione, quella sanitaria, il cui mandato primo e unico è la promozione della salute della persona”, permangono, però, nel sistema molteplici criticità.
In primo luogo, è la rilevare che la riforma del 2008 è stata attuata nelle varie Regioni in maniera fortemente disomogenea, con la conseguenza che l’omogeneità sul territorio nazionale delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione a favore del detenuto, uno degli obiettivi cardine della riforma, pare ancora oggi lungi dall’essere raggiunto192. L’attuazione della riforma “a macchia di leopardo” comporta di
190 Cfr. Cap. I.
191 A questa disposizione fa eco il disposto dell’art. 18 reg. esec. (Rimborso delle spese per prestazioni sanitarie) che, al co.1, recita “E' fatto divieto di richiedere alle persone detenute o internate alcuna forma di partecipazione alla spesa per prestazioni sanitarie erogate dal servizio sanitario nazionale”.
192 Cfr. Relazione finale del Tavolo 10 (Salute e disagio psichico) degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale, disponibile in www.giustizia.it, p. 15.
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fatto una forte diversità dei livelli di prestazioni sanitarie da Regione a Regione che va ad acuire i problemi di cui i detenuti già soffrono193 e che risulta per i soggetti in questione solo in parte mitigata dalla previsione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), vista la possibilità di trasferimenti indipendenti dalla loro volontà e il conseguente potenziale pregiudizio del principio della continuità della cura194. Altro ambito in cui si rileva una forte disomogeneità tra Regioni è quello riguardante il lavoro di rilevazione epidemiologica demandata ai non sempre (correttamente) funzionanti Osservatori regionali permanenti per la sanità penitenziaria ed essenziale per una programmazione efficiente della spesa sanitaria che abbia riguardo agli effettivi bisogni di salute della popolazione detenute195.
Un'altra problematica concerne la corretta interpretazione dell’uguaglianza nel diritto alla salute, che se da un lato impone senza dubbio una tutela non diversificata in ragione dello status detentionis, dall’altro non sempre viene intesa come contenente in sé anche la possibilità di considerare i diversi bisogni di salute dei detenuti rispetto ai bisogni della generalità della popolazione196. In quest’ambito, poi, come è stato sottolineato, essenziale è il cambiamento, per vero non ancora raggiunto, di approccio da parte del personale sanitario, che da un approccio “prestazionale”, di mera risposta alla necessità singola del detenuto, dovrebbe transitare verso un approccio di “presa in carico” del detenuto, in modo da affrontare nel suo complesso le alterazioni di salute dovute alla carcerazione ed affrontare in maniera più efficiente le patologie determinate o fortemente acuite dalla privazione della libertà e della vita all’interno di in mondo chiuso197.
Per rimanere in tema di personale sanitario, poi, è da rilevare che il processo verso l’autonomia di questo rispetto all’Amministrazione penitenziaria e dunque il superamento di una medicina penitenziaria, come si rilevava sopra, spesso a servizio delle esigenze di ordine e sicurezza dell’istituto, non può che dirsi solamente iniziato,
193 Relazione finale del Tavolo 10 (Salute e disagio psichico) degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale, cit., p.15.
194 Parere del Comitato Nazionale di Bioetica, La salute dentro le mura, 27 settembre 2013, cit., p. 13.
195 Relazione finale del Tavolo 10 (Salute e disagio psichico) degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale, cit., p.15.
196E ciò ha come conseguenza il permanere di problematicità molto forti nella garanzia di molteplici prestazioni, quali le viste specialistiche esterne, gli interventi programmati extra moenia, l’assistenza odontoiatrica, la riabilitazione fisioterapica e l’assistenza psicologica. Cfr. Parere del Comitato Nazionale di Bioetica, La salute dentro le mura, 27 settembre 2013, cit., p. 14.
197 Relazione finale della Commissione Palma, cit., p. 19.
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necessitando di una maturazione culturale profonda per giungere a compimento198. Un cambiamento auspicabile è in generale quello verso la riduzione al minimo delle restrizioni del diritto alla salute che attengono a motivi di sicurezza ovvero ad esigenze processuali199, soprattutto in ragione del fatto che, come è stato notato, molto spesso le limitazioni sono determinate più che da vere e proprie esigenze inquadrabili negli imprescindibili interessi sopra menzionati da logiche custodiali consolidate e da routine dell’istituzione penitenziaria200.
La realtà ha poi dimostrato che, nonostante i recenti cambiamenti, molti sono ancora i casi di diniego delle cure o di eccessivo ritardo nell’apprestamento delle stesse201 e ciò anche per via delle limitate risorse economiche investite in questo settore.
Come è stato notato, infatti, la garanzia di un’offerta sanitaria adeguata nell’ambito penitenziario richiede uno stanziamento di risorse maggiori e soprattutto proporzionate al “rischio di salute” della popolazione carceraria che è di molto maggiore a quello della popolazione generale202.
La garanzia di un’assistenza sanitaria adeguata sembra quindi configurarsi ancora come un obiettivo da raggiungere più che un traguardo raggiunto e ciò pone non pochi problemi di compatibilità con il dettato costituzionale. Come si diceva, infatti, sebbene il diritto alla salute sub specie diritto sociale si configuri come un diritto finanziariamente condizionato e dunque risulti essere subordinato all’organizzazione dell’apparato amministrativo competente e alle risorse a disposizione di questo203, vi è nondimeno l’esigenza di garantire anche in carcere un livello minimo di prestazioni sanitarie. L’impossibilità di comprimere il cd. nucleo irriducibile del diritto salute, affermato dalla Corte Costituzionale con riferimento a tutti i cittadini, deve quindi essere un principio fondamentale direttivo anche con riferimento all’ambiente penitenziario.
Per concludere giova poi rammentare che oltre alla Carta fondamentale l’esigenza di assicurare un’assistenza sanitaria adeguata è altresì imposta dalla giurisprudenza consolidata della Corte EDU che ha ripetuto a più battute che la mancanza o non
198 Parere del Comitato Nazionale di Bioetica, La salute dentro le mura, cit., p. 17.
199 Relazione finale della Commissione Palma, cit., p. 18.
200 Parere del Comitato Nazionale di Bioetica, La salute dentro le mura, cit., p.16.
201 Relazione finale della Commissione Palma, cit., p. 19
202 Relazione finale del Tavolo 10 (Salute e disagio psichico) degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale, cit., p. 16.
203 Cfr. § 2.1.
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tempestiva somministrazione di cure mediche adeguate può costituire una violazione del divieto di trattamenti disumani o degradanti204.
2.6.2 L’autodeterminazione sanitaria in carcere: la visita di ingresso e gli altri controlli