3.6 Il 35 ter e la tutela del diritto alla salute
3.6.2 Il rinvio mobile ad una giurisprudenza ondivaga
Un secondo non trascurabile problema deriva dal rinvio “mobile e mutevole160” alla giurisprudenza della Corte EDU, non solo e non tanto in quanto, come già detto, ciò implica la necessità di un costante monitoraggio e studio del case-law della Corte, quanto piuttosto in quanto la Corte, oltre ad essere giudice del caso concreto, pare aver assunto soprattutto negli ultimi tempi, un approccio particolarmente ondivago nell’interpretazione dell’art. 3 CEDU161.
Emblematica a questo proposito è la posizione dei giudici sulla questione dello spazio minimo e del connesso profilo dei criteri di computo della superficie a disposizione del detenuto162.
le persone che hanno terminato di scontare la pena o la cui pena residua non permette l’applicazione completa della riduzione hanno il diritto di ottenere una indennità di 8 euro per ciascun giorno passato in condizioni dichiarate contrarie alla Convenzione […] La competenza decisionale appartiene ai magistrati di sorveglianza per quanto riguarda i reclami delle persone detenute, e ai giudici ordinari per quanto riguarda le persone già liberate”. Detto rilievo è sottolineato, tra l’altro, in SANTORO E., Contra CSM: parlare a nuora perché suocera intenda, cit., p.21 e in GIOSTRA G., Sub art. 35 ter, in (a cura di) GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario, cit., p. 424.
158 Entrambi i virgolettati sono di GIOSTRA G., Un pregiudizio 'grave e attuale’?, cit., p.1.
159 GIOSTRA G., Sub art. 35 ter, in (a cura di) GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario, cit., p. 422, che definisce la situazione come “Ennesima dimostrazione di come una tecnica legislativa poco vigilata è spesso foriera, oltre che di affanni e di sbandamenti giurisprudenziali, di
“ingiustizie comparative, tanto più gravi in un settore come quello dell’esecuzione penale che la Costituzione vuole attraversato da una tensione rieducativa: non c’è niente di più diseducativo, infatti, della percezione di un’ingiustizia dello Stato, mentre si sta espiando una pena per fini di giustizia”. Nello stesso senso anche MENGHINI A., Quale rimedio compensativo per gli ergastolani?, cit., p. 1437 che parla, a tal proposito, di una delle ipotesi più chiare di “giustizia negata” degli ultimi tempi.
160 GIOSTRA G., Sub art. 35 ter, in (a cura di) GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario, cit., p. 418.
161 Per una critica al rinvio mobile si veda FIORENTIN F., Rimedi risarcitori per l'inumana detenzione: il giudice ordinario come l'asino di Buridano, in Cass. pen., 2017, 3, p.1185.
162 Ma il medesimo discorso sembra valere per quanto concerne ad esempio la questione della compatibilità dello stato di salute con la detenzione o, ancora, la questione degli standard di assistenza sanitaria richiesti al fine di evitare la violazione dell’art. 3. A maggior ragione in contesti in cui non è nemmeno astrattamente possibile ancorare la valutazione a dei parametri numerici, infatti, il rischio di incertezze applicative derivanti dalla giurisprudenza della Corte è evidente. Nonostante sia possibile
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La questione, che può forse sembrare a primo acchito di secondaria importanza, traducendosi nei fatti nel dibattito sul computo o sullo scomputo ad esempio del letto o dell’armadio presente nella cella, è invece di importanza centrale, in quanto, in assenza di diposizioni normative nazionali volte a fissare uno standard spaziale minimo o dei criteri univoci di computo della superficie163, è proprio dallo standard prescelto e dal criterio di misurazione adottato che dipende l’esito, in concreto, non solo del rimedio ex art. 35 ter ma anche del rimedio ex 35 bis, qualora detti rimedi siano esperiti con riguardo ad una situazione di sovraffollamento164. Dunque, tanto il funzionamento del rimedio inibitorio, volto ad ottenere la cessazione della violazione della lesione del diritto del detenuto, quanto il funzionamento del rimedio compensativo, risultano essere nei fatti fortemente condizionati dalla capacità di individuare criteri univoci su questi due profili. Queste le ragioni per cui la questione dello spazio minimo e dei criteri di computo è stata (ed è) un ulteriore e centrale terreno di scontro tra teorie contrapposte e applicazioni contrastanti.
Sul punto, come si diceva, la Corte EDU ha assunto posizioni, talvolta incerte, talaltra più sicure poi però revocate in dubbio in sentenze successive.
Un primo profilo è connesso al noto parametro dei 3 mq pro capite, che in talune sentenze, come ad esempio nel caso Sulejmanovic165 e successivamente nell’arresto Torreggiani166, è stato considerato quale soglia minima al di sotto della quale si sosteneva esservi una presunzione assoluta di violazione dell’art. 3 CEDU. Il criterio spaziale certo è poi stato messo in discussione con le sentenze rese nel recente caso Muršić 167, in cui si è invece sottolineato come la presunzione di violazione dell’art. 3 CEDU nascente dal mancato rispetto del criterio dei 3 mq sia da considerarsi alla stregua di una strong presumption, come tale non assoluta e dunque suscettibile di enucleare alcuni principi sviluppati dai giudici europei in queste materie, infatti, qualsiasi tentativo di previsione della possibilità che una determinata situazione ove portata innanzi alla Corte sarebbe da questa sanzionata appare fortemente ipotetico.
163 Come già si diceva, non sono infatti presenti nel nostro ordinamento norme che fissino la metratura minima richiesta per le celle di detenzione. L’unico cenno alla superficie della cella è contenuto nell’art. 6 ord. penit., che però fa genericamente riferimento all’esigenza che le celle siano di “ampiezza sufficiente”.
Per amplius § 2.5.1
164 MENGHINI A., Spazio detentivo minimo e violazione dell’art. 3 Cedu: per una lettura conforme ai canoni di dignità e umanità della pena, cit., p. 126-128.
165 Corte EDU, 16 luglio 2009, Sulejmanovic v. Italy, cit, su cui anche § 1.6.3.
166 Corte EDU, 09 gennaio 2013, Torreggiani and Others v. Italy, cit.
167 Corte EDU, 12 marzo 2015, Muršić c. Croazia, cit., e Corte EDU (Grande Camera), Muršić c.
Croazia, 20 ottobre 2016, cit., per entrambe si veda § 1.6.3.
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prova contraria. L’adesione della Corte, peraltro anche in Grande Chambre, al criterio multifattoriale168 che permette in sostanza di considerare la detenzione non disumana o degradante qualora lo spazio inferiore ai 3 mq sia però compensato da ulteriori elementi, non è priva di conseguenze sul piano nazionale.
Infatti, a seguito di un consolidamento del criterio dei 3 mq, che dopo la sentenza Torreggiani sembrava far da padrone nella giurisprudenza di merito, dopo le ultime decisioni della Corte sul punto, sono divenute assai più frequenti quelle decisioni - per vero già presenti, ma in minoranza - che facendo leva sulla possibilità di trascorrere fuori dalla cella di detenzione un numero rilevante di ore, non ravvisano la violazione dell’art. 3 CEDU per la sola esiguità dello spazio detentivo individuale169.
Impossibile quindi non rilevare che le incertezze interpretative derivanti dall’ondivaga giurisprudenza della Corte EDU si riflettono a cascata sull’ordinamento nazionale ed in ultima istanza sulla capacità dello Stato di garantire il corretto funzionamento dei rimedi preventivi e compensativi. E ciò soprattutto se si considera che l’adesione della Corte EDU al criterio multifattoriale implica, nei fatti, che la valutazione rimessa al singolo Magistrato di Sorveglianza sia assolutamente discrezionale, basandosi genericamente sulle complessive condizioni di detenzione170.
Un secondo profilo attiene alle modalità di computo dello spazio a disposizione del detenuto, ulteriore punto sul quale non può certo dirsi che la giurisprudenza della Corte EDU brilli di cristallina chiarezza.
In alcune pronunce è stata indicata la necessità di computare nello spazio disponibile quello occupato dai servizi igienici, in altre invece se n’è indicata la necessità di scomputo171. Ancora, talvolta la Corte ha sottolineato la necessità di misurazione al lordo degli arredi fissi, come nella sentenza Sulejmanovic, talaltra invece ha assunto una posizione opposta, considerando l’esigenza di computare lo spazio al netto degli arredi, come nella sentenza Torreggiani. Infine la Corte, da ultimo nelle sentenze Muršić, è ritornata sulla sua posizione, evidenziando che non debba essere
168 Per gli ulteriori fattori generalmente valutati dalla Corte si veda §1.6.3.
169 MENGHINI A., Spazio detentivo minimo e violazione dell’art. 3 Cedu, cit., p. 129.
170 MENGHINI A., Spazio detentivo minimo e violazione dell’art. 3 Cedu, cit., p. 129.
171Per la prima Corte EDU, 5 marzo 2013, Tellissi v. Italy, ric. n. 15434/11; per la seconda ancora Corte EDU, 16 luglio 2009, Sulejmanovic v. Italy, cit. Per ulteriori rilievi circa le varie posizioni assunte dalla Corte anche con riferimento a casi non riguardanti l’Italia: MARIOTTI M., Ancora sul sovraffollamento carcerario: nel calcolo della superficie della cella è compreso lo spazio del letto?,cit., § 4 che analizza altresì l’ondivaga giurisprudenza nazionale di merito e di legittimità (§ 5).
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calcolato lo spazio occupato dai servizi igienici, ma al contempo che “calculation of the available surface area in the cell should include space occupied by furniture. What is important in this assessment is whether detainees had a possibility to move around within the cell normally172”.
Anche sotto questo profilo, sembra dunque che l’ultimo approdo dei giudici europei si muova nel senso di aprire alla discrezionalità del giudice, al quale è di volta in volta richiesto l’accertamento dell’effettiva possibilità di movimento del detenuto nella cella.
Ad una giurisprudenza non univoca in sede internazionale, si è accompagnata, anche in questo caso, una altrettanto oscillante giurisprudenza di merito e di legittimità.
A seguito della sentenza Sulejmanovic, la misurazione al lordo dei mobili sembrava prevalere, mentre successivamente alla sentenza Torreggiani il criterio dello scomputo del mobilio si è affermato in maniera significativa173. Aldilà dell’accordo sulla scomputabilità dello spazio destinato ai servizi igienici174, e delle divergenze sulla computabilità del mobilio - distinto tra fisso, mobile, pensile (valutato a seconda dell’altezza da terra) - si è poi sviluppato un dibattito sulla computabilità del letto, che ha visto contrapporsi pronunce in cui si affermava la scomputabilità del letto dei compagni di cella ma la computabilità di quello del detenuto in questione (essendo in questo caso il letto utilizzato dallo stesso detenuto “per le attività quotidiane”) ad altre che affermavano la computabilità o all’opposto la scomputabilità di tutti i letti presenti nella cella de qua.
A questo proposito, un ruolo fondamentale sembra essere svolto dalla Cassazione che, a seguito di alcune pronunce non sempre coerenti175, ha finito per dettare alcune regole di base, che ove accolte dalla Magistratura di Sorveglianza,
172 Cfr. Corte EDU (Grande Camera), Muršić c. Croazia, § 114, ove la Corte richiama, a tal proposito, il precedente Ananyev (Corte EDU, 10 Gennaio 2012, Ananyev and Others v. Russia, cit., su cui § 1.6.3).
Rileva la contraddittorietà delle due affermazioni consecutive della Corte MARIOTTI M., Ancora sul sovraffollamento carcerario: nel calcolo della superficie della cella è compreso lo spazio del letto? cit, § 4.
173 MENGHINI A., Spazio detentivo minimo e violazione dell’art. 3 Cedu, cit., p. 129.
174 Ciò principalmente per la constatazione che la previsione di cui all’art. 7 co.1 reg. esec. (“I servizi igienici sono collocati in un vano annesso alla camera”) implica la necessità di considerare i servizi igienici come locale differente rispetto alla camera di pernottamento.
175 Per la misurazione al lordo degli arredi si veda per esempio Cass. pen., sez. I, 18 ottobre 2013, n.
42901; per un caso invece in cui la Suprema Corte rileva la necessaria scomputabilità del mobilio: Cass.
pen., sez. I, n. 5728 del 5 febbraio 2014, Berni, in www.italgiure.it.
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sembrerebbero poter realizzare un ritorno all’ordine nella complessa materia di cui si sta trattando.
In particolare, sembra anzitutto potersi sottolineare che il giudice della nomofiliachia abbia, nelle recenti pronunce, definitivamente abbandonato la tesi circa la possibilità di computo al lordo degli arredi, sottolineando al contempo la necessità di scomputo di tutti i letti176. Ciò partendo da un’interpretazione della stessa sentenza Muršić, ed in particolare della parte in cui viene fatto riferimento alla necessità di valutazione dello spazio destinato al movimento all’interno della cella.
Questa posizione emerge bene dalle parole della Suprema Corte che nella sentenza che ha inaugurato questo filone esegetico, la pronuncia Sciuto del 9 settembre 2016177, ha chiarito che “Per spazio minimo individuale in cella collettiva va intesa la superficie della camera detentiva fruibile dal singolo detenuto ed idonea al movimento, il che comporta la necessità di detrarre dalla complessiva superficie non solo lo spazio destinato ai servizi igienici e quello occupato dagli arredi fissi, ma anche quello occupato dal letto”178 . Prendendo poi espressa posizione sulla sentenza della Grande Chambre, che aveva ingenerato la più totale confusione nella giurisprudenza di merito, ha poi precisato che “In effetti, quanto alle modalità di computo dello spazio minimo in cella collettiva, la decisione emessa dalla Grande Camera non esprime una posizione specifica sul tema del letto, ma al contempo afferma con chiarezza che per tale va inteso lo spazio in cui soggetto detenuto abbia la possibilità di muoversi all’interno della cella”, di conseguenza “la indicazione funzionale dello spazio minimo individuale come spazio destinato al movimento è tale da comportare, ad avviso del Collegio, la necessità di escludere dal computo quelle superfici occupate da strutture tendenzialmente fisse - tra cui il letto - mentre non rilevano gli altri arredi facilmente amovibili179”.
176 Da rilevare che mentre la redazione di questo elaborato volgeva al termine è però stata depositata una sentenza (Cass., sez. I, 6 settembre 2017, n. 40519 in www.italgiure.it) in cui la Corte di Cassazione torna invece sui suoi passi, sostenendo nuovamente l’esigenza di computo dei letti, tranne nelle ipotesi di letto a castello.
177 Cass. pen. 9 settembre 2016, n. 52819, Sciuto in Cass. pen. 2017, 3, p. 1180 con nota di FIORENTIN F., Rimedi risarcitori per l'inumana detenzione: il giudice ordinario come l'asino di Buridano, e in www.penale contemporaneo.it con nota di MARIOTTI M., Ancora sul sovraffollamento carcerario: nel calcolo della superficie della cella è compreso lo spazio del letto? La Cassazione interpreta la giurisprudenza di Strasburgo in modo particolarmente favorevole ai detenuti, 29 marzo 2017.
178 Cass. pen. 9 settembre 2016, n. 52819, Sciuto, cit., punto 3.8.
179 Cass. pen. 9 settembre 2016, n. 52819, Sciuto, cit., punto 4.4.
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Detta posizione è stata poi ribadita in varie sentenze successive180, che non solo hanno rafforzato l’interpretazione precedentemente data, ma hanno altresì nuovamente esplicato in maniera chiara come non si possa considerare la superficie del letto (e dunque a maggior ragione quella degli altri arredi fissi) quale spazio destinato al libero movimento e ciò proprio perché il riposo e l’attività sedentaria sono da considerarsi funzioni differenti ed opposte rispetto al movimento.
La Suprema Corte, sempre affermando la propria linea, ha inoltre rifiutato la richiesta del Procuratore Generale di remissione della questione circa i criteri di calcolo alle Sezioni Unite, sostenendo non vi fossero profili di contrasto con altre pronunce nonché sottolineando la mancanza di particolari “scogli interpretativi di particolare impegno”181. Infine, la Cassazione ha sottolineato la necessità di diversificare la questione dello spazio minimo (che deve riguardare unicamente la dimensione della cella e la possibilità di movimento all’interno di questa) da quella riguardante la possibilità di usufruire del cd. regime delle aperte (che implica invece il movimento fuori dalla cella e dunque interviene, come potenziale elemento di equilibrio dello spazio inferiore ai 3mq, in un momento successivo e diverso rispetto a quello preliminare concernente invece le modalità di calcolo della superficie della cella), così completando il quadro di un’interpretazione particolarmente favorevole al detenuto della giurisprudenza europea.
L’interpretazione data da ultimo dalla Cassazione, nonostante sia una delle possibili interpretazioni della giurisprudenza della Corte EDU e non la sola, sembra comunque essere la preferibile, anzitutto in quanto pone dei criteri univoci, a differenza invece dei criteri tra loro contrastanti espressi a varie riprese dai giudici europei. Inoltre, e ciò pare assumere un valore preponderante, sembra più adeguata in quanto si presenta come maggiormente garantista e dunque più in linea con la posizione espressa dalla Corte costituzionale in merito alla necessità di riconoscimento dei diritti dei detenuti,
180 Cass. pen., sez. I, 16 maggio 2017, n. 39245, in www.italgiure.it (riferita però all’ipotesi del letto a castello); Cass. pen., sez. I, 9 settembre 2016, n. 2690 (dep. 21 aprile 2017); Cass. pen., sez. I, 19 gennaio 2017, n. 175 (dep. il 12 maggio 2017); Cass. pen., sez. I, 21 aprile 2017, n. 1476 (dep. 10 maggio 2017).
Le tre sentenze da ultimo citate sono citate (anche per stralci) in Trib. Sorv. Venezia, 27 giugno 2017, in www.conams.it.
181 Cass. pen., sez. I, 17 novembre 2016, n. 13124, Morello, in www.italgiure.it (anche in questo caso riferita al letto a castello).
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risultando dunque in un’ultima istanza come maggiormente rispettosa della Costituzione ed in particolare degli artt. 27 co. 3 e 32182.
3.6.3 Il dibattito sull’entità del ristoro garantito a titolo di riparazione e la controversa natura del rimedio
Tornando all’analisi generale del rimedio ex 35 ter, è da notare un ultimo profilo di criticità. Ci si riferisce in particolare all’entità del ristoro previsto dal legislatore, tanto con riferimento alla riparazione “in forma specifica” e quindi alla riduzione di pena, quanto con riguardo alla riparazione “per equivalente” e quindi al ristoro in forma monetaria183.
Come è stato notato in dottrina, infatti, i criteri di misurazione del rimedio - che come detto prevedono la riduzione della pena nella misura di un giorno per ogni dieci giorni di pregiudizio sofferto, e la somma di denaro pari a 8 euro per giorno di pregiudizio - sembrano ragguagli particolarmente insoddisfacenti184.
Quanto al primo profilo e dunque alla riduzione di pena, questa appare quantomai sproporzionata se comparata ad esempio allo “sconto di pena” derivante dalla liberazione anticipata speciale (introdotta con il già citato e quasi contestuale D.L.
146/2013, conv. L.10/2014) che prevedendo una detrazione di 75 giorni per ogni semestre in cui il condannato a dato prova di meritevole partecipazione all’opera rieducativa, implica un criterio di commisurazione per i “meriti” del detenuto che è quasi nel rapporto di 1 (riduzione) a 2 (pena) mentre quello dei “demeriti” dello Stato secondo i criteri imposti dal 35 ter è in misura di 1 a 10185. Come peraltro suggerito dalla Commissione Giostra, sarebbe stato forse più opportuno parametrare la riduzione sui coefficienti previsti per la liberazione anticipata ordinaria (art. 54 ord. penit., che
182 In questo senso anche MARIOTTI M., Ancora sul sovraffollamento carcerario, cit.§ 6. Per una posizione critica circa la posizione assunta dalla Corte e l’auspicio che i giudici nazionali si adeguino piuttosto al dettato della Corte di Strasburgo FIORENTIN F., Rimedi risarcitori per l'inumana detenzione, cit.
183 Così anche in DELLA BELLA A., Il risarcimento per i detenuti vittime di sovraffollamento, cit. §21.
A scanso di equivoci si precisa che la terminologia utilizzata non è da essere intesa facendo riferimento alle corrispondenti categorie civilistiche strettamente intese ma semplicemente quale equiparazione atecnica.
184GIOSTRA G., Sub art. 35 ter, in (a cura di) GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario, cit., p. 416. Nello stesso senso inter multis DELLA BELLA A., Il risarcimento per i detenuti vittime di sovraffollamento, cit., § 21.
185 GIOSTRA G., Sub art. 35 ter, in (a cura di) GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario, cit., p. 416.
181
prevede quattro giorni di “sconto” per giorno di partecipazione all’opera rieducativa)186, così da garantire lo “stesso rapporto per premiare il merito del detenuto e per riparare al demerito dello Stato”187.
Rilievi analoghi possono essere mossi con riguardo all’adeguatezza del ristoro economico, che risulta particolarmente esiguo soprattutto se messo a confronto con i coefficienti di equivalenza tra pena detentiva e pena pecuniaria previsti dall’art. 135 c.p.
che prevede il criterio di ragguaglio di “euro 250, o frazione di euro 250 di pena pecuniaria per ogni giorno di pena detentiva”. Infine, come è stato notato, le perplessità sul criterio di commisurazione aumentano ove si consideri che il procedimento ex 737 c.p.c. ha un costo di 98 euro e dunque potrebbe indurre il detenuto a desistere dall’azionare il proprio diritto per la modesta entità del ristoro che potrebbe ottenere188.
L’inadeguatezza della commisurazione, oltre a porre problemi di compatibilità costituzionale189, potrebbe poi sollevare dubbi in sede di Consiglio d’Europa, considerato che l’equa soddisfazione liquidata dalla Corte per casi analoghi è spesso molto più cospicua, come emerge ad esempio nel caso Torreggiani190.
Sul punto è da notare che la Corte EDU, con le già citate sentenze Stella e Rexephi191, non ha evidenziato particolari problemi circa l’entità della riparazione, sottolineando la necessità di lasciare allo Stato un ampio margine di discrezionalità con riguardo al rimedio, di modo che questo possa “predisporre tale ricorso interno in maniera coerente con il proprio sistema giuridico e le sue tradizioni, conformemente al livello di vita del paese192”. Essa ha inoltre sottolineato, con riferimento specifico all’entità del ristoro, che questo ben può essere inferiore alle somme fissate dalla Corte, purché si tratti comunque di importi ragionevoli, concludendo che “Nella fattispecie,
186 DELLA BELLA A., Il risarcimento per i detenuti vittime di sovraffollamento, cit., §21.
187 GIOSTRA G., Sub art. 35 ter, in (a cura di) GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario, cit., p. 416.
187 GIOSTRA G., Sub art. 35 ter, in (a cura di) GIOSTRA G., DELLA CASA F., Ordinamento penitenziario, cit., p. 416.