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ALLE CAMERE

Nel documento Cronache Economiche. N.003-004, Anno 1977 (pagine 42-46)

Si riporta qui di seguito il testo integra-le dell'intervista di Athos Macchi com-parsa sul quotidiano economico-finan-ziario milanese il 13 luglio 1977, che prendendo lo spunto dai dibattiti aper-tisi intorno all'attuazione della legge « 382 » vuole far uscire allo scoperto sul problema del rinnovamento degli istituti camerali Enrico Salza e Gian-carlo Biraghi, rispettivamente presidente e Segretario generale della Camera di commercio di Torino.

Ia Domanda: Quali necessità e quali

possibilità ritenete che esistano per l'azione delle Camere di commercio?

SALZA: Le attuali norme che regolano

le Camere di commercio e ne stabilisco-no i compiti sostabilisco-no sostanzialmente vec-chie di 30 o 40 anni. In questo tempo le strutture produttive italiane sono pro-fondamente mutate, in quantità e qua-lità, e l'ambiente nel quale si svolge l'attività produttiva è cambiato forse an-cor più radicalmente. Oggi quel che serve è un Ente che non si limiti a cer-tificazioni di tipo quasi notarile, ma che svolga due compiti fondamentali: co-struire e fornire alle parti sociali una « base » di documentazione locale e di informazione, tale da favorire l'accor-do sociale e quindi lo sviluppo; ed in-dividuare, promuovere e realizzare ini-ziative di appoggio diretto ed indiretto

all'imprenditorialità locale.

B I R A G H I : Bisogna fare una distinzione fra obiettivi e metodi. Sotto il primo aspetto, se intendiamo la Camera di commercio come il « luogo dell'impren-ditorialità », considerata sotto il profilo interprofessionale e dell'interesse pub-blico, non vi sono sostanziali mutamenti da operare. La sfera operativa delle Ca-mere di commercio si esplica su tre direttrici:

a) amministrazione di quella che

pos-siamo chiamare anagrafe economica, costituita dal Registro delle ditte e da un insieme di albi, ruoli ed altri regi-stri speciali;

DI COMMERCIO

c) intervento promozionale, settoriale e globale, nell'economia.

b) rilevazione statistica e ricerca, con

le connesse funzioni consultive specie a livello regionale;

Qui si tratta solo, semmai, di svilup-pare ulteriormente un'azione che è già incisiva.

Quanto ai metodi, le Camere di com-mercio si muovono in un'area solleci-tata da forze contrastanti. Per natura loro tendono alla massima efficienza del servizio reso agli operatori, anche come antidoto alla tradizionale sfiducia verso la pubblica amministrazione (lo dimostra la recente creazione di una

società nazionale di informatica per la gestione dei servizi camerali). D'altro lato sono vincolate da impacci procedu-rali derivanti da norme amministrative e organizzative che ripetono sostanzial-mente quelle dello Stato. È proprio in questo campo che le Camere abbisogna-no di modificazioni anche sostanziali che le sciolgano da condizionamenti ina-datti al loro tipo di attività e le avvici-nino al modo di operare degli enti pub-blici economici.

2a Domanda: Viene ipotizzato più un

ampliamento che una riduzione dei com-piti delle Camere di commercio. Ma questi Enti sono veramente i più attrez-zati, o anche solo sufficientemente at-trezzati, per assumersi questi nuovi im-pegni?

B I R A G H I : La progressiva espansione del-le funzioni deldel-le Camere di commercio è stata nel tempo voluta dallo Stato, che ha trovato in questi enti gli strumenti idonei per risolvere molti dei suoi pro-blemi di intervento nell'economia, ma anche dalle stesse Regioni, che ne hanno ripetutamente e sistematicamente richie-sto la collaborazione. Non credo di man-care di riguardo ad alcuno se sottolineo che, ad esempio, l'Albo degli autotra-sportatori, istituito con legge qualche anno fa, rimane tuttora inattuato, men-tre si può essere certi che, affidato alle Camere di commercio, sarebbe già una realtà. Una controprova: alcune Regio-ni hanno creato l'Albo degli imprendi-tori agricoli; dove non è stato affidato alle Camere di commercio è rimasto semplicemente sulla carta. Ritengo che se venisse data alle Camere di commer-cio la possibilità di operare in maniera più duttile, le loro capacità di realiz-zazione si troverebbero moltiplicate. 3" Domanda: Il campo degli enti, delle

associazioni e delle imprese che si oc-cupano, in forme diverse e talvolta so-vrapposte o contrastanti, di fiancheggia-re l'attività produttiva è ormai affolla-to. Anche per questo motivo era sorta la proposta di riunire nelle Regioni mol-te delle compemol-tenze oggi disperse. Come giudicate questa esigenza?

S A L Z A : In Italia è normale che ci si lasci affascinare dalle parole, senza con-trollare i contenuti: ora, in nome del pluralismo, si vorrebbero decentrare molte competenze alle Regioni. Ma che tipo di pluralismo può venire dal con-centrare nuovamente tutto in un unico Ente politico locale? Anche localmente occorre una pluralità di voci, di opera-tori, di rappresentanze di interessi. In questo quadro, ritengo che una presen-za non simbolica delle Camere di com-mercio sia necessaria.

B I R A G H I : Se consideriamo la Camera di

La Camera di commercio di Torino: dentro e fuori.

a

commercio essenzialmente come l'ordi-ne professionale degli imprenditori, co-si come a parole sembra riconoscere l'art. 66 del testo della Commissione parlamentare, per poi immediatamente negarlo nei contenuti, non si tratta di dispersione, ma se mai di una conce-zione organica. Dispersione vera si avrebbe ove si spartissero le competen-ze delle Camere di commercio fra Co-muni, Province e Regioni, come vorreb-be il citato art. 66. Curioso poi che la stessa Commissione parlamentare non abbia saputo precisare in che modo la spartizione debba avvenire.

C'è un'altra considerazione da fare: questo criterio è contraddittorio con la prassi seguita nella loro ancor breve sto-ria dalle Regioni, che quando si trova-no di fronte a problemi di intervento nell'economia non fanno altro che crea-re enti, aziende, società con finalità spe-cifiche.

4" Domanda: Presidente, lei ha parlato

di rappresentanze di interessi. Però le categorie che entrano nelle Camere di commercio hanno già anche localmente delle associazioni che le rappresentano. Non le sembra che cosi si crei una du-plicazione?

SALZA: Tutt'altro. Un conto è la rappre-sentanza di categoria, un conto è la rap-presentanza globale delle attività econo-miche locali. Proprio questa globalità, unita alla limitazione del campo d'azio-ne a tali attività economiche, affida alle Camere di commercio un ruolo unico di promozione integrale, di collegamen-to istituzionale tra diversi setcollegamen-tori, che non potrebbe verificarsi in altre sedi. Già ora alcune forme di presenza e di azione delle Camere di commercio rea-lizzano tale collegamento fra le diverse attività; e questa strada può e deve es-sere potenziata nel futuro. Anche per non snaturare tale ruolo, ritengo che il peso delle rappresentanze dei lavoratori dipendenti, già validamente tutelati in altre sedi, non debba diventare predo-minante o comunque eccessivo nelle fu-ture sistemazioni istituzionali delle Ca-mere di commercio.

5" Domanda: A proposito di

lavorato-ri dipendenti, dr. Biraghi, come lavorato- ritie-ne che debba essere inquadrato il per-sonale delle Camere di commercio?

B I R A G H I : Secondo me il personale delle Camere di commercio dovrebbe essere definitivamente sganciato dal cliché sta-tale, sia dal punto di vista del reclu-tamento, sia da quello dello sviluppo di carriera, sia da quello del trattamento economico. Andrebbe invece inserito in un rapporto contrattuale di tipo privato, che potrebbe benissimo fare riferimento

a quello del settore commerciale. Lo

stesse Segretario generale dovrebbe ces-sare di essere un funzionario statale ed assumere funzioni più manageriali, ri-conducendosi il suo stato giuridico ed economico nel quadro contrattuale dei dirigenti di azienda.

6a Domanda: Torniamo al punto

do-lente della ripartizione dei compiti con le Regioni. È stato proposto, non è chia-ro se per autentica convinzione o per la ricerca di un tipico compromesso « all'italiana », che le Camere di com-mercio continuino ad esercitare per de-lega buona parte dei compiti che sareb-bero trasferiti alle Regioni. Come giu-dicate questa soluzione?

S A L Z A : Il giudizio sulle deleghe deve essere dato su piani diversi. È, ad esem-pio, evidente che i cambiamenti non possono attuarsi da un giorno all'altro, e che nel caso di passaggio di competen-ze importanti che coinvolgono persona-le ed attrezzature, il metodo della depersona-le- dele-ga sarebbe l'unico possibile per il pe-riodo transitorio. Per il regime defini-tivo, invece, non avrebbe senso una de-lega permanente e generale per mate-rie trasferite, perché essa dimostrerebbe solo la non opportunità del trasferi-mento.

È semmai opportuno che le Regioni af-fidino alle Camere di commercio compi-ti specifici, rientrancompi-ti nelle proprie com-petenze, quando essi richiedono un'atti-vità di studio e di realizzazione esterna all'Ente Regione, e le Camere di com-mercio si presentano come gli operatori più attrezzati per tale attività.

7" Domanda: Alla luce di questa situa-zione, dunque, quali ritiene che siano

in quantità e in qualità i mezzi di cui le Camere di commercio dovrebbero es-sere dotate? E quali fonti di finanzia-mento ritiene proponibili e praticabili per l'attività delle Camere, tenuto con-to delle difficoltà generali dei bilanci pubblici?

B I R A G H I : Rispondo innanzitutto all'ul-tima domanda. Le Camere di commer-cio sono probabilmente ira i pochi enti pubblici che non hanno bilanci in dis-sesto. Questo anche perché, amministra-te da imprenditori, hanno costanamministra-temen- costantemen-te cercato di adeguare le spese alle pos-sibilità effettive delle loro risorse. Quanto al loro finanziamento, si sente da certuno affermare che esse gravano sul bilancio dello Stato. La realtà è un po' diversa: la quota di Ilor che a par-tire dal prossimo anno dovrebbe essere loro assegnata, e lo stesso attuale regi-me transitorio che le fa partecipi di una quota delle entrate erariali, non sono che una forma sostitutiva della vecchia imposta camerale a carico degli impren-ditori, che lo Stato gradualmente nel tempo ha assorbito fra le proprie entra-te. Bisogna sottolinearlo: le Camere di commercio sono nate e si sono svilup-pate con i contributi degli operatori eco-nomici, e unicamente con gli apporti delle categorie imprenditoriali intendo-no continuare a operare.

Ritengo che per motivi di trasparenza il finanziamento delle Camere di commer-cio vada riportato alla sua fonte natu-rale, eventualmente anche mediante la reintroduzione di un'imposta di patente, ovviamente differenziata per settori pro-duttivi e secondo le dimensioni azien-dali.

8" Domanda: Abbiamo parlato di

vec-chi e nuovi compiti, vecvec-chi e nuovi stru-menti, vecchi e nuovi mezzi finanziari. Per tirare le conclusioni: presidente Salza, supponendo che le difficoltà poli-tiche e amministrative possano essere superate, quali sono i campi nei quali l'azione delle Camere di commercio a sostegno dello sviluppo può essere de-terminante?

S A L Z A : Sono fortunatamente, o sfortu-natamente, molti più di quelli elencabili in questa occasione. Ne ricorderò quin-di solo alcuni: il compito quin-di fornitura di una base comune per le discussioni sociali che ho già citato; la realizzazio-ne di collegamento istituzionale fra i diversi comparti produttivi; le iniziati-ve di promozione in campi che devono essere affrontati in modo unitario come ad esempio le esportazioni; e aggiunge-rei anche i compiti di arbitrato e di ac-certamento di dati e fatti obiettivi in materia che possono creare contenzioso e che richiedono l'intervento di una « voce » ufficiale ma non politica.

Nel documento Cronache Economiche. N.003-004, Anno 1977 (pagine 42-46)