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DI CINQUE REGIONI ITALIANE

Nel documento Cronache Economiche. N.003-004, Anno 1977 (pagine 72-77)

Carlo Beltrame

1. — Ritorniamo sul tema della pro-grammazione regionale, riferendo, in ter-mini di documentazione su alcune re-centi elaborazioni delle Regioni del-l'Italia Nord-Occidentale, dell'Umbria e del Lazio. Cominciamo dal Piemonte, regione piuttosto ricca di studi e di bozze di piani. Nella primavera del

1976 è stata diffusa una bozza di pia-no regionale 1976-1980 della Giunta Regionale, pervenuta, dopo ampie con-sultazioni, al dibattito del Consiglio Re-gionale. Mentre scriviamo questa nota, la bozza è in fase di rielaborazione, an-che per riformulare le previsioni occu-pazionali al 1980. Ma non interessa, in questa sede, entrare nel dettaglio delle cifre di una singola regione, quanto in-vece illustrare la struttura della bozza di piano e la natura del piano stesso. La bozza di piano regionale del Pie-monte per il periodo 1976-1980 com-prende una prima parte di analisi della struttura demografica e occupazionale, economica e territoriale della regione al

1975 con previsioni al 1980 e una se-conda parte di precisazione della poli-tica di intervento della Regione attra-verso una serie di programmi-obiettivo. È proprio su questa seconda parte che intendiamo soffermarci.

Siamo di fronte a quattro grandi obiet-tivi regionali (diffusione dello sviluppo economico, socializzazione del territo-rio, deistituzionalizzazione e riqualifica-zione dei servizi, formariqualifica-zione umana) accanto all'ulteriore obiettivo di orga-nizzazione democratica della Regione, per renderla una istituzione programma-tica socialmente efficace. Vediamo velo-cemente il contenuto dei cinque obiet-tivi.

Il programma-obiettivo di diffusione dello sviluppo economico opererà attra-verso le seguenti linee di intervento: — promozione dell'agricoltura e della zootecnia;

— sviluppo del settore industriale; — riqualificazione del settore terziario; — politica di riassetto territoriale tesa a definire una base di coordinamento e di indirizzo delle politiche di settore citate e a valorizzare le potenzialità eco-nomiche del territorio.

Il programma-obiettivo di socializzazio-ne o di uso sociale del territorio tende a favorire « una piena fruizione sociale delle risorse territoriali » e si articola in una serie di « progetti di intervento », che vanno dalla pianificazione del terri-torio all'edilizia pubblica residenziale all'edilizia scolastica al discorso delle nuove Università in Piemonte alla crea-zione di un sistema di parchi e di riser-ve naturali alla fruizione turistica alla difesa ecologica.

Il programma-obiettivo di deistituziona-lizzazione e riqualificazione dei servizi parte dalla denuncia dell'inadeguatezza attuale della politica sanitaria ed assi-stenziale rispetto alla domanda sociale. La risposta (un intervento globale e preventivo) deve però esprimersi in ter-mini che integrino il momento socio-sanitario con i problemi più generali di tutti i servizi del territorio. Di qui il legame con il discorso comprensoriale e con le unità locali

Nel quarto programma-obiettivo, quello della formazione umana, è basilare il discorso della formazione professionale, intesa come momento terminale e com-plementare della scuola normale per l'ac-cesso al lavoro e nel quadro di una progressiva pubblicizzazione del settore. Si tratta di finalizzare la formazione professionale agli obiettivi del piano di sviluppo regionale, in particolare ai se-guenti obiettivi:

— la difesa e il rilancio dell'occupa-zione;

— la riconversione industriale; — il sostegno e lo sviluppo dell'agri-coltura;

— una nuova politica dei servizi socio-sanitari;

— la riqualificazione della pubblica amministrazione.

Abbiamo infine il programma-obiettivo di organizzazione ed informazione, dove si cerca di precisare strumenti e proce-dure della programmazione ai livelli re-gionale, comprensoriale e sub-compren-soriale e di formulare indicazioni per la formazione e l'avvio della struttura or-ganizzativa ai tre livelli citati. Vengono qui sviluppati i discorsi nuovi del pro-gramma pluriennale di attività e di spe-sa della Regione, dei comprensori come organismi di programmazione e di coor-dinamento, dei bilanci consolidati di comprensorio, dei sub-comprensori co-me sede di delega regionale e struco-menti operativi dei comprensori, ecc.

2. — Interessa qui cogliere in termini esemplificativi, dalla bozza di piano re-gionale piemontese, taluni aspetti della strumentazione operativa per qualche programma-obiettivo o linee di inter-vento. Vengono, ad esempio, precisati cosi gli strumenti e le iniziative di poli-tica industriale:

— la finanziaria regionale piemontese:

l'arco dei possibili interventi configura sostanzialmente una funzione di stimo-lo al sorgere ed al consolidarsi di ini-ziative industriali, attraverso la presta-zione di varie modalità di servizi, quali appunto l'attrezzatura di aree industriali ed artigiane (la cui realizzazione è ormai imminente) e la creazione di

infrastrutture di sostegno al tessuto in-dustriale decentrato; l'assistenza tecni-co-amministrativa-gestionale che può realizzarsi attraverso la ricerca di mer-cato, la consulenza finanziaria, la for-mazione professionale dei quadri azien-dali; la promozione di forme associa-tive attraverso meccanismi di incenti-vazione, l'agevolazione dell'accesso al credito soprattutto per ciò che riguarda interventi a favore dell'esportazione e nel settore garanzia fidi;

— la politica delle aree industriali, concentrando gli interventi in un nume-v ro ridotto di aree regionali diversamen-te caratdiversamen-terizzadiversamen-te (l'obiettivo più im-mediato è quello di realizzare entro il

1977 le aree attrezzate di Casale, Mon-dovi, Borgosesia e Vercelli);

— la politica di promozione dell'espor-tazione;

— l'utilizzo della domanda pubblica in funzione di indirizzo e stimolo dell'at-tività produttiva legata al potenziamen-to delle infrastrutture e dei consumi sociali.

Riprendiamo poi alcune indicazioni di metodo del programma-obiettivo di or-ganizzazione e di informazione. Questo programma si articola in quattro parti, cosi precisate:

a) strumenti e procedure della program-mazione a livello regionale,

compren-soriale e sub-comprencompren-soriale;

b) formazione e avvio delle strutture organizzative ai tre livelli citati;

c) costituzione e avvio della rete di

in-formazione ai tre livelli citati;

d) attività di ricerca per la politica di

programmazione.

La programmazione di bilancio è una struttura cardine del programma-obiet-tivo in esame e si compone essenzial-mente dei seguenti strumenti:

a) programma pluriennale di attività e di spesa (in genere quinquennale), le

cui previsioni assumono come termini di riferimento quelli del programma regionale di sviluppo e che trova la propria proiezione annua (aggiornan-dosi o sottoponen(aggiornan-dosi a revisioni) nel bilancio preventivo annuale;

b) gli indicatori di realizzazione degli obiettivi di programma (programmi,

sub-programmi, elementi di programmi): si tratta di una evidenziazione dei co-sti e dei risultati delle attività pubbli-che, scelte nel quadro del perseguimen-to degli obiettivi, una sorta di consun-tivo reale (almeno attuale, ma la Giunta Regionale parla anche di esami perio-dici trimestrali o quadrimestrali dello stato di attuazione delle spese) sia del

piano di sviluppo come del programma pluriennale di attività e di spesa;

c) i bilanci consolidati di comprenso-rio (rielaborazione e quindi fusione dei

dati dei bilanci degli enti locali del comprensorio, in pratica: i Comuni) con finalizzazione, nel tempo, non solo co-noscitiva ma anche operativa. Sottoli-neato che l'operazione non è da pen-sarsi « né come breve, né come sempli-ce », si conclude indicando la seguente « scaletta » di successioni temporali di impegni: sperimentazioni in uno o più comprensori pilota, inizialmente costru-zione di preventivi del tipo conoscitivo ad arco annuale e secondo le classifica-zioni correnti, avvio della pluriannaliz-zazione dei bilanci preventivi in rappor-to ai vari livelli di piano, avvio dei pro-cessi di quantificazione degli obiettivi, avvio dei processi di verifica dello stato di attuazione del piano (con l'impiego dei bilanci consuntivi, dei dati di cas-sa, degli indicatori di prodotto, ecc.), formalizzazione del ruolo degli uffici decentrati di controllo come elementi del sistema informativo pubblico a sca-la ultra-comprensoriale e regionale2. In precisazioni successive alla pubbli-cazione della bozza di piano regionale3

si sono fornite più puntuali definizioni dei progetti che devono discendere dai programmi-obiettivo4 e si è anche forni-to un elenco dettagliaforni-to dei progetti di programma 5, qualificandolo come « cen-simento ragionato delle possibilità di progetti presenti nel documento di piano ».

Si ricollegano alle indicazioni prospet-tate i disegni di legge regionale sia sulla tutela ed uso del suolo (nella parte ri-guardante la pianificazione territoriale) come sulle procedure della programma-zione (procedure di formaprogramma-zione del pia-no di sviluppo regionale e procedure di attuazione del piano).

3. — Per quanto riguarda la Liguria, ri-teniamo di doverci riferire, per la sua originalità e completezza, più che alla « Nota di programmazione economica regionale » approvata dalla Giunta Regionale nel novembre 19746, allo « Schema di piano e criteri di gestione del territorio » dell'aprile 1975, conside-rato quale « utile schema di riferimen-to » anche dall'attuale Giunta Regio-nale Ligure7. Il documento in questione non si limita ad una stima degli ordini di grandezza delle previsioni di svilup-po, ma dopo avere operato una

inte-ressante suddivisione del territorio in ambiti sub-regionali (tre grandi aree di riequilibrio socio-economico, undici aree di gravitazione funzionale, ventu-no aree omogenee), effettua una disag-gregazione territoriale delle ipotesi di variazione di alcune grandezze

fonda-mentali e fornisce degli orientamenti di pianificazione per le sub-aree. Si tratta di orientamenti alquanto diversificati, visto che si è proceduto a indirizzare e a qualificare i seguenti tipi di aree:

a) territori con rilevanti disponibilità

di aree pianeggianti (Albenganese, Val Bormida, Val di Magra);

b) aree a struttura industriale-portuale,

con prevalenti problemi di ristruttura-zione delle attività produttive. In tali aree, che comprendono il Savonese, il Genovese e lo Spezzino, particolare at-tenzione deve essere riservata alla razio-nalizzazione dell'assetto urbano;

c) aree costiere a struttura mista, con vocazioni alternative rispetto al turismo (tratto Savona-Voltri, Levante Genove-se, VentimiglieGenove-se, Imperiese);

d) aree costiere con problemi di diver-sificazione rispetto alla funzione turi-stica dominante (Sanremese, Finalese);

e) aree costiere dove appare preminente

la vocazione turistica, con problemi di articolazione e di arricchimento delle funzioni di servizio e di salvaguardia ambientale (Dianese, Litorale Spez-zino);

/) aree vallive interne per le quali le potenzialità di sviluppo sono associate ad un processo di più intensa interrela-zione con le aree regionali più forti, da conseguire tramite il miglioramento del-l'accessibilità e il conseguente recupero di nuove opportunità di localizzazione per insediamenti produttivi e di servi-zio. Comprendono il sistema delle Valli Scrivia, Val Trebbia e Fontanabuona, la bassa Val di Vara e l'area compresa tra le Valli Stura e Bormida;

g) aree montane le cui possibilità di

sviluppo sono legate alla valorizzazione dei caratteri specifici dell'economia e della cultura della montagna e al supe-ramento dei fattori di emarginazione. Comprendono l'intero sistema delle Alpi Marittime, la Val d'Aveto, l'alta Valle Sturla e l'alta Val di Vara.

Lo « schema di piano e criteri di ge-stione del territorio » si diffonde a lun-go nella trattazione di altri temi-chiave, come i porti e gli insediamenti nel set-tore energetico, il sistema delle infra-strutture di trasporto, la protezione del-l'ambiente fisico in rapporto agli inter-venti di urbanizzazione. Il documento è ricco di una revisione critica dell'imma-gine programmatica della Liguria, quale si era venuta affermando negli ultimi anni. In tale quadro di revisione, « l'ac-cento si sposta da un'esigenza di inte-grazione ' verticale ' o ' trasversale ' fra la Liguria e l'entroterra padano, alla preminenza di un'integrazione ' orizzon-tale ' o ' longitudinale ' degli

insedia-menti che si susseguono lungo l'arco co-stiero, mentre lo stesso problema delle aree interne viene capovolto: anziché puntare sull'apertura di un valico in ogni vallata, appare prioritario rendere veramente efficienti i collegamenti con la costa, lungo la quale, d'altra parte, si intende distribuire le attività produttive e di servizi in modo più articolato del-l'attuale, interessando anche zone, come il Ponente estremo, che finora hanno avuto una struttura scarsamente diversi-ficata ». Centrale, nel discorso territo-riale dello « schema », è l'ambito terri-toriale dei comprensori. Viene in effetti affermato: « Il cardine del sistema, al-meno in questa prima fase della piani-ficazione regionale, è costituito dalle aree di gravitazione funzionale relative agli undici ' poli urbani di livello com-prensoriale ' che sono stati individuati nella regione ». Ricordiamo che tali poli sono: la conurbazione Ventimigliese (Ventimiglia, Vallecrosia, Bordighera), la conurbazione Sanremese (San Remo, Taggia), Imperia, Albenga-Alassio, la conurbazione Finalese (Loano, Pietra Ligure, Finale), Cairo Montenotte, la conurbazione Savonese (Vado, Quilia-no, Savona, Albisola Marina e Superio-re), Genova, il sistema del promontorio di Portofino (Recco, Camogli, S. Mar-gherita, Rapallo), la conurbazione del Tigullio orientale (Chiavari, Lavagna, Sestri Levante), il sistema Spezzino e della Valle del Magra (La Spezia, Le-rici, Sarzana)8.

4. — Dedichiamo un cenno anche alla programmazione della Regione Lombar-da, peraltro già sufficientemente « pub-blicizzata » in diverse sedi e riviste, con un veloce riferimento, prevalentemente di ordine metodologico, al documento « linee programmatiche e piano di atti-vità per il 1976 »9. Il documento si ri-chiama a fondamentali precedenti « te-sti » della programmazione della Regio-ne 10 e precisa una serie di « azioni » co-si articolate:

a) l'azione della Regione per la salva-guardia e lo sviluppo dell'occupazione (la politica industriale, il ruolo della

FINLOMBARDA);

b) la politica agricola;

c) commercio e distribuzione;

d) l'artigianato;

e) l'azione della Regione per lo

svilup-po dei servizi sociali;

/) l'azione della Regione per la difesa e l'uso sociale del territorio;

g) la politica della ricerca

(particolar-mente attraverso I'IRER, cioè l'istituto regionale di ricerche);

h) il programma legislativo (che

varare, che vanno dall'assetto e rinno-vamento istituzionale alle strutture pro-duttive).

Ogni « azione » si artico1*) in specifici « progetti ». Ad esempio, l'azione della Regione per lo sviluppo dei servizi ciali comprende il progetto sicurezza so-ciale, il progetto promozione culturale, il progetto turismo. Ulteriori articola-zioni operative presentano i diversi getti. Cosi il progetto relativo alla pro-mozione culturale comprende questi campi di intervento: istruzione, ricon-versione dei lavoratori, diritto allo stu-dio, edilizia scolastica, Università in Lombardia, beni culturali e ambienta-li, sistemi bibliotecari, informazione e

R A I - T V .

Di fronte alle indicazioni del documen-to programmatico in esame, il Consiglio Regionale della Lombardia ha votato un ordine del giorno, nel quale si indivi-duano le seguenti « priorità da avviare nei primi del 1976 »:

1) casa

2) Ferrovie Nord Milano 3) acqua 4) parchi 5) distribuzione commerciale 6) asili-nido 7) edilizia scolastica 8) opere pubbliche 9) riconversione industriale 10) trasporti.

L'ordine del giorno contiene anche un allegato con la precisazione delle « pro-poste che emergono dal piano di attività per il 1976 ». Si tratta di proposte (32 in totale) di varia natura e dimensio-ne, andandosi, tanto per fare qualche esempio, dal « piano regionale per la casa » alla « proposta di piano di attivi-tà per la FINLOMBARDA » alla « propo-sta di attuazione delle deleghe agli Enti locali » alla « proposta di un centro tecnologico a favore della piccola indu-stria » al « censimento delle case esi-stenti in Lombardia » al « convegno sul tema della riforma della scuola media superiore ».

5 — Per il caso dell'Umbria, ci rife-riamo al « programma regionale di svi-luppo 1976-1980 » che si definisce « un programma imperniato su un in-dirizzo strategico globale e tradotto in un assieme di progetti operativi ». Le fi-nalità generali del programma regiona-le, che partono da una analisi delle cau-se strutturali degli squilibri12, riguar-dano in Umbria il superamento della crisi in atto, il superamento degli squi-libri territoriali e settoriali, la priorità dell'agricoltura e della valorizzazione

dell'azienda diretto-coltivatrice, la piena occupazione, il ruolo della imprendito-rialità e lo sviluppo della piccola e me-dia industria, la qualità della vita (an-che come fattore di un diverso tipo di sviluppo), la valorizzazione del territo-rio. Gli obiettivi vengono poi quantifi-cati (ad esempio, fissando un tasso di crescita dell'occupazione industriale) e in relazione ad essi si precisano le po-litiche della Regione nel quinquennio considerato, indicando risorse e inve-stimenti per settori di intervento. Le « piattaforme programmatiche » com-prendono:

a) lo sviluppo e la trasformazione del-l'agricoltura;

b) le politiche per il settore industriale;

c) le politiche per il settore terziario;

d) le politiche per il settore dei servizi

sociali e per il territorio.

Vediamo nei dettagli la « piattaforma programmatica » relativa al settore agri-colo. Essa si articola in una serie di progetti cosi precisati: sviluppo della cooperazione, costituzione di aziende trainanti su alcune estensioni omogenee e suscettive di terreni di Enti pubblici (si sono già individuati sei casi di in-tervento), sviluppo e qualificazione del-l'economia montana (costituzione di aziende silvo-pastorali, soluzioni agro-turistiche, ecc.), irrigazione (in un qua-dro di uso plurimo delle acque), piani di zona agricoli (ad essi si ricolleghe-ranno le scelte legislative in discussione per le terre incolte e malcoltivate, l'at-tuazione delle direttive CEE, la costitu-zione di centri specializzati per consen-tire moderne efficienze, ecc.), trasforma-zione e commercializzatrasforma-zione della pro-duzione. Nel campo delle politiche per lo sviluppo industriale, ha una parte di rilievo la Sviluppumbria. Per essa si dice: « Il ruolo della Sviluppumbria de-ve dide-ventare sempre più marcatamente promozionale. Esso deve tendere, cioè, alla fornitura di servizi e alla promozio-ne anche finanziaria per avviare inizia-tive produtinizia-tive dinamiche, che poten-zino l'assetto industriale ed economi-co dell'Umbria: iniziative a loro volta orientate secondo rigorose scelte di set-tore e di territorio, definite attraverso un ampio dibattito in cui le proposte programmatiche della Regione e del Comprensorio si confrontino con quelle delle altre forze da interessare e coinvol-gere ». Nella parte del piano regionale umbro riguardante i servizi sociali e il territorio sono da citare il progetto pi-lota per la rivitalizzazione dei centri storici della dorsale appenninica (lega-to a indicazioni della programmazione nazionale), il progetto trasporti, il pro-getto beni e servizi culturali, il propro-getto

scuola. Per quanto riguarda questo par-ticolare progetto, il programma fissa i seguenti indirizzi prioritari:

— adeguamento della legislazione regio-nale alla esistenza degli organi collegia-li, e quindi alla loro capacità di rispon-dere alle concrete situazioni socio-eco-miche coinvolgenti gli interessati; — impegno per il migliore funziona-mento dei « distretti scolastici » nella prospettiva della riforma della scuola, individuando intanto modalità di colle-gamento dei distretti stessi con i « com-prensori » e, più in generale, con gli Enti locali, ai quali il DPR 31 maggio 1974 n° 416 riconosce notevoli possibi-lità di intervento nella politica scola-stica;

— azione della Regione per ottenere dal Governo e dal Parlamento una organi-ca politiorgani-ca che assicuri le più effiorgani-caci condizioni del diritto allo studio nei suoi molteplici aspetti (scuola a tempo pie-no, trasporti, presalario, ecc.).

6. — Concludiamo questa nostra rasse-gna di documentazione sui piani nali accennando al « programma regio-nale di sviluppo 1977-1981 » della Re-gione Lazio e, in particolare, riferen-doci al documento sugli obiettivi ed in-dirizzi approvato dalla Giunta regio-nale il 5 gennaio 1977 13. Si precisa in-nanzitutto che il piano quinquennale di sviluppo deve contenere, tra l'altro, le seguenti indicazioni:

a) le scelte prioritarie di intervento in relazione agli obiettivi che la Regione intende perseguire;

b) i progetti operativi, vale a dire le

azioni programmatiche organiche diret-te a realizzare le sceldiret-te prioritarie; c) le risorse che la Regione intende de-stinare al finanziamento di tali progetti. In tale logica di lavoro, il documento sugli obiettivi ed indirizzi si propone:

a) di fornire un'analisi sintetica dei

pro-blemi economici e sociali della Regione;

b) di indicare le macroscelte ed i

set-tori prioritari di intervento;

c) di fissare, sempre a livello di linee di indirizzo, gli obiettivi che devono porsi i singoli progetti.

L'approvazione del documento, inte-grato da un quadro finanziario e norma-tivo e da un modello economico di rife-rimento, consentirà di passare alla se-conda fase del processo di redazione del piano regionale di sviluppo quinquen-nale che dovrà comportare:

a) la specificazione dettagliata dei pro-getti;

b) la ripartizione delle risorse regionali

per la realizzazione della politica di

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