Elena Garibaldi
I fitofarmaci, comunemente noti anche con il termine di pesticidi, brutta tra-duzione dell'inglese « pesticides », com-prendono gli anticrittogamici, prodotti impiegati per lottare contro funghi pa-togeni e batteri, gli insetticidi usati per difendere le colture dagli insetti, i ro-denticidi, gli acaricidi, i nematocidi e i diserbanti che vengono sempre più in-tensamente utilizzati in agricoltura. Tut-tavia, il loro impiego costituisce, per i residui che possono lasciare negli ali-menti, per gli accumuli a cui possono dare luogo nei grassi degli animali e degli uomini oltre per gli effetti diretti su insetti, funghi e altri organismi non nocivi, un motivo di sempre maggiore preoccupazione. È evidente che l'inqui-namento da fitofarmaci, tema che si in-quadra nel grosso capitolo dell'inqui-namento ambientale, costituisce uno dei settori più difficili e complessi da com-battere: innanzitutto occorre considera-re che i pesticidi sono costituiti da un numero assai grande di sostanze chi-miche, di varia natura ed origine, alcuni dei quali vengono trasformati in meta-boliti meno tossici dall'attività di so-stanze viventi e altri che si trasforma-no, invece, in sostanze altrettanto o più tossiche dei prodotti di partenza. Un esempio di sostanza assai resistente al-la degradazione e perciò molto persi-stente è offerto dagli acidi organici clo-rurati usati come diserbanti quali il TCA e il Dalapon che non sono metaboliz-zati, ma sono stabili nelle piante supe-riori: sono cioè assorbiti, traslocati ed accumulati senza trasformazioni nel sor-go o nel frumento. Anche il terreno vie-ne contaminato sia attraverso l'irrora-zione diretta sia indiretta per ruscella-mento del prodotto. Il differente grado di persistenza dei prodotti dipende dal-le proprietà fisiche e dal tipo di terre-no, dalla temperatura e dalla specie coltivata. È noto che gli idrocarburi clo-rurati rimangono nel terreno più a lun-go degli organo-fosforici e dei carbam-mati e che residui di Parathion e di Malathion sono presenti ad un livello di 0,1 ppm (0,1 g / k g di prodotto) ad 8 giorni dall'applicazione. Oltre che nella pianta e nel terreno si possono ritrovare i fitofarmaci nell'acqua e nel-l'aria. È evidente che i pesticidi, che non sono facilmente degradabili, sono i più pericolosi. Tra i più persistenti vi sono il D D T (ormai abolito dal com-mercio), il DDE, l'aldrin, l'eptacloro, il
toxafene, ecc. e i fungicidi organomer-curici (anche essi ormai proibiti). Quin-di i prodotti persistenti sono già in parte stati aboliti e dovrebbero essere sostituiti tutti al più presto con com-posti meno stabili e dotati di grande specificità.
Il chimico e il biologo sono perciò fortemente impegnati nella preparazione e nel saggio di nuovi prodotti antiparas-sitari dotati di principi attivi ecologica-mente non dannosi o per la loro selet-tività o per la loro rapida degradazione. L'uomo dovrebbe studiare attentamente il modo di effettuare una intelligente salvaguardia della natura al fine di « trasmettere — come ha affermato Moore — una diversità biologica mas-sima alle generazioni future ». Ogni prodotto che viene immesso in commer-cio pone dei grossi problemi che non riguardano solo la tossicità acuta e cro-nica, ma la possibile alterazione della catena alimentare per effetto di accu-mulo con conseguente profonda altera-zione degli ecosistemi.
Occorre tuttavia considerare anche il fatto che l'aumento delle risorse alimen-tari è dovuto per il 5 0 % all'uso di tecniche agrarie più progredite e per il 5 0 % proprio ai deprecati fitofarmaci. Se si considera la situazione agricola degli USA, che costituisce un modello difficilmente imitabile e raggiungibile, possiamo notare che il rapporto conta-dino: prodotti della terra è passato da
1 : 8 del 1920 a 1:11 del 1940 a 1:23 nel 1957 a oltre 1:30 nel 1970. Nono-stante questo forte progresso il 3 0 % del raccolto va perso, ogni giorno, a causa degli insetti, dei topi, dei funghi. Infatti noi non siamo i soli a volere la nostra parte di beni di consumo, ma esistono « altri » esseri dotati di forte appetito, dato che un topo in più si-gnifica 50 kg di grano in meno sul mer-cato; una femmina di dorifora in un campo di patate comporta la presenza nella primavera seguente di 100 mila larve che devasteranno il campo. Oltre a ciò tanto per rimanere nel campo de-gli esempi che tutti conosciamo non dobbiamo dimenticare che la perono-sfora e l'oidio sono in agguato nei vi-gneti e il carbone e la ruggine possono distruggere buona parte della produ-zione di cereali. Quindi se l'uomo vuole vivere e nutrirsi e nutrire i suoi figli egli deve combattere i parassiti che in-sidiano le colture. Infatti la stima del
Figg. 1 e 2. Non sempre l'impiego degli
antiparassitari è utile: ecco l'esempio di danni causati da prodotti diversi su melo e su rosa.
Fig. 3. Una malattia molto comune:
valore di prodotto perso nel mondo ogni anno a causa dei parassiti supera i 100 miliardi di dollari, dato che corrispon-de all'incirca al 35% corrispon-della produzione potenziale ed addirittura al 54% di quella effettiva di tutto il mondo. Dalle statistiche si rileva però che l'Italia è un paese che ha impiegato negli ultimi decenni molti insetticidi (i fitofarmaci più pericolosi per la salute umana); infatti ad esempio il consumo di organoclorurati raggiungeva da noi il valore medio nazionale di 410 g/ettaro mentre era molto inferiore per altri pae-si che pur vantano un notevole incre-mento nella produzione. Si sa ad esem-pio che nei frutteti dell'Italia setten-trionale si effettuano anche 15 tratta-menti di insetticidi singoli o in miscela di cui 11 organofosforici. Quindi an-che se l'uso degli insetticidi non può essere eliminato totalmente, il loro im-piego deve essere più oculato e control-lato per differenti motivi. Infatti questi interventi massicci determinano un dan-no ecodan-nomico, alteradan-no l'equilibrio eco-logico con le gravi conseguenze che tutti conosciamo, comportano il problema dei residui sia presenti direttamente nei prodotti agricoli immessi al consumo o nei loro derivati industriali (marmellata, conserve, succhi di frutta, ecc.) sia in altri prodotti del tipo di carne, latte, formaggio, ecc. per migrazione a seguito di ingestione di alimenti inquinati da parte degli animali. In questo modo ad un incremento della produzione agraria possono seguire danni incalcolabili alle merci e alle persone. Perciò non occor-re tanto trovaoccor-re altri insetticidi efficaci quanto piuttosto studiare dosi e moda-lità di impiego più razionali in relazio-ne alle diverse esigenze della produ-zione, cioè dobbiamo cercare di ridurre il numero e la quantità degli insetti-cidi usati.
C'è da dire che i dati, che finora si posseggono in materia di presenza di residui di fitofarmaci negli alimenti, sono assai disparati e scarsi e non con-sentono di fare una « mappa » delle contaminazioni in Italia. Tuttavia c'è qualche motivo per essere ottimisti: in-fatti mentre fino a 15 anni fa pensare ad una ricerca di residui sembrava una occupazione destinata a pochi amatori appassionati della materia, non esiste-vano metodi analitici e quelli che veni-vano impiegati erano poco sensibili, oggi tale problema si è imposto all'at-tenzione di organi responsabili e si sono sviluppate efficaci metodologie analitiche.
La progressiva assuefazione degli in-setti agli inin-setticidi organici di sintesi su cui si erano riposte tante speranze e che, peraltro, sono stati in molti casi di grande utilità ha condotto
all'impie-g all'impie-g all'impie-g v i _ '
ì
•V « f c > ' * i f f * M H I I B V a W \ 1 Fig. 4.Danni prodotti da diserbanti su carote. go di dosi sempre maggiori e alla pro-duzione di composti sempre più tossici con maggiore pericolo per i mammiferi e con l'accumulo dei residui tossici che entrano nelle catene alimentari e conta-minano gravemente l'ambiente. Per tale motivo molte speranze sono ora riposte in un tema di studio che sta assumendo sempre maggiore importanza: la « lotta biologica », termine con cui si deve in-tendere « l'uso degli organismi viventi o dei loro prodotti allo scopo di preve-nire o ridurre le perdite o i danni cau-sati dagli organismi dannosi ». Essa con-siste più precisamente, come fa osser-vare Tremblay, uno studioso dell'Uni-versità di Napoli, nell'impiego contro i nemici dell'uomo e dell'agricoltura di altri esseri viventi (dai virus ai verte-brati) e dei loro derivati (tossine, ormo-ni) ed ancora nell'impiego di mezzi genetici (diffusione di geni letali o di ibridi sterili nelle popolazioni dannose, selezione di piante resistenti) e finanche di mezzi di natura fisica meglio defini-bili come « biotecnici », quali l'energia luminosa, acustica, atomica, etc. nonché di mezzi chimici di derivazione esogena (attrattivi, repellenti, sterilizzanti, ecc.). Il concetto su cui fondamentalmente si basa è quello dell'« antagonismo » il quale vede opposti in una lotta per l'esi-stenza e la coesil'esi-stenza un infinito nu-mero di organismi dai più elementari ai più evoluti. La lotta biologica ha come scopo l'esaltazione di questo antago-nismo naturale, a maggiore vantaggio dell'uomo e dei beni, nella consapevo-lezza che la sua finalità ultima non è la distruzione totale, bensì una dosata
con-vivenza. Praticamente consiste nell'in-troduzione di entomofagi contro fito-fagi: ad esempio ad Albenga sul pomo-doro si sta con successo lottando contro il Trialeurodes vaporariorum, il noto « moscerino bianco », con l'impiego di un altro insetto parassita.
D'altra parte lo stesso insetto della spe-cie da combattere, portatore di un ca-rattere genetico letale, può diventare lo strumento migliore per la sua estinzione. Effettuando regolari, successive distribu-zioni di maschi portatori del carattere dannoso in numero superiore a quello della popolazione naturale che si vuole controllare si ottiene dapprima una di-minuzione della fertilità delle uova de-poste quindi una riduzione ed, in breve, la quasi distruzione della popolazione. Occorre naturalmente una perfetta co-noscenza dell'insetto nocivo, special-mente del suo comportamento sessuale e la possibilità di attuare allevamenti economici. Al riguardo esistono all'este-ro, in California soprattutto, numerose ditte specializzate nella produzione e nel commercio di insetti entomofagi (cocci-nellidi, crisopidi, calcididi, ecc.) e di un batterio (il Bacilus thuringiensis) che sia in polvere sia in sospensione diviene di uso diffuso negli ambienti più dispa-rati in quanto a causa delle sostanze tossiche che produce determina dappri-ma inappetenza, quindi paralisi e morte. È impiegato ad esempio contro i lepi-dotteri defogliatori, contro coleotteri terricoli, ecc.
Inoltre è stato dimostrato che le radia-zioni ionizzanti e i radioisotopi aumen-tano la frequenza di vari eventi genetici e sono utilizzati per indurre sterilità negli insetti dannosi.
È nel 1959 che ricercatori americani rie-scono per la prima volta a debellare da vaste zone degli USA meridionali le invasioni naturali di un dittero assai nefasto, le cui larve si nutrono nella paglia del bestiame domestico e selva-tico, immettendo in pieno campo centi-naia di milioni di insetti radiosteriliz-zati. Il successo di questo colossale espe-rimento indica agli studiosi il potenziale uso dell'« insetto sterile ».
È da citare ancora la possibilità di usare sostanze ad elevatissima attività biolo-gica prodotte dagli organismi viventi in particolare dagli insetti. Si tratta di im-piegare secreti di ghiandole sia di natura endocrina sia esocrina interferendo cosi sugli atti fondamentali della loro vita in modo da disorganizzare le funzioni principali. Vi sono sostanze prodotte a fini deprimenti, stimolanti o inibenti certe funzioni e sostanze repellenti. Esi-ste, ad esempio, un ormone sintetizzato degli insetti che viene normalmente po-sto in circolo ed è indispensabile in una fase del loro sviluppo, ma è letale se
fazione degli antomofagi e della com-parsa della resistenza dei fìtofagi ai trat-tamenti chimici. « Quindi — come af-ferma la prof .ssa Principi, dell'Univer-sità di Bologna — la lotta chimica perse la sua fama di arma onnipotente, atta a risolvere ogni problema fitopatologico e si vide la necessità di moderarne e re-golarne l'applicazione e di rinunciare ai principi attivi dotati di maggiore poli-valenza e persistenza. L'azione degli ausiliari venne valorizzata ed esaltata con interventi di lotta biologica. Lotta chimica e biologica ritenute fino ad un certo tempo incompatibili tra loro diven-nero perciò complementari nella lotta integrata ».
Catturare gli insetti con trappole lumi-nose o con quelle ad attrattivi sessuali, o con rifugi artificiali permettono di ridurre il numero dei trattamenti alla metà di quello dei calendari classici senza che il raccolto ne risenta. La dif-fusione di tale metodo nella pratica e la sua affermazione sono strettamente col-legate con l'organizzazione, l'addestra-mento e l'istruzione del personale. Dove il metodo è entrato nella pratica è pos-sibile con solo due tecnici controllare una superficie di 300-500 ettari di frut-teto. Quindi minori trattamenti (con conseguente risparmio di prodotto e di manodopera) consentono di ridurre i costi di produzione. Inoltre la frutta che è venduta con l'etichetta « frutta in-tegrata » riesce a spuntare un prezzo maggiore come accade già abitualmente in alcuni paesi, come ad esempio in Germania.
Concludendo è necessario affermare che bisogna disciplinare, caso per caso, i trattamenti molto più rigorosamente « limitandoli qualitativamente e quanti-tativamente ai casi veramente necessa-ri » — come afferma il prof. Manecessa-rini Bettolo dell'Istituto Superiore della Sa-nità —. È inoltre indispensabile esten-dere e continuare le ricerche sul grado di contaminazione dell'ambiente da par-te dei pesticidi attualmenpar-te in uso ed in secondo luogo sui loro effetti biologici a bassi livelli ed a lungo termine. È da chiarire per l'uomo l'effetto « dose-ri-sposta » relativamente a molti fitofar-maci che sono stati ritenuti cancerogeni o responsabili della cancerogenesi. Quanto si è detto dovrebbe fare com-prendere la complessità di un proble-ma che investe tutta l'uproble-manità, proble-ma ser-vire anche a farci intravedere come una migliore utilizzazione delle conoscenze scientifiche da un lato e un maggiore impegno della ricerca dall'altro ci potrà consentire di trovare, in un futuro, che tutti ci auguriamo assai prossimo, una soluzione che possa garantire la salute dell'uomo e la protezione dell'ambiente che lo circonda.
viene messo in circolo in un altro mo-mento. Questo ormone è attivo nella lotta contro molte specie di insetti lepi-dotteri ed emitteri, dimostrando che è possibile una lotta biologica e chimica. L'esperienza ha dimostrato d'altra parte che alla lotta chimica non si può rinun-ciare soprattutto nell'attuale situazione fitopatologica. In considerazione di ciò, superate le reciproche diffidenze, la lot-ta biologica e quella chimica hanno dato inizio ad un processo di integrazione reciproca tuttora in corso dando vita alla « lotta integrata ».
Si è incominciato a trattare questo ar-gomento nel 1962, quindi nel 1965 si è costituito presso il Consiglio nazionale delle ricerche un gruppo di lavoro, di cui fanno parte Istituti di entomologia delle Facoltà di agraria delle Università e Istituti sperimentali del Ministero del-l'agricoltura e foreste. A tutt'oggi tale gruppo ha pubblicato un numero note-vole di lavori, concernenti sia le colture legnose sia erbacee. All'estero tale me-todo di lotta ha destato l'interesse dei ricercatori assai prima che in Italia e ha preso le mosse da entomologi cana-desi e statunitensi che avevano messo in evidenza, come si è detto, gli incon-venienti prodotti dall'uso indiscriminato di insetticidi organici di sintesi. Essi consistevano nel fatto che i fìtofagi era-no divenuti danera-nosi a causa della
rare-Fig. 5.
Morie di api impollinatrici avvenute in seguito a trattamenti effettuati su fruttiferi in fioritura, usando insetticidi assai tossici per altri animali.
Fig. 6.
Un insetto molto frequente nelle colture in serra: H Trialeurodides vaporariorum. Contro di esso si è messo in luce la possibilità di effettuare la lotta biologica invece di quella chimica.
LA RAPPRESENTANZA Ih
PROBLEMI
Lelio AncorartiSono oggetto di questo articolo — dedi-cato soprattutto a coloro che, pur ope-rando nel campo del commercio inter-nazionale, non seguono da vicino l'atti-vità doganale — i motivi che hanno indotto il Centro regionale per il com-mercio con l'estero del Piemonte, in collaborazione con l'Unione industriale di Torino, ad organizzare, nei locali della Camera di Commercio, il 16 apri-le scorso, un convegno-dibattito sul tema: « La rappresentanza in dogana ». Coloro che, pur riconoscendo di avervi un certo interesse, non seguono l'attività doganale, sono senza dubbio la maggior parte degli operatori economici con l'estero, e la cosa è ben comprensibile. Non perché la materia sia particolar-mente astrusa, ma perché le disposizioni doganali sono soggette a continue varia-zioni, strumenti, come esse sono, di po-litica economica e finanziaria, di effi-cacia notevole ed immediata.
I motivi di continue modifiche della normativa derivano anche dalla nostra appartenenza alla Comunità economica europea ed al processo, tuttora in cor-so, di armonizzazione delle legislazioni doganali degli Stati membri. La Comu-nità persegue questo obbiettivo da molti anni e, malgrado il lavoro già svolto, si trova ora a dover affrontare le maggiori difficoltà connesse coi problemi sui quali è più difficile raggiungere l'accordo. Tali problemi sono stati nel passato accantonati per dare la precedenza a quelli di più facile soluzione.
Fra le materie ancora sul tappeto: la rappresentanza in dogana.
L'art. 40 del Testo Unico delle disposi-zioni legislative in materia doganale dice testualmente: « Ogni qualvolta le disposizioni in materia doganale prescri-vono al proprietario della merce di fare una dichiarazione, il proprietario stesso può agire a mezzo di un rappresentante. La rappresentanza può essere conferita
esclusivamente ad uno spedizioniere
doganale ».
Questa norma in vigore dal 1971 ha so-stituito l'art. 17 della legge 1424 del
1940 che disponeva: « Ogni qualvolta la legge prescrive al proprietario della merce di fare una dichiarazione o di compiere determinati atti, oppure di os-servare speciali obblighi o norme, il pro-prietario stesso può agire all'uopo a mezzo di rappresentante. La rappresen-tanza può essere conferita o a
spedizio-niere autorizzato ovvero ad altra perso-na munita di mandato ».
In sostanza la legge attualmente in vi-gore ha praticamente annullato il potere decisionale del proprietario della merce in quale, non potendo, com'è ovvio, ope-rare personalmente in dogana, non ha alternative: deve farsi rappresentare da uno spedizioniere autorizzato.
Sulla figura dello spedizioniere è neces-sario qualche chiarimento.
GLI SPEDIZIONIERI E LE LORO FUNZIONI
In materia di spedizionieri la legislazio-ne italiana ha creato non poca confu-sione.
Gli articoli 1737 e 1741 del Codice ci-vile definiscono, attribuendo loro la stessa denominazione due diversi tipi di spedizionieri: rispettivamente: colui che « assume l'obbligo di concludere in nome proprio e per conto del mandante un contratto di trasporto » (art. 1737) e colui che « con mezzi propri o altrui assume l'esecuzione del trasporto in tut-to o in parte » (art. 1741).
Le responsabilità e gli obblighi dell'uno e dell'altro tipo di spedizioniere sono ben diversi.
Il primo, una volta eseguito il mandato — conformemente alle istruzioni ricevu-te — di concludere il contratto di tra-sporto, ha praticamente esaurito il suo compito perché da quel momento in poi è il vettore che assume gli obblighi derivanti dalla emissione della lettera di vettura o della polizza di carico, il secondo ha invece anche gli obblighi ai quali è soggetto il vettore.
A questi due tipi di spedizionieri pre-visti dal nostro codice civile la legge doganale del 1896 aggiunse la figura dello spedizioniere doganale, cosi im-propriamente denominato, dato che non spedisce nulla ma si incarica invece, per mandato ricevuto dal proprietario della merce o dal vettore, di compiere le operazioni doganali previste sia per le merci giunte dall'estero sia per quel-le destinate all'estero.
La legge 1612 del 12 dicembre 1960 ha delineato con maggiore precisione la funzione dello spedizioniere doganale considerata professione qualificata
aven-te per oggetto la maaven-teria « fiscale, mer-ceologica, valutaria e quant'altro si rife-risce al campo doganale » ed ha istituito l'albo professionale al quale devono es-sere iscritti coloro che, in possesso del titolo, desiderano esercitare la libera professione.
La legge 1612 ha omesso di modificare — come sarebbe stato auspicabile — la