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Altre attività produttive: lavorazione delle pelli, del vetro, cantieristica e panificazione.

Nel documento Mappa. Pisa medievale (pagine 176-179)

3.2 Il tessuto urbano

3.2.4 Le attività produttive

3.2.4.3 Altre attività produttive: lavorazione delle pelli, del vetro, cantieristica e panificazione.

Le fonti scritte rappresentano un tessuto citta- dino estremamente ricco di opifici: oltre a quelli metallurgici e ceramici, sono presenti bottai, cana- pai, cappellai, calzolai, ceraioli, cuoiai, conciatori, fornaciai da calcina, fornai, lanaioli, pellicciai, se- taioli, che la fonte archeologica è finora riuscita a descrivere solo in minima parte (fig. 3.67). Da un

punto di vista cronologico tutti i dati archeologici fanno riferimento al bassomedioevo, mentre dal punto di vista tipologico si riferiscono alla lavora- zione delle pelli e dei tessuti, alla lavorazione del vetro, alla cantieristica navale e alla panificazione. Purtroppo si tratta di ritrovamenti parziali, che non consentono una piena ricostruzione del pro- cesso di lavorazione o di interventi per quali man- ca la completa pubblicazione dei dati di scavo. Il settore della lavorazione del cuoio e delle pelli rappresentava il secondo settore per numero di addetti della città all’inizio del XIII secolo (salva- tori 1994: 146). La dislocazione366 di questi opifici

Fig. 3.67 Localizzazione, sulla KDE dei ritrovamenti bassomedievali, delle attività produttive (esclusi ceramisti, tegolai e opifici metallurgici) sulla base delle fonti scritte (rielaborazione da redi 1991) in bianco, e dei dati archeologici relativi alla presenza di

attività legate alla lavorazione delle pelli/tessuti, alla lavorazione del vetro, alla lavorazione alimentare e alla cantieristica navale (in nero).

era concentrata nelle aree suburbane, visto il loro carattere fortemente inquinante e maleodoran- te, e lungo l’Arno vista la necessità di disporre di molta acqua durante la lavorazione (herlihy

1990: 175), di poter sversare facilmente i rifiuti della stessa e di agevolare il trasporto dei prodot- ti. Non è, quindi casuale la loro ubicazione pres- so S. Nicola, dove è attestato il toponimo Pellaria (Herlihy 1990: 172) e la persistenza del toponimo

conce sulla sponda opposta ancora presente nel- la cartografia storica settecentesca367 e ottocente-

sca368. In Pellaria, come abbiamo visto per i topo-

nimi indicanti le aree di produzione della cerami- ca e dei laterizi, dovevano concentrarsi un gran numero di opifici. Sfortunatamente l’assenza di dati archeologici non consente di confermarlo, ne di comprenderne l’eventuale consistenza. Indi- catori della lavorazione delle pelli sono attestati, sulla base degli scarti di lavorazione in via S. An- tonio e in via Toselli. Nel primo caso, sono proba- bilmente da mettere in connessione con i limitrofi laboratori in cui venivano fusi oggetti in lega di rame. Si tratta infatti della presenza di corna di capriovini369, in un caso all’interno di una fossa di

scarico, che si possono ricollegare sia alla presen- za di un cordovaniere (vedi § 3.2.4.1) e, quindi, alle fasi finali della lavorazione (ai cordovanieri e ai becconieri, gli Statuti impedivano la concia delle pelli), sia alle concerie attestate nella topo- nomastica immediatamente a nord di quest’area. La mancanza di rinvenimenti di strutture non permette di comprendere come si svolgesse il processo produttivo370. Nel secondo caso, si trat-

ta di un pellicciaio. I pellicciai rappresentavano

un sottogruppo importante all’interno del più ampio settore dei lavoratori delle pelli, tanto che l’Arte dei pellicciai è già citata nel 1235 e all’i- nizio del XIII secolo occupava ca il 20% dei la- voratori dell’intero settore (Salvatori 1994: 155).

La fonte archeologica ci permette di retrodatare le testimonianze di questa lavorazione tra la fine dell’XI e la prima metà del XII secolo371, quando

nell’area di via Toselli372 un vano, non affaccia-

to sulla strada, viene destinato a laboratorio di pellicceria. La piccola porzione scavata ha mes- so in luce una serie di strati caratterizzati da una matrice organica e dalla presenza di innumere- voli zampe di volpe, associate a, più rare, code (fig. 3.68), relative agli scarti della lavorazione di pellicce. Una retrostante capanna con zoccolo in pietra ed alzati in materiale reperibile era, proba- bilmente, adibita a magazzino. A differenza delle concerie, questa tipologia di opifici artigianali ri- sultava meno inquinante e, quindi, era presente anche all’interno di aree che andavano sempre più connotandosi come urbane.

La produzione tessile era legata alla realizzazione e alla colorazione dei prodotti di abbigliamento, di tessuti in lana o in fibra vegetale, come lino e ca- napa. Anche in questo caso, le strutture artigianali dovevano essere ubicate all’interno dell’area ur- bana, come sembra confermare la presenza di un opificio in via dei Mille373, tra S. Sisto e S. Eufrasia.

L’impianto produttivo, datato tra XIII e XIV secolo e interpretato come funzionale al lavaggio/tintura dei tessuti, è composto da un cortile pavimentato aperto, all’interno del quale sono presenti tre va- sche circolari in laterizi e un pozzo centrale, al cui 366 Si veda soprattutto Redi 1995: tav. 25.

367 Grava M. 2012, Cartografia storica (Da Morrona), in MappaGIS doi: 10.4456/MAPPA.2012.39, www.mappaproject.

org/webgis ultimo accesso 03/05/2013.

368 Grava M. 2012, Cartografia storica (Catasto Leopoldino), in MappaGIS doi: 10.4456/MAPPA.2012.40, www.

mappaproject.org/webgis ultimo accesso 03/05/2013.

369 GattiGlia G. 2012, Scheda di intervento n. 777, in MappaGIS.

370 Per una disamina del ciclo della lavorazione delle pelli e delle tecniche della concia a freddo e a caldo a Pisa si

veda herlihy 1990: 170ss.

371 Nel 1228 risulta ancora residente un pellicciaio nella medesima parrocchia di S. Cristina (salvatori 1994: 302).

372 caMPus a. 2012, Scheda di interventi n. 589, in MappaGIS; ducci et alii 2008 e 2008a.

interno è stato rinvenuto un battitore in legno. La presenza di numerose buche di palo individuate sul piano di calpestio, sarebbe, invece da ricondur- re ad alloggiamenti per qualche macchina da lavo- ro o per stenditoi. La presenza del pozzo evidenzia come questo processo produttivo abbisognasse di molta acqua. Infine, la posizione centrale, vista an- che la sinergia che il settore dell’abbigliamento do- veva avere con quello dei produttori di oggetti in lega di rame presenti nei pressi di S. Eufrasia e nella limitrofa area di S. Sebastiano, non deve stupire, al punto che nella parrocchia di S. Sisto risiedevano, all’inizio del XIII secolo, un pannaio, un tessitore e due tintori (salvatori 1994: 303).

La fonte archeologica sembra, invece, aggiungere un tassello importante alla comprensione delle at- tività produttive pisane, dal momento che lo scavo di via S. Antonio374 ha portato alla luce una fornace

da vetro, databile tra la metà e la fine del XII secolo, il cui funzionamento sembra cessare più o meno in concomitanza con l’istallazione dei limitrofi opifici metallurgici. Questo rinvenimento, per il quale si

attende la pubblicazione dei dati di scavo, atteste- rebbe la presenza di opifici per la produzione del vetro già nel XII secolo, mentre le fonti scritte di inizio XIII non sembrerebbero citare residenti pi- sani impiegati in questa lavorazione, fatta eccezio- ne, forse, per la presenza di mogiolari, termine che potrebbe indicare i fabbricanti di recipienti in vetro (salvatori 1994: 174).

La cantieristica navale doveva rappresentare un’at- tività di punta per una città che basava gran parte della sua potenza sui commerci marittimi e sulla propria flotta, molti erano quindi i mestieri legati alla cantieristica e sottoposti all’Ordine del Mare, dai maestri d’ascia, ai calafati, ecc. (salvatori 1994:

174). La fonte archeologica è limitata375, purtroppo,

alle scarsissime informazioni ancora oggi dispo- nibili sullo scavo presso gli Arsenali repubblicani, riferite al ritrovamento di fasi d’uso del cantiere navale, caratterizzate da una notevole quantità di chiodi, impiegati nelle riparazioni navali376, che

però attestano come l’area fosse già adibita a can- tiere navale, immediatamente al di fuori del primo percorso occidentale delle mura, prima della co- struzione degli arsenali alla metà del XIII secolo. Le ultime attività produttive che prendo in conside- razioni sono quelle legate alle lavorazioni alimenta- ri, che risultano poco attestate dalle fonti archeolo- giche, ma che rappresentavano, per numero di ad- detti il primo settore occupazionale cittadino (sal- vatori 1994: 148). La labilità delle tracce o la difficol-

tà di una corretta interpretazione delle stesse, non ha quindi permesso di avere un quadro delle pro- duzioni alimentari ad eccezione, parziale, della pa- nificazione377, attestata da un laboratorio da fornaio

rinvenuto presso Palazzo Alliata378, dove sono stati

portati alla luce due forni da pane in mattoni (redi

374 caMPus a. 2012, Scheda di interventi n. 762, in MappaGIS.

375 Si aspetta ancora la pubblicazione dei dati dell’intervento 2011 sciuto c. 2012, Scheda di intervento n. 862, in

MappaGIS.

376 la rosa l. 2012, Scheda di intervento n. 86, in MappaGIS.

377 Forse dovuta anche alla consistenza numerica della categoria: nel 1228 sono attestati 114 fornarii residenti in Pisa,

pari al 31% di tutti gli addetti del settore (salvatori 1994: 148).

Fig. 3.68 Ossa in connessione di una coda di colpe e di due zampe rinvenute nel corso dello scavo effettuato nel 2008-9 presso via Toselli.

1982a:68) datati al XIII-XIV secolo e aventi rispetti- vamente un diametro di 1,60 m e di 1,40 m. Anche i forni per la cottura del pane risultano disposti in un ambiente interno, non direttamente aperto sulla viabilità, che nella sua prima fase edilizia doveva configurarsi come un casalino. Come abbiamo visto anche per le officine metallurgiche, i laboratori ar- tigianali sembrano posti, soprattutto nei secoli cen- trali del medioevo, nelle aree retrostanti gli edifici, non direttamente aperti sulla strada; è quindi pro- babile che i piani terreni spesso adibiti a laboratori di vario genere avessero una parte più strettamente produttiva, sul retro, spesso configurantesi come casalino, e una parte al pubblico posta sulla viabi- lità. Accanto a questi laboratori dovevano sorgere, infatti, delle strutture edilizie minori, come nel caso della casa solariata379 di via Consoli del Mare (ani-

chini, GattiGlia 2008), che costituivano le abitazioni

dei piccoli artigiani o dei salariati.

Nel documento Mappa. Pisa medievale (pagine 176-179)