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Le vie d’acqua: porti e approd

Nel documento Mappa. Pisa medievale (pagine 68-73)

2.3. Muovere persone, muovere merc

2.3.2 Le vie d’acqua: porti e approd

Il principale sistema di mobilità, soprattutto per le merci, era assicurato dalle vie d’acqua, cioè da un network infrastrutturale con un hub principale costi- tuito da Portus Pisanus collegato a una serie di nodi (piccoli porti e approdi fluviali), che garantivano la gestione delle merci tra l’hinterland e il mare. In questo modo Pisa, nel medioevo, pur non essendo una città sul mare divenne una potenza commerciale marittima. Come si giunse a questa situazione? Non sembra di poter leggere una pianificazione, quanto piuttosto una serie di risposte alle modificazioni am- bientali e storiche, che produsse, almeno nei primi secoli del bassomedioevo un sistema estremamente stabile ed efficiente. Cosa venne mantenuto del si- stema portuale tardoantico? Nella tarda antichità (fig. 2.38), il sistema faceva capo a due porti princi- pali: Portus Pisanus/S. Stefano ai Lupi, all’interno del

Sinus Pisanus, tra Calambrone e Livorno, e S. Piero

a Grado, lungo il tratto terminale dell’Arno. I due scali163 sono citati da Rutilio Namaziano nel V seco-

lo d.C. e dall’Itinerarium maritimum, all’inizio del VI secolo d.C.164 (Baldassarri, gattiglia 2009), ma solo il

primo è attestato su base archeologica (Baldassarri

2010) e geologica (sarti et alii 2010). Altri approdi mi-

nori sono attestati archeologicamente. Si tratta di Iso- la di Migliarino, situato a nord di Pisa, tra i corsi del

Tubra e dell’Auserclus, oggi a 3,7 km dalla costa, sulla

destra del Serchio, frequentato fra media/tarda età

repubblicana e V-VI secolo d.C. (PasquinuCCi 2003a,

2003b; CaMilli, gaMBogi 2005), e dei vicini Poggio al

Marmo e Porto alle Conche (PasquinuCCi 1988; Bru-

ni 2003; PasquinuCCi 2003a; CaMilli, gaMBogi 2005).

Un caso a parte è costituito dall’area presso la sta- zione di S. Rossore: i dati archeologici non indicano la presenza di infrastrutture portuali di età romana e/o tardo antica ed evidenziano una continuità nella navigazione di questo tratto dell’Auser fin dopo il V

Fig. 2.36 Il probabile tracciato della strata Vallis Arni calcolato attraverso lo shortest path e raffigurato sulla cartografia attuale.

163 Le fonti indicano una distanza tra i due siti pari a 9 miglia (13,3 km), mentre la distanza reale, misurabile, tra i

due siti è pari a 11,4 km.

secolo d.C. (relitto D) (Bruni 2000: 21ss; Bruni 2003;

CaMilli 2004a,b), per cui, mi sembra lecito supporre,

sulla base dei recenti studi geomorfologici e della ri- lettura complessiva dei dati archeologici su Pisa ro- mana (Bini et alii 2013, FaBiani et alii 2013a), la presen-

za di un attracco nelle vicinanze e forse di un vero e proprio porto urbano limitrofo all’area dell’attuale piazza del Duomo. Un ulteriore scalo è stato ipotiz- zato su base toponomastica nei pressi di Livorno. Il toponimo, infatti, benché attestato nelle fonti scritte dal IX secolo, è stato fatto risalire alla presenza di un approdo per le liburne bizantine, databile alla fine del VI secolo d.C. (uggeri 1998).

Questo sistema non sembra reggere al passaggio tra tarda antichità e altomedioevo. Le ricerche archeo- logiche hanno evidenziato un sostanziale abbando- no di queste località dopo il VI-VII secolo, spesso a seguito dell’interramento di questi approdi, in uno scenario che ben concorda con le variazioni climati- che messe già in evidenza e che trova confronti con altri siti della Toscana costiera (Baldassarri, gatti- glia 2009, Baldassarri 2010). Cosa succede, quindi,

a partire dal VII secolo? Le fonti scritte registra- no una cesura tra l’inizio del VII secolo e l’ultimo quarto dell’VIII secolo, anche le indagini archeo- logiche non hanno identificato165 fasi d’uso delle

165 Ad attenuare questo dato non bisogna dimenticare che verosimilmente le strutture portuali erano soprattutto

lignee, i cui resti possono non essersi conservati, o non essere stati individuati, e che i relitti medievali sono carat- terizzati da una minor visibilità rispetto a quelli antichi e moderni.

Fig. 2.37 Il probabile tracciato della strata Vallis Arni, in marrone, e le variazione del corso dell’Arno. In blu sono raffigurati i probabili tracciati fluviali altomedievali, in azzurro quelli bassomedievali. Le due gradazioni di verde rappresentano la probabile ampiezza delle aree impaludate nell’altomedievo (più chiara) e nel bassomedievo (più scura).

Fig. 2.38 Sul DEM medievale sono riportati la linea di costa altomedievale, sono riportati i tracciati fluviali e l’ubicazione degli approdi conosciuti nell’altomedioevo.

Fig. 2.39 Sul DEM medievale con la linea di costa bassomedievale, sono riportati i possibili tracciati fluviali e l’ubicazione degli approdi conosciuti nel bassomedioevo.

strutture portuali pisane tra la fine del VII/inizio VIII ed il pieno IX secolo (Baldassarri, gattiglia

2009). Ugualmente, i contesti valdarnesi (Cantini

2007, 2011) mostrano l’assenza di materiali prove- nienti da traffici commerciali marittimi nello stesso arco cronologico. Diversamente, la sopravvivenza di rotte marittime e dell’attività dei porti dell’alto Tirreno e di Pisa tra VII e VIII secolo sembra con- fermata dalla presenza, in alcune tombe sarde, di

manufatti e di tremissi longobardi (arslan 2005,

MC-CorMiCk 2007), ma soprattutto dai ritrovamenti

ceramici urbani (§ 3.2.5.1), che attestano scambi con l’area campana, e dalle attività siderurgiche urbane

che sembrerebbero non essere state mai sospese166

attestando l’importazione di materie prime prove- nienti dalle Colline Metallifere, dall’Elba e dalla Sar- degna (Bruni et alii 2000). L’ipotesi, già sviluppata

da Baldassarri 2008, 2010 e Baldassarri, gattiglia

2009 è, dunque, che Pisa, abbia ereditato dalla tar- da-antichità almeno gli scali di Portus Pisanus e di S. Piero a Grado, gli unici attestanti anche nel pieno medioevo, e, in virtù di una particolare ricchezza di località adatte all’approdo in prossimità delle foci dei fiumi e di legno per la costruzione di imbarca- zioni167, abbia mantenuto la possibilità di collegarsi

al mare anche nell’altomedioevo. Avere a disposi- zione scali utilizzabili tra VIII e X secolo d.C., come dimostra anche la presenza degli approdi fluviali di porto Ursi o Offi, tra Metato e Arena, e di porto Fiu- micello, presso Orzignano168, diversamente da altre

località della costa toscana, sembra aver consentito il mantenimento delle tecniche di navigazione e la precoce affermazione di Pisa come potenza navale tra X ed XII secolo. L’avanzamento della linea di costa tra tardo-antico e medioevo (sarti et alii 2010)

produsse delle conseguenze per le due principali aree portuali: il porto di S. Piero a Grado divenne secondario, vi transitavano solo navi di piccolo pe- scaggio, facendo concentrare il traffico nell’area di

Portus Pisanus, che, a causa dei fenomeni di impa-

ludamento, venne spostato verso ovest fino all’im- pianto, alla metà del XII secolo, del nuovo porto, in buona parte artificiale, presso l’area dove sorge l’attuale insediamento industriale di Livorno (fig. 2.39). Durante il terzo quarto del XII secolo furono costruite le principali strutture per l’attracco, il con- trollo del traffico marittimo, lo sbarco dei carichi e la sosta dei marinai, mentre a partire dal XIII secolo, la documentazione pubblica presenta l’immagine di un porto di catena, articolato e attrezzato alle esi- genze di un traffico mercantile in continua crescita fino alla metà del XIV secolo. Oltre agli interventi straordinari, come le ricostruzioni resesi necessarie in seguito alla guerra combattuta con i Genovesi tra 1284 e 1290, per il mantenimento del complesso si- stema del porto artificiale il Comune di Pisa dove- va provvedere circa ogni vent’anni a radicali lavori di ricostruzione della palata e dei moli, così come è attestato per gli anni 1358, 1372 e 1392169 (rosset-

ti 1988; CeCCarelli leMut 1994; 2003; vaCCari 2003;

Baldassarri 2008, 2010, Baldassarri, gattiglia 2009).

Alle spalle del terminale di Portus Pisanus sorgeva un sistema di collegamento integrato composto da approdi minori su fiumi, canali e aree palustro-la- gunari, e da carrabili terrestri170, che, sebbene non si

possa cogliere in tutti i dettagli, è identificabile nei termini generali dell’organizzazione del trasporto dei beni scaricati dalle navi verso la città e/o verso l’hinterland toscano. Serchio e Auser171 erano navi-

gabili (almeno fino al XIII secolo), così come l’Arno 166 Come, forse, dimostra il sito dell’area ex-Scheibler.

167 Vedi § 2.5.

168 Citati rispettivamente nel 987 e nel 975 (CeCCarelli leMut et alii 1994: 411).

169 Queste operazioni non riuscirono ad evitare il progressivo interramento di Portus Pisanus, tanto che nel corso del XIV

secolo venne abbandonato in favore degli ancoraggi nei profondi bacini antistanti Livorno. Solo a partire dal pieno XVI secolo, dopo lo stallo che caratterizzò il XV secolo, gli interventi medicei fecero di Livorno il nuovo scalo internazionale.

170 Per la viabilità terrestre vedi § 2.3.1.

171 A Ripafratta, sul Serchio, i signori locali prima e poi il Comune di Pisa riscuotevano il dazio (ripatica) sulle merci

in transito, mentre l’Auser era utilizzato per il trasporto di materiale da costruzione proveniente dai Monti Pisani e di persone che si recavano al Bagno del Monte Pisano (CeCCarelli leMut et alii 1994: 410-11).

tramite il quale era possibile raggiungere Firenze172.

Sul Serchio erano presenti un portus de Silvanis a Pappiana, alla fine del XIII secolo, un portus navis a Carraia nel 1263, e porto Ursi o Offi, tra Metato e Arena, già attorno al mille, mentre sull’Auser sono attestati un porto Fiumicello, presso Orzignano, nel 975, e un Porto de Liccio, nella parte terminale del fiume, nel 1175 (CeCCarelli leMut et alii 1994, 2002;

PasquinuCCi, 2003). L’Arno è descritto dalle fonti

scritte come costellato da numerosi tra porti e ap- prodi oltre al già citato S. Piero a Grado e agli scali urbani a Pisa: a Naviccio, dove nel 1172 è presente un passo di barca, presso il monastero di S. Savino, dove sorgeva un molo, distrutto all’inizio del XII secolo dalla piena del fiume, a Navacchio, che deri- verebbe il proprio nome da un approdo, a Riglione, dove è citato un porto dal 1176. Collegamenti erano garantiti anche verso nord e l’area versiliese attra- verso la fossa di Navariccia, ad est della palude di Malaventre, che risulta navigabile ancora all’inizio del XIV secolo quando viene descritta come fossa per

quam itur cum navibus (CeCCarelli leMut, et alii 1994,

aniChini, gattiglia 2009). L’apporto all’economia di

questa sistema infrastrutturale risulta evidente dal volume dei traffici percepibile, seppur in maniera parziale, dai materiali rinvenuti nei contesti strati- grafici pisani. I depositi compresi tra fine X inizio XI e prima metà del XIII secolo evidenziano come con l’XI secolo si fosse stabilito un flusso regolare di navi che portavano carichi provenienti da più parti del bacino mediterraneo, tale che anche una merce sussidiaria come il vasellame potesse arrivare in di- screta quantità ed esser distribuita ampiamente tra le fasce medie e alte della società cittadina, oltre che tra gli insediamenti di un certo rilievo del territorio (Milanese, vannini 1998; Cantini 2008, 2011; Baldas- sarri, Berti 2009). Viceversa la diffusione, a partire

dal XIII secolo, in tutto il bacino alto-tirrenico, delle

produzioni pisane di maiolica arcaica (Berti 1997,

1997a, giorgio 2009), sottolinea la portata del traffico

di merci in uscita e gli scali che venivano raggiunti. I ritrovamenti monetali, a partire da metà XII secolo, sintetizzano i traffici su scala regionale, nazionale e mediterranea: monete pisane si trovano in area pi- stoiese, nel Valdarno fino all’Umbria occidentale, lungo la costa toscana e le isole minori fino a Roma, in Liguria, Corsica, Sardegna, Sicilia e in area libane- se, mentre in città si trovano monete d’oro bizantine

e normanno-sveve (Baldassarri 2000, 2003a, 2009,

2010a, 2012, Baldassarri, gattiglia 2009). A partire

dal pieno XIV e XV secolo continua sia l’esportazio- ne delle maioliche pisane, sia l’arrivo di vasellame di produzione mediterranea, soprattutto catalana e in rari casi estremo-orientale, mentre il ritrovamen- to di centinaia di tessere mercantili lungo le spon- de cittadine dell’Arno riproduce il quadro di una fervida attività di scambio sui mercati urbani (Bal- dassarri 2003b, 2003c). Tuttavia le navi registrate in

transito nel porto in questo periodo sono in larga parte straniere, le tessere note sono soprattutto di operatori fiorentini, le maioliche locali subiscono il successo dei coevi prodotti catalani e delle produ- zioni dei centri artigianali valdarnesi: tutti elementi che possono essere letti come segnali di crisi cittadi- na (Baldassarri, gattiglia 2009).

Nel documento Mappa. Pisa medievale (pagine 68-73)