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Approvvigionamento idrico: i pozzi e le cisterne

Nel documento Mappa. Pisa medievale (pagine 152-157)

3.2 Il tessuto urbano

3.2.3 Le infrastrutture urbane: viabilità, ap provvigionamento idrico, gestione dei rifiut

3.2.3.2 Approvvigionamento idrico: i pozzi e le cisterne

Come abbiamo visto, Pisa in età romana era ali- mentato da un acquedotto proveniente dalle falde nordoccidentali del Monte Pisano, che alimentava le terme di porta a Lucca e probabilmente un’area a sud est della città, e che, ipoteticamente, ha smesso di funzionare tra VI e VII secolo. Unico dato certo è che dopo l’età romana Pisa non ha avuto più un acquedotto fino all’inizio del XVII secolo. Le caratteristiche del contesto geomorfolo- gico pisano rendono possibile raggiungere con una certa facilità le acque sotterranee di falda. Si può, quindi, presumere che i pozzi siano stati sca- vati fin dall’altomedioevo, magari in associazione con un approvvigionamento diretto dalle acque dei fiumi, anche se non sono archeologicamente attestati; mentre numerosi sono i pozzi conosciuti a partire dalla seconda metà dell’XI secolo. Esiste- vano pozzi pubblici sistemati nelle piazze e negli slarghi, pozzi privati posti nelle corti delle case- torri e pozzi legati alle aree produttive, che neces- sitavano di abbondanti quantità d’acqua. La docu- mentazione più antica è relativa ad un piccolo 264 Codice Magliabechiano XXV 491 (suPino 1904: 304).

pozzetto rinvenuto nello scavo di piazza dei Cava- lieri266 associato alla fase metallurgica datata tra la

seconda metà dell’XI e la prima metà del XII seco- lo. Sembrerebbe trattarsi di un piccolo pozzo sca- vato direttamente in terra, necessario, per un bre- ve periodo, allo svolgimento delle operazioni le- gate al processo metallurgico. Si tratterebbe, quin- di, di un pozzo collegato ad un impianto produtti-

vo, ma non si può escludere che i pozzi altomedie- vali appartenessero a questa semplice tipologia. Le restanti strutture datano a partire dal XIII seco- lo, sia che si tratti di pozzi pubblici, sorti laddove il reticolo di case e strade si dirada, come nei casi di piazza delle Vettovaglie267, di via Cavalca268, di

Palazzo Scotto269, sia di pozzi privati come nei casi

di via Galli Tassi270, piazza Dante271, Palazzo Vitel-

Fig. 3.56 La principale viabilità urbana bassomedievale (in grigio) ricostruibile sulla base dei dati archeologici, della cartografia storica, delle ipotesi tratte da redi 1991 e tolaini 1992, sovrapposta al DEM bassomedievale.

266 sciuto c. 2012, Scheda di intervento n. 130, in MappaGIS; abela, bruni 2000; corretti 2000.

267 sciuto c., Scheda di intervento n. 213, in MappaGIS; Alberti, baldassarri 2004.

268 sciuto c., Scheda di intervento n. 488, in MappaGIS; anichini, GattiGlia 2006.

269 GattiGlia G. 2012, Scheda di intervento n. 367, in MappaGIS; GattiGlia 2006.

270 tarantino G., Scheda di intervento n. 516, in MappaGIS.

li272, S. Michele in Borgo273, via Coccapani274,via To-

selli275, via La Tinta276, via S. Apollonia277, piazza

del Duomo278, sia di pozzi legati alle attività pro-

duttive come quello di via dei Mille279 e probabil-

mente quello di via S. Antonio280 (fig. 3.57). I primi,

come abbiamo visto, si trovano all’interno di piaz- ze pubbliche o slarghi, mentre i secondi si trovano in aree generalmente retrostanti edifici, alle volte coperte da tettoie, per lo più pavimentate con mezzane spesso poste di piatto, gli ultimi sono vi- cini o al centro di impianti produttivi. Da un pun- to di vista tecnologico si tratta di strutture cilindri- che costruite con laterizi di reimpiego legate con una malta tenace (non idraulica), fino a raggiunge- re in profondità i livelli di falda. Sono strutture oggetto di un utilizzo continuativo, che evidenzia-

no spesso una serie di rialzamenti successivi, con il continuo spostamento della vera per adeguare l’imboccatura alla crescita dei piani di calpestio e spesso sono dotate, all’esterno, di uno o più peda- ne circolari e concentriche realizzate in laterizi di- sposti di taglio a raggiera (fig. 3.58). Il caso più complesso è rappresentato dal pozzo rinvenuto presso Palazzo Scotto. Il pozzo281 fa parte di un si-

stema composito: intorno alla metà del XIV secolo viene realizzata una pedana circolare con laterizi, non di reimpiego, posti di taglio, a raggiera, in modo da creare una pendenza verso l’esterno, dove è presente una canaletta, anch’essa circolare, collegata, attraverso un foro quadrato munito di filtro in ferro, a una canalizzazione sotterranea unita ad una vasca utilizzata come lavatoio/abbe- veratoio, collocata al centro della piazza e coperta da una lunga tettoia lignea (fig. 3.54). In questo caso appare evidente come il ciclo dell’acqua fosse organizzato in modo da non sprecare questa im- portante risorsa. La legislazione cittadina soprav- vissuta non dice nulla sulla gestione dei pozzi pubblici e sembra occuparsi soprattutto della ma- nutenzione delle vere effettuata a spese degli utenti con lo scopo di evitare il ruscellamento dell’acqua di scolo lungo le strade (baldassari

2008a: 100); è probabilmente per ottenere questo effetto che venivano costruite le pedane e le cana- lizzazioni di deflusso delle acque evidenziate dal- la documentazione archeologica. Accanto a queste strutture ne sono presenti altre legate alla raccolta delle acque piovane: le cisterne. La documentazio- Fig. 3.57 Sul DEM bassomedievali sono localizzati i ritrova-

menti relativi a pozzi, in azzurro, e vasche di raccolta, in blu.

272 la rosa l., Scheda di intervento n. 77, in MappaGIS; Garzella, redi 1980.

273 caMPus a. 2012, Scheda di intervento n. 104, in MappaGIS; redi et alii 1987.

274 tarantino G. 2012, Scheda di intervento n. 14, in MappaGIS.

275 GattiGlia G.. 2012, Scheda di intervento n. 589, in MappaGIS; ducci et alii 2008a.

276 la rosa l. 2012, Scheda di intervento n. 60, in MappaGIS.

277 sciuto c. 2012, Scheda di intervento n. 94, in MappaGIS; Corretti, vaGGioli 2003.

278 GattiGlia G. 2012, Scheda di intervento n. 927, in MappaGIS; alberti et alii 2011d.

279 Ghizzani Marcìa F.. 2012, Scheda di intervento n. 881, in MappaGIS. Il pozzo è posto al centro di un opificio per

lavaggio/tintura dei tessuti e secondo l’autore dello scavo sul fondo del pozzo sarebbe stato sistemata una macina reimpiegata come filtro per mantenere l’acqua pulita.

280 caMPus a. 2012, Scheda di intervento n. 613, in MappaGIS.

281 Oltre alla complessità del sistema idrico, va ricordato, che nella seconda metà del XIV secolo il pozzo si trovava

anche al centro di un’area metallurgica e doveva rivestire una certa importanza all’interno delle operazioni produttive.

ne archeologica, in questo caso, risulta meno chia- ra. L’esempio più antico sembrerebbe essere quel- lo relativo al vano sotterraneo rinvenuto all’inter- no dell’edificio IV del saggio I di piazza Dante282

costruito con una volta a botte in tufelle di panchi- na livornese (redi 1993), definito cisterna, ma in-

terpretato anche come dispensa, e datato all’XI-XII secolo. Una riserva d’acqua, forse una cisterna, è quella rinvenuta presso Palazzo Venera283 e defini-

ta genericamente bassomedievale, mentre è defi- nita cisterna e datata al XIII - XIV secolo la struttu- ra interrata, costruita con laterizi di reimpiego e ciottoli legata con malta di calce, rinvenuta, non associata ad edifici, nello scavo retrostante Palaz- zo dei Cavalieri284, la cui tecnica costruttiva sem-

brerebbe, però, postmedievale285. La struttura rin-

venuta all’interno del corpo 2 di Palazzo Alliata286,

definita cisterna, risulta di piccole dimensioni (1,60x1,40, x1,40 m), realizzata in laterizi, con una volta a botte e con una conduttura “di scarico”, per l’adduzione alla struttura (redi 1982a:67). An-

che la datazione è generica, in quanto anteriore alle ristrutturazioni datate al XVI-XVII secolo. È probabile che si tratti di un bottino, piuttosto che di una cisternetta e che sia da datare al XV-XVI secolo, piuttosto che al basso medioevo. Una ci- sterna in laterizi connessa all’ospedale di S. Gio- vanni Gerosolomitano in via Gori287, risulta co-

struita nel XIII secolo e obliterata da uno scarico di Maiolica Arcaica tra l’ultimo quarto del XIII e l’ini- zio del XIV secolo. Se i dati archeologici relativi alle cisterne non appaiono univoci, possiamo tro- vare elementi di conferma del loro utilizzo nella presenza di sistemi per convogliare le acque mete- oriche. La presenza di canalizzazioni sotterranee, come quelle rinvenute in via degli Uffizi288, realiz-

zate in laterizi e datate alla prima metà del XIII,

doveva servire proprio a convogliare le acque all’interno di cisterne sotterranee. Ulteriore con- ferma di questi sistemi di raccolta delle acque è data dalla presenza, archeologicamente attestata, di tubature fittili, che rappresentavano l’elemento verticale di questo sistema di condotte. L’uso, in edilizia, di tubi fittili di varie dimensioni è ben do- cumentato per l’epoca romana, ma sono pochi, gli studi su questo particolare prodotto ceramico e sul suo utilizzo nel medioevo (GattiGlia, GiorGio

2010a). Gli scavi di via Consoli del Mare e di via Facchini hanno restituito una discreta quantità di reperti di questo genere ponendo l’attenzione su una loro probabile produzione cittadina o subur- bana la cui forma, che sembra prodotta già a parti- re dalla fine del XII/prima metà XIII secolo, rima- ne invariata almeno fino alla fine del XIX/inizi del XX secolo. Lo scavo di via Consoli del Mare evi- denzia la presenza di tubi fittili fin dalla seconda metà del XII secolo, in un momento immediata- mente successivo alla costruzione delle case-torri Fig. 3.58 Scavo di Palazzo Scotto. Il posso presso la piazza trecentesca. Si notano i continui rialzamenti subiti dal pozzo fino al XVIII secolo.

282 Grassini F. 2012, Scheda di intervento n. 325, in MappaGIS; bruni, Menchelli 1993.

283 sciuto c. 2012, Scheda di intervento n. 377, in MappaGIS.

284 tarantino G. 2012, Scheda di intervento n. 16, in MappaGIS.

285 La datazione sembra attribuita più sulla base degli strati tagliati, che degli strati relativi alla sua costruzione. 286 la rosa l. 2012, Scheda di intervento n. 290, in MappaGIS; redi 1982a.

287 GattiGlia G.. 2012, Scheda di intervento n. 614, in MappaGIS.

circostanti, e una interruzione della loro presenza tra metà XIII e inizio XIV secolo, seguita da una ripresa nella prima metà del XV secolo. Dal mo- mento che i dati attinenti la prima metà del XV sono relativi alle demolizioni effettuate in questo periodo, la presenza di frammenti di tubi va consi- derata residuale e pertinente alla trasformazione edilizia avvenuta nel XIV secolo. I contesti di via Facchini indicano una presenza più tarda, a parti- re dalla prima metà del XV secolo ed una vera e propria esplosione del loro utilizzo a partire dal XVI secolo. Complessivamente possiamo dire che queste forme, che si presentano per tutto il medio- evo prive di rivestimento con impasto depurato, potevano essere inserite a scasso, esternamente, nelle murature delle abitazioni. L’osservazione delle pareti interne segnala la reiterata presenza di incrostazioni calcaree ad indicare un continuo uso per lo scorrimento delle acque. In epoca bassome- dievale tali tubazioni potevano essere collegate con sistemi di canalizzazioni sottostradali in mat- toni per il deflusso delle acque provenienti dalle case-torri, evidenziando come, con tutta probabili- tà, le condutture fittili, almeno in contesti social- mente elevati, come quello di via Uffizi, avessero un collegamento con una rete di sottoservizi. La presenza di tubature fittili, a partire dalla seconda metà del XII secolo, si può associare con l’inizio della produzione laterizia cittadina evidenziando quindi lo sviluppo di elementi sussidiari come questi. Tale introduzione oltre ad evidenziare una differenza nel modo di costruire evidenzia anche una specializzazione nella produzione dei mate- riali da costruzione. L’analisi autoptica sugli im- pasti fa pensare ad una produzione pisana, per la similitudine, sia nel corpo ceramico, sia nella fini- tura delle superfici, con le ceramiche prive di rive- stimento ad impasto depurato di manifattura loca- le (GiorGio, troMbetta 2008). Il ritrovamento in

differenti contesti fa presupporre un utilizzo indif-

ferenziato e trasversale, le cui sfumature, allo stato attuale non sono ancora leggibili. I dati archeolo- gici, quindi, sembrano evidenziare un sistema co- munque capillare di raccolta dell’acqua sia pubbli- co, sia privato. La maggior percentuale di esempi privati attestati nella documentazione archeologi- ca spinge a pensare che pozzi e/o cisterne privati non dovessero rappresentare un rarità, data anche la facilità di captazioni delle acque sotterranee do- vuta alla presenza della falda sub alveo a quote non eccessivamente profonde. Il quadro sembra smentire alcune affermazioni fatte dagli storici se- condo i quali l’acqua potabile rappresentava un problema, essendo i pozzi e le cisterne una prero- gativa dei ceti abbienti (herlihy 1990:77), dal mo-

mento che i pozzi continueranno a sopravvivere anche in età moderna, quando la città si era ormai dotata di un acquedotto, come dimostrano i conti- nui rialzamenti dei pozzi medievali289. La raccolta

dell’acqua dai pozzi e dalle cisterne avveniva per mezzo di recipienti lignei o ceramici, soprattutto brocche e piccoli anforacei privi di rivestimento a matrice depurata. Siccome prima dell’uso l’acqua doveva essere filtrata, nei contesti legati a ceti so- ciali privilegiati, come quello dello scavo di via Facchini (baldassarri 2008:107) è riscontrabile la

presenza di brocche a filtro di importazione isla- mica. Alla necessità di bollire l’acqua prima di utilizzarla sia per decalcificarla, sia soprattutto per renderla igienica, potrebbero essere collegati una serie di boccali rinvenuti nei contesti di via Facchini (baldassarri, Milanese 2004a:139) con

impasto semigrezzo, da fuoco, apodi, con ansa a nastro complanare all’orlo, che presentano all’in- terno incrostazioni calcaree; non è però chiaro se l’uso fosse legato, invece, alla sola esigenza di scaldare l’acqua.

Come abbiamo visto per i casi di piazza dei Cava- lieri, di palazzo Scotto, di via S. Antonio e di via dei Mille l’approvvigionamento dell’acqua non 289 Un esempio estremamente chiaro di questo continuo riuso è visibile nel pozzo rinvenuto presso lo scavo di

Palazzo Scotto, rialzato all’inizio del XVI secolo per poter essere utilizzato all’interno della fortezza del Sangallo e alla fine del XVIII con la creazione del Palazzo Signorile, dove sorgeva all’interno del giardino.

era legato solo ad un uso domestico, ma anche produttivo. Oltre alle lavorazioni metallurgiche, un vasto consumo di acqua era necessario per la concia delle pelli290, per la colorazione della lana

e della seta, per la macellazione delle carni (Ghi- Gnoli 1998:289, 371) e la produzione ceramica. Qui

l’acqua serviva per lavorare l’argilla e per diluire i minerali dei rivestimenti e dei pigmenti colorati. Parte delle tubature fittili rinvenute nello scavi di via Consoli del Mare potrebbero essere state uti- lizzate per l’adduzione e il deflusso delle acque necessarie alle lavorazioni metallurgiche.

Infine l’acqua serviva anche per alimentare i bagni cittadini291, di cui però abbiamo scarse notizie dal-

le fonti scritte e nessun dato archeologico a nostra disposizione.

In conclusione si può asserire di avere un quadro sufficientemente chiaro dei sistemi di approvvi- gionamento idrico bassomedievo a partire dal XII, ma soprattutto dal XIII secolo, mentre pos- siamo farci solo un idea dei sistemi di approvvi- gionamento nei secoli precedenti, vista la scarsità dei dati. L’acquedotto romano, eretto nell’ultimo quarto del I secolo d.C. che partiva dall’area di San Giuliano presso il Monte Pisano, doveva giungere in città nell’area posta tra S. Matteo e S. France- sco e definita supra castello, presso la quale, come suggerisce il toponimo doveva sorgere il castellum

aquae, ovvero il suo punto di raccolta finale (Ge- lichi 1998:81). Fino a quando questa struttura sia

restata in funzione è difficile dire, ma è lecito sup- porre che la mancanza di manutenzione e i grandi sconquassi idrogeologici che abbiamo descritto nel capitolo precedente, abbiamo decretato il suo definitivo collasso tra VI e VII secolo d. C.. Abbia- mo in questo periodo la presenza di una città in contrazione nella quale, probabilmente le necessi- tà di approvvigionamento idrico venivano risol-

te direttamente dai privati. Da un punto di vista tecnologico possiamo pensare, prendendo spunto dalla testimonianza più antica rinvenuta a Pisa, il pozzetto di piazza dei Cavalieri, che si facesse uso di semplici pozzi artesiani, di piccole dimensioni, forse con un rivestimento ligneo, scavati diretta- mente nel terreno fino al raggiungimento dei livel- li di falda più superficiali.

Nel documento Mappa. Pisa medievale (pagine 152-157)