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La gestione dei rifiut

Nel documento Mappa. Pisa medievale (pagine 157-160)

3.2 Il tessuto urbano

3.2.3 Le infrastrutture urbane: viabilità, ap provvigionamento idrico, gestione dei rifiut

3.2.3.3 La gestione dei rifiut

Un altro aspetto interessante messo in evidenza dai recenti scavi, finora poco studiato su base ar- cheologica per l’area pisana, riguarda il problema dello smaltimento dei rifiuti e delle infrastrutture fognarie. La fonte materiale offre un interessan- te contributo per caratterizzare concretamente le modalità di refutazione e quindi delineare meglio alcuni aspetti della vita quotidiana come l’alimen- tazione, l’igiene e la qualità della vita, i cambia- menti culturali, le differenti soluzioni tecnologi- che adottate. Se la maggior parte dei dati è ascrivi- bile al bassomedioevo, un’attenta lettura delle fonti archeologiche permette di tracciare un quadro, per quanto sommario, anche per l’altomedioevo, seb- bene confinato alla sola area di piazza del Duomo. Qui, durante il processo di ruralizzazione del tessu- to urbano che si dipana tra tardo antico e altome- dioevo, si vengono a formare una serie di suoli neri, i cosiddetti dark earth292, la cui origine può essere ri-

condotta alle pratiche di scarico dei rifiuti da parte di una società che, non avendo più a disposizione sistemi di scolo funzionanti o forme di trasporto ex- traurbano dei rifiuti solidi, vi sopperiva seppellendo i rifiuti nel terreno o abbandonandoli nei numero- si spazi aperti disabilitati e utilizzabili all’interno dell’area urbana. Depositi interpretabili come dark

earth possono essere letti nella serie di strati di terre-

no bruno con materiali altomedievali, posteriori alla 290 Appare quindi chiara la molteplicità di usi, sia domestici, sia produttivi, del pozzo rinvenuto nello scavo di via

Toselli, limitrofo al laboratorio del pellicciaio.

291 Sono noti il balneum Baroncelli o Ricucchorum presso S. Vito, unico noto a Pisa, non sappiamo se solo privato,

nel XII secolo e funzionante ancora all’inizio del XIV; e una stufa, stabilimento pubblico, sulla carraia maiore, tra S. Lorenzo e Ponte Vecchio, cui si affiancò un ulteriore impianto all’inizio del XIV secolo (Garzella 1990:144).

spoliazione delle strutture di un edificio abitativo di età imperiale, rinvenuti nello scavo presso la porta del Leone293, mentre fosse di scarico dei rifiuti sono

attestate in diversi punti della piazza. Nella porzio- ne meridionale294 è stata rinvenuta un’ampia fossa

parzialmente riempita con un deposito organico con carboni e resti faunistici (forse avanzi di pasto) ricco di reperti ceramici, in prevalenza anforacei e ceramiche fini da mensa, riconducibili al VI secolo. Nella porzione settentrionale295, le fosse di scarico

sono associate alla presenza di capanne datate tra VII e VIII secolo. Due di queste fosse oltre a materia- le edilizio, vasellame, carboni hanno restituito ossa animali derivanti sia dall’attività di depezzamento della carcassa, sia dal consumo diretto, che fornisco- no un interessante quadro qualitativo296 sia dei con-

sumi alimentari, sia della presenza di animali, evi- dente segno della ruralizzazione in atto della città. L’attestazione di caprini e suini, in almeno un caso per specie, è legata all’alimentazione: i due indivi- dui sono stati abbattuti nel periodo di massima resa qualità/quantità di carne; al contrario la presenza di bovini e di equini (asino) uccisi in età avanzata documenta il loro sfruttamento come bestie da la- voro. La presenza di animali da cortile come i galli completa il quadro (alberti et alii 2011c: 190).

Anche durante il bassomedioevo lo smaltimento dei rifiuti non era governato da un sistema organizzato e capillare, così al fianco di un sistema di canali di scolo e di fossi, che permettevano di portare verso l’esterno della città, in particolare verso i suoi fiumi, le acque reflue, aree di discarica sorgevano in tutte le porzioni cittadine. La presenza dei canali di scolo

è attestata dalla fonte archeologica come apertura nelle mura urbane presso la torre di S. Stefano, ad est della porta adiacente e, nel tratto orientale, tra la chiesa di S. Francesco e la porta di via S. Marta, e dalle fonti scritte di tardo XIII secolo, che ne do- cumentano la presenza ad ovest, presso l’ospedale di S. Chiara e presso il chiasso dell’ospedale di S. Frediano, ad est, presso il monastero di S. Francesco, e nella parte occidentale e meridionale di Chinzica (Redi 1991:147). La stessa presenza di fossi doveva

servire allo smaltimento dei rifiuti urbani, trasfor- mando, probabilmente questa serie di canali in vere e proprie cloache a cielo aperto. L’uso di scaricare i rifiuti direttamente in strada e precisamente in que- gli spazi angusti che si venivano a formare tra due edifici confinanti, rappresentava, comunque, una pratica molto diffusa, confermata dalla fonte archeo- logica oltre che da quella scritta. Le fonti archeologi- che hanno, infatti, ben evidenziato come soprattutto i chiassetti più piccoli fossero utilizzati come im- mondezzai. Il chiasso-immodezzaio presso lo scavo di via Facchini/via Toselli297, quello individuato tra

le case-torri in piazza delle Vettovaglie298, quello

tra le casa-torri di Palazzo Giuli299 e quello, pro-

babile, nei pressi della Torre Lanfreducci300 sono

documenti tangibili che parlano di una crescita assolutamente non pianificata della città, lasciata alla libera iniziativa dei privati, senza una regola- mentazione comunale almeno fino al XIII secolo. È solo dal tardo XIII secolo, infatti, che gli Statuti cittadini contengono norme precise che tentano di regolare la questione dei rifiuti soprattutto in rapporto alla cura della viabilità pubblica, in con-

293 tarantino G. 2012, Scheda di intervento n. 358, in MappaGIS.

294 tarantino G. 2012, Scheda di intervento n. 369, in MappaGIS.

295 tarantino G. 2012, Scheda di intervento n. 37, in MappaGIS; alberti et alii 2011c.

296 Purtroppo non quantitativo vista la ristretta consistenza numerica del campione.

297 la rosa l. 2012, Scheda di intervento n. 61, in MappaGIS; bisio 2004; GattiGlia G. 2012, Scheda di intervento n. 589,

in MappaGIS; ducci et alii 2008a.

298 sciuto c. 2012, Scheda di intervento n. 216, in MappaGIS; alberti baldassarri 2004.

299 GattiGlia G. 2012, Scheda di intervento n. 843 in MappaGIS; Redi 2009.

300 GattiGlia G. 2012, Scheda di intervento n. 3, in MappaGIS; redi 1982. Lo stretto spazio a nord della Torre Lanfreducci,

compreso tra questa ed un edificio abbattuto alla fine del XIV secolo, riempito da abbondanti materiali ceramici, composti principalmente da maiolica arcaica e da ceramica priva di rivestimento databili al XIII-XIV secolo, venne interpretato come canaletta, ma è possibile che si tratti di un chiassetto.

sonanza con lo sviluppo di una vera e propria po- litica in tal senso, che nello stesso periodo fu spe- rimentato anche da altre città della Tuscia (alberti et alii 2006). I problemi igienici portati da questo

tipo di smaltimento dei rifiuti organici che attirava topi, animali carnivori e rettili, risulta evidente dai reperti ossei del chiasso di via dei Facchini che mo- strano sia la presenza di roditori, carnivori e rettili, sia tracce di morsi di roditori e carnivori sui resti osteologici, in particolare nei punti ancora ricchi di cartilagine. l’evidenza archeologica suggerisce che queste normative siano state seguite piuttosto tardivamente, visto che la costruzione del primo muro di contenimento dei rifiuti in via Facchini risale al pieno XIV secolo. Al contrario, il conti- nuo utilizzo di questi spazi è attestato dagli stessi depositi, che nel caso del chiasso di via Facchini coprono un arco cronologico compreso tra la fine dell’XI e la fine del XIV secolo, e dalle pratiche di smaltimento attuate attraverso l’asportazione e la pulizia periodica di questi spazi, che può essere letta nella presenza di strati limosi con scarsi ma- teriali ceramici e nella conformazioni degli strati modellati dall’azione di ruscellamento dell’acqua individuati tra i depositi del chiassetto, tutti an- teriori all’edificazione del muro di contenimento. Il chiasso di via Facchini ben evidenzia la qualità dei rifiuti gettati: rifiuti domestici legati a resti di pasto, sia di origine animale, sia vegetale, asso- ciati a stoviglie ormai non più utilizzate, scarti della lavorazione delle pellicce di volpe del limi- trofo pellicciaio, fino ai materiali edili pertinenti a lavori di ristrutturazioni interna. Lo studio della fauna consente di avere un quadro, purtroppo, puntuale dei consumi alimentari di un contesto agiato tra XII e XIV secolo. Gli abitanti delle ca- se-torri avevano la possibilità di seguire una die- ta diversificata composta in prevalenza da ovica- prini, che rappresentavano la principale fonte di proteine animali, con un consumo prevalente di

pecore rispetto alla capre, associati a bovini, sui- ni, ma anche ad avifauna e ittiofauna. La generale giovane età di ovicaprini, bovini e suini macellati nel periodo di massima resa quantità/qualità di carne sottolinea ulteriormente la ricchezza socia- le del contesto di riferimento. Tra l’avifauna sono presenti sia specie domestiche come l’oca e il pol- lo, sia selvatiche come la poiana, la pernice, la fo- laga e il colombo, testimonianza di una attività venatoria diretta soprattutto all’uccellagione, dal momento che scarsi sono i resti di altri animali selvatici come il capriolo e il cinghiale, appe- na più frequente il consumo di tartaruga e raro il riccio (bisio 2004). Molto presente l’ittiofauna,

tra cui spiccano anche specie di pregio come la razza. Solo a partire dal tardo XIV secolo301, si

avverte una trasformazione con la costruzione di nuove infrastrutture pubbliche e private. Un pri- mo, dubbio, esempio di fognatura, datato intorno alla metà del XIV secolo, potrebbe essere costi- tuito dalla canaletta rinvenuta a nord dell’edifi- cio I del Saggio I di piazza Dante302, si tratta di una

struttura lunga oltre 4 m, larga 40 cm e profonda 90 301 La fase più evidente di questo cambiamento è databile al XV-XVI secolo, periodo che coincide con l’inclusione

nello stato fiorentino (alberti et alii 2006).

302 Grassini F. 2012, Scheda di intervento n. 325, in MappaGIS; redi 1993.

Fig. 3.59 Sul DEM bassomedievale è riportata l’ubicazione delle aree di discarica (in viola), dei sistemi per le acque scure, come ad esempio i bottini (in blu), e per le acque chiare (in azzurro).

cm, costruita con un muratura in laterizi e coperta con una pavimentazione fatta con mezzane poste di piatto allineate (redi 1993:220), che è stato interpre-

tata come parte della chiavica di scolo citata negli Statuti del 1286, che affiancando il chiasso dell’o- spedale di S. Frediano permetteva il deflusso delle acque dell’ospedale stesso fino al Paludozzeri (redi

1991:147). La fonte materiale registra, intorno all’ul- timo quarto del XIV secolo, la presenza di strutture private per lo smaltimento dei rifiuti legate alla co- struzione di Palazzo Gambacorti, dove, all’esterno, vengono costruiti due bottini in laterizi con volta a botte (anichini, GattiGlia 2008:140). Si tratta di un

contesto particolare, probabilmente dettato dalla volontà di una famiglia prestigiosa di adeguarsi ai più elevati standard di comfort dell’epoca, stan- dard che per il resto della città diventeranno di uso comune solo tra XV e XVI secolo (fig. 3.59)

Nel documento Mappa. Pisa medievale (pagine 157-160)