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Le aree agricolo-ortive

Nel documento Mappa. Pisa medievale (pagine 179-182)

3.2 Il tessuto urbano

3.2.4 Le attività produttive

3.2.4.4 Le aree agricolo-ortive

Descrivere le aree agricole-ortive urbane medieva- li, vuol dire affrontare la questione dei cosiddetti

dark earth, stratificazioni caratterizzate da una ma-

trice fortemente organica da cui il colore nero, che finora non sembravano ravvisabili nelle stratifica- zioni pisane. A mio avviso, la rilettura, per quanto spesso basata su fonti archeologiche interpretate e/o parziali, dei dati consente di ipotizzarne la presenza in alcuni punti della città. Il significato da attribuire a questi depositi non risulta univoco, ma, piuttosto, il risultato di più fattori o processi formativi, che possono avere agito singolarmen- te o assieme. Sicuramento si può affermare che si tratti di depositi a forte componente organica, che caratterizzano buona parte delle stratificazio- ni urbane tra la tarda antichità e l’altomedioevo, che sono legati a fenomeni di breve entità piutto-

sto che di lunga durata. I dark earth possono essere il prodotto dello scarico dei rifiuti di una società che non aveva più a disposizione sistemi di sco- lo funzionanti o forme di trasporto organizzate suburbane/extraurbane dei rifiuti solidi, favorito anche dalla presenza di numerosi di spazi aperti disabilitati utilizzabili, posti anche in prossimità delle stesse abitazioni. È, quindi, possibile che la loro componente organica e la loro accessibilità li abbia resi immediatamente disponibili per la con- cimazione. In questo modo tali depositi potrebbe- ro essere indicatori di aree coltivate, ortive. Un’al- tra ipotesi tende a interpretare i dark earth come prodotto del collasso di edifici o strutture in terra e in legno. Tale interpretazione sembrerebbe, però, meno calzante per Pisa, dove i contesti abitativi altomedievali sembrano caratterizzati da strutture abbastanza riconoscibili aventi soprattutto elevati in argilla. Un’interpretazione geoarcheologica, re- centemente discussa rianalizzando i dark earth di Ferrara, tende, almeno in quel caso, ad attribuir- ne l’origine a fenomeni di esondazione380, ipote-

si non trascurabile nel nostro caso, visto anche il collasso idrico di VI secolo discusso nel capitolo precedente. Se il problema appare difficilmente dirimibile in presenza di dati archeologici certi, la cautela è ancor più necessaria nel caso dei contesti pisani. Questi, al di là della loro genesi, devono, infatti, essere visti come un modo nuovo di utiliz- zare lo spazio urbano, legato in parte ai processi di deurbanizzazione, ma soprattutto ad una nuo- va concezione dell’economia urbana basata sulle pratiche agricole piuttosto che su quelle produtti- vo-artigianali (broGiolo 2011: 133). Complessiva-

mente sono riconoscibili 5 differenti ritrovamenti di depositi riferibili a dark earth, concentrati in tre aree principali della città a nord dell’Arno: quel- la nord occidentale di piazza del Duomo, quella 378 la rosa L. 2012, Scheda di intervento n. 290, in MappaGIS.

379 tarantino G. 2012, Scheda di intervento n. 588I, in MappaGIS.

380 Comunicazione orale di Cristiano Nicosia dal titolo Ferrara. Porta a Reno an example of urban medieval “dark earth”

fatta presso Geoitalia 2009 VII Forum Italiano di Scienze della Terra, Sezione K3 “Rapporto tra contesto geologico e sviluppo urbano delle città fino al medioevo ed eredità di antichi problemi nel corso dei Secoli”, Rimini 9-11 Settembre 2009.

centrale di S. Apollonia, quella orientale presso S. Matteo (fig. 3.69). Nell’area di piazza del Duomo381

depositi definibili come dark earth possono essere letti nella serie di strati di terreno bruno con ma- teriali altomedievali, posteriori alla spoliazione delle strutture di un edificio abitativo di età im- periale, rinvenuti nello scavo presso la porta del Leone. Mettendo in relazione tali depositi con la presenza di strutture abitative in materiale depe- ribile presenti tra VI e VII secolo nell’area della piazza, sembra credibile interpretare questi de- positi come pertinenti ad aree di scarico dei rifiu- ti, poste in posizione appena periferica rispetto all’insediamento altomedievale. Nella porzione centrale della città i due saggi di scavo presso S. Apollonia382 hanno rintracciato, al di sopra delle

ultime frequentazioni sporadiche databili all’ini- zio del III secolo, consistenti strati di terra scura, intervallati da limitate frequentazioni e interrotti dal focolare/capanna di VII-VIII secolo, che sono stati interpretati come lungo abbandono. Questi depositi sono ascrivibili alla categoria dei dark ear-

th ma più difficile, appare in questo caso la loro

attribuzione, sia per la scarsa documentazione a disposizione, sia, soprattutto, per la presenza in quest’area di uno dei paleo alvei dell’Auser, a cui tali strati potrebbero essere riferiti, come effetto di esondazioni383. Nei saggi di scavo presso il cortile

settentrionale del monastero di S. Matteo384 sono

stati documentati dei livelli di terreno limo-argil- loso, plastico e nerastro, piuttosto organico, iden- tificati come simili a dark earth e riferiti alle fasi più antiche, ma non datati. In questo caso la pos- sibilità di una corretta attribuzione appare ancora più complessa. Nell’area non abbiano tracce docu-

mentate di insediamento altomedievale e anche la conoscenza di questa porzione della città romana è estremamente ipotetica, essendo legata alla pos- sibile presenza del castellum aquae dell’acquedotto da cui deriverebbe il toponimo medievale di supra

castello (Gelichi 1998: 81). La matrice limo argillosa

dei depositi e la vicinanza ai tracciati dell’Arno e dell’Auser di età altomedievale non può far esclu- dere il trattarsi di ambienti esondativi parzialmen- te acquitrinosi.

Nel corso del bassomedioevo gli orti erano di- slocati principalmente, per numero ed estensio- ne, nella fascia suburbana, alcune volte in rela- zione ad edifici monastici, e, secondariamente, all’interno del centro urbano spesso posti tra gli edifici, nella parte retrostante degli stessi dove potevano configurarsi come piccoli giardini con frutteti. I dati archeologici sono numericamente consistenti dal momento che sono state indivi- duate 12 zone385 legate alle colture ortive386. Ap-

partengono alla categoria degli orti suburbani le aree più marginali, come quelle lungo le mura presso l’ex-Marzotto387, dove sono stati rinvenu-

ti strati agricoli/ortivi continuamente lavorati dal tardo medioevo fino al XIX secolo, ma anche quelle maggiormente limitrofe all’area urbana, come quella rinvenuta nello scavo di via Galli Tassi388. Qui è stata messa in luce un interessante

sequenza stratigrafica di XIII/XIV secolo, che si imposta su uno strato alluvionale, solo parzial- mente indagato, che potrebbe essere attribuito alle estreme propaggini dell’area umida altome- dievale, a partire dal quale si impostano una fase caratterizzata da attività di cantiere, legata alla costruzione degli edifici limitrofi, e una seconda

381 tarantino G. 2012, Scheda di intervento n. 358, in MappaGIS.

382 sciuto c 2012, Scheda di intervento n. 94, 95, in MappaGIS.

383 Si veda il già citato caso di Ferrara.

384 sciuto c 2012, Scheda di intervento n. 609, 610, in MappaGIS; baldassarri 2006.

385 Si esclude lo scavo presso il cantiere delle Navi Romane che ha permesso di individuare strati soggetti a coltura

agricola genericamente datati al basso medioevo, vista la sua posizione all’esterno della città (sciuto c. 2012 Scheda

di intervento n. 376, in MappaGIS).

386 Layer ritrovamenti ricerca per II livello = Orto con cronologia bassomedievale in MappaGIS.

387 caMPus a. 2012, Scheda di intervento n. 224, in MappaGIS.

fase caratterizzata da sedimenti organici di colo- re scuro con tracce di decomposizione vegetale, dalla presenza di due buche, una delle quali di espianto di un albero, e da strati di dilavamento molto sottili. L’interpretazione del record arche- ologico fa pensare che questa zona sia stata in- teressata da uno spazio aperto, ortivo, arborato soggetto a fenomeni naturali di deposizione. Sono sempre nelle aree di suburbio una serie di terreni ortivi legati ad istituzioni ecclesiastiche come quelli rinvenuti nel cortile interno dell’O- pera Primaziale del Duomo, datati al XIV- XV secolo389, quelli connessi alla casa del Becchino

adiacente al camposanto monumentale390, quel-

li presenti all’interno del cortile settentrionale del monastero di S. Matteo391, datati tra la fine del XIII e

l’inizio del XIV secolo, e quelli presso la chiesa di S. Andrea in Chinzica392, dove, nella seconda metà del

XIV secolo, doveva esistere, presso il lato settentrio- nale della chiesa, una piccola area ortiva, divenuta poi un cimitero pomario tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo. Qui, infatti, si trovava un orto imme- diatamente adiacente la chiesa, caratterizzato dalla presenza di una serie di buche di espianto di pali e di due piccoli alberi (da frutto?) il cui riempimen- to era caratterizzato da terreno organico. A seguito Fig. 3.69 Ubicazione dei punti in cui sono stati individuati depositi interpretabili come dark earth, sovrapposta alla KDE dei ritrovamenti di VI-VII secolo. In azzurro i probabili tracciati dell’Auser (a Nord), dell’Arno (a Sud), Il tratteggio indica il presunto ramo di collegamento tra i due bacini fluviali.

389 tarantino G. 2012, Scheda di intervento n. 374, in MappaGIS.

390 GattiGlia G. 2012, Scheda di intervento n. 357, in MappaGIS.

391 sciuto c. 2012, Schede di intervento n. 364, 609, in MappaGIS.

dell’attività di espianto l’area venne messa a coltura come evidenzia la presenza di un sedimento a matri- ce sabbio limosa, scuro con elementi organici, la cui asportazione ha rivelato una serie di tagli paralleli, visibili nell’interfaccia sottostante, chiaro indizio di colture ortive (fig. 3.70). Appartengono, invece, alla categorie degli orti urbani quelli presso via della Fag- giola393; Palazzo Giuli394, nella porzione meridionale

della città, dove tra XIII e XIV secolo molti spazi la- sciati in precedenza vuoti da strutture vengono deli- mitati da muri di recinzione in laterizi e/o pietra con la creazione di orti-giardini definitivamente edificati in un momento successivo, e via S. Antonio, dove orti erano legati agli edifici prospicenti la strada395.

Se all’analisi archeologica si unisce quella topono- mastica (fig.3.71), si nota come anche i toponimi legati alle colture ortive e alla presenza di vigne siano localizzati nelle aree suburbane interne alla città murata bassomedievale, ad eccezione del to-

ponimo Orto396 noto a partire dall’inizio dell’XI se-

colo e probabilmente legato a terreni in un primo momento posti presso l’Auser e quindi dotati di una maggiore fertilità. I toponimi legati in maniera spe- cifica a zone prative (Prato –clusi, Prato Bocci, Pratale,

Pratuscello), destinate, con ogni probabilità, all’alle-

vamento e/o alla pastorizia, sono invece tutti posti all’esterno della mura urbane di XII secolo, ad ecce- zione di Pratuscello397. Questo, noto dal 964 e legato

alla progressiva riconversione della Palude pisana, indicava uno dei limiti della città altomedievale. Questa complessiva presenza di aree ortive all’in- terno della città murata si mantiene in età moderna e contemporanea come dimostrano, sia la numero- sa cartografia e la vedutistica di XVII e XVIII secolo, sia il catasto leopoldino398, che raffigurano una città

fatta di innumerevoli orti disposti dietro le case e di ampie aree aperte coltivabili nella fascia suburbana a ridosso delle mura urbane. I dati a nostra dispo- sizione consentono, quindi, di cogliere l’ampiezza e la localizzazione di queste pratiche di coltivazione entro le mura, purtroppo la mancanza di studi ar- cheobotanici sui numerosi campioni di sedimento raccolti, non permette ancora di comprendere quali fossero le essenze messe a coltura.

3.2.5 Economia, commercio, status sociale

Nel documento Mappa. Pisa medievale (pagine 179-182)