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Allegato 2. Scheda dell`intervistato

3. Descrizione del ciclo produttivo della ceramica salentina Grottaglie, Cutrofiano, San Pietro in Lama.

3.6 Altri tipi di lavorazione.

Oltre alla lavorazione al tornio esistono altri tipi di lavorazione d’argilla.

1) L’argilla liquida viene emessa in uno stampo di gesso lo stampo assorbe l’acqua, si solidifica la crosta vicino allo stampo, rimane la sagoma di quello che uno vuole imprimere con lo stampo e questo si chiama colaggio.

2) Trafilatura – massa di argilla viene emessa in un tubo in un recipiente che viene compresso da un pistone o da qualsiasi altra cosa che provoca la fuoruscita di un foro o di una sagoma che dall’altra parte del pistone e questa sagome è la sagoma trafilata. La stessa tecnica è utilizzata nella produzione della pasta.

3)Foggiatura per pressatura: due stampi che unendosi lasciano lo spessore di qualsiasi oggetto (ciotola, vaso ecc). Presse possono essere manuali, idrauliche, meccaniche.

37 La cenere come un rivestimento o come una vernice è tradizionalmente usata anche nella ceramica

indigena brasiliana descritta da Lévi-Strauss. “…encore fraiche, elle était dècorée d’impressions en creux au moyen de cordelettes, et peinte avec un oxyde de fer qu’on trouve dans la serra. Puis elle était cuite en plein vent; après quoi, il n’y avait plus qu’à continuer à chaud le décor à l’aide de deux vernis de résine fondante: noir du pau santo, jaune translucide de l’angico; la pièce une fois refroidie, on procédait à une application de poudre blanch – craie ou cendre – pour rehausser les impressions.

4) Sistema molto antico è colombino che si realizza sovrapponendo i bastoncini di argilla. Colombino è sinonimo di spaghetto. È un sistema preistorico molto laborioso, dove si perde troppo tempo. “Anche se c’è tanti che lo utilizzano per sperimentare una forma di possibili foggiature di argilla”.

L’argilla si può modellare come qualsiasi elemento plastico per realizzare delle statue utilizzando le mani.

Anima, occhio e mano sono collocati, in queste parole, in un solo e medesimo nesso. Influenzandosi reciprocamente, essi determinano una prassi. Oggi questa prassi non ci è più consueta. La parte della mano nella produzione si è fatta più modesta, e il posto che teneva nella narrazione è vuoto (Benjamin).

Attività produttiva ed attività artigianale.

Il Demiurgo platonico. L’artigiano è un’immagine spesso incontrata nella produzione

letteraria dall’antichità in poi. Come punto di partenza vorremmo proporre il dialogo di Platone “Timeo” nel quale si tratta del Creatore divino che è anche chiamato il Demiurgo. Questo termine greco significa esattamente “colui il cui lavoro appartiene al popolo, alla comunità” (dizionario di mitologia). Il Demiurgo non è un dio, ma un lavoratore, uno che lavora per la gente ma non per soddisfare i suoi bisogni materiali. Nella dottrina di Platone lui “sostituisce38” sia il dio creatore del mondo, ma anche rappresenta un’immagine idealistica del lavoratore-creatore. L’atto della creazione, sia del mondo, che dell’oggetto, comprende la creazione a partire da un’idea nel senso platonico, e la realizzazione di un oggetto fisico, quindi non perfetto, come l’idea stessa. La creazione avviene ex nihilo con l’uso dei due elementi essenziali come fuoco e terra; e due elementi necessari come acqua e aria. Il Demiurgo ci rimanda subito anche all’artigiano, al vasaio, al creatore che lavora per la gente, per la comunità. Il processo della creazione, nel nostro caso, di un vaso, di un oggetto richiede ”la riorganizzazione di un disordine”, l’uso della terra o dell’argilla e del fuoco come materiali essenziali e dell’acqua e dell’aria come elementi necessari per la realizzazione. I vasai usano l’acqua per fare una miscela dell’argilla e l’aria (indirettamente) nel processo dell’essiccazione. Vediamo che la professione dell’artigiano ha due fonti d’ispirazione sia reale umana che mitologica che le dà un carattere “romantico” e in un certo qual senso sovraumano. Lavorando al tornio e creando l’oggetto, l’artigiano ha sempre in mente quel “vaso perfetto” e in realtà ottiene quel “vaso reale” con le sue imperfezioni che, alla fine, sono i segni della creazione umana e non divina. Questo oggetto fatto a mano, passato per le mani del creatore è il mito in sé. È un oggetto che ha la storia, che ci lega al creatore e che ha un valore in più essendo un oggetto “storico”. Così ci spostiamo nella dimensione del presente, nella mitologia del presente dove vorremmo identificare/ distinguere due direzioni: il mito del passato e il mito del presente.

Il mito del passato e il mito del presente. Il mito del passato rappresenta l’oggetto unico,

artigianale, fatto a mano. Dietro a questo oggetto sta, appunto, il Demiurgo. In seguito ai cambiamenti della produzione in generale e della produzione di ceramica in particolare, il pezzo unico ottiene sempre più valore sia dal punto di vista economico che culturale. Basta solo un’etichetta “artigianale” per alzare il prezzo di un vaso di terracotta.

Il mito del presente invece consiste nel valorizzare la funzionalità dell’oggetto e la sua “perfezione” raggiunta grazie ai macchinari moderni. Questo oggetto è funzionale o anche

plurifunzionale (di solito è un oggetto elettronico del quale parla Baudrillard nel suo libro “Il sistema degli oggetti”). Se prendiamo in esame solamente la ceramica possiamo vedere che ha tantissime possibilità di sviluppo, con l’argilla si potrebbe fare di tutto e di più e in maniera diversa da quella classica ed abituale. Oltre tutto si potrebbe ampliare la tipologia e il design dell’oggettistica e in effetti alcune botteghe lo fanno, ma sono la minoranza e di solito sono più i designer o stilisti, che si rivolgono all’argilla per creare, che gli artigiani moderni. Ovviamente ci poniamo la domanda perché succede questo, perché gli artigiani non vogliono allontanarsi dal mito dell’antichità, del simbolo dell’artigiano creatore e dell’oggetto antico tradizionale che rimanda a questo tipo di creazione? Un oggetto moderno che non è collocato nella tradizione non sarebbe mai associato dal pubblico ad un creatore e ad un oggetto che incorpora la tradizione. Un oggetto moderno e originale è subito associato al macchinario e alle tecnologie nuove che non hanno il valore storico. L’oggetto moderno ha il valore in quanto oggetto funzionale e l’oggetto tradizionale ha il valore in quanto un pezzo unico e prezioso oltre ad essere un oggetto dell’uso quotidiano39. All’oggetto moderno è subito associata la gestualità, altrimenti detto l’automatizzazione della gestualità tradizionale, anzi che quella dell’artigiano che lavora al tornio con le mani, della gestualità dello sforzo muscolare. L’automatizzazione è la perfezione sognata dell’oggetto che adesso è diventata realtà. L’oggetto unico può, e preferibilmente ha, le imperfezioni che sono viste come le impronte del Demiurgo. Nella società preindustriale c’era l’omogeneità dell’oggettistica perché tutti gli oggetti corrispondevano ai bisogni ed erano creati non per “dare il piacere all’occhio” ma per essere utilizzati.

L’oggetto è sempre soluzione di un problema pratico. Nella realtà contadina tutta l’oggettistica aveva questa connotazione, erano tutti gli oggetti prettamente pratici. Nel Novecento con la polarizzazione degli oggetti e la loro “divisione” in due gruppi possiamo parlare dell’oggetto tradizionale/unico/antico e l’oggetto funzionale. L’oggetto funzionale è sempre soluzione di un problema pratico, ma non ha lo statuto uguale allo statuto dell’oggetto nell’epoca contadina, perché ha anche un aspetto visuale, un’attrazione per il consumatore. L’oggetto artigianale moderno non è soluzione al problema pratico quindi vediamo il cambiamento dello statuto e dello “scopo d’esistenza”. La nuova tipologia degli oggetti priva l’oggetto antico della sua funzionalità e l’assume in pieno, lasciando all’oggetto vecchio solo il “mito”. Non neghiamo che l’oggetto artigianale viene usato

39 Ovviamente noi non prendiamo in considerazione l’arte e gli oggetti artistici perché non sono gli

nella vita quotidiana e risponde ai bisogni, ma la scelta di questo oggetto è spesso e quasi sempre motivata dallo suo statuto “particolare”. La produzione artigianale è stata sempre fatta PER. Adesso, invece, è fatta COME. L’oggetto funzionale ha tutti i due lati: è fatto PER e anche COME. (Baudrillard, p. 175).

Il consumatore di fronte all’oggetto valutava il bisogno più della sua volontà. Il consumatore moderno valuta di più la sua volontà perché il bisogno quotidiano di un vaso in terracotta è diminuito fortemente. Sono diventati gli oggetti d’arredamento più che oggetti di bisogno.

Statuto dell’oggetto nel Novecento. Quindi vediamo il cambiamento della realtà e dello

statuto della produzione. Con il cambiamento e con l’avvento della realtà moderna lo statuto dell’oggetto ceramico si è modificato. Prima essendo l’unico sul mercato non era associato a nient’altro che al “bisogno”, alla povertà e alla scarsità della scelta visto che ognuno comprava la terracotta dall’artigiano del paese o della zona.

Nel Novecento il momento cruciale per la produzione della ceramica è stato il lancio dell’oggettistica in plastica che ha sostituito l’argilla essendo un materiale meno costoso, meno pesante, più comodo e soprattutto era “il mito del presente”. Nello stesso periodo assistiamo alla scomparsa della realtà contadina, al cambiamento della vita dei contadini diventati operai. Nei primi anni dopo che la plastica entrasse sul mercato la ceramica ha vissuto gli anni dei più difficili, la crisi profonda e in conseguenza la chiusura della maggior parte delle botteghe. Dopo decenni e dopo la saturazione del mercato della plastica e dopo che la plastica rientrasse nel quotidiano e ha perso il suo statuto “mitico” per i consumatori la ceramica ha iniziato la sua nuova “discesa”. Però il rapporto artigiano- oggetto e la percezione dell’oggetto è cambiata. Il vaso non era più una parte del quotidiano ma era una parte del passato, è diventato un “segno”.

Le nuove condizioni erano già bipolari perché la contrapposizione artigianale/industriale era fondamentale e definiva la posizione del progetto sul mercato. Le contrapposizioni sono diventate tante: stampato/ fatto a mano, tradizionale / moderno, naturale / sintetico ecc. Se prima dell’avvento della plastica la terracotta era il simbolo della povertà e dell’assenza della scelta, adesso la sua connotazione è cambiata ed è diventata “positiva” rispetto alla plastica che è neutra o spesso negativa. Come abbiamo visto nell’introduzione il prodotto finale, la merce, ha il suo valore anche a seconda dei rapporti sociali tra gli uomini, e proprio questo cambiamento dei rapporti sociali tra gli uomini ha portato alla modificazione del valore (aumento) dell’oggetto di ceramica.

Possiamo evidenziare tre tipi dei rapporti tra artigiano e oggetto: - l’artigiano e l’utensile

- l’artigiano e l’oggetto nel momento della creazione40

- l’artigiano e l’oggetto a sé, oggetto diventato indipendente, oggetto come merce (vedere alienazione di Marx)41.

Invece per il consumatore c’è solo un tipo di rapporto che è il possesso, il rapporto di “avere ed essere”. Il consumatore nell’epoca industriale si trova di fronte all’oggetto valutando due fattori: il “bisogno” e la “volontà”.

Dietro ad ogni oggetto reale c’è un oggetto sognato, un’idea perfetta, un oggetto mito. L’artigiano ha assunto il ruolo del realizzatore del mito. Quando noi compriamo una tazza di ceramica, o un piatto, o un vaso immaginiamo l’artigiano che l’ha fatto al tornio e quindi immaginiamo la gestualità tradizionale e meccanica del creatore. Invece adesso spesso lo statuto dell’artigiano non è più quello ma lo statuto di un semplice operaio, che lavora con i macchinari, spinge il bottone e così crea l’oggetto, con i suoi “prolungamenti meccanici”. Quindi possiamo vedere che questo è il nuovo periodo per la produzione della ceramica che mantiene la tradizione e la cultura popolare, quindi mantiene riproponendo il modello già esistente ma con una percezione assolutamente nuova.

40 L’artigiano nel momento della creazione dell’oggetto sta lavorando e quindi in quel momento

l’oggetto non esiste ancora, ma esiste il lavoro. Questo lavoro non è esterno all’artigiano, ma interno, “incorporato” perché è il suo prolungamento. Le sue gestualità in complesso con l’utensile e il materiale di lavoro creano un “insieme del lavoro” che dà il risultato, l’oggetto. L’oggetto però come il risultato è già la forma successiva dell’esistenza dell’artigiano e dell’oggetto. Il concetto della “nascita” dell’oggetto è esposto nell’introduzione.

41 L’oggetto è il prodotto del lavoro e quindi la sua oggettivazione (Marx, 1969, pp. 193- 205). Con

l’oggettivazione dell’oggetto il produttore o l’operaio lo perde. L’artigiano si trova in una doppia relazione con l’oggetto prodotto perché da un lato è la sua proprietà, ma dall’altro lato l’appartenenza non gli dà profitto finché non lo vende. Al momento della vendita dell’oggetto l’artigiano gode il privilegio della proprietà. Se noi consideriamo il lavoro non come un fatto esterno al lavoratore (come invece è considerato da Marx), ma come un “insieme del lavoro”, non possiamo in ogni modo non affermare che l’oggetto rimane il fatto esterno e alienato all’artigiano. Il suo lavoro diventa un oggetto che conduce un’esistenza esterna. Infatti questa posizione dell’artigiano di fronte al suo prodotto di lavoro è l’alienazione ed è il terzo stadio della produzione. L’alienazione dell’oggetto e l’espressione di questo fatto nel linguaggio sono trattati nel capitolo “Ideologia linguistica”.