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Allegato 2. Scheda dell`intervistato

4. Analisi del linguaggio degli artigiani.

4.1 Ideologia linguistica

4.1.3 Distanza tra parlanti.

Per analizzare meglio la “disposizione” dei parlanti durante l’interazione sembra utile il concetto di mercato linguistico introdotto da Bourdieu (1971; 1984) e in seguito applicato anche nella sociolinguistica. Proponiamo di considerare questo concetto in un modo parzialmente diverso rispetto a quello proposto dall’autore: nel nostro caso i parlanti si incontrano e cercano di “vendere” la varietà più appropriata e prestigiosa per la comunicazione. Il parlante nella sua attività linguistica deve stabilire il prezzo del prodotto per trarre il massimo profitto dalla comunicazione. Il mercato linguistico si trova in rapporto di dipendenza con l’ideologia linguistica, è il suo “concetto” di rapporto prezzo- profitto, a secondo del quale il parlante agisce sul mercato. La “distanza” è una delle ragioni della variazione linguistica. La distanza può variare, modificarsi perché lo scopo finale è quello di trarre il maggior profitto linguistico, quindi durante l’interazione tutti e due gli interlocutori cercano di trovare il modo migliore per esprimersi ed essere valutati nel modo voluto.

La scelta del termine avviene in diversi modi, tenuto conto delle condizioni dell’interazione:

- il parlante fa parte dell’azienda e usa i termini tecnici;

- il parlante parla del suo lavoro ad un interlocutore non esperto;

- il parlante parla ad un estraneo, portatore della lingua standard, non appartenente al suo gruppo sociale, al suo network, che capisce ma non parla il dialetto della zona;

- il parlante ha una competenza quasi uguale nei 2 codici: standard e dialetto;

- la terminologia universale è in lingua standard e tutti gli addetti ai lavori ne sono a conoscenza perché hanno contatti con i colleghi delle altre regioni.

Il rapporto di forza tra la varietà standard e la varietà locale si modifica a seconda delle condizioni. Normalmente la varietà standard è sempre considerata di maggior prestigio e dominante in qualsiasi zona del paese se si tratta della comunicazione tra un locale e un estraneo.

Il rapporto di forza si basa non solamente sull’appartenenza alla classe sociale alta ma anche sulla provenienza geografica e sull’uso della corrispettiva varietà linguistica, è quindi bidimensionale, rispecchiando sia la dimensione sociale che quella geografica. Se noi consideriamo la situazione comunicativa come mercato linguistico nel quale ogni parlante deve trarre i frutti della comunicazione spiegandosi e capendo l’interlocutore, possiamo dire che il termine migliore da scegliere è quello appartenente alla lingua standard.

Esaminando il rapporto italiano – dialetto come un rapporto di forza nel quale vince la lingua standard, che ha maggior prestigio al livello nazionale, la scelta del termine italiano è evidente. Dobbiamo sempre considerare che la dimensione nazionale può essere percepita in modo distaccato, in modo emozionale, guardando la TV, oppure trovandosi in altre zone del paese. Nel Salento il parlante riconosce la realtà a lui circostante e considera il dominio del dialetto come forma d’espressione locale.

Trovandosi in una situazione comunicativa, cioè su un mercato linguistico, il parlante valuta la “distanza” dall’interlocutore che si esprime nell’uso della forma cortese, nella riservatezza, nella correttezza d’espressione.

(1) La distanza massima si stabilisce con un parlante/ portatore della varietà standard con cui non si condivide nessuna base culturale. Le cause sono la lontananza delle varietà parlate e il chiaro rapporto di forza tra la varietà standard e la varietà regionale meridionale parlata dagli artigiani. Nel caso in cui il parlante estraneo usa una delle varietà regionali ma del Nord il rapporto di forza rimane ugualmente chiaro ed evidente considerato il prestigio maggiore delle varietà settentrionali.

(2) La distanza meno esplicita ma sempre marcata si stabilisce tra un parlante salentino con un altro parlante meridionale con il quale condivide almeno la zona di provenienza che può creare la solidarietà. Questo tipo di distanza può essere definito come medio perché non è così esplicito come quello del (1) tipo, ma è presente, nonostante tutto, perché le differenze linguistiche sono facilmente percepibili.

(3) La distanza del terzo tipo che può essere più o meno simile al tipo 2 è la distanza che si stabilisce con un parlante proveniente dalla Puglia, cioè dalla stessa regione. È la distanza minima.

(4) La distanza minima e/o quasi inesistente che può trasformarsi in un rapporto di scambio si stabilisce con un parlante salentino proveniente da un’altra zone del Salento. Tra i parlanti provenienti dalla stessa zona del Salento non c’è la distanza e quello che

osserviamo è la solidarietà linguistica e quasi sempre la scelta del dialetto nella conversazione.

Dobbiamo considerare anche un altro tipo di distanza che abbiamo osservato durante la ricerca sul campo. La distanza del tipo (1) con un parlante totalmente estraneo può essere modificata in una distanza di confidenza, minima (1°), se il parlante mostra la condivisione della base culturale. In questo caso il parlante inizia a sentirsi libero, valuta la scelta della parola tra la varietà standard e quella locale e può anche vantarsi della scelta che può fare, del codice in più che ha a disposizione. Per esempio, questo tipo di rapporto si è stabilito tra me e gli artigiani che inizialmente mi valutavano come un parlante estraneo, ma nel corso della nostra conversazione modificavano il modo di parlare e mostravano molteplici scelte lessicali non standard e spesso ricorrevano al dialetto visto il mio interesse per la loro base culturale. In questo caso il rapporto di forza tra il dialetto e l’italiano si modifica mettendo in posizione di vantaggio il dialetto come codice quasi segreto, codice di valore, come una ricchezza culturale e il parlante della varietà standard si trova nella condizione del deficit, non potendo utilizzare questo codice. Questa situazione di comunicazione tra parlanti di diverse e lontane varietà si può definire come rovesciamento delle gerarchie, quando la varietà più prestigiosa diventa quella che nella comunicazione standard è la varietà più bassa.

La scelta del termine locale può essere spiegata anche con l’attribuzione precisa di un termine: una parola dialettale coincide con un oggetto antico, e non può essere utilizzata per un oggetto moderno con la stessa funzione. Per la sua natura i termini tecnici dialettali (della ceramica) sono monosemantici e si riferiscono solamente agli oggetti antichi, che si utilizzavano “prima”. “Adesso” si usano altri strumenti, molto più tecnologici e diversi da quelli antichi. La parola dialettale “rota” si riferisce solo al tornio antico, a pedale e non al tornio elettrico che viene usato adesso, per il quale esiste la parola “tornio”.