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Brano 2. Se viene qua in fabbrica o io onestamente imparo lui perché è il mio nipote,

20) Uso dell’aggettivo come avverbio e dell’avverbio come aggettivo Riscaldamento deve essere piano piano piano; va molto più lento.

4.4.4. Repertorio linguistico italiano.

L’architettura dell’italiano è rappresentata in modo molto complesso ed è strutturata in moltissime varietà e sotto varietà, ad esempio, italiano popolare, italiano popolare regionale, italiano dialettizzato e altre. Questa molteplicità di varietà rende difficile la comprensione della situazione linguistica italiana. Non ci sono parametri che stabiliscono netti confini tra una varietà e l’altra. Tradizionalmente esistono due tipi di visione e di rappresentazione delle varietà e il loro rapporto interno: continuum e gradata.

Stehl propone, nella sua classificazione creata per la situazione della Puglia settentrionale (escluso il Salento), le seguenti varietà: dialetto con numerose interferenze italiane, italiano con numerose interferenze dialettali, dialetto locale e italiano standard. “È chiaro comunque che il contatto linguistico e la compresenza pragmatica tra dialetto e italiano comporta la formazione di “varietà d’interferenza” (1990, pp. 265-280). Questa varietà di interferenza formulata da Stehl è interessante per l’analisi della parlata degli artigiani. L’innovazione nella classifica di Stehl consiste ne “l’integrazione e la gradazione delle lingue funzionali fra gli estremi “dialetto locale” e “lingua standard”, spiegata con il concetto del gradatum e non con quello del continuum linguistico” (1990, p. 268). Una delle ragioni perché Stehl preferisce il concetto di gradatum al continuum è perché quest’ultimo prevede “una coscienza di continuità da parte dei parlanti, che effettivamente non corrisponde alla realtà linguistica come la riscontriamo in Puglia” (1990, p.269). Ogni gradata nella sua definizione corrisponde ad una vera lingua funzionale.

La nozione di continuum è molto più usuale e ben accettata nella linguistica italiana, generalmente si considera che il continuum consiste di nove varietà (Berruto, 1987, p. 23). Come afferma Berruto “il fatto che fra le diverse varietà eventualmente identificabili non esistono confini netti, discreti, che separino rigorosamente una varietà da quelle vicine; bensì vi è un’area di sovrapposizione tra le varietà e uno sfumare sfrangiato dell’una nell’altra, con un passaggio graduale che fa sì che la differenza sia minima tra varietà contigue e aumenti proporzionalmente procedendo verso gli estremi del continuum” (Berruto, 1987, p. 27). Per utilizzare la definizione di continuum, come è stato introdotto da Decamp, parlando della situazione linguistica giamaicana: “…in Jamaica there is no

2 Come “tertiary dialects” Coseriu (1980) definisce le varietà di contatto tra lingua standard e dialetti

sharp cleavage between creole and standard. Rather there is a linguistic continuum, a continuous spectrum of speech varieties […]. Many Jamaicans persist in the myth that there are only two varieties: the patois and the standard. But one speaker’s attempt at the broad patois may be closer to the standard end of the spectrum that it is another speaker’s attempt at the standard.” (1971, p.350) La differenza tra due applicazioni di questo concetto nella situazione giamaicana e nella situazione italiana consiste nel fatto che Decamp considerava il creolo una varietà dell’inglese e non un sistema indipendente. Nella nostra ricerca possiamo partire dal presupposto che nelle interviste non troveremo l’italiano standard. Consideriamo solo il linguaggio parlato nelle situazioni informali e quindi come varietà più alta troveremo l’italiano standard regionale, una varietà d’italiano teoricamente parlata in Puglia con una quantità minima di interferenze dialettali. Se dobbiamo considerare l’intero repertorio linguistico degli artigiani possiamo dichiarare la compresenza di più varietà linguistiche usate quotidianamente. Il nostro interesse, in questa parte del capitolo, è analizzare come si distinguono queste varietà e com’è possibile tracciare i confini tra essi. Nella comunicazione con i membri del gruppo, tra loro, senza estranei, gli artigiani normalmente parlano in dialetto salentino. Quindi possiamo prima di tutto evidenziare questi due poli massimi: il dialetto e l’italiano nella sua versione parlata informale. La varietà intermedia (o le varietà intermedie) oggetto del nostro studio e di massimo interesse generale non solo rispecchia alcuni tratti del dialetto e dell’italiano ma mostra anche le qualità indipendenti che non sono tipiche né dell’ una né dell’altra varietà, è la varietà effettivamente e realmente parlata. Questa affermazione è confermata dai dati riportati nella tabella e poi analizzati nella sezione successiva. Abbiamo evidenziato sia i tratti nuovi (come verbi fasali e sostituzione dell’agente) che l’estensione degli usi dialettali o italiani, non conosciuti prima. L’estensione e la semplificazione sono tratti nuovi che noi attribuiamo alla varietà intermedia regionale.

Per semplificare la comprensione dell’architettura delle varietà possiamo parlare dello schema quadripartito delle varietà presenti nel repertorio linguistico dei parlanti: lingua standard, italiano regionale, dialetto italianizzato, dialetto locale. Le varietà proposte come quattro varietà del repertorio sono ben distinte proprio negli usi a seconda delle situazioni comunicative. Ad esempio, l’italiano standard ovvero la lingua nazionale, è usata nelle situazioni formali o quasi formali, con gli interlocutori estranei o sconosciuti e soprattutto di livello sociale medio alto. Questa varietà non è a disposizione di tutti i parlanti perché non tutti i parlanti anziani o di mezza età sono perfetti italofoni; i giovani parlanti istruiti la scelgono come varietà di cortesia, di comunicazione di “primo impatto”. Ad esempio, uno

dei titolari di una fabbrica, nella prima fase dell’intervista sulla ceramica inizialmente ha parlato utilizzando una varietà ben pianificata, standard a livello morfologico e sintattico, e quando ha utilizzato dei termini dialettali, li ha spiegati e ha sottolineato la loro non appartenenza alla lingua nazionale. Questa varietà è stata adoperata per i primi 10-15 minuti dell’intervista dopo l’informatore è passato all’italiano regionale con molti tratti regionali, con l’uso dei verbi fasali e termini professionali areali. La lingua comunemente usata nella vita quotidiana e nelle comunicazioni informali anche con gli estranei è l’italiano regionale influenzato fortemente dal dialetto locale. Questo tipo di italiano regionale rappresenta l’interesse centrale di questo lavoro perché è la varietà più “attiva” e in cambiamento.

Un’altra varietà intermedia che, presumiamo, esista è il dialetto italianizzato, ovvero è la varietà parlata dagli anziani, dialettofoni, nel loro tentativo di parlare italiano. Questa varietà è più che altro in stato di estinzione perché i parlanti sono in continua diminuzione. È una varietà molto lontana dall’italiano con più tratti dialettali e una forzata italianizzazione. Un esempio di questa varietà, l’ha fornito un anziano di 92 anni la cui intervista non è stata inclusa nel corpus perché svolta in dialetto. La quarta varietà, lingua funzionale, è dialetto locale parlato in famiglia, nei posti di lavoro con i rappresentanti della stessa comunità.

Nella presente ricerca il nostro interesse si è concentrato sulla varietà della lingua italiana parlata dagli artigiani come varietà di innovazione nel repertorio e negli usi.