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Osservazione “Possiamo definire l’osservazione come un processo di rilevazione

2. Metodologia della ricerca.

2.2 Osservazione “Possiamo definire l’osservazione come un processo di rilevazione

d’informazione dall’universo, effettuato tramite l’applicazione di uno strumento osservativo” (Bruschi, 1999, p. 326).

La conduzione della ricerca generalmente è strutturata in tre fasi: progettazione, realizzazione, valutazione. La presente ricerca è articolata invece in quattro fasi4: progettazione (che include la preparazione bibliografica e anche la preparazione degli strumenti per la conduzione); conduzione (ricerca sul campo); elaborazione dei dati (esame critico dei documenti ottenuti); valutazione. È stata inclusa la fase “elaborazione dei dati” perché senza l’elaborazione dei dati cioè la trascrizione delle interviste e l’organizzazione del materiale raccolto non è possibile passare alla fase di valutazione. “Le informazioni raccolte non sono, a rigore, ancora da considerare come la base di dati su cui si fonda la ricerca stessa. Esse diventano dati soltanto in seguito alla loro organizzazione all’interno di una cornice interpretativa (operazione definita con il termine inglese frame) o, se si vuole, re-interpretativa, giacché la stessa informazione è comunque il risultato di una prima interpretazione da parte del rilevatore” (Matranga, 2002).

Lo strumento ha generalmente diversi componenti: 1) lo schema di rilevazione; 2) l’osservatore; 3) l’eventuale meccanismo di ausilio; 4) le regole di conduzione dell’osservazione; 5) il sistema di registrazione.

L’osservazione è effettuata con l’uso di uno strumento di misurazione che nel nostro caso rappresenta tutti e cinque gli elementi dei quali tratteremo in seguito. “Per costruzione dello strumento di misurazione s’intende l’insieme di tutte le operazioni necessarie per rappresentare, in generale, la struttura empirica di una proprietà su una struttura formale” (Bruschi, 1999, p. 88). La nostra ricerca ha la struttura empirica del fenomeno che si rappresenta nella situazione comunicativa e negli atti linguistici prodotti durante essa. La struttura formale invece si forma di tre livelli di analisi: descrizione della situazione comunicativa, l’analisi della lingua e della dimensione socio culturale.

L’attività del ricercatore sul campo consiste nella raccolta delle informazioni empiriche, nella formazione della propria esperienza. L’oggetto d’esperienza per noi sono i comportamenti linguistici degli intervistati. I risultati dell’esperienza vengono elaborati per costruire un documento da sottoporre all’analisi. Prima viene stesa la descrizione del ciclo produttivo dalla quale in seguito vengono tratti gli elementi per lo studio del linguaggio settoriale degli artigiani.

L’osservazione. Questioni pratiche. Per l’osservazione è valida l’affermazione che per

studiare un dialetto italiano bisogna parlarlo o impararlo o almeno capirlo. Hugo Plomteux (1976): “Chi non capisce bene il dialetto locale, si vede costretto a lavorare soltanto con gli informatori che sappiano anche correttamente la lingua di cultura.”

Questa affermazione dello studioso francese al giorno d’oggi non è completamente errata ma le condizioni linguistiche sono cambiate moltissimo negli ultimi anni. Nel Mezzogiorno italiano rimane la situazione del bilinguismo - o meglio della diglossia - ma la tendenza verso l’italiano e l’italianizzazione prevale. L’ambiente artigianale, nonostante molti contatti con le imprese del Nord Italia e anche all’estero, rimane comunque chiuso agli estranei e all’interno delle botteghe si parla il dialetto. La scelta del dialetto non è legata a un deficit ma agli usi quotidiani e alle abitudini linguistiche. Con gli estranei è normale e soprattutto abituale parlare l’italiano perché i contatti con i clienti vanno sempre estendendosi. Con la presente ricerca vogliamo vedere quale codice viene scelto e com’è utilizzato perché tutti gli artigiani adoperano molti termini appartenenti al linguaggio settoriale dell’industria ceramica. La sopravvivenza dei termini dialettali, l’alternanza dei termini italiani e dialettali, la nascita dei termini regionale sono l’oggetto della mia osservazione.

Hugo Plomteux: “…le informazioni più preziose sul dialetto non vengono raccolte mediante un questionario, ma durante le conversazioni libere a cui il dialettologo assiste solo come osservatore, probabilmente all’insaputa dei parlanti”.

Pianta (1980) invece sostiene che la ricerca deve fondarsi sull’osservazione: “La ricerca non comincia con la raccolta dei dati, ma con l’osservazione della realtà che si vuole indagare.[…] L’osservazione è un atteggiamento mentale continuo, che richiede un grosso allenamento e permette la continua formulazione di successive ipotesi di lavoro, e che l’inchiesta verifica”.

Il concetto largamente usato nella socio- e etnolinguistica è l’osservazione partecipante. La partecipazione può essere “misurata” con due diverse variabili: grado e struttura.

Grado di partecipazione. L’osservazione prevede diversi gradi della partecipazione da parte del ricercatore alla realtà indagata con lo scopo di documentare e analizzare la parlata. “Può essere nullo, quando gli eventi vengono osservati indirettamente, attraverso la loro registrazione, automatica e nascosta, per mezzo di strumenti appropriati, come registratori, telecamere o videocamere; può invece essere massimo nel caso in cui il ricercatore, confondendosi tra gli attori dell’evento da osservare, ne partecipa attivamente” (Matranga, 2002).

Il raccoglitore è presente non solo fisicamente alla conversazione ma anche come interlocutore che risponde, ha la sua opinione, si confronta con gli altri parlanti. Questo tipo di partecipazione è chiamata da Duranti (1997) “complete participation”. Il raccoglitore non cerca di ottenere molta attenzione, ma dirige il discorso facendo al momento giusto delle domande o commenti o richieste di chiarimenti per non allontanarsi dal tema centrale che gli interessa. L’osservazione può essere una fase preliminare del lavoro sul campo che serve alla stesura del questionario pilota o alla scaletta per l’intervista. Durante questa fase i raccoglitori “learn to assume the strange status of accepted by-standers or professional over hearers” (Duranti, 1997, p. 101).

“Ci vogliono elementi colti dal vivo, per quanto possibile, e perciò radunati senza piano prestabilito, senza questionario.[…] Indagando con un questionario standard, rigido, si rischia di riunire informazioni certo facilmente comparabili fra di loro, ma molto superficiali, staccate dal loro insieme organico, come “smembrate” Chi invece decide di osservare al di là di schemi prefissati, senza intervenire, raccoglierà materiali svariatissimi, difficilmente comparabili con i dati raccolti in altre occasioni e in altre comunità” Plomteux (1976).

La struttura della partecipazione. La struttura della partecipazione (participation structure) è stata definita da Philips nel libro “Participant Structures and Communicative Competence: Warm Springs Children in Community and Classrom” (1972) riguardante i problemi del rapporto insegnante-studenti in classe. Consultando la classificazione di Philipps ho elaborato le strutture di partecipazione che hanno avuto luogo durante la presente ricerca. Non considerando il grado di partecipazione ma il lato “qualitativo” della partecipazione ne possiamo individuare quattro tipi.

1) Il ricercatore come centro dell’attenzione del gruppo, visto come ospite: il ricercatore pone le domande e riceve le spiegazioni da parte dei portatori della cultura. Questo tipo di partecipazione gli permette di coinvolgere più persone e ricevere una quantità delle informazioni molto alta.

2) Face-to-face interview è il modo tipico per svolgere l’intervista e la condizione migliore se il ricercatore deve osservare gli usi e le abitudini linguistici di ogni singolo parlante oppure descrivere le particolarità dell’idioletto dell’intervistato.

3) Intervista di gruppo con più parlanti; il numero dei coinvolti nell’intervista deve essere deciso dal ricercatore ma quello che sembra più opportuno è tre. Confrontando diversi rappresentanti della comunità studiata (ovviamente conoscenti e in buoni rapporti tra di

loro, preferibilmente colleghi) si può ottenere una vasta gamma delle opinioni e percezioni del mondo necessarie soprattutto per le ricerche etnolinguistiche ed antropologiche.

4) Intervista ad uno/due parlanti alla presenza degli altri; nella mia esperienza mi è successo di progettare un’intervista ad un gruppo di parlanti che non è andata a buon fine ed è stata sostituita improvvisamente dall’intervista ad un solo parlante. In quale situazione può succedere? Se nel gruppo la posizione di tutti parlanti non è omogenea ma è presente uno che occupa una posizione gerarchica più alta degli altri, ad esempio, se c’è il maestro della bottega oppure il direttore della fabbrica di ceramica.

La partecipazione nulla può esprimere sia il grado della partecipazione sia la struttura della partecipazione designando la situazione nella quale il ricercatore non fa l’intervista programmata ma osserva e non interrompe l’attività dei parlanti prendendo appunti sui loro atti linguistici.