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Allegato 2. Scheda dell`intervistato

1) Il forno scende 2) Scendo la valigia

Notiamo che nella frase 1 il soggetto è “forno” ed è anche l’agente della frase. È escluso il fattore umano, e l’oggetto inanimato è diventato l’agente della frase. Nella frase 2, tipica per l’Italia meridionale, l’agente rimane il parlante, una persona animata e l’oggetto rimane secondario, quello che subisce l’azione umana.

I verbi salire e scendere nell’italiano regionale hanno i paradigmi simili e com’è possibile dire “scendo la valigia” è anche ugualmente ricorrente e frequente dire “salgo la valigia”. Anche nel parlare degli artigiani questi verbi formano una coppia semantica e noi ritroviamo oltre a “il forno scende” anche l’espressione “il forno sale”. Quindi è un caso simile della commutazione del soggetto e della sostituzione dell’agente. La frase “la temperatura del forno sale” non è così focalizzata come la sua versione regionale. Nella frase regionale è evidenziata l’autonomia dello strumento agente e la frase è centrata su di esso.

Precedentemente abbiamo esaminato anche il verbo “arrivare” e le espressioni regionali che abbiamo trovato sono le seguenti:

“il forno è arrivato” oppure “si arriva a 900 gradi”.

Possiamo constatare che i processi linguistici sono sempre gli stessi: il complemento di specificazione diventa soggetto della frase.

Questi cambiamenti strutturali delle frasi regionali possono essere considerati anche come esempi di metonimia: l’uso della parte per l’intero. La presenza della figura retorica rafforza ancora di più la mia ipotesi; gli usi verbali di questo tipo possono essere raggruppati perché dimostrano una materialità della visione12.

Ogni fase della produzione ha un corrispettivo nome (sostantivo), aggettivo e verbo. Come però si può notare nella tabella 2 in molti casi, i verbi di moto usati per sostituire o per alternare i verbi specializzati sono prevalenti nella parlata degli artigiani.

12 In Africa Sub-Sahariana i riti di passaggio sono considerati come metafore della vita, ad esempio, la

circoncisione è spesso legata alla cottura, oppure in certe tribù le donne prima delle nozze producono un particolare tipo di vaso che è metaforicamente legato a questo tipo di cambiamento nella vita (Gosselain, 1999, p. 213-214). La spiegazione di questa visione africana sulla produzione della ceramica può risalire alla generale associazione dei vasi alle persone umane, che compiono gli stessi percorsi e tappe della vita che gli uomini. In Salento osserviamo la metaforicità attraverso i processi linguistici inconsci.

La materialità della percezione si esprime nella concretezza delle espressioni dei concetti legati alla produzione di ceramica che gli intervistati vivono quotidianamente. La concretezza del linguaggio è anche rispecchiata nelle espressioni metaforiche analizzate in questo paragrafo.

Abbiamo, infatti, spesso riscontrato spiegazioni e descrizioni del processo produttivo strettamente legate a mutamenti tangibili ed osservabili anche da un profano. Nonostante alcuni di loro abbiano una preparazione specialistica proveniente da istituti d’arte e scuole artistiche, raramente gli informatori ci hanno dato spiegazioni inerenti ai processi fisico- chimici che intervengono durante la lavorazione dell’argilla, durante la cottura e durante la smaltatura.

A nostro parere questo tipo di percezione è strettamente legato all’ideologia e alla formazione degli artigiani. Loro considerano, infatti, lo strumento principale di lavoro - le mani del lavoratore al tornio. Tutto il resto è formato da oggetti secondari13 che contribuiscono solo ed esclusivamente alla produzione. La creazione dell’artigiano avviene durante la modellazione dell’oggetto al tornio, tutte le altre fasi sono viste come indipendenti e secondarie e le strutture linguistiche che usano gli artigiani ce lo confermano. Abbiamo esaminato tutte le fasi produttive che il manufatto “passa” da solo e abbiamo visto che il manufatto è sempre messo nella posizione centrale della frase. È l’oggetto stesso che entra ed esce dal forno, è il forno stesso che aumenta e abbassa la temperatura. L’azione è esteriorizzata, non c’è la mano dell’artigiano che guida il processo perché è alienato, sia l’oggetto che il processo stesso. Dopo la modellazione al tornio, dopo il contatto diretto con l’oggetto, l’artigiano perde il suo potere su esso, osserva i cambiamenti ma non interviene direttamente. L’oggetto diventa alienato perché il loro “legame” si rompe, si è rotto. Il percorso che compie l’oggetto all’interno della fabbrica, durante l’essiccazione, cottura e raffreddamento, non è direttamente legato alla mano e all’abilità dell’artigiano, è indipendente. Vorremmo utilizzare il termine di “alienazione dell’oggetto” per spiegare la variazione regionale negli usi verbali.

13 Nel capitolo dedicato al ciclo produttivo abbiamo visto che il cambiamento della produzione

dall’artigianale all’industriale non fa altro che incentivare gli artigiani a chiamarsi artigiani e tutti gli oggetti fatti a mano. Nessuno di loro chiama la loro produzione industriale anche se usa presse stampe e la maggior parte degli oggetti è prodotta non a mano. Nonostante questo tutti gli informatori alla domanda “quali strumenti usate nella produzione?” rispondono che le mani sono lo strumento principale se non unico. Non è una scelta voluta per confondere il ricercatore ma è la percezione della produzione che hanno gli artigiani stessi. Molti di loro hanno iniziato a lavorare quando le presse non esistevano ancora, gli altri lavorano al tornio e fanno tutto a mano, pur essendo molto giovani. Si tratta dell’ideologia della produzione artigianale intesa come una creazione manuale.

Il motivo di questa visione può essere ritrovato nel fatto che l’artigiano stesso non partecipa direttamente a questi mutamenti e a questi cambiamenti, non li crea con le proprie mani bensì si limita ad osservarli dall’esterno. Il processo produttivo è cambiato, lo specchio dell’eccellenza artistica è l’elaborazione dell’oggetto sul tornio, per il resto è tutto automatico, non c’è la magia della creazione e della conoscenza. L’alienazione degli oggetti, infatti, si rispecchia nell’alienazione linguistica espressa nelle strutture verbali. L’ideologia linguistica è quello strato invisibile che lega l’alienazione degli oggetti e i paralleli cambiamenti strutturali nella frase, unisce l’invisibile con il materiale.

4.2 Identità linguistica

4.2.1 Solidarietà tra gli artigiani. 4.2.2 La distinzione

4.2.3 Identità, inquadramento teorico. 4.2.4 Stile in sociolinguistica.

4.2.5 Scelte lessicali. 4.2.6 Le identità.

In questo sotto capitolo analizziamo il lessico professionale relativo all’attività produttiva. Il capitolo sarà diviso in quattro parti principali nelle quali proponiamo l’analisi linguistica quantitativa delle scelte lessicali di vari livelli, la prospettiva teorica sul concetto identità e di stile in sociolinguistica, la prospettiva teorica sul concetto di solidarietà nelle scienze sociali per approfondire e comprendere meglio le interazioni interne al gruppo professionale; come ultima parte è riportata l’analisi delle identità linguistiche assunte dagli artigiani.

4.2.1 Solidarietà tra gli artigiani.

La solidarietà tra i membri della società è ciò che la rende possibile, ciò che permette la sua esistenza grazie alle connessioni sociali createsi. Ogni singolo attore, con i suoi rapporti con gli altri attori, stabilisce la rete dei rapporti che formano la società e la solidarietà nella sua accezione sociale. La solidarietà è un concetto che può essere studiato in varie prospettive (sociologica, socio-filosofica, religiosa ecc), noi ci soffermeremo sul concetto che interessa la nostra ricerca: quello sociologico. La solidarietà “è una vera e propria costruzione, poiché costituisce quell’insieme di azioni congiunte e quella rete di rapporti che mette in gioco le dimensioni complessive della socialità, modellandone i significati, la forma, le identità di coloro che partecipano alla vita collettiva” (Gattino, p. 118). Nel corso del Novecento il concetto di solidarietà è stato al centro dell’attenzione degli studiosi e molti lavori sono stati dedicati alla solidarietà in vari ambiti delle scienze sociali. La grande attenzione per questo tema può essere dovuta al rapido cambiamento della situazione sociale e alla trasformazione della solidarietà stessa. Possiamo distinguere tra vari periodi della solidarietà ricorrendo alla classifica di Zoll (2003) nella quale si propone una triplice periodizzazione della solidarietà. Il primo periodo è relativo alla fratellanza, che precede la solidarietà. Il secondo, cominciato in Francia negli anni 40-50 dell’Ottocento, è il periodo della solidarietà meccanica. Il terzo periodo non comporta la

scomparsa del secondo tipo di solidarietà ma la sua coesistenza con la solidarietà organica. Nella nostra ricerca ci interessano gli ultimi due periodi, cioè la solidarietà meccanica e quella organica, perché corrispondono a due tipi di relazioni presenti all’interno del gruppo professionale.

La solidarietà è il concetto che si trova in stretta connessione con l’identità, poiché la solidarietà consiste nel sentimento di appartenenza ad un certo gruppo, nell’eguaglianza con altri membri del gruppo e nell’opposizione ad un altro gruppo, ad un gruppo diverso. Analizzando la solidarietà di un gruppo sociale ci troviamo di fronte ad un’identificazione del gruppo che consiste nella contrapposizione “noi” – “altri”.

La solidarietà è stata teorizzata da Durkheim nel suo lavoro fondamentale “De la division du travail”. L’Autore ha proposto “la distinzione dicotomica fra due tipi di solidarietà, che corrispondono a due gradi di sviluppo della società” (Zoll, p. 30): meccanica e organica. Durkheim riteneva che “dal momento che esiste una società, deve necessariamente esistere una qualche forma di solidarietà sociale che le permetta di funzionare, poiché quest’ultima costituisce il prerequisito di base di qualsiasi società” (Gattino, p. 30). La solidarietà meccanica riguarda le società dove la divisione del lavoro non esiste ancora e dove più o meno tutti i membri hanno una posizione simile. In questo tipo di società non esiste la gerarchia e quindi c’è la solidarietà tra pari, cioè una solidarietà orizzontale. “L’azione all’interno dell’unità di appartenenza, non mirando più alla distinzione, si realizza in un ambito di eguaglianza di partecipazione” (Pizzorno, 1966).

La divisione del lavoro, la stratificazione sociale e la gerarchia sociale hanno risposto ad una nuova necessità sociale: il bisogno di solidarietà fra estranei, fra diversi e nei confronti degli sconosciuti. Questa tipologia della solidarietà si chiama verticale ed è il nuovo tipo che si sta affermando nei rapporti sociali con i cambiamenti recenti, etnici, economici, sociali. Questa nuova tipologia di solidarietà è la più complessa tra le due esistenti.

“Come avviene che, pur diventando più autonomo, l’individuo dipenda più strettamente dalla società? Come può allo stesso tempo individualizzarsi sempre più ed essere sempre più vincolato da legami di solidarietà?” (Durkheim, 1989, p. 8). La solidarietà organica, terzo periodo della solidarietà nato negli ultimi decenni del Novecento, “è fondata sulla divisione del lavoro, sull’interdipendenza tra i singoli soggetti e sulla loro differenziazione ed” (Gattino, p. 30) “è possibile soltanto se ognuno ha un proprio campo di azione, e di conseguenza una personalità” (Durkheim, 1977, p. 145). “È proprio la fabbrica a modificare e a conferire una nuova forma di solidarietà” (Gattino, p. 41). Riferendoci alla situazione produttiva nell’industria ceramica possiamo affermare che le tipologie di

solidarietà e di rapporti sociali all’interno del gruppo professionale sono mutati proprio con il cambiamento generale della produzione.

Tornando alla situazione sociale esaminata in questo lavoro possiamo distinguere tra la situazione presente e quella precedente all’avvento dei macchinari. La situazione che può essere definita tradizionale, ovvero del passato, e che serve come riferimento a molti artigiani, è la solidarietà meccanica. In quel periodo si poteva osservare la comunanza di interessi e l’eguaglianza sociale degli artigiani; queste due condizioni garantivano un rapporto cooperativo nel gruppo. Si trattava del mutuo soccorso come tipo di rapporto professionale: avendo bisogno di appoggio e aiuto ci si aiutava a vicenda. Era una solidarietà tra pari e all’interno della stessa comunità; non si basava sull’odio verso l’altro e verso il diverso, era una forma di cooperazione fondata sugli interessi comuni. Kropotkin ha descritto e analizzato il mutuo appoggio come un sentimento naturale sia per gli animali che per gli uomini: “tuttavia non è né amore, né simpatia ciò su cui si fonda la società umana. È la coscienza - sia pure allo stadio evolutivo di un istinto – della solidarietà umana”.

Nel brano seguente, tratto dalle interviste, uno degli intervistati descrive molto bene la solidarietà meccanica del passato, evidenziamo con il grassetto i vocaboli o le espressioni semanticamente legate alla solidarietà: