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Brano 2. Se viene qua in fabbrica o io onestamente imparo lui perché è il mio nipote,

4.2.4 Lo stile in sociolinguistica

Labov (1972) ha introdotto il concetto di stile contestuale (contextual style) in una teoria di stili socio-culturali che ha influenzato moltissimo la ricerca sociolinguistica e la linguistica antropologica. Partendo da questa teoria sullo stile che riguardava l’osservazione degli usi linguistici e il controllo del parlante sulle sue scelte in varie situazioni comunicative, il concetto di stile si è evoluto fino a (diventare) essere considerato una costellazione di variabili. Labov ha legato, in particolare, e ha messo in rapporto di interdipendenza, la classe sociale di provenienza e lo stile. Lo stile consiste nella realizzazione e nella variazione di certi fonemi in varie situazioni comunicative (parlata osservata e non osservata, formale o informale). Tale variazione è stata correlata ai fattori sociali del parlante.

Dagli anni ‘70, quando Labov ha parlato di stile, fino agli anni 90, quando lo stile è diventato uno degli argomenti chiave della ricerca sociolinguistica, sono emerse varie teorie che riguardano questo argomento. Non possiamo non menzionare gli “acts of identity” di Le Page, l’“audience design” di Bell, l’“accomodation theory” di Giles. Bisogna anche sottolineare il carattere più ampio di interessi della ricerca sociolinguistica. Le ricerche tradizionali si interessavano dei dialetti (nel senso anglosassone) regionali e etnici e del cambiamento linguistico. Gli orientamenti più attuali sono rivolti allo studio del significato sociale della variazione (social meaning). Qui utilizziamo la classificazione/ periodizzazione delle analisi sociolinguistiche proposta da Penelope Eckert durante il convegno di the Linguistic Society of America nel 2005. La studiosa ha presentato la divisione del pensiero variazionistico in 3 “onde” (waves); ogni onda non è indipendente dall’altra ma è basata sui risultati della precedente. Come prima onda sono considerati gli studi di William Labov caratterizzati dalla correlazione fra variabili linguistiche e variabili socioeconomiche come sesso, classe, età. La seconda onda di studi è caratterizzata dall’attenzione concentrata su gruppi più ristretti e dal carattere etnografico della ricerca. Come esempio possiamo riportare gli studi di “ethnography of speaking” di Hymes. La

terza onda è caratterizzata dalla particolare attenzione data alla variazione come fonte per la costruzione del significato sociale (social meaning)3.

Tornando agli studi di William Labov, bisogna notare la netta stratificazione sociale che si osservava nelle società anglosassoni. Nella situazione italiana, e soprattutto nel gruppo professionale studiato, non possiamo trovare i sentimenti di appartenenza ad una classe sociale particolare e neanche la coscienza di appartenenza, anche perché osserviamo una situazione molto eterogenea. Quindi dobbiamo cercare altre teorie che ci possano offrire uno schema metodologico più adatto alla situazione italiana. Riteniamo più opportuno ricorrere agli studi della terza onda per trovare spunti sia metodologici che teorici.

Peter Auer, nella breve introduzione al volume “Style and Social Identities”, indica il concetto di stile prima di tutto come fenomeno olistico e multistrato. Auer cita il concetto di stile di Eckert:

“We are defining style as a clustering of linguistic resources, and an association of that clustering with an identifiable aspect of social practice. … Rarely can an individual variable be extracted from this style and recognized as meaningful; variables carry such meaning only by virtue of their participation in identifiable personal or group styles” (Eckert, 1993, Manuscript: 14).

Le variabili sono componenti costitutive dello stile ma non sono stile. Mettendole insieme possiamo ottenere il quadro generale del paesaggio linguistico.

Eckert nei suoi lavori ha approfondito il concetto di stile, definendolo come una fonte di costruzione di persona attraverso gli stili socialmente interpretati e interpretabili (Eckert, 2004: 43); utilizzando un insieme di mezzi linguistici riusciamo a costruire un’immagine, un’identità voluta che viene, successivamente, interpretata dagli interlocutori. Judith Irvine propone “il sistema di distinzione”, afferma che lo stile concerne la distinzione. La presenza dello stile o la preferenza di uno stile, è il modo di distinguersi dal gruppo o all’interno di un gruppo sociale. “Whatever “styles” are, in language or elsewhere, they are part of a system of distinction, in which a style contrasts with other social meanings”

3 Utilizzando le parole di Eckert “The third wave, then, moves, the study of variation off in a new

direction. Rather than defining variation in terms of the speakers who use variables, it seeks the meanings that motivate particolar performances”. Eckert chiama gli studi appartenenti alla terza onda gli studi sociolinguistici con la prospettiva stilistica perché cercano di identificare gli stili adottati dai parlanti e descriverli. Lo stile in sociolinguistica spesso, con un grado di semplificazione, si definisce come modi diversi di esprimere la stessa cosa. Invece Eckert sottolinea che “different ways of saying things are intended to signal different ways of being, which includes different potential things to say” (2008, p. 456). Per una completa panoramica della collocazione di stile negli studi di variazione vedere Eckert 2008.

(Irvine, p.22). Quello che ci interessa nella ricerca sugli stili non sono solamente le caratteristiche di uno stile ma anche le relazioni tra gli stili presenti in un certo gruppo e le loro interazioni perché lo stile adoperato viene in seguito attribuito all’identità assunta e quindi ad un gruppo di persone.

Nella ricerca sociolinguistica colui che indaga sullo stile o gli stili co-presenti nel gruppo studiato deve dare particolare attenzione alla correlazione tra la forma e la funzione dei segni significativi per poter studiare i processi all’interno del sistema linguistico. Irvine non è stata la prima a evocare il termine “distinzione”, bisogna ricordarsi di Bourdieu e del suo lavoro fondamentale sugli stili di vita in Francia che ha dato origine all’utilizzo del termine “distinction”.

Coupland (1980) propone di considerare la variazione stilistica come la presentazione dinamica della personalità. Per poter costruire le tipologie delle identità nella comunità studiata prima dobbiamo analizzare le relazioni all’interno di questa comunità e in particolare la solidarietà come concetto centrale di identificazione.

Le scelte lessicali che osserveremo sono significative perché rappresentano l’identità dei parlanti, il tipo di lingua che utilizzano, quali sono i loro valori e come vedono e percepiscono quello che fanno. Le variabili che osserviamo riguardano situazioni comunicative simili e del medesimo periodo di tempo. È chiaro che i significati (categorie) assegnati hanno il loro valore nel periodo di tempo in cui sono stati rilevati, né prima e né dopo. Inoltre le etichette assegnate hanno valore in quanto usate da artigiani e nel contesto preciso di interazione perché in altri contesti potrebbero avere altri valori, visto che non esistono variabili con il significato fisso. Le categorie proposte segnano le variabili come le consideriamo noi durante l’analisi mettendo insieme una linea narrativa. Questa linea narrativa viene associata ad un certo tipo di identità.

Bisogna notare che la maggior parte delle ricerche sociolinguistiche tratta variabili fonetiche e quasi tutti i fondamenti teorici sono basati sulle ricerche in questo ambito. Qui ci occuperemo delle variabili lessicali che appartengono allo stesso campo semantico e che non sono sinonimi intercambiabili.