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Dall’ambientazione all’ambiente: letteratura e turismo per “nuove” geografie ed economie

Damiano C ORTESE

1. Dall’ambientazione all’ambiente: letteratura e turismo per “nuove” geografie ed economie

Avevo compulsato libri e mappe sulla Transilvania: mi era balenata l’idea che avrebbe potuto essermi utile qualche informazione sul paese, visto che dovevo entrare in rapporti con un nobile del luogo. Ho scoperto che il distretto da questi indicato si trova ai limiti orientali del paese, proprio alla convergenza di tre stati, Transilvania, Moldavia e Bucovina, al centro della regione carpatica, una delle più selvagge e meno conosciute di Europa. Non sono riuscito a scovare su nessuna mappa o testo l’esatta collocazione di Castel Dracula poiché non esistono carte di questo paese paragonabile alle nostre (Stoker 1897).

Il minuzioso e dettagliato resoconto del diario di Jonathan Harker, su cui si basa il romanzo di Stoker, ha reso inseparabile l’identificazione tra la Romania reale e l’ambientazione della narrazione relativa al più noto tra i vampiri della letteratura (Reijnders 2011). Tanto gotico oscurantismo e superstizione non potevano rappresentare un biglietto da visita coerente con l’utopia di progresso del regime comunista che imperò nel Paese fino al 1989 e, tuttavia, nella prima fase del turismo “fai da te” degli anni ’60-’70 del secolo scorso, fu esattamente tale identità a trainarvi il flusso di visitatori.

Per comprendere il nesso tra letteratura e nuove “letture” che questa può costruire, rispetto alla geografia dei luoghi descritti nelle opere, è necessario un passaggio concettuale, ovvero la declinazione della teoria goffmaniana (1969) dell’ingresso di un individuo in una situazione sociale, proposta da MacCannell (2005). L’autore individua nella tensione verso il “retroscena” la motivazione della coscienza turistica e suggerisce sei gradi di avvicinamento, che attengono a differenti stadi di inclusione nell’autenticità, a quella che egli chiama “back region”. Il concetto stesso di “autentico” (Brunel 1997, Cohen 2012) costituisce un elemento discriminante nella presa di coscienza della propria condizione da parte del viaggiatore. L’iniziale attestazione negativa di “turismo” e “turista”1, infatti, generò, sin dalla fase di diffusione di tale occupazione del tempo libero, un desiderio di distinzione: il viaggiatore ricercava – e, di fatto, continua a farlo -, pur in un contesto “leisure” sempre più democratico, un elemento discriminante rispetto alla massa. Ecco quindi sorgere la necessità di superare la fastidiosa nomea andando alla ricerca, nella destinazione, dell’autenticità, che diviene misura della qualità del prodotto e fattore determinante la soddisfazione dell’utente (Chhabra et al. 2003).

Una simile crescente sensibilità è ancor più acuita nel caso del turismo letterario (Herbert 2001, Hoppen et al. 2014), dal momento che la leva su cui insiste la creazione del valore per il destinatario è in sé molto forte, in quanto poggia su solidi elementi di differenziazione non solo per il destinatario, ma per i luoghi stessi che ospitano attrattori culturali (OECD 2009), nonché per le relative economie.

La proposta di setting – allestimento –, su cui lavora MacCannell prospetta una “messa in scena” che dissemini di segni distintivi e riconoscibili una “front region” percepita come sempre più prossima – fino a raggiungerlo – al “backstage”. In sostanza, se il fine ultimo del fruitore e la spinta al suo spostamento risiedono nel comprendere ciò che si cela dietro il “palcoscenico” turistico, occorre costruire una proposta in grado di restituire tale oggetto di ricerca, secondo fasi successive e incrementali, che tengano conto di progressivi gradi di apprezzamento. Per la Romania stokeriana e in generale nel turismo letterario, così come in ulteriori proposizioni di testi e territori attraverso altri media – su tutte, si pensi al Cineturismo (Beeton 2005, Hudson e Ritchie 2006, Connell 2012, Tzanelli 2016) –, tale soluzione è già implementata. La percezione di autenticità sta nella possibilità di sovrapposizione del luogo reale all’ambientazione della finzione: è, questa, la chiave negoziale (Cohen 1988) che permette di individuare con certezza quanto desiderato e che consente di far vibrare il sounding romanzesco nel luogo fisico. Il turista letterario percepisce se stesso come già proiettato nella “back region”, poiché il viaggio che sta compiendo è esattamente un itinerario di messa in evidenza dei “sights” rivelati dalla lettura e quindi le «espressioni autentiche di caratteristiche vere» (MacCannell 2005) sono già mediate dallo scritto.

1Sin dalla prima attestazione, su un numero di “Sporting Magazine” del 1811, riferita al “Sublime

Cockney Tourism”, dunque un’attività tipica della working class, l’attività e coloro che la praticano

non godono di buona considerazione, a causa della massificazione (Savoja 2005) di un elemento tipicamente “alto” e caratterizzante classi agiate, inizialmente nobiliari.

Tornando al “caso” Dracula, si realizza un passaggio in questo senso emblematico: il castello del Conte viene situato, nell’opera ottocentesca, nel nord del Paese – per quanto, volutamente, come da citazione più sopra riportata, la collocazione sia vaga (Light 2016: 85) e la posizione non risulti registrata su una mappa –, area in cui, in realtà, non si trovano tracce della struttura. Per sopperire alla mancanza dell’elemento simbolico di maggiore attrazione, i visitatori elessero il castello di Bran (Light 2007: 753), posto a diverse centinaia di chilometri più a sud, ma in linea con le esigenze di riconoscibilità e in virtù della sua facile raggiungibilità (Huebner 2011, Reijnders 2011). Si è dunque in presenza di un approccio che non si ferma alla pura individuazione di tracce dell’opera nella realtà, ma che (ri)costruisce la location nella località. Ciò che si genera, in sostanza, è una geografia di commistione tra finzione e realtà, funzionale alla soddisfazione di una platea contemporanea, in ciò realizzando la condizione permissiva per attrarre flussi di turisti attenti al tema.

A ciò va aggiunta un’importante considerazione di carattere economico: la propensione alla spesa del segmento di viaggiatori così individuato aumenta a fronte di una crescente percezione di autenticità (Chhabra 2003). Se, dunque, la tesi di MacCannell vede nella costruzione dell’autenticità la soluzione per rispondere a un bisogno, è evidente come un’incrementale partecipazione del consumatore nella strutturazione della propria catena del valore (Porter 1985), in un dialogo con le Destination Management Organization e, in generale, con gli attori della filiera, a cui richiede un progressivo grado di personalizzazione dell’esperienza, costituisca una fase 2.0 dell’allestimento del prodotto. Non soltanto, quindi, compresenza e concatenazione tra catene del valore proprie degli stakeholder del settore, ma generazione di una costellazione del valore (Normann, 2002). In essa il ruolo del fruitore diviene centrale, attivo e determinante per la nascita di un nuovo modello di business: un’economia dell’esperienza (Pine e Gilmore, 1998, 1999) che parte dal testo e si realizza su un territorio, una co-creazione in cui produzione e consumo sono strettamente collegati (Jovicic 2016) per comporre esperienze uniche, memorabili e personalizzate (Dougali et al. 2015). In questo modo si incrementa anche l’orientamento alla spesa, poiché l’autenticità riceve una sorta di autocertificazione alla quale si riconosce credito, anche in senso economico.