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L’organizzazione spazio-narrativa de Il castello dei destini incrociat

Eleonora M ARZ

4. Gli (iper)romanzi cartacei: La vie mode d’emploi, Il castello dei destini incrociati e Rayuela

4.3. L’organizzazione spazio-narrativa de Il castello dei destini incrociat

Giungiamo al terzo ipertesto, Il castello dei destini incrociati, che Italo Calvino scrisse nel 1973. L’opera tratta delle vicende di alcuni avventori di una taverna che sorge in un’oscura foresta, i quali, avendo misteriosamente perso l’uso della parola, sono costretti ad esprimersi utilizzando un mazzo di tarocchi che gettati sul tavolo comune, combinati tra loro e in seguito interpretati, permettono di raccontare la storia di ciascuno. A detta dell’autore sarebbero state le miniature dei tarocchi del Bembo ad ispirare la sua idea (le carte appaiono chiaramente all’interno del libro), servendosi dunque del concetto del gioco secondo il quale la posizione delle carte influisce sul significato generale che si dà alla combinazione.

Ogni viaggiatore dunque propone la propria selezione di tarocchi e la voce narrante procede alla sua interpretazione, premurandosi sempre di ricordare al lettore quale fosse stata l’interpretazione del personaggio precedente. Infatti gli abitanti del castello hanno un solo mazzo di carte e dispongono i singoli tarocchi sul tavolo seguendo delle linee rette; se una carta è impiegata non è possibile riutilizzarla se non a partire dalla posizione che essa già occupa sul tavolo. Il narratore può dunque iniziare un nuovo racconto a patto di riscrivere una nuova linea narrativa intesa come direzione spaziale. Ciò perché i singoli tarocchi riportano delle immagini che assumono contemporaneamente significati differenti non solo in relazione alla storia ma anche circa il loro contenuto unitario. Basti pensare alle “istruzioni” del gioco dei tarocchi in cui ad ogni carta corrispondono numerose interpretazioni.

Questo stato di cose ci rimanda a Fragments d’une histoire nel quale i frammenti sono simili ai tarocchi per la loro vaghezza narrativa. Tuttavia nel caso de Il castello dei destini incrociati la presenza di una cornice (di derivazione Boccaccesca) garantisce un limite alle interpretazioni: in realtà approfondendo l’analisi è la stessa voce narrante che guida le interpretazioni fornendo una storia che alla fine lega tutti gli avventori.

Dunque se la non determinazione delle immagini dei tarocchi può rinviare a Lafaille, la staticità cartacea si trova all’opposto della dinamicità dell’ipertesto. Nella prefazione l’autore, riferendosi alle modalità di creazione della materia narrativa, dichiara:

Di esse ho ritenuto soprattutto l’idea che il significato di ogni singola carta dipende dal posto che essa ha nella successione di carte che la precedono e la seguono; partendo da questa idea, mi sono mosso in maniera autonoma, secondo le esigenze interne al mio testo […]. Mi sono soprattutto applicato a guardare i tarocchi con attenzione, con l’occhio di chi non sa cosa siano, e a trarne suggestioni e associazioni, a interpretarli secondo un’iconologia immaginaria (Calvino 1973: IV).

Notiamo come in tale passaggio Calvino faccia riferimento a delle «esigenze interne

pas les éléments qui déterminent l’ensemble, mais l’ensemble qui détermine les éléments: la connaissance du tout et de ses lois, de l’ensemble et de sa structure, ne saurait être déduite de la connaissance séparée des parties qui la composent».

al testo» ed è in questo punto che è possibile identificare il pensiero teleologico che sostiene la narrazione.

Possiamo concludere che vi sono molteplici elementi ricorrenti tra cartaceo e digitale ma nel secondo caso essi danno dei risultati differenti: nella letteratura cartacea di frammento lo spirito teleologico, l’idea di un’opera compiuta e finita non viene meno. La speranza del lettore di poter “leggere tutto” viene in qualche modo soddisfatta. Diverso è invece il caso dell’ipertesto il quale, sebbene caratterizzato da simili meccanismi, non è animato da un’idea organica e non permette una visione teleologica del narrato.

5. Conclusioni

Nell’ipertesto le specificità del supporto, ovvero link e interattività, creano un testo dinamico, un labirinto rizomatico dalle indeterminate possibilità: il senso della storia si crea mentre il lettore avanza. Ciò perché non c’è un ordine definito dei frammenti. La sensazione di aver “letto tutto” sfugge al lettore il quale si ritrova in uno stato che Bouchardon non ha esitato a definire «d’opacité» (Bouchardon 2007: 178). Come abbiamo già osservato, non è un caso se gli autori si preoccupano di inserire un tasto, HISTORY, che permette al lettore di tracciare il percorso che ha compiuto. Come in una foresta, il lettore si perde e non possiede altra scelta che quella di abbandonarsi alla sensazione vertiginosa di non potere uscire da uno spazio che è camaleontico, rinunciando in tal modo al possesso del testo.

Ugualmente nella letteratura di frammenti su carta la sequenzialità narrativa sparisce: le letture si moltiplicano e il lettore è chiamato a compiere delle scelte. Tuttavia l’idea di un’opera organica, anche se ogni lettore ne trarrà un’esperienza diversa, non sembra essere messa in dubbio e la logica del racconto è preservata dal principio di causalità narrativa. Ciò garantisce lo spirito teleologico che anima il pensiero narrativo. Infatti all’interno del pensiero narrativo possono convivere due modalità cognitive-interpretative: una diacronico-paradigmatica e una seconda sincronico-inconscia. Come afferma Bochicchio, «è senz’altro necessario che in un racconto vi sia una certa correlazione logica di causa- effetto, perché altrimenti l’intrigo mancherebbe di intellegibilità, ma questa ‘diacronicità narrativa’ non è espressione di una rigida causalità lineare» (2011-2012: 29).

Lo spaesamento del lettore è la contro-prova che l’ipertesto sembra non ambire ad un pensiero teleologico, non c’è il fine verso il tutto, e proprio a causa dell’introduzione di un tipo di interattività che sembra dare tutta l’importanza al lettore quando invece è l’autore/programmatore che tiene le fila del gioco. Il pensiero teleologico viene dunque meno nell’ipertesto contrariamente alla causalità che invece resta, ma non invariata. Infatti l’autore di ipertesto sposta il principio di causa-effetto dalla narrazione al supporto illudendo il lettore di poter controllare la storia. È sufficiente ricordare che l’autore, ugualmente programmatore, può decidere per mezzo degli algoritmi, le possibilità che si aprono al lettore come avviene nei filtri narrativi. Questi ultimi rappresentano una situazione impossibile nel cartaceo, nel quale sono inesistenti le zone alle quali non si può accedere.

Non è più il tempo del wreader, termine coniato da Landow per indicare l’unione tra writing e reader, ma al contrario ci troviamo di fronte ad una divisione ancora più netta

dei due ruoli. L’autore acquisisce nuove competenze che gli conferiscono poteri illimitati; il lettore è sollecitato a compiere degli sforzi interpretativi maggiori che si accompagnano ad uno stato di rassegnazione per l’impossibilità del possesso dell’opera.

Chiudiamo con un’immagine che Perec traccia nella prefazione a La vie: mode d’emploi, nella quale ragiona sul rapporto esistente tra un artigiano di puzzle e il giocatore. Tale rapporto si traduce anche in una metafora tra la molteplicità, tra l’ordine delle componenti di un tutto e quest’ultimo, elementi presenti nella letteratura digitale:

Potremmo dedurre qualcosa che rappresenta senza dubbio la verità ultima del puzzle: a discapito delle apparenze, non è un gioco solitario: ogni gesto che compie il giocatore, l’artigiano [del puzzle. N.d.T.] l’aveva compiuto prima di lui; ogni pezzo che prende e riprende, che esamina, che accarezza, ogni combinazione che tenta e tenta ancora, ogni tentativo, ogni intuizione, ogni speranza, ogni scoraggiamento, sono stati decisi, calcolati, studiati dall’altro (Perec 1978: 19)19.

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19«On déduira quelque chose qui est sans doute l’ultime vérité du puzzle: en dépit des apparences,

ce n’est pas un jeu solitaire: chaque geste que fait le poseur de puzzle, le faiseur l’avait fait avant lui ; chaque pièce qu’il prend et reprend, qu’il examine, qu’il caresse, chaque combinaison qu’il essaye et essaye encore, chaque tâtonnement, chaque intuition, chaque espoir, chaque découragement, ont été décidés, calculés, étudiés, par l’autre».

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ELEONORA MARZI is a Ph.D. student in Comparative Literature co-directed by Alma

Mater Studiorum (Bologna - Italy) and “Blaise Pascal” University (Clermont-Ferrand -

France). Her dissertation studies the relationship between Einstein’s relativity theory and Twentieth-century European literature. She is a member of the editorial staff of online journals Rilune (www.rilune.org) and Interfrancophonies (www.interfrancophonies.org). She teaches French Language and Literature at Bologna University, and she is currently lecturer at Jean Jaures University of Toulouse. Her research focuses on digital literature, the relationship between science, technology and literature, traditional publishing and digital publishing.