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Dematerializzazione, geolocalizzazione e realtà virtuale

4. Il libro virtuale

Il weekend dell’8 Novembre 2015, il New York Times ha inviato a più di un milione di abbonati, insieme al giornale, un paio di Google Cardboard, il set low cost integrabile con lo smartphone per la visualizzazione di contenuti in realtà virtuale. Scaricando un app gratuita, gli abbonati hanno avuto accesso al film The Displaced, che tratta il problema delle migrazioni dal punto di vista di tre bambini, immergendo lo spettatore direttamente nel loro mondo. È il primo esempio di uso di tecnologie di virtual reality nel giornalismo di qualità, ma anche il primo caso di diffusione di massa di contenuti in realtà virtuale. Anche nella produzione editoriale di nicchia la realtà virtuale è già applicata da alcuni anni nella produzione di libri d’artista. Camille Scherrer, con Souvenirs du Monde des Montagnes (2008), ha usato una webcam per proiettare strati virtuali sulle pagine6. Yuki Suzuki ha creato The Barcode Book (2010), libro costituito unicamente da barcode che avviano tracce audio7. La casa editrice Siglio Press ha prodotto Between Page and Screen (2010), un libro pop-up digitale che nella versione cartacea non contiene parole ma solo codici bianchi e neri interpretabili da una webcam, che ne proietta il contenuto sullo schermo del pc8.

Il sogno di un’esperienza immersiva e multisensoriale per lo spettatore animava già il Futurismo negli anni ’30 del Novecento:

Noi facciamo circolare gli spettatori intorno a molti palcoscenici tondi su cui si svolgono simultaneamente azioni diverse con una vasta graduatoria di intensità con una perfetta organizzazione collaborante di cinematografia – radiofonia – telefono – luce elettrica – luce neon – aeropittura – aeropoesia – tattilismo – umorismo e profumo […]. Una ribalta alta due metri e larga 10 m. corre circolarmente a distanza di 5 m dalle pareti interne che un poco curve offrono numerosissimi e movimentati schermi alle proiezioni cinematografiche e alle proiezioni di aeropittura, di aeropoesia e alla televisione. Il centro della platea contiene undici palcoscenici rotondi e senza quinte alti due metri intorno ai quali ogni spettatore nella sua poltrona-tavolo girevole si muove seguendo con successione veloce le diverse azioni dei diversi palcoscenici intercomunicanti sotterraneamente.

Il “teatro totale” postulato da Marinetti prevedeva momenti di azione diretta degli spettatori e spostamenti fisici da una zona all’altra di una complessa architettura teatrale, resi possibili da un sistema di ascensori. Oltre al movimento reale, il Futurismo intuiva già – intravedendone le prime avvisaglie nel cinema, nella radio, nella televisione – le

6https://www.youtube.com/watch?v=dlQCLAVoi_c. 7http://yurisuzuki.com/works/barcode-book/. 8https://www.youtube.com/watch?v=1s-JFxEmtpY.

potenzialità artistiche di proiezioni virtuali di contenuti di vario genere su schermi. Così come prevedeva la possibilità per lo spettatore stesso di interagire attivamente tramite postazioni munite di tastiere, in grado di attivare esperienze multisensoriali:

Gli spettatori dopo avere agito così da attori recitando anch’essi con la velocità dei loro radio- telefono a guisa di truppe in ordine sparso possono riprendere ognuno la loro poltrona-tavolo girevole su cui corre a portata di mano il veloce nastro tattile delle sensazioni inaspettate corretto o accentuato da un profumatoio a tastiera i cui odori sono ogni volta cancellati da speciali aspiratori (Marinetti 1933).

Se la premonizione di Marinetti si sta realizzando soprattutto in ambito cinematografico, nel contesto editoriale oggi si tende a seguire la direzione tracciata dal New York Times, proponendo contenuti in realtà virtuale che sono concepiti come estensione di supporti cartacei tradizionali e che di solito non necessitano di apparecchiature complesse, come caschi o altri strumenti dedicati, ma funzionano con semplici occhiali integrabili con strumenti mobile, come i Google Cardboard. Avventurandosi nel campo nuovo della lettura in realtà virtuale, infatti, i lettori preferiscono, si è dimostrato, continuare ad avere come riferimento il libro cartaceo, per la sua tangibilità che appaga l’idea di possesso e garantisce un’alta qualità grafica. Le realizzazioni attuali tendono quindi a fornire una sintesi di cartaceo e virtuale (Ha, Lee, Woo 2011), inserendosi nella categoria della realtà aumentata: «Augmented reality (AR) is a technological approach which enables that the real and the virtual be viewed in the same place by supporting the real world with 3D virtual objects and enhances the user perception» (Hakan A., Kesim M. 2016). Definendo un continuum che va dal libro reale, interamente fisico, al libro virtuale, in cui il formato è completamente elettronico e non è presente alcun elemento di fisicità, il libro aumentato si colloca al centro, così come è definito dal modello messo a punto da Grasset, Dünser, Billinghurst (2008):

Nei virtual augmented book, infatti, un libro fisico è generalmente usato come interfaccia, che si arricchisce in virtù di un contenuto multimediale. Laddove la fisicità è più spinta si parla anche di mixed-reality book, in cui è attuata una correlazione stretta e significativa tra pagine fisiche e contenuto virtuale.

l’eredità del libro cartaceo, ma nello stesso tempo ne rappresentano spesso una riproposizione critica e una rielaborazione creativa. È il caso di Sherwood Rise di David Miller, progetto di AR book ideato nel contesto della rete di ricerca accademica “Crossing Media Boundaries: Adaptation and New Media Forms of the Book”, finanziata dall’UNESCO e supportata dall’Università inglese di Bedfordshire, che dal 2012 riunisce ricercatori che indagano il modo in cui storie e idee che sono state trasmesse attraverso il libro cartaceo sono adattate per la comunicazione attraverso i media elettronici9. Sherwood Rise è un’opera in realtà aumentata che indaga l’applicazione di tecnologie diffuse allo storytelling multilineare, esplorando gli effetti dell’AR sulla narrazione e sulla costruzione di personaggi fittizi. Si tratta di una narrazione interattiva transmediale basata su diversi media e formati: quotidiano a stampa, dispositivo mobile, email, sito web, blog, suono, musica, graphic novel, illustrazione e tecnologia di realtà aumentata (realizzata con il software open-source Junaio e il sistema operativo Android). L’opera si origina a partire da una breve storia che situa nella contemporaneità la vicenda di Robin Hood: il dissenso degli strati più poveri schiacciati dalle élites e la rivolta sociale sono rappresentati nel mondo di oggi da un gruppo di hacker sovversivi, chiamati “The Merry Men”. Il fruitore riceve via email ogni giorno, per tre giorni consecutivi, un’edizione del quotidiano The Truth che è invitato a stampare: passando con lo scanner del suo tablet o smartphone sul QR code riportato sul giornale, il lettore visualizza una serie di “layer narrativi” in realtà aumentata che si sovrappongono al testo giornalistico, rivelandone le lacune e le falsità (vedi Fig. 7).

9 http://www.unesco.org.uk/unesco-chair-in-new-media-forms-of-the-book-university-of-

bedfordshire-2012/

Alcuni bottoni presentati dal contenuto in AR richiedono inoltre la selezione di una serie di risposte da parte del lettore, che vengono registrate in un database. Il sistema calcola così un punteggio che misura il grado di coinvolgimento del lettore con le notizie sovrimpresse all’edizione cartacea, e quindi la sua adesione alle idee dei dissidenti. In base al punteggio ottenuto, si modificano le edizioni dei quotidiani inviati i giorni seguenti, così come si adattano le versioni del sito dedicato a The Merry Men e i contenuti di email fittiziamente inviate dai personaggi all’indirizzo di posta fornito dal lettore (vedi Fig. 8).

Fig. 8, D. Miller, Sherwood Rise, http://davemiller.org/sherwood_rise

La realtà aumentata, che disconnette la linearità della lettura introducendo un elemento interattivo e ludico, entra a far parte in maniera integrata di un’esperienza di lettura multimediale. Consente inoltre l’introduzione di nuove voci nell’intreccio narrativo di base. E infine la realtà aumentata decodifica il medium di partenza, sia dal punto di vista del contenuto, perché è in grado di decrittare la verità invisibile sottostante alle notizie dei quotidiani, sia dal punto di vista formale, poiché funziona da diaframma tra il supporto cartaceo tradizionale e i contenuti digitali. L’interesse primario che muove gli artisti coinvolti nel progetto, come per le opere di mobile narrative esaminate nel paragrafo precedente, è di tipo politico. Le applicazioni in realtà aumentata codificate delle grandi multinazionali dell’informazione riformulano costantemente i luoghi in cui ci muoviamo, secondo sempre nuove dinamiche di potere. Il suo riuso creativo consente al contrario una riappropriazione dello spazio, così come della verità sottostante al discorso dei media, nel caso di Sherwood Rise. Dave Miller, il coordinatore del progetto, oltre a citare esempi accademici che studiano, nelle discipline geografiche, l’impatto dell’AR nella costruzione sociale dello spazio, si riferisce all’attivismo politico legato alle sperimentazioni creative della realtà virtuale (Miller 2013). E in particolare al gruppo ManifestAR, un collettivo di artisti internazionali che lavorano con le forme emergenti della realtà aumentata per creare un’arte pubblica, che possa intervenire a trasformare gli spazi collettivi e le istituzioni attraverso oggetti virtuali visualizzati mediante tecnologie comunemente diffuse (come

app per la realtà virtuale, videocamere e sistemi di gelocalizzazione presenti sui dispositivi mobile):

With AR we install, revise, permeate, simulate, expose, decorate, crack, infest and unmask Public Institutions, Identities and Objects previously held by Elite Purveyors of Public and Artistic Policy in the so-called Physical Real (https://armanifesto.wordpress.com/).

Sherwood Rise individua quindi nella pubblicazione a stampa un oggetto ancora appannaggio dei poteri forti, ma insieme pone le basi della sua trasfigurazione utopica. Lo scopo dell’opera è innanzitutto, allora, quello di esplorare la forma-libro come sistema culturale e sociale: il libro rappresenta un “pacchetto” di idee e storie, le cui convenzioni registrano e garantiscono la provenienza e la proprietà del contenuto, le modalità di accesso da parte dei lettori, i modi della trasmissione delle informazioni. Il libro funziona cioè da codice di contenimento sociale. Sherwood Rise non vuole offrire, al contrario, alcuna architettura prestabilita per la lettura, ma intende invece innescare un processo di esplorazione degli elementi della narrazione da parte del fruitore. L’uso della realtà virtuale è centrale quindi nella trasformazione della lettura in un processo dinamico e nella decostruzione della scrittura su supporto cartaceo tradizionale come meccanismo di potere politico e sociale (Weedon et alii 2014).

BIBLIOGRAFIA

Link verificati il 26/11/2016

A. Fonti

Knifeandfork (2005), Hundekopf, http://knifeandfork.org/hundekopf/ Knifeandfork (2008), The Wrench, http://knifeandfork.org/thewrench/

Miller D. (2012), Sherwood Rise, http://davemiller.org/ar/truth/index.html (cfr. anche http://davemiller.org/sherwood_rise/)

Morrisey J. (2000), The Jew’s Daughter, http://www.thejewsdaughter.com/.

Wardrip-Fruin N. et alii (2008), Screen, http://collection.eliterature.org/2/works/wardrip- fruin_screen.html (confronta anche https://www.youtube.com/watch?v=WOwF5KD5BV4).