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Le basi: testo dinamico, dispositivo, link e interattività

Eleonora M ARZ

1. Le basi: testo dinamico, dispositivo, link e interattività

Ad inizio anni ’90, il personal computer si affranca dall’utilizzo specifico e settoriale per il quale era stato concepito, trasformandosi in un oggetto partecipe della quotidianità dell’uomo comune: tale passaggio coincide con una rivoluzione nel campo della comunicazione che ancora oggi non smette di produrre nuovi fenomeni, e che tocca tanto le teorie comunicative quanto gli strumenti del trattamento dei dati da cui esse derivano logicamente. È in tale congiuntura che va posizionata la nascita di un nuovo genere letterario: la letteratura digitale. In realtà la definizione “nuovo genere” non è appropriata in quanto le caratteristiche della electronic o digital literature non sono tematiche, ma nascendo in un ambito pratico (l’introduzione del computer appunto) si rintracciano nella modifica delle pratiche di scrittura e di lettura, e in conseguenza della serie di riflessioni narratologiche che ne scaturiscono. La diffusione della letteratura digitale all’interno del panorama mondiale è disomogenea: ad un ampio successo negli Stati Uniti (paese che l’ha vista nascere) corrisponde una discreta diffusione in paesi come l’Inghilterra e la Francia fino ad arrivare ad una scarsissima conoscenza (fatta eccezione per pochi esperti) per quanto riguarda l’Italia.

1.1 L’importanza del dispositivo

La letteratura digitale è composta da ipertesti. Essi presentano, come nella letteratura cartacea, di differenti generi tematici e possono differenziarsi in prosa e poesia. L’ipertesto è l’antenato primo del Web, caratterizzato da una struttura rizomatica, e si trova alla base di ogni riflessione sulla letteratura digitale.

Per introdurre il discorso dobbiamo partire dalla principale caratteristica della letteratura digitale: il dispositivo. Con tale termine intendiamo uno schermo, interfaccia grafica ad uso dell’utente, collegato ad un calcolatore che permette di inserire delle informazioni in linguaggio macchina1. Il dispositivo, che grazie ad una metonimia viene a volte sostituito con il termine schermo, rappresenta infatti la conditio sine qua non dell’esistenza della letteratura digitale: non si tratta infatti di una semplice trasposizione di un testo da un formato cartaceo ad uno informatico, al contrario essa è “concepita” direttamente attraverso un linguaggio di programmazione. Si tratta di un dettaglio fondamentale che ci permette di affrontare la questione dando la giusta importanza alla dimensione materiale dell’oggetto letterario. Sebbene una definizione della letteratura digitale sia molto difficile in ragione delle molteplici posizioni critiche e della disomogenea diffusione, la presenza dello schermo è l’unico elemento di raccordo tra le numerose interpretazioni critiche: l’Electronic Literature Organization definisce la letteratura digitale come l’insieme delle pratiche letterarie «che utilizzano la tecnologia per realizzare cose che la stampa non permette« (Pano 2006: XIXIII)2. La definizione per sottrazione è ripresa da Philippe Bootz che parla di littérature de l’écran, come di «tutte le forme narrative o poetiche che impiegano il dispositivo informatico come medium e applicano una o più proprietà specifiche a questo medium» (Bootz 2006)3. Jean Clément si sintonizza sulla medesima prospettiva quando parla della necessità di distinguere tra letteratura digitale (concepita dunque all’interno di un sistema semiotico informatico) e letteratura digitalizzata (trasferita su supporto elettronico):

È importante distinguere tra la letteratura digitalizzata e la letteratura digitale. Parleremo di letteratura digitalizzata quando essa, anche se scritta su un supporto digitale, ha conosciuto un’esistenza su carta e che ha per vocazione quella di essere pubblicata su tale supporto. Riserviamo il nome di letteratura digitale a quella che non può essere stampata su carta a scapito di perdere le caratteristiche che costituiscono la sua ragione d’essere (Clément 2007: 12)4.

1«Insieme di parole e di regole, definite in modo formale, per consentire la programmazione di

un elaboratore affinché esegua compiti predeterminati». (Enciclopedia Treccani, ad vocem).

2«utilisant les capacités de la technologie pour réaliser des choses que ne permet pas l’imprimé». 3«[…] Toute forme narrative ou poétique qui utilise le dispositif informatique comme médium et

met en œuvre une ou plusieurs propriétés spécifiques à ce médium».

4«Il convient de distinguer entre la littérature numérisée et la littérature numérique. On appellera

donc littérature numérisée celle qui, bien qu’étant inscrite sur un support numérique, a d’abord connu une existence sur le papier ou qui a vocation à être publiée sur ce support. On réservera

La letteratura digitale differisce profondamente dalla letteratura digitalizzata proprio grazie al suo supporto di fruizione che la obbliga a meccanismi figurativi-semantico- narrativi non possibili nel cartaceo. Il concetto per il quale la forma determina il contenuto rappresenta il fondamento della nostra riflessione e costituisce la base per l’analisi delle caratteristiche della letteratura digitale. L’introduzione di un nuovo medium implica delle conseguenze nella strutturazione del contenuto non limitandosi ad un cambiamento apparente e superficiale dovuto all’impiego di nuovi strumenti ma ad un fenomeno culturale all’interno del quale è necessario interrogarsi sul nuovo statuto della letteratura, come sottolinea Marcello Vitali-Rosati (2007). In definitiva nella letteratura digitale il dispositivo è fondamentale non unicamente per la fruizione che l’utente ne fa ma soprattutto perché rende il testo dinamico.

1.2 Il testo dinamico

Il concetto di testo dinamico poggia su alcune riflessioni di Serge Bouchardon, uno dei massimi esperti di letteratura digitale, il quale distingue tre livelli attribuibili al concetto di dinamicità del testo: il primo è inteso nell’ambito della programmazione e in riferimento all’accezione materiale del termine al momento della sua creazione, in quanto frutto di un calcolo da parte del dispositivo e di una riproduzione istantanea e in tempo reale. In secondo luogo un testo si intende dinamico in riferimento al tempo finito della sua visualizzazione e allo spazio all’interno del quale esso si muove, ovvero lo schermo. In terza istanza il testo è dinamico perché segue il lettore, iscrivendosi dunque in una prospettiva relazionale: il testo è in attesa di una reazione del lettore dando libero spazio al concetto di interattività (Bouchardon 2007). Il testo è dinamico in quanto si trova dentro lo schermo, sullo schermo, e tra lo schermo e il lettore: il supporto gli conferisce quindi delle caratteristiche costitutive fondamentali e non sostituibili. È importante sottolineare che l’idea di interattività intesa come comunicazione tra autore-testo-lettore non è una prerogativa della cultura digitale. Basti citare, due esempi tra numerosissimi altri, Il giardino dei sentieri che si biforcano5di Jorge Luis Borges, o Un racconto a modo vostro6 di Raymond Queneau, o i numerosi esperimenti di letteratura combinatoria dei membri dell’OULIPO i quali confluiscono in un sotto-genere dai confini indeterminati che comprende tanto la letteratura a bivi che quella combinatoria (Bonaventura 2016). Procedendo alle dovute differenziazioni (che non tratteremo in questa sede), possiamo affermare si tratta di racconti dai finali multipli nei quali la scelta del lettore determina lo sviluppo del racconto stesso e che Italo Calvino, geniale precursore definì, attraverso un neologismo, iper-romanzo (Calvino 1988).

l’appellation de littérature numérique à celle qui ne peut pas être imprimée sur papier sous peine de perdre les caractéristiques qui constituent sa raison d’être».

5El jardin de senderos que se bifurcan, 1941.

Tuttavia l’interattività assume nuovi significati all’interno del discorso digitale7e trova la sua particolarità nel fatto che le possibilità di interazione vengono realizzate da un oggetto concreto e soprattutto diretto: non più l’intelligenza del lettore che sfoglia le pagine alla ricerca di un simbolo specifico corrispondente alla scelta che egli vuole compiere, ma uno strumento diretto, immediato e in qualche modo “segreto e invisibile”, ovvero il link ipertestuale.

È grazie al link ipertestuale che il testo diventa percorribile, utilizzabile nel senso “dinamico” del termine. Il link di per sé non è visibile dal lettore, si tratta infatti di una stringa espressa nel linguaggio di programmazione che costituisce un ponte tra due pagine dette anche nodi. La parte visibile del link ipertestuale si chiama ancora e si concretizza per il lettore in un simbolo semiotico, nella parola cliccabile (Bootz 2006). Il link presenta quindi diversi attributi ad esempio direzionali: è possibile infatti procedere unicamente in “avanti” o avere anche la possibilità di tornare “indietro”. Inoltre la relazione esistente tra l’ancora e il testo può essere di varia natura: volendo generalizzare potremmo parlare della sineddoche come principio portante, una parte per il tutto; è tuttavia evidente come la definizione resti non soddisfacente. La logica che collega l’ancora al testo, e che rappresenta quindi il meccanismo per il quale il lettore compie l’azione della lettura, può riposare su funzionamenti cognitivi logici-deduttivi: il lettore desidera approfondire un determinato concetto, o inconscio-associativi, nelle quali il lettore compie delle associazioni libere di pensiero rette da un collegamento assolutamente inconscio. Nel meccanismo della scelta delle parole cliccabili risiede anche il valore artistico e sovversivo dell’ipertesto: l’autore può decidere di ingannare il lettore che di fatto ignora il contenuto che può celarsi dietro un ancora. Procedendo su tale discorso giungiamo al paradosso nel momento in cui l’ancora diventa invisibile, ovvero non immediatamente rintracciabile nel testo, in quanto essa non subisce un trattamento tipografico (sottolineatura, grassetto, trattamento cromatico, etc…) (Clément 2004). Tuttavia ciò che ci interessa maggiormente in questa sede è una questione ben più basica, suggerita dalla stessa etimologia della parola link = legame, connessione, ovvero: quali sono gli oggetti che i link mettono in collegamento?

7 Critici come Jean-Louis Weisberg o Jean-Louis Boissier intendono l’interattività come una

proprietà del dispositivo o del programma a saper rispondere ad un utente, tuttavia tale concezione tradisce un pensiero tecno-centrico nel quale il lettore fa parte del dispositivo stesso. Di avviso differente è Bootz, secondo il quale il lettore sceglie di interagire con la macchina da un punto di vista privilegiato interpretando stimoli e simboli, sia seguendo un meccanismo logico-razionale che immediato-irrazionale. Egli descrive l’interattività come una proprietà della relazione che si instaura tra lettore e il programma e che consiste da una parte nella possibilità che l’opera offre al lettore di poter influenzare la composizione dei segni che si presentano alla lettura e dall’altra nell’obbligo, imposto dall’opera al programma, di dover tener conto di alcune informazioni fornite da lettore.