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a L'«ambiguità» dell'immagine dialettica presente nel exposé del

3 4 L'immagine dialettica

3.4. a L'«ambiguità» dell'immagine dialettica presente nel exposé del

131.

297 Ibidem, p. 134.

Ricordiamo che nell'exposé del '35, come in quello del '39, Benjamin svolge un'accurata sintesi del percorso che l'opera sui passages doveva sviluppare dettagliatamente, e in queste pagine, inviate alla Scuola di Francoforte, ridefinisce l'immagine dialettica dopo i suggerimenti di Horkheimer e di Adorno, avvicinando questo concetto al feticismo delle merci e al carattere storico della merce. Lo scopo di Benjamin è quello di esplorare il XIX secolo attraverso l'uso della «categoria della merce come immagine dialettica»299. Secondo Horkheimer il progetto sui passages

non può svilupparsi soltanto attraverso un confronto con il surrealismo, l'interpretazione psicoanalitica dei sogni e la memoria involontaria di Proust, ma deve confrontarsi anche con il materialismo storico, più strettamente marxiano. Nell'exposé Benjamin sostiene che l'immagine dialettica sia come un sogno e come questo sia ambigua:

Ambiguità è l'apparizione figurata della dialettica, la legge della dialettica nell'immobilità. Questo arresto, o immobilità, è utopia, e l'immagine dialettica un'immagine di sogno..300

L'immagine dialettica è la categoria essenziale per conoscere il XIX secolo e poiché la caratteristica principale della modernità è l'ambiguità anche la sua categoria ermeneutica-conoscitiva sarà ambigua. L'ambiguità non è il punto fondamentale della dialettica, non rappresenta la traduzione in immagine della dialettica, ma, sostiene Adorno: «piuttosto la sua “traccia”, che sarebbe compito della teoria dialettizzare fino in fondo»301 per superare la dimensione onirica che caratterizza fin

dall'inizio l'immagine dialettica dell'exposé. Per Benjamin, invece, l'«ambiguità» è l'apparizione figurata della dialettica, la legge della dialettica in stato di quiete. E individua nel passage302 l'immagine dialettica che per eccellenza mostra meglio

questa «ambiguità».

Ambiguità dei passages come ambiguità dello spazio. L'aspetto più esteriore, del tutto periferico della ambiguità dei passages è dato dalla loro abbondanza di specchi che amplia fiabescamente

299 Lettera di Adorno indirizzata a Horkheimer del 8 giugno 1935, presente in W. Benjamin, I

«passages» di Parigi, op. cit., p. 1083.

300 W. Benjamin, I «passages» di Parigi, op. cit., p. 14. 301 Ibidem, p. 1104.

302 Benjamin sostiene con un ragionamento sillogistico che le immagini dialettiche sono ambigue e

gli spazi e rende più difficile l'orientamento; ma forse tutto ciò dice ancora troppo poco. 303

Infatti il passage, secondo Benjamin, è ambiguo anche per un altro motivo sul piano spaziale perché è sia strada che casa:

Ambiguità è l'apparizione figurata della dialettica […] Un'immagine del genere sono i passages, che sono casa come sono strade. 304

Invece, sul piano temporale il passage è ambiguo perché da un lato si distanza dal passato più recente e dall'altro lato stimola la fantasia – che solitamente si alimenta del nuovo – a ricadere , come il mito, nel passato arcaico.

Adorno non accetta che la definizione del rapporto tra merce e dialettica sia fondata su una nozione vaga come l'«ambiguità». Secondo Adorno l'ambiguità deve essere interpretata305, devono essere delineate le sue caratteristiche dialettiche, ma ciò non

viene svolto nell'exposé, quindi, secondo lui, risulta difficile fondare su solide basi l'immagine dialettica, e inoltre risulta inefficace il ruolo di quest'ultima nello smascherare le apparenze del XIX secolo. Adorno non comprende che per Benjamin l'immagine dialettica non risulta solo una riproduzione dell'apparenza, non riesce a capacitarsi di come un'immagine possa distruggere un'apparenza a partire dall'apparenza stessa. Gli risulta oscuro il passo dell'exposé dove Benjamin scrive:

La novità è una qualità indipendente dal valore d'uso della merce. È l'origine dell'apparenza che è inseparabile dalle immagini prodotte dall'inconscio collettivo. È la quintessenza della falsa coscienza, di cui la moda è l'agente infaticabile. Questa apparenza di novità si riflette, come uno specchio nell'altro, nell'apparenza del sempreuguale. Il prodotto di questo riflettersi è la fantasmagoria della «storia culturale», in cui la borghesia deliba la sua falsa coscienza. […] Come nel Seicento l'allegoria, così nell'Ottocento la nouveauté diviene il canone delle immagini dialettiche.306

Adorno nella famosa lettera del 2 agosto 1935 inizia la critica all'exposé dalla

303 Ibidem, p. 964, (cº, 3). 304 Ibidem, p. 14.

305 Secondo Mario Pezzella il risveglio è il momento critico indispensabile per liberare l'immagine

dialettica dell'ambiguità. (in M. Pezzella, L'immagine dialettica. Saggio su Benjamin, Ets, Pisa, 1982, p. 120.

citazione di Michelet: « Chaque époque rêve la suivante»307, usata da Benjamin

come esergo del capitolo su Fourier e i passages. Secondo Adorno, Benjamin non usa questa frase di Michelet per superare dialetticamente la coscienza collettiva estraniata, ma parte da essa per definire l'immagine dialettica, perdendo quindi tutto il significato storico. Secondo Adorno l'immagine dialettica, così ricavata, diviene a- dialettica e aggiunge che con la semplice eliminazione della frase di Michelet si otterrebbe una purificazione della teoria. Infatti la teoria dell'immagine dialettica contiene tre implicazioni: «la visione dell'immagine dialettica come contenuto (anche se collettivo) della coscienza; il suo riferimento lineare, quasi vorrei dire storico-evolutivo, al futuro come utopia; la concezione dell'”epoca” quale soggetto in sé coerente e corrispondente a quel contenuto della coscienza»308. Secondo Adorno,

Benjamin ha mostrato una versione immanente309 dell'immagine dialettica,

minacciando così la potenza originaria del concetto, che negli abbozzi precedenti sui

passages risultava «teologica», così viene definita nella lettera. Benjamin attua

un'estensione dell'immagine dialettica fino a cogliere l'origine del XIX secolo come epoca della estraniazione e del sogno, e secondo Adorno proprio questa trasposizione nella coscienza fa sì che l'immagine dialettica perda il suo potere esplicativo che «proprio da un punto di vista materialistico potrebbe legittimarlo»310. Inoltre il

filosofo di Francoforte sostiene che se il contenuto dell'immagine dialettica coincidesse immediatamente con il contenuto dell'inconscio collettivo della modernità, si sfocerebbe in un «realismo riproduttivo»311 correndo il rischio di

perdere di vista l'obiettivo della ricerca, ovvero di individuare la matrice storica e materiale dell'immagine onirica.

Adorno ricorda – in realtà in diversi punti della lettera non se ne capacità dell'abbandono del primo abbozzo – alcuni passi del «primo glorioso progetto dei

Passages» che a suo avviso avrebbero evitato il pericolo di identificare l'immagine

dialettica con il sogno. Per Adorno non si deve tradurre l'immagine dialettica come

307 Ibidem, p. 6. 308 Ibidem, p. 1096.

309 Già in una lettera, datata 5 dicembre 1934, Adorno mette in guardia Benjamin dal non interpretare

le immagini dialettiche come psichiche in un senso immanente, bensì come obiettive. Dissuade Benjamin da avvicinarsi troppo al pensiero di Jung e di Klages, e invita l'amico ad avvicinarsi invece a Freud: « Se vedo correttamente la costellazione dei concetti, proprio la critica individualistica ma dialettica di Freud ci aiuterà a infrangere l'arcaicità di quella gente, e poi però anche a superare dialetticamente il punto di vista dell'immanenza di Freud stesso». (presente in W. Benjamin, I «passages» di Parigi, op. cit., p. 1063).

310 Ibidem, p. 1096. 311 Ibidem, p. 1097.

sogno nella coscienza, ma si deve interpretare dialetticamente il sogno e considerare le immagini dialettiche come una «costellazione del reale»312, e non come un

contenuto rappresentativo della coscienza collettiva, in modo da reinserire l'immagine dialettica in un'ontologia del processo storico. Secondo Adorno le immagini dialettiche sono immagini storiche, costellazioni oggettive nelle quali la società si auto-rappresenta.

Come abbiamo accennato, il filosofo francofortese individua nel pensiero dell'amico una logica immanente, che copre l'immagine dialettica, e ciò porta Benjamin a instaurare un rapporto tra l'«antico» e il «più nuovo» che rimanda a una futura società utopistica senza classi – questo è lo sviluppo del secondo punto della critica di Adorno sul lavoro del nostro filosofo–.

Alla forma del nuovo mezzo di produzione, che, all'inizio, è ancora dominata da quella del vecchio (Marx), corrispondono, nella coscienza collettiva, immagini in cui il nuovo si compenetra col vecchio. Si tratta di immagini ideali, in cui la collettività cerca di eliminare o di trasfigurare l'imperfezione del prodotto sociale, come pure i difetti del sistema produttivo sociale. Emerge insieme, in queste immagini, l'energica tendenza a distanziarsi dall'invecchiato – e cioè dal passato più recente. Queste tendenze rimandano la fantasia, che ha tratto impulso dal nuovo, al passato antichissimo. Nel sogno in cui, a ogni epoca, appare in immagini la seguente, questa appare sposata a elementi della storia originaria, e cioè di una società senza classi. Le esperienze della quale, depositate nell'inconscio della collettività, producono, compenetrandosi col nuovo, l'utopia, che lascia le sue tracce in mille configurazioni della vita, dalle costruzioni durevoli alle mode effimere.313

Inoltre questa compenetrazione fra «vecchio» e «nuovo» – e secondo il filosofo di Francoforte, Benjamin non ha compreso che sono la stessa identica cosa, ovvero il nuovo del XIX secolo, è fantasmagoria, e quindi è solo l'antico mascherato – preoccupa molto Adorno perché potrebbe essere un potenziale bersaglio della sua critica dell'immagine dialettica come regressione314. Questo riferimento storico-

evolutivo al futuro come utopia, secondo Adorno, è una conseguenza della riduzione dell'immagine dialettica alla sfera onirica e quindi una riduzione in senso psicologico-soggettivistico, che rischia di sfociare in esiti surrealistici. L'adialetticità dell'immagine limita l'interpretazione critica della realtà e quindi l'azione di

312 Ibidem, p. 1097. 313 Ibidem, p. 6.

smascheramento della fantasmagoria della società senza classi, utopia che si stava sviluppando in quell'epoca come sortilegio della psicologia borghese. Adorno invita l'amico ad un ritorno all'interpretazione dell'immagine dialettica in chiave «teologica» e ad una estremizzazione della dialettica che porti a una maggiore comprensione dei motivi sociali ed economici, e quindi ad una lettura dell'immagine dialettica non in senso psicologico-soggettivistico, ma in senso storico.

Benjamin risponde alle critiche di Adorno con una lettera datata 16 agosto 1935, il suo tono non né acceso né offeso, in quanto sempre aperto alle critiche e soprattutto a quelle dell'amico, che ha sempre tenuto in estrema considerazione riportando le modifiche che approvava. In questa lettera Benjamin nota innanzitutto il costante richiamo di Adorno, come metro di paragone positivo rispetto al confuso

exposé, al primo abbozzo dei Passages, molto probabilmente si riferisce a I passages di Parigi. Una fantasmagoria dialettica. Benjamin rassicura l'amico sostenendo che

di quel «glorioso» abbozzo nulla è stato abbandonato o ripudiato. L'exposé, per lui, rappresenta non un secondo abbozzo alternativo al primo, bensì l'antitesi del primo. I due abbozzi vengono posti da Benjamin in una relazione dialettica e posti come i due poli opposti di una dialettica che doveva concludersi con un terzo momento sintetico, in cui si sarebbe svolta l'interpretazione e la critica dei sogni del XIX secolo.

Questi due abbozzi hanno un rapporto polare. Costituiscono la tesi e l'antitesi dell'opera. Questo «secondo» per me è quindi tutt'altro che una conclusione. La sua necessità si fonda sul fatto che le conclusioni cui ero giunto nel «primo», così com'erano, non permettevano nessun tipo di formulazione – salvo che una illecitamente «poetica». […] Ora dispongo delle due estremità dell'arco – ma non ho ancora la forza di tenderlo. Questa forza può darmela solo un lungo allenamento, e il lavoro sui materiali ne costituisce un elemento accanto agli altri. La mia infelice situazione comporta che gli altri elementi che ho menzionato in questa seconda epoca del lavoro debbano finora passare in secondo piano a vantaggio dell'altro. Questo lo so. E di tale consapevolezza tengo conto nel modo dilatorio del mio procedere.315

Benjamin continua confermando la definizione dell'immagine dialettica data da Adorno, ovvero come «costellazione del reale», però sottolinea l'importanza nella sua teoria dei sogni. Questi sono momenti essenziali della presa di coscienza. Benjamin vuole sottolineare che l'immagine dialettica non riproduce sogni, ma può

rappresentare il momento del risveglio dal sogno del XIX secolo poiché contiene il punto di «irruzione del risveglio, e anzi proprio a partire da questi punti mi sembra che crei la sua figura come una costellazione li crea dai punti luminosi»316.

Benjamin vuole instaurare una dialettica del risveglio tramite l'immagine, ovvero portando all'estrema tensione i termini come sogno e risveglio; immagine dialettica e immagina onirica; soggetto storico e inconscio collettivo.

Come possiamo osservare nell'exposé emerge un'immagine dialettica come proiezione del desiderio o come immagine onirica nell'inconscio collettivo, la cui fantasia, che ha tratto impulso dal nuovo, dovrebbe rimandare al passato antichissimo, arcaico. Quindi nell'exposè le immagini dialettiche sono le proiezioni del desiderio, in cui il collettivo cerca di eliminare o di abbellire l'imperfezione del prodotto sociale. E queste immagini si fanno più palese quando le proiezioni del progresso, che la borghesia ha come proprio ideale, non vengono rispettate dalle condizioni reali. Invece, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, Benjamin nella raccolta del materiale preparatorio per il progetto sui passage sviluppa un concetto di immagine dialettica che funge da principio euristico, invece nelle Tesi di

filosofia della storia, come vedremo nel prossimo capitolo, le immagini dialettiche

rappresentano strati determinati del passato collettivo, che aspettano di essere riscattate.