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b L a noia dell'eterno ritorno e il mito del progresso

arcaico e nuovo

4.1. b L a noia dell'eterno ritorno e il mito del progresso

La noia, nel processo produttivo nasce

con la sua accelerazione (attraverso le macchine).353

Benjamin individua la noia come indice della partecipazione al sonno della collettività354: « La noia è sempre il lato esterno dell'accadere inconscio [...]»355, che

proietta gli individui in una sorta di immobilità nel campo delle azioni ma anche un'immobilità nella percezione del tempo. La descrizione benjaminiana della noia ricorda l'analisi dell'intérieur borghese, dove l'individuo si racchiude nel suo mondo privato lasciandosi cullare dalle illusioni dell'epoca, e soprattutto dalle illusioni della sua classe di appartenenza.

La noia è un caldo panno grigio, rivestito all'interno di un fodera di seta dai più smaglianti colori. In questo panno ci avvolgiamo quando sogniamo. Ma sotto quel panno il dormiente sembra grigio e annoiato. E quando poi al risveglio vuol narrare quel che ha sognato, non comincia in genere che questa noia. E chi mai potrebbe infatti con un gesto rivoltare verso l'esterno la fodera del tempo? Eppure, raccontare dei sogni non significa altro che questo. E in nessun altro modo se non in questo si può parlare dei passages, architetture in cui, come in un sogno, riviviamo la vita dei nostri genitori, dei nostri nonni, come il feto nel ventre materno rivive la vita animale. L'esistenza in questi spazi infatti scorre priva di accenti come l'accadere nei sogni. 356

Quindi, se la noia indica che la coscienza collettiva è immersa in uno stato onirico,

353 W. Benjamin, Parco centrale, in R. Tiedemann, H. Schweppenhäuser (a cura di), Walter

Benjamin. Opere Complete. VII. Scritti 1938-1940, Einaudi, Torino, 2006, p.199.

354 Ibidem, p. 116, (D 3, 7). 355 Ibidem, p. 113, (D 2a, 2). 356 Ibidem, p. 113, (D 2a, 1).

allora il meccanismo che regola questo sogno è proprio la ripetizione, come messa in scena di un desiderio continuamente inappagato, ovvero quello di svegliarsi da quel profondo sonno. Infatti, come sostiene Benjamin, la noia è legata all'attesa, e gli individui aspettano continuamente anche se non sanno di preciso cosa attendere. Ma in realtà questo loro atteggiamento è proprio legato all'inconscio desiderio di disintossicarsi dalle illusioni dorate della modernità. La società del XIX secolo sembra narcotizzata perché l'illusione del piacere, del benessere e dell'abbondanza, porta alla dissoluzione della coscienza storico-politica e blocca la percezione del tempo, immergendo gli individui nella realtà uniforme e ripetitiva del sempre- uguale. Così le azioni degli uomini non riescono a giungere a un vero compimento, ma le azioni si ripetono continuamente in un eterno ritorno. Di conseguenza la noia è da ricondurre alla creazione del mito della modernità, in quanto la temporalità mitica è quella della ripetizione, e questa marchia alcuni personaggi della mitologia classica inserendoli in un vortice di inutilità, come lo stesso filosofo sostiene in un frammento del sezione D del libro sui passages intitolato La noia, l'eterno ritorno:

L'essenza dell'accadere mitico è la ripetizione in cui s'inscrive come figura latente quell'inutilità che marchia la fronte di alcuni eroi degli inferi (Tantalo, Sisifo e le Danaidi). Ripensando ancora una volta nel XIX secolo il pensiero dell'eterno ritorno, Nietzsche fa la figura di colui in cui la fatalità mitica si compie nuovamente. (L'eternità della pena infernale ha forse smussato all'idea antica dell'eterno ritorno la sua punta più tremenda, sostituendo all'eternità di un decorso ciclico l'eternità del tormento). 357

Questa eternità elimina ogni possibilità di mutamento e di frattura, addormenta gli eventi storici. L'eternità è l'emblema dell'eterno ritorno e del suo schema mitico e circolare, quindi porta alla costruzione di un tempo seriale, che riproduce una catena di eventi omogenea, vuota e priva di reale valore; l'unica esperienza che l'individuo presenta è quella della noia. E questa immobilità del tempo rappresenta un paralisi per la coscienza della storia. Solo una presa di coscienza storica riesce a spezzare le catene della vacua inutilità ripetitiva, perché attraverso l'immagine dialettica riesce a catturare le rotture, i salti della temporalità.

A parere di Benjamin, il tempo eterno della noia moderna nasce dalle promesse borghesi di un progresso continuo e di un miglioramento infinito. La fede assoluta

nel progresso è il risultato di un'errata valutazione del senso della storia, la quale, ora, viene considerata come un processo lineare e progressivo verso il raggiungimento di un fine ultimo, come se la storia fosse divisa quantitativamente in un'origine e in una meta assoluta. Il progresso viene inserito nel corso naturale della storia diventando, così un processo naturale che comporta un miglioramento sociale. Il pensiero borghese non considera l'avanzamento come una semplice acquisizione di nuovi mezzi e tecniche per il miglioramento della vita quotidiana dell'individuo, ma il progresso viene allargato al miglioramento dell'intera umanità. Quindi in forza dell'evoluzionismo, il progresso deve seguire il procedere della storia stessa, pertanto la sua linearità risulterà lineare e continua, senza salti e rotture. Infatti, Benjamin nota nel saggio dedicato ad Eduard Fuchs come l'ideologia borghese non consideri minimamente la possibilità di regressi della società358. Questa visione positivistica e

deterministica di una temporalità in continua evoluzione non è per Benjamin una visione dialettica, poiché la concezione materialistica della storia implica la possibilità di regressioni e di catastrofi: « […] è riconoscibile nella concreta trattazione storica dal fatto che esso inscrive nella sua prospettiva il regresso con dei contorni almeno altrettanto netti di quelli di qualsiasi movimento progressivo»359.

Secondo Benjamin, la fede nel progresso e l'eterno ritorno sono due idee complementari, ed esse costituiscono le «indissolubili antinomie»360 rispetto alle

quali va sviluppato il concetto dialettico del tempo storico. Quindi bisogna sciogliere queste antinomie per ritrovare le autentiche categorie della storia. E ciò è l'obiettivo de I «Passages» di Parigi, come anche delle tesi Sul concetto di storia, bisogna estirpare la teoria mitica del progresso prima che provochi danni irreparabili a livello politico:

…] l'eternamente attuale si sottrae alla riflessione «storica», mentre in realtà è superato solo dalla riflessione politica (teologica). I ogni costellazione attuale la politica riconosce l'autenticamente unico, ciò che non ritornerà mai più.361

358 W. Benjamin, Eduard Fuchs, il collezionista e lo storico, in L'opera d'arte nella sua

riproducibilità tecnica. Arte e società di massa, op. cit., p. 89.

359 W. Benjamin, I «passages» di Parigi, op. cit., p. 538, (N 13, 1). 360 Ibidem, p. 129, (D 10 a, 5).