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c Il lato infantile del XIX secolo

arcaico e nuovo

4.1 c Il lato infantile del XIX secolo

Benjamin, analizzando lo stato onirico collettivo nel XIX secolo, sottolinea come l'esperienza giovanile di una generazione abbia a che fare con il sogno, infatti ogni epoca possiede questo lato incline al sogno, ovvero il lato infantile:

Il risveglio come processo graduale che si fa strada nella vita del singolo come in quella delle generazioni. Il sonno come loro stadio primario. L'esperienza giovanile di una generazione ha molto in comune con l'esperienza del sogno. Il suo aspetto storico è un aspetto di sogno. Ogni epoca possiede questo lato incline ai sogni, il lato infantile. Per il secolo scorso esso emerge con estrema chiarezza nei passages. Mentre però l'educazione delle passate generazioni ha fornito loro nella tradizione, nell'istruzione religiosa, un'interpretazione di questi sogni, l'educazione odierna tende invece semplicemente alla distrazione dei bambini. Proust poteva presentarsi come un fenomeno ineguagliato solo in una generazione cui fosse venuta meno ogni risorsa corporeo- naturale della rammemorazione e che, più povera delle precedenti, fosse abbandonata a se stessa, e potesse perciò impadronirsi solo in modo isolato, frammentario e patologico dei mondi infantili. Ciò che si intende operare nelle pagine che seguono è un esperimento di tecnica del risveglio: il tentativo di prendere atto della svolta copernicana e dialettica della rammemorazione. 362

Dall'analisi del frammento emerge che per Benjamin ogni epoca possiede un lato infantile con caratteristiche simili al mondo onirico, come abbiamo sostenuto sopra; ma in passato esisteva anche una tradizione in grado di interpretare, e quindi di smascherare i sogni prima che degenerassero in fantasmagorie. Ora, invece, non esiste più una tradizione che possieda gli strumenti utili a riconoscere il collettivo onirico, al contrario, il sogno viene assecondato dal sistema borghese, il quale sopravvive alimentando questa fantasmagoria sociale. Nell'era pre-moderna il significato simbolico del collettivo si trasferiva in modo cosciente attraverso la

narrazione della tradizione e serviva da guida per l'uscita della nuova generazione dallo stadio onirico infantile. Ma ciò non è possibile nell'epoca moderna proprio a causa di questa rottura con la tradizione.

Come abbiamo sostenuto nei paragrafi precedenti la coscienza collettiva del XIX secolo prova a integrare oniricamente il passato nella modernità in modo che le conquiste della tecnica si leghino agli antichi universi simbolici:

Solo l'osservatore superficiale può negare che tra il mondo della tecnica e l'arcaico universo simbolico della mitologia giochino delle corrispondenze. Certo il nuovo generato dalla tecnica appare da principio solo come tale. Ma già nel primo ricordo infantile muta i suoi tratti. Ogni infanzia compie qualcosa di grande, di insostituibile per l'umanità. Ogni infanzia, nel suo interesse per i fenomeni tecnici, nella sua curiosità per ogni sorta di invenzioni e macchinari, lega le conquiste della tecnica agli antichi universi simbolici. Non c'è niente nel campo della natura che per definizione si sottragga a questo genere di legame. Solo che esso non si forma nell'aura della novità, ma in quella dell'abitudine. Nel ricordo, nell'infanzia e nel sogno. 363

E ancora:

Compito dell'infanzia: inserire il nuovo mondo nello spazio simbolico. Al bambino è infatti possibile qualcosa di cui l'adulto è del tutto incapace: riconoscere il nuovo. Per noi le locomotive possiedono già un carattere simbolico, poiché appartennero alla nostra infanzia. La stessa cosa accade ai nostri bambini con le automobili, di cui noi stessi non cogliamo invece che l'aspetto nuovo, elegante, moderno e sfrontato.[...] A ogni formazione naturale veramente nuova, e tale è in fondo anche la tecnica, corrispondo nuove «immagini». Ogni infanzia scopre queste nuove immagini, per incorporarle nel patrimonio immaginario dell'umanità. • Metodo • 364

L'adulto deve acquisire la capacità infantile di uscire dall'eterno ritorno dell'uguale e la capacità di riconoscere il vero novum e non una sua vedette. Non si deve inserire il

novum in un nastro trasportatore che ha come unico obiettivo portare novità sempre

più nuove, ma che in realtà sono solo novità-invecchiate. Quindi, l'adulto deve essere in grado di strappare il novum dalle grinfie del nastro, e inserirlo nel mondo della quotidianità, dell'abitudine, in modo che questo prima o poi possa essere inserito

363 Ibidem, p.516, (N 2a, 1). 364 Ibidem, p. 435, (K 1a, 3).

nelle esperienze – intese come Erfahrung – di una nuova tradizione.

Il mondo del bambino, per Benjamin, diventa estremamente importante per delineare l'immaginario collettivo del XIX secolo, infatti anche in Infanzia berlinese possiamo notare come l'autore non si abbandona a una classica forma lineare e cronologica di autobiografia, in quanto lo scopo è quello di proporre una narrazione che intrecci la storia sociale onirica del XIX secolo e la storia individuale infantile e Benjamin scrive a proposito: «Le immagini della mia infanzia nella grande città invece sono forse idonee a preformare nel loro intimo l'esperienza storica successiva365».

Per Benjamin, i bambini sono come i surrealisti e anche come il collezionista, ovvero subiscono il fascino per le cose senza valore, per le cose dimenticate e per quelle che sono state sempre considerate degli scarti insignificanti. E da queste i fanciulli partono, per crearsi un mondo di giochi collettivi e individuali; il bambino, da questo mondo creato con gli scarti del mondo maturo, osserva la vita degli adulti. Quindi, Benjamin studia il mondo infantile non per raccontare la nostalgia di un'età innocente, ormai scomparsa sia a livello individuale che a livello storico e collettivo; il suo scopo è di analizzare questa fase per svolgere una teoria gnoseologica. Attraverso lo studio dell'infanzia si può contribuire teoricamente alla costruzione della redenzione della modernità. Ricordiamo brevemente nel saggio Sulla facoltà

mimetica366 l'importanza che riveste l'infanzia nella funzione creativa della mimesis.

La facoltà mimetica permette di cogliere, per mezzo di una fantasia spontanea, delle corrispondenze impercettibili all'uomo della società – come avevamo potuto osservare, questa facoltà scopritrice viene acquisita anche dall'adulto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, e le stesse esperienze fatte in prima persona da Benjamin lo dimostrano. Nel bambino la capacità di invenzione ricettiva si basa sull'improvvisazione mimetica e in un Denkbild di Infanzia berlinese Benjamin riporta la sua diretta esperienza infantile:

Nell'appartamento conoscevo già tutti i nascondigli e vi facevo ritorno come in una casa in cui si è certi di trovare tutto come lo si era lasciato. Mi batteva il cuore. Trattenevo il respiro. Qui ero racchiuso nel mondo della materia. […] nello stesso modo solo chi sta per essere impiccato prende coscienza di cosa siano corda e legno. […] Il tavolo da pranzo sotto il quale si è

365 W. Benjamin, Infanzia berlinese, Einaudi, Torino, 2007, pp. 3-4.

366 Per un ulteriore approfondimento si rimanda alla lettura del secondo capitolo e in particolar modo

accoccolato (il bambino) lo trasforma nel ligneo idolo di un tempio che ha nelle gambe intagliate le quattro colonne. […] e come uno stregone colpirà con un incantesimo tutti gli ignari che entrano. A nessun costo deve essere scoperto. L'appartamento era allora l'arsenale delle maschere. L'esperienza magica diventava scienza.367

Quindi si può osservare l'interesse del filosofo per l'infanzia non è mosso dallo sviluppo dello studio lineare delle tappe, che portano dalla ragione infantile a quella adulta – quest'ultima considerata per eccellenza l'esito di un processo evolutivo – ma dall'attenzione a cogliere le facoltà del bambino che crescendo l'individuo perde. Un esempio di ciò risulta la creatività del linguaggio gestuale rispetto a quello verbale che viene sottolineato nel saggio Sulla facoltà mimetica368. Il bambino conosce il

mondo attraverso una percezione attiva, ovvero trasformandolo e non semplicemente contemplandolo. Benjamin conferisce un fondamentale ruolo gnoseologico al tatto e alla spontanea risposta creativa tattile, e quindi non causale e scientifica, invece, viene soppressa dalla società borghese, la quale invita a guardare ma non a toccare, quindi a una pseudo contemplazione isolando il mondo tattile, che invece risulta legato al mondo dell'azione e quindi della rivoluzione. Possiamo notare dall'analisi del frammento che seguirà, presente ne I «passages» di Parigi, come questo divieto borghese venga allargato anche nei confronti dei proletari, quali vengono, pertanto, considerati dalla classe dominante simili ai bambini, e quindi come questi potenzialmente pericolosi perché ritenuti carichi di forza rivoluzionaria.

Le esposizioni universali erano l'alta scuola in cui le masse escluse dal consumo apprendevano l'empatia col valore di scambio. «Guardare tutto, non toccare niente». 369

Ricordiamo, inoltre, come nel saggio Il surrealismo. L'ultima istantanea sugli

intellettuali europei, per Benjamin la ricezione cognitiva politica non è più legata

soltanto a uno spazio spirituale370, ma questo deve unirsi a uno spazio corporeo in

367 W. Benjamin, Infanzia berlinese. Intorno al millenovecento, Einaudi, Torino, 2007, pp. 61-62. 368 Benjamin sottolinea la sviluppata capacità mimetica nei bambini anche in un frammento,

precisamente il Qº, 25, presente nel progetto iniziale dei Passagen: « La conoscenza nel nome è sviluppata al massimo grado nel bambino, poiché in età adulta, nella maggior parte delle persone, diminuisce la capacità mimetica» (W. Benjamin, I «passages» di Parigi, op. cit., p. 952).

369 Ibidem, p. 210, (G 16, 6).

370 Ricordiamo che nel saggio del '29 sul surrealismo Benjamin sottolinea che per ottenere uno spazio

politico non sia sufficiente la contemplazione, ma il ricorso a una sfera tattile che permette di non accettare meramente il senso delle cose, come viene presentato, ma di penetrare nelle cose facendole proprie.

modo da emergere attivamente in uno spazio immaginale o immaginativo371. Questo

aspetto “tattile-rivoluzionario”, secondo Benjamin, risulta particolarmente accentuato nel mondo infantile, infatti basta ricordare il progetto dell'autore – grazie anche all'influenza di Asja Lacis – della creazione di un teatro proletario per bambini:

Non vi è nulla che la borghesia consideri altrettanto pericoloso per i bambini come il teatro. Non si tratta sol di un effetto residuale dell'antico terrore borghese: i teatranti nomadi rapitori di bambini. Quel rifiuto nasce piuttosto dal timore che il teatro possa destare nei bambini le forze più pericolose. […] È compito di chi guida liberare i segnali infantili dal rischioso regno incantato della mera fantasia e portarli al potere esecutivo sui materiali. […] anche in questa forma infantile di attività (ovvero nella pittura) l'essenziale è il gesto. […] il pittore non è un uomo che veda in maniera più naturalistica, più poetica o più estatica degli altri uomini. È piuttosto un uomo che osserva più da vicino con la mano là dove l'occhio si ferma, che traduce l'innervazione recettiva dei muscoli visivi nell'innervazione creativa della mano. Innervazione creativa in esatta connessione con quella recettiva è ogni gesto infantile. […] Qualunque prestazione infantile è rivolta però, non all'«eternità» dei prodotti, bensì all'«attimo» del gesto. In quanto arte caduca, il teatro è l'arte dell'infanzia.372

Possiamo notare che in questa sezione di testo appena citata appare numerose volta la parola «innervazione»; parola che compare anche nel saggio nel famoso saggio su surrealismo del '29, qui indicava una particolare funzione di antidoto contro l'effetto anestetico provocato dalla borghesia e dalle tecnologie messe in moto da essa stessa. Grazie all'innervazione politica, infatti, è possibile un'interruzione rivoluzionaria in grado di restituire la capacità di articolare una risposta gestuale e tattile.

In conclusione, secondo Benjamin, l'infanzia è un luogo immaginale che mantiene, sia a livello ontogenetico che filogenetico, un legame con la storia naturale dell'adulto o di una determinata epoca. L'infanzia della prima generazione moderna diviene il luogo storico dove si sviluppa la penetrazione fra natura e cultura, e crea uno spazio immaginale e simbolico; infatti, quando lo sguardo del bambino si posa sui moderni prodotti industriali riattiva i miti originari di una società:

371 Per ulteriore approfondimento si rimanda al terzo paragrafo del secondo capitolo dedicato

all'analisi del saggio del '29 sul surrealismo.

372 W. Benjamin, Programma di un teatro proletario di bambini, in R. Tiedemann, H.

Schweppenhäuser (a cura di), Walter Benjamin. Opere Complete. III. Scritti 1928-1929, op. cit., pp. 181-185.

Il fatto che siamo stati bambini in quest'epoca fa parte della sua immagine obiettiva. Essa doveva essere così, per fare uscire da sé questa generazione. Vale a dire: nel contesto onirico noi cerchiamo un momento teleologico. Questo momento è l'attesa. Il sogno attende segretamente il risveglio, il dormiente si consegna alla morte solo fino a nuovo ordine attendendo l'istante in cui, con astuzia, si sottrarrà ai suoi artigli. Così è anche per la collettività sognante, per la quale i suoi bambini diventano la felice occasione per il proprio risveglio. 373

Quindi Benjamin spera che l'individuo moderno riconosca il nuovo – gesto che riesce senza difficoltà al bambino – in modo da non inserirlo in un eterno ritorno del sempre-uguale che immediatamente lo proietta in una sfera caduca. L'adulto deve inclinare il suo atteggiamento verso la capacità infantile di simbolizzare, e allo stesso tempo familiarizzare con il novum, affinché si possa cogliere l'aspetto rivoluzionario delle cose, metabolizzando la novità. È per questo motivo che secondo Benjamin i bambini rappresentano un occasione per il risveglio.

4.2

Il risveglio storico

L'adesso della conoscibilità è l'attimo del risveglio374.

Finalmente giungiamo alla sezione dedicata al risveglio dal grande sogno collettivo del XIX secolo in cui ritroveremo le premesse benjaminiane che abbiamo sparso in tutto l'elaborato. È importante ricordare che lo scopo de I «passages» di

Parigi non è di studiare gli eventi storici dal punto di vista della temporalità

quantitativa e lineare, ma al contrario, l'impostazione deve essere finalizzata alla costruzione di un diverso rapporto con la storia e con le sue temporalità, soprattutto con il passato. A parere di Benjamin, bisogna attraversare gli angoli bui del XIX secolo, vale a dire gli eventi storici scartati dalla storiografia dominante. Quindi bisogna svelare la forza dialettica che si cela all'interno della storia in modo da cogliere il punto critico i cui nella coscienza storica del XIX secolo può irrompere il

373 W. Benjamin, I «passages» di Parigi, op. cit., p. 434, (K 1a, 2). 374 Ibidem, p. 546, (N 18, 4).

risveglio. La nuova conoscenza storica, che si vuole fondare, deve partire dal risveglio, ovvero dalla trascrizione dei sogni di un'intera collettività.

C'è un'esperienza assolutamente unica della dialettica quella cogente, drastica esperienza che confuta ogni «a poco a poco» del divenire e rivela in ogni apparente «sviluppo» un rovesciamento dialettico straordinariamente composito, che è il risveglio dal sogno. E con ciò noi presentiamo il nuovo metodo, dialettico, della scienza storica: attraversare il già stato con l'intensità di un sogno per esperire il presente come il mondo della veglia a cui il sonno si riferisce! (E ogni sogno si riferisce al mondo della veglia. Ogni prima deve essere penetrato storicamente). 375

Il presente è il momento della veglia dal sogno del passato, del «già stato», e per Benjamin, si deve attraversare intensamente il momento onirico per essere in grado di comprendere e agire politicamente oggi. In questo modo, il passato viene salvato e riscattato attraverso il risveglio della coscienza di un'epoca. E ricordiamo che per il mostro autore, l'immagine dialettica corrisponde al momento del risveglio, è il «da sempre già stato» che si presenta tale solo quando la collettività si sveglia. Ma attenzione, si può penetrare il passato solo in determinati periodi storici perché, come abbiamo potuto notare nel precedente capitolo, le immagini dialettiche, essendo monadi storiche, risultano leggibili solo in determinate epoche, in epoche di rottura e di crisi.

Secondo Benjamin, la collettività sognante del XIX secolo non conosce nessuna storia376, l'unica temporalità che conosce è quella dell'eterno ritorno e del sempre

nuovo. Queste due temporalità illusorie, come abbiamo visto, sono state alimentate dalla fede del progresso e da un altro frutto dell'ideologia borghese, ovvero la storiografia, che mostrava l'evento storico «come è stato veramente», annientando, quindi, il soggetto dell'esperienza nell'impersonalità di una storia sistematica e scientifica. E questo, secondo Benjamin, ha rappresentato il più grande narcotico del XIX secolo. E nelle Tesi di filosofia della storia accuserà non solo la storiografia dominante ma anche il marxismo ortodosso – in particolar modo la III Internazionale – di aver creato un feticcio della soggettività storica mascherandolo però con una sorta di scientificità impersonale e neutra, quasi positivista. La continuità della storia

375 Ibidem, pp. 913-914, (Fº, 6).

viene reificata, diventando pertanto un idolo, e proprio questo idolo – creato dalla storiografia dei vincitori – bisogna distruggere criticamente.

Benjamin, pertanto, sviluppa un diverso approccio alla storia e il frammento riportato qui sotto rappresenta la sintesi della metodologia benjaminiana che abbiamo studiato nel precedente capitolo:

Sulla dottrina elementare del materialismo storico. 1) L'oggetto della storia è quello in cui la conoscenza si attua come sua redenzione. 2) La storia si frantuma in immagini, non in storie. 3) Là dove si compie un processo dialettico, abbiamo a che fare con una monade. 4) L'esposizione materialistica della storia reca con sé una critica immanente al concetto di progresso. 5) Materialismo storico fonda il suo procedimento sull'esperienza, sul buon senso, sulla presenza di spirito e la dialettica. 377

Il problema dello storicismo consiste nell'insistenza nel creare una «storia universale»378 tramite un gesto algebrico, un'addizione di fatti, per giungere al

riempimento di un tempo vuoto e omogeneo. Il vero sguardo storico, per Benjamin, non deve essere quantitativo ma costruttivo, deve essere capace, inoltre, di creare non solo una linearità inversa ma una costellazione carica di tensioni, un arresto, che permetta di studiare la storia come una monade379. Bisogna «passare a contropelo la

storia»380 affinché emerga ciò che nella storia viene nascosto, e il presente deve

essere in grado di interpretare proprio gli scarti del passato. Quindi possiamo sostenere che per Benjamin il passato non può essere semplicemente contemplato, ma la bravura dello storico consiste proprio nell'instaurare uno sguardo critico, che permetta di non considerare questa temporalità come una storia conclusa e non più modificabile381:

[…] si considerava il «passato» come un punto fisso e si assegnava al presente lo sforzo di far avvicinare a tentoni la conoscenza a questo punto fermo. Ora questo rapporto deve capovolgersi e il passato deve ottenere la sua fissazione dialettica dalla sintesi che il risveglio compie con le sue antitetiche immagini di sogno. 382

377 W. Benjamin, I «passages» di Parigi, op. cit., p. 535, (N 11, 4).

378 W. Benjamin, Tesi di filosofia della storia, in R. Solmi (a cura di), Angelus Novus, Einaudi,

Torino, 1995, p. 85.

379 Ibidem

380 Ibidem, pp. 78-79.

381 W. Benjamin, I «passages» di Parigi, op. cit., p. 971, (hº, 2). 382 Ibidem, p. 971, (hº, 2).

Quindi il passato agisce sul presente, ma non viene semplicemente proiettato in un generale presente ma «quel che è stato si unisce fulmineamente con l'ora in una costellazione» perché mentre «la relazione del presente con il passato è puramente temporale, continua, la relazione tra ciò che è stato e l'ora è dialettica: non è un decorso ma un'immagine discontinua, a salti»383.

E questo percorso a salti si può notare quando Benjamin scrive che la storia «si frantuma in immagini, non in storie» 384, poiché la storia è composta da una

successione discontinua di citazioni, «scrivere storia significa citare storia»385.

Quindi il compito del materialista storico, così definito dal filosofo, sarà quello di leggere la storia come una sequenza discontinua di fratture, e ciò potrà permettere un'interpretazione del corso degli eventi legata a una relazione di tipo dialettica tra presente e passato, e svincolata da qualsiasi rapporto di causa-effetto. Infatti, Benjamin sostiene l'insufficienza della causalità per conferire storicità ad un avvenimento, poiché la storicità può essere colta retrospettivamente quando un'altra epoca studia determinati eventi passati. In questo modo il passato viene proiettato nel presente come se fosse ancora un elemento carico di tensione, e stimola una lucida ebbrezza che permette all'uomo di svegliarsi e di comunicare con altre epoche. Ma ciò risulta comunque un compito molto arduo perché come nota Hannah Arendt, la bravura di Benjamin consiste nell'aver compreso che la trasmissibilità del passato nell'epoca moderna non è più possibile, poichè non essendo più trasmessa come tradizione ha perso la sua autorità. Pertanto la trasmissibilità viene sostituita dalla citabilità del passato386. Inoltre, la filosofa aggiunge che secondo Benjamin la nascita

moderna della citazione sia causata dalla disperazione del presente. E proprio per