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2 2 Benjamin e il saggio Kitsch onirico: glossa sul surrealismo

Abbiamo potuto constatare nel romanzo di Aragon lo sviluppo del concetto di «quotidiano meraviglioso», questo ricorda un altro concetto sviluppato da Benjamin, ovvero il kitsch. Ora ci apprestiamo ad analizzare il saggio dove trova esplicazione questo tema del riscatto degli oggetti della quotidianità.

Questo saggio – scritto tra il 1925 e il 1926 e pubblicato sulla rivista Neue

Rundschau – è un catalogo delle opere surrealiste del primo periodo, e le idee che vi

sono formulate sono i semi per la nascita, nel 1929, del saggio Il surrealismo:

l'ultima istantanea dell'intelligenza europea – che analizzeremo nei prossimi

paragrafi – e soprattutto della colossale opera de I «passages» di Parigi.

Addentriamoci nell'analisi del saggio: il punto di partenza di questo saggio è la dichiarazione dei surrealisti di abbracciare totalmente il sogno e tutte le sue sfumature. Il sognare non è un fenomeno atemporale, ma una forma di esperienza storicamente costruita: i sogni sono immersi nella storia, le loro forme, e i contenuti differiscono a seconda dell'epoca a cui appartengono. Benjamin si augura che un' «illuminazione storica» sviluppi un'adeguata storia del sogno150.

150 W. Benjamin, Kitsch onirico, in A. Pinotti, A. Somaini (a cura di), Aura Choc. Saggi sulla teoria

La storia del sogno è ancora da scrivere: aprire una prospettiva su di essa vorrebbe dire sferrare un colpo decisivo, attraverso l'illuminazione storica, al pregiudizio della sua confusione con la natura. Il sognare partecipa della storia. […] Sogni hanno comandato guerre e guerre hanno determinato, nei tempi più remoti, la ragione e il torto, ovvero i limiti dei sogni. 151

Secondo il filosofo berlinese, non esiste un sogno universale e neanche delle linee guida generali per interpretare i sogni, come invece gli studi di Freud sostenevano. Il sogno collettivo della modernità – come anche quello inteso dal surrealismo – si differenzia nettamente dal sogno romantico che incita la ricerca altrove di un sentimento sublime o di ideali irraggiungibili, esoterici. Come abbiamo visto nei precedenti paragrafi, i surrealisti iniziano la loro ricerca di nuovi modi di percezione, e di comunicazione, dall'attività onirica. Liberano l'espressività del sogno tramite la scrittura automatica, proprio per sottolineare la liberazione del linguaggio e per dimostrare che esistono diverse forme di pensiero che non sottostanno al rigido controllo della ragione. A differenza del romanticismo, il surrealismo rifiuta lo sfruttamento letterario del sogno, non utilizza il topos del sogno-evasione, ma diventa una sorta di lente di ingrandimento che permette una lettura nuova e più approfondita della realtà. L'obiettivo dichiarato è quello di affrontare le conseguenze del cambiamento profondo nella relazione tra il soggetto e il mondo degli oggetti della tecnica.

Nelle pagine del saggio, Benjamin sostiene che nel XIX secolo i sogni non sono più caratterizzati da un'«azzurra lontananza»152, ora annunciano, come degli uccelli,

un tempo grigio, nuvoloso e polveroso e non più lontano, ma molto vicino. Questo drappo grigio che copre l'Europa è il capitalismo che si trova in diretto contatto con il mondo del banale, di cui il kitsch è la quintessenza e ora il suo intento è di riattivare le forze mitiche153.

Il termine kitsch è legato a qualcosa di cattivo gusto, a prescindere se sia cercato o non questo effetto, e inoltre travolge qualsiasi ambito artistico: arte, arredamento, architettura, letteratura. Il kitsch fa la sua irruzione intorno alla seconda metà

151 Ibidem, p. 317.

152 Anche in Strada a senso unico troviamo questi due termini insieme: « Oggetti ritrovati. L'azzurra

lontananza che non cede a prossimità di sorta e neppure svanisce man mano che ci si avvicina, che non accoglie con prolissa ostentazione chi le si accosta ma solo gli si erge davanti tanto più inaccessibile e minacciosa, è la lontananza dipinta dalle quinte teatrali. Ciò conferisce agli scenari il loro incomparabile carattere » ( W. Benjamin, Strada a senso unico, in Walter Benjamin. Opere

complete II. Scritti 1923-1027, Einaudi, Torino, 2001, p. 439 ).

dell'Ottocento, nell'epoca del pieno sviluppo della riproducibilità tecnica, soprattutto dell'opera d'arte. Quest'epoca ha garantito una diffusione sempre più massiva del

kitsch nel mondo del mercato, provocando la dissoluzione dell'aura. E così il kitsch

soddisfa pienamente la richiesta della massa di eliminare la lontananza con l'oggetto. Le masse si impossessano dell'opera d'arte senza rispettare la distanza percettiva della contemplazione, preferendo immergersi nell'opera d'arte attraverso il “primo piano” della riproduzione e della copia, entrambe caratterizzate da una certa dose di fugacità e di ripetizione, destinate ad eliminare l'unicità e la persistenza dell'opera d'arte.

È chiaro che le masse esigono dall'opera d'arte (che per loro tende a rientrare nell'ambito degli oggetti d'uso) qualcosa che riscaldi. […] “comfort al cuore che rende l'arte idonea al consumo. Il

kitsch, al contrario non è nient'altro che arte con un pieno ì, assoluto e momentaneo carattere di

consumo. […] quel kitsch di cui il cinema è il luogo provvidenziale, che solo può far detonare l'esplosivo che il XIX secolo ha immagazzinato in questo materiale strano e forse sconosciuto che è il kitsch. 154

L'opera d'arte, a causa dell'intervento del kitsch, assume una nuova funzione per le masse, ovvero si trasforma in oggetti quotidiani, i quali, tramite la familiarità che diffondono, scaldano i sentimenti più immediati dell'individuo, gettando l'opera d'arte nella gabbia del consumismo. Secondo Benjamin, avviene un'alterazione dell'esperienza e del mondo contemplativo della percezione estetica; avviene una modificazione della distanza tra chi percepisce e il percepito, ovvero il kitsch permette di guardare stando all'interno delle cose, soprattutto di quelle che non ci appartengono, come sono gli oggetti dell'«uomo ammobiliato»:

Ciò che chiamavamo arte, comincia solo due metri lontano dal corpo. Ora, però, nel kitsch il mondo delle cose si serra più vicino all'uomo: si concede alla sua presa tattile e forma, in ultimo nel suo interno le proprie figure. L'uomo moderno ha in sé la quintessenza delle vecchie forme; così ciò che emerge dal confronto con l'ambiente della seconda metà dell'Ottocento è, tanto nei sogni quanto nelle frasi e nelle immagini di determinati artisti, un essere che si potrebbe

chiamare l'«uomo ammobiliato».155

Benjamin individua l'«uomo ammobiliato» come una nuova figura che emerge alla fine del XIX secolo, solita a prendere in affitto appartamenti già ammobiliati, e che quindi non possiede. Quella del XIX risulta un'epoca ammobiliata di sogni, e gli stili degli interni borghesi sotto Luigi Filippo ne sono un chiaro esempio; questi sono un misto di stili: persiano, rinascimentale e gotico156,, e vengono mescolati con

l'obiettivo di ricreare una certa naturalità, ovviamente risultante fittizia. Questi elementi divengono simulacri decorativi, l'alibi storico157 della borghesia che dispone

di oggetti forzatamente inseriti in un'apparente natura immutabile, sottratti, quindi, al tempo e alla caducità. In breve, si creano un'artificiale storia naturale del loro mondo oggettuale e di conseguenza esistenziale. Per confermare questa volontà di superare il contrasto natura-uomo, e questo desiderio di fondare un nuovo modo armonioso di relazionarsi con la natura intera, è utile ricordare che in questi anni nasce il movimento artistico dell'art nouveau158 che per Benjamin sembra inizialmente

alimentare e giustificare lo stato onirico del mondo borghese:

Se in un giorno di partenza dobbiamo alzarci presto, può accadere che, non volendo strapparci al sonno, sogniamo di alzarci e vestirci. Così nell'art nouveau la borghesia fece un sogno quindici anni prima che la storia la svegliasse minacciosamente. 159

E inoltre:

Nell'art nouveau la borghesia, certo, non comincia ancora a confrontarsi con le condizioni del suo dominio sociale, ma con quelle del suo dominio sulla natura. 160

155 W. Benjamin, Kitsch onirico, in A. Pinotti, A. Somaini, (a cura di), Aura e choc. Saggi sulla

teoria dei media, op. cit., p. 319.

156 W. Benjamin, I « passages » di Parigi, op. cit., p. 225, (I 1,5) 157 Ibidem, p. 241, (I 7, 5).

158 Benjamin spesso nei suoi scritti quando si riferisce all'art nouveau utilizza il nome con cui il

movimento era noto in Germania, ovvero Jugendstil.

159 Ibidem, p. 617, (S 4a, 1) . 160 Ibidem, p. 626, (S 9,4).

L'opera più artistica per il Jugendstil è l'abitazione, infatti in quest'epoca è grande il desiderio del singolo di conoscere se stesso, e lo spazio fisico in cui l'uomo può meglio costruire e manifestare la propria individualità è proprio la casa, «ciascuno di noi si costruirà la casa che corrisponde al proprio animo […] In ciascuno di noi giace assopita un'inventiva ornamentale sufficiente […] così che non avremo più bisogno dell'opera di un intermediario per costruire la nostra casa»161. Per

l'individuo borghese, la casa – e in particolare alcune stanze come la camera da letto – diventano il luogo in cui egli viene cullato dalle proprie illusioni e protetto dai cambiamenti sociali che coinvolgono il mondo esterno. Secondo Benjamin, l'art

nouveau apparentemente, ed esteriormente, è un movimento che abbraccia e accetta

il progresso, infatti grazie al suo intervento, il mondo borghese si avvicina alle basi tecniche del dominio naturale, ma allo stesso tempo proietta questa classe in un regresso irreversibile, in quanto perde la capacità e le forze di affrontare realmente il mondo quotidiano, il suo cambiamento e il movimento delle contraddizioni che si porta con sé. Come sostiene Benjamin nel saggio intitolato Sguardo retrospettivo su

Stefan George. A proposito di un nuovo studio sul poeta la borghesia percepisce la

propria fine e tenta di crearsi uno scudo protettivo isolandosi e preservando la propria individualità attraverso la bellezza di uno spazio ornamentale. La borghesia del XIX presta molta attenzione e investe molto denaro per l'arredamento delle proprie abitazioni, prediligendo un eccesso di ornamenti, soprammobili e mobili, che dovevano rappresentare materialmente il ruolo e la potenza della borghesia a livello sociale ed economico, soprattutto dovevano rappresentare delle tracce dei loro trionfi passati. In realtà l'arredamento del borghese, come fiera celebrazione delle glorie passate, risulta essere un'arma di difesa per proteggersi dalle insicurezze sociali che la minacciano e dall'intorbidirsi dei rapporti di dominio, infatti spesso « non esercitano più il potere nel luogo in cui vivono ( i rentiers ) e comunque non più in forma diretta e immediata. Lo stile delle loro case è la loro falsa immediatezza »162.

Secondo Benjamin, – ricordiamo che il filosofo proveniva da una ricca famiglia borghese e quindi conosceva perfettamente gli ingranaggi di questa classe sociale – il borghese vive la propria casa come se fosse un guscio protettivo, e crea gusci per proteggere tutti i suoi oggetti, o perlomeno quelli più simbolici legati a uno status

symbol: « Per cosa non ha inventato gusci il XIX secolo: orologi da tasca, pantofole,

161 Ibidem, p. 616, (S 4, 4). 162 Ibidem, p, 232, (I 3, 4).

portauovo, termometri, carte da gioco. E, in mancanza di gusci, fodere, passatoie, rivestimenti e coperture »163. La funzione di questi astucci è quella di custodire,

salvaguardare le tracce che l'individuo borghese cerca in tutti i modi di lasciare sparse per l'intero appartamento, in modo da potersi inserire ancora in un flusso vitale ed identitario.

Benjamin sostiene che l'art nouveau prova a confrontarsi con il mondo della tecnica industriale integrandolo nelle proprie opere, con lo scopo di stilizzarla trasformandola in elementi naturali, e quindi ornamentali. Questo sarà il segno del fallimento dell'incontro dell'umanità con la natura164:

È lo stile floreale (jugendstil); in altre parole, uno stile in cui la vecchia borghesia maschera il presentimento della propria debolezza dilagando cosmicamente in tutte le sfere e abusando ebbra del futuro, della “gioventù” (Jugend) come di una parola magica compare qui per la prima volta […] la regressione della realtà sociale a quella naturale e biologica che in seguito ha acquistato sempre maggior peso come sintomo della crisi. […] i mobili e le facciate delle case è stato detto che esse rappresentano il tentativo di riconvertire in arte industriale le forme che si erano affermate per la prima volta nella tecnica. […] di fatto lo stile floreale è un grande e inconsapevole tentativo di regressione. 165

Benjamin auspica la disintegrazione dell'intérieur e delle tracce che vengono lasciate in esso, attraverso le architetture di vetro e di ferro, dove invece risulta difficile lasciare le tracce:

Vivere nella casa di vetro è una virtù rivoluzionaria per eccellenza. Anche questa è una forma di ebbrezza, è un esibizionismo morale di cui abbiamo grande bisogno. La discrezione riguardo alle cose che pertengono alla sfera della vita privata non è più una virtù aristocratica, è diventata sempre di più una caratteristica di piccoli borghesi arrivati.166

Benjamin considera come esempio di questa trasformazione della realtà i progetti rivoluzionari di Le Corbusier, il quale con i suoi edifici dissolve l'aura della forma

163 Ibidem, p. 235, (I 4, 4).

164 E. Guglielminetti, U. Perone, F. Traniello ( a cura di ), Walter Benjamin: Sogno e industria, Celid,

Torino, 1996, p. 15.

165 W. Benjamin, Sguardo retrospettivo su Stefan George. A proposito di un nuovo studio sul poeta in

Avanguardia e rivoluzione. Saggi sulla letteratura, Einaudi, Torino, 1973, pp. 142-143.

166 W. Benjamin, Il surrealismo: l'ultima istantanea dell'intelligenza europea, in A. Pinotti, A.

nell'esigenza della funzionalità:

[…] case di vetro regolabili e mobili, come intanto ne costruivano Loos e Le Corbusier. No per niente il vetro è un materiale così duro e liscio, a cui niente si attacca. Ma anche un materiale freddo e sobrio. Le cose di vetro non hanno “aura”. Il vetro è soprattutto nemico del segreto. È anche il nemico del possesso. […] Se qualcuno entra in una stanza borghese degli anni Ottanta […] qui non hai niente da cercare – perché qui non c'è alcun luogo nel quale il suo abitante non abbia già lasciato la sua traccia: sulle mensole mediante ninnoli, sulla poltrona mediante una copertura, sulle finestre mediante qualcosa di trasparente, di fronte al camino mediante il parafuoco. […] L'intérieur obbliga il suo abitante a prendere il maggior numero di abitudini, che sono più commisurare all'intérieur in cui questi vive, che a lui stesso. Questo lo capisce chiunque ancora conosca l'assurdo stato d'animo in cui cadevano gli abitanti di questi ambienti felpati, quando nella loro dimora qualcosa andava in pezzi. Lo stesso loro modo di irritarsi – e questa passione, che poco a poco comincia ad estinguersi, la sapevano accentuare magistralmente – era soprattutto la reazione di un uomo, cui è stata cancella «la traccia dei suoi giorni terreni». 167

Bisogna cancellare le tracce e dare inizio a una nuova cultura, una «cultura del vetro» che rivoluzionerà totalmente l'umanità intera. Quindi, bisogna abbattere

l'intérieur borghese, e ciò risulterà essere il primo passo per portare avanti la

rivoluzione che dovrà svegliare la collettività immersa in un grande sonno. Grazie a questo risveglio lo storico potrà interpretare i sogni collettivi, e dare la carica a «una sveglia che ogni minuto squilla per sessanta secondi»168. Questo tema del compito

della rivoluzione, e soprattutto la distinzione con la rivolta, verrà sviluppato in modo più approfondito quando analizzeremo il saggio Il surrealismo: l'ultima istantanea

dell'intelligenza europea.

Secondo Benjamin, l'intérieur non cerca solo di mitigare l'effetto distruttivo del mondo industriale stilizzando la tecnica, ma diventa il luogo in cui la borghesia si protegge dalla mercificazione materiale e dall'industrializzazione intellettuale che essa stessa ha innescato. Cercano di “abbellire” la tecnica e i materiali industriali, ed è ciò che ha tentato di realizzare il barone Haussmann con il suo progetto di “Embellissement stratégique” di Parigi, ovvero costui tenta di introdurre forme artistiche nella tecnica urbanistica attraverso la predilezione per la prospettiva169.

Questo tentativo conduce al kitsch, ovvero all'immissione della realtà tecnico-

167 W. Benjamin, Esperienza e povertà, in a. Pinotti, A. Somaini (a cura di), Aura e Choc. Saggi sulla

teoria dei media, op. cit., pp. 367-368.

168 Ibidem, p. 333.

industriale nello spazio del sogno e della natura. E proprio l'art nouveau vuole che l'industria assuma le sembianze del sogno e la civiltà quelle del mondo naturale. L'art nouveau opera direttamente nella vita dell'uomo trasformando,gli spazi quotidiani, come le abitazioni e le metropolitane, in vere e proprie opere artistiche, e in questo modo l'arte diviene oggetto di una percezione distratta. Infatti il kitsch si esplica perfettamente nell'architettura: spartiacque tra l'arte e il mondo quotidiano. Lo studio della modalità di relazionarci all'architettura è affrontato soprattutto nell'Opera d'arte nella sua riproducibilità tecnica: lo sguardo dell'uomo davanti a un edificio non è contemplativo, ma è distratto. Non viene mantenuta quella distanza auratica che avviene nella contemplazione di un opera d'arte, anzi, la vicinanza è estrema, addirittura diventa tattile. L'opera architettonica non viene solo osservata, ma la viviamo dall'interno. Quindi l'architettura come il kitsch comporta un atteggiamento non contemplativo, e nemmeno riflessivo, ma richiede lo sviluppo di un nuovo sguardo “tattile”, di una modalità di percezione causata da questa vicinanza estrema, quasi vitale e quotidiana. Lo scopo fondamentale del kitsch è di rivolgersi al mondo onirico e a quell'epoca sognante che ovviamente non coglie il

kitsch e le sue ramificazioni. A parere di Benjamin, solo la generazione successiva,

esterna, potrebbe cogliere, se ben guidata, queste caratteristiche.

Il nostro autore mantiene nella sua interpretazione del kitsch – quest'ultimo, ricordiamo, inteso come kitsch onirico che copre la società moderna – i due livelli dello schematismo psicoanalitico del sogno: ovvero al primo livello il contenuto manifesto, e al secondo il pensiero latente, il significato occulto. Però il lavoro dello psicoanalista – come quello di Freud – tende a considerare il contenuto manifesto dei sogni come l'elaborazione secondaria di un materiale psichico sottacente, e si interessa ad approfondire il lato soggettivo della dimensione onirica. Invece, Benjamin preferisce sviluppare una delle variazioni surrealiste, forse la più importante, riguardanti la teoria psicoanalitica dei sogni. I surrealisti trascurano l'impronta dell'anima per sviluppare l'impronta delle cose, vogliono indagare il lato “cosale”: « Il lato che la cosa volge al sogno è il kitsch»170 individuando la presenza

latente delle forze mitiche nella cultura di massa. Secondo Benjamin i surrealisti hanno avuto il grande merito di scoprire l'albero totemico degli oggetti171.

Benjamin nel saggio Kitsch onirico sostiene che la banalità è il correlato della

170 W. Benjamin, Kitsch onirico, in A. Pinotti, A. Somaini (a cura di), Aura e choc. Saggi sulla

teoria dei media, op. cit., p. 317.

povertà e del declino dell'esperienza172 in confronto invece al grande sviluppo e

progresso del mondo della tecnica. L'impatto di questo sviluppo ha accelerato il processo secondo cui gli oggetti diventano rapidamente obsoleti, infatti la tecnica elimina l'immagine esterna delle cose, come i «biglietti bancari scaduti»173.

L'esperienza appartiene all'ordine della tradizione, sia collettiva che individuale, invece, l'uomo moderno appare privato dalla possibilità di attuare nel futuro, proprio perché il futuro sembra in possesso solo della tecnica. La povertà dell'esperienza unita allo sviluppo della tecnica mostrano come progresso e decadenza siano due facce della stessa medaglia, e così il loro superamento:

Il superamento del concetto di «progresso» e quello del concetto di «epoca di decadenza» sono due facce della stessa medaglia.174

La ricerca di Benjamin continua con l'analisi degli oggetti banali, quotidiani, e sostiene che questi possano darci la chiave di lettura per comprendere la realtà. Il surrealismo ha avuto il merito di riscoprire l'aspetto magico di alcuni oggetti considerati banali175 e ormai abbandonati dal capitalismo. Possiamo sostenere che il

ruolo svolto dal surrealismo viene considerato da Benjamin affine a quello dell'illuminazione profana, ma questo verrà approfondito quando affronteremo il saggio Il surrealismo: l'ultima istantanea del surrealismo.

Benjamin quando affronta il concetto di kitsch lo fa riportando la distinzione tra

arte e oggetto quotidiano. Il kitsch non comporta implicitamente il divieto di toccare l'oggetto, come invece nella concezione classica dell'opera d'arte, ma crea una modalità dell'inserimento dell'arte nelle categorie lontananza-vicinanza. Il kitsch offre un conforto affettivo immediato, senza che questo possa comportare uno sforzo

172 Nel saggio Esperienza e povertà, Benjamin sottolinea come la Grande guerra abbia distrutto il

sogno fertile del Romanticismo e abbia determinato la frontiera del sogno.

« Una generazione che era andata a scuola ancora con il tram a cavalli, stava, sotto il cielo aperto, in un paesaggio in cui niente era rimasto immutabile tranne le nuvole, e nel centro – in un campo