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Nel saggio Il surrealismo. L'ultima istantanea dell'intelligenza europea, come si può evincere dal titolo, Benjamin svolge un'accurata e sistematica – forse l'unica in tutte la sua produzione – analisi del movimento surrealista, ripercorrendo le sue principali tappe, e soprattutto evidenziando gli smascheramenti culturali e sociali che il movimento aveva individuato. Benjamin inizia il saggio sottolineando gli errori della critica tedesca; l'analisi benjaminiana si discosta totalmente da quella della maggior parte della critica letteraria178, e possiamo cogliere l'ironia del nostro autore

quando sostiene che l'unica eccezione sia rappresentata dal critico tedesco dal momento che questo si trova in una posizione migliore per apprezzare il surrealismo. Ma la realtà non è questa, poiché il critico tedesco non ha percepito il crollo della

cultura borghese, e considera il movimento solo in modo superficiale, come se fosse un mero movimento artistico e poetico. Già nel testo Strada a senso unico Benjamin – facendo un ritratto del panorama della società tedesca di quel periodo – sottolinea la diversità culturale tra Germania e Francia; a causa della crisi economica nella sua patria, e anche a causa della diffusione massiva della pubblicità, si è estesa a macchia d'olio una crisi letteraria e culturale, e il filosofo descrive alla perfezione la crisi dell'intelligenza tedesca all'interno, quindi, del capitalismo. A parere di Benjamin la critica tedesca si è fermata solo all'analisi del primo momento di sviluppo del movimento surrealista e non ha saputo cogliere il suo successivo evolversi caratterizzato da precise delineazioni costruttive, proprio per distinguersi dal nichilismo puramente provocatorio e shoccante del movimento Dada. Dopo il primo momento di delineazione della propria struttura – e quindi della creazione di una propria e differenziata identità – il surrealismo, secondo Benjamin, si trova davanti a un bivio, e deve decidere se percorrere una fase in cui le sue direttive, e componenti formali e teoriche, devono uscire dal loro stato potenziale e quindi attualizzarsi, in modo da rendere le loro energie utili alla lotta contro il potere dominante. Oppure se limitarsi a un'azione scandalistica, rischiando di precipitare nel narcisismo della manifestazione pubblica, o ancora, di rimanere ancorato nell'ebbrezza del sogno e precipitare in un solipsismo auto-contemplativo con effetti narcotici179.

Benjamin sostiene che il movimento ha scelto di percorrere la prima strada e di lasciarsi alla spalle la seconda con il suo soggettivismo solipsistico, infatti sottolinea che con il collettivo surrealista avviene un vero e proprio tramonto dell'Io180,

un'allentamento nell'ebbrezza, in quanto smascherano la rigida separazione logico- razionale tra sogno e veglia. Non solo, le creazioni surrealiste – e qui Benjamin si riferisce soprattutto alle loro produzioni letterarie – riescono a creare una perfetto e armonioso ingranaggio di immagini e suono, così perfetto che: « non restava più

179 Per Benjamin la solitudine può rappresentare la più potente, e anche pericolosa, droga.

180 Benjamin abbraccia completamente questa disgregazione compiuta dai surrealisti, in quanto

attraverso il ripudio dell'Io aspira al superamento della soglia del privato, della concezione individualistica, e in particolar modo della classe di cui risulta essere elemento essenziale, ovvero la borghesia. Benjamin auspica che questo cambio di rotta porti il movimento, ma anche l'intero mondo intellettuale, ad un avvicinamento al mondo del proletariato, più sensibile alle esigenze collettive, e ad un abbandono della concezione borghese, che invece segue solo il regime degli affari privati per sottrarsi da qualsiasi partecipazione attiva che esige una responsabilità politica. Come abbiamo visto nel paragrafo sull'analisi del saggio dedicato al Kitsch onico, Benjamin critica aspramente l'individualismo e il soggettivismo del mondo borghese, interessato solo a salvaguardare le fatiscenze della sua classe, che vive solo grazie al ricordo, ormai feticizzato, della propria gloria passata.

Benjamin cerca, anche attraverso le sue opere e i suoi saggi, di non tenere separate la sfera privata da quella pubblica, anzi cerca un'integrazione tra le due sfere.

alcuna fessura dove infilare il gettone “senso”»181. Avviene, quindi, una vera e

propria disintegrazione del senso, ovviamente si riferiscono al senso inserito con forza in un sistema logico-razionale-discorsivo.

La disgregazione dell'Io crea una reazione a catena, apparentemente distruttiva ma in realtà positiva e creativa. Distruggono anche la concezione dell'ebbrezza legata solo a un mondo soggettivistico e spirituale – questi concetti sono riconducibili alla visione individualistica del pensiero borghese – e soprattutto, secondo Benjamin, i surrealisti sono riusciti a capire che l'esperienza dell'ebbrezza non è solo legata a una concezione estetica, ma può assumere una funzione materialistico e politica.

Nella compagine dell'universo il sogno allenta l'individualità come un dente cariato. Proprio questo allentamento dell'io nell'ebbrezza è nello stesso tempo l'esperienza viva e feconda che ha consentito a queste persone di sottrarsi al dominio dell'ebbrezza. 182

L'esperienza dell'ebbrezza permette ai surrealisti di non farsi travolgere dall'ebbrezza, o almeno di abbracciarla in maniera costruttiva e non narcotica. Secondo Ferruccio Masini, l'ebbrezza è caratterizzata da una doppia natura: da una parte disgrega la rigidità dell'Io, dall'altra parte disgrega la potenza stessa del suo dissolvere183, e infatti l'allentamento dell'Io nell'ebbrezza ha permesso ai surrealisti di

emergere dall'ambito dell'ebbrezza184.

Benjamin individua nell'ebbrezza del surrealismo la possibilità di rendere questo spazio praticabile attraverso la responsabilità politica, quindi allentando il suo rapporto con la sfera spirituale per abbracciare, invece, una disposizione alla rivolta. Si deve acquisire uno sguardo dialettico in modo da trasformare l'approccio storico in approccio politico185, integrando lo spazio dialettico dell'ebbrezza con lo spazio

politico della rivoluzione.

Benjamin affronta il concetto di ebbrezza anche nell'ultimo aforisma della raccolta

Strada a senso unico dal titolo Al planetario, come potremo notare qui assume una

valenza più specifica poiché viene maggiormente circoscritta nel campo delle

181 W. Benjamin, Il surrealismo. L'ultima istantanea sugli intellettuali europei, in A. Pinotti, A.

Somaini (a cura di), Aura e Choc. Saggi sulla teoria dei media, op. cit., p. 321.

182 Ibidem, p. 321.

183 F. Masini, Dialettica dell'ebbrezza, in L. Belloi, L. Lotti (a cura di), Walter Benjamin. Tempo,

storia, linguaggio, op. cit., p. 20.

184 M. Pezzella, L'immagine dialettica. Saggio su Benjamin, ETS, Pisa, 1982, p. 45. 185 Punto che Benjamin svilupperà ampiamente nei Passagen-werk.

differenze che separa l'esperienza degli antichi da quella dei moderni:

Niente distingue l'uomo antico dal moderno quanto la sua dedizione a un'esperienza cosmica che quello venuto dopo si può dire che non conosca. Il declino di essa s'annuncia già nella fioritura dell'astronomia agli inizi dell'età moderna. […] Il contatto del mondo classico con il cosmo si compiva altrimenti: nell'ebbrezza. E infatti è ebbrezza l'esperienza che sola ci assicura dell'infinitamente vicino e dell'infinitamente lontano, e mai dell'uno senza l'altro. Ciò però vuol dire che comunicare col cosmo nelle forme dell'ebbrezza all'uomo è possibile solo all'interno della comunità. L'aberrazione che minaccia i moderni è di ritenere quest'esperienza irrilevante, trascurabile, e di lasciarla all'individuo come estatica contemplazione di una bella notte stellata. No, essa tornerà senza fine a imporsi, e allora popoli e stirpi le sfuggiranno altrettanto poco di quel che ha dimostrato, nel modo più spaventoso, l'ultima guerra, che è stata il tentativo di un nuovo, mai esaudito connubio con le potenze cosmiche. Masse umane, gas, energie elettriche sono state gettate in campo, correnti ad alta frequenza hanno attraversato le campagne, nuovi astri sono sorti nel cielo, nello spazio aereo, e negli abissi marini risuonava il rombo delle eliche, e da ogni parte si sono scavate nella madre terra fosse sacrificali. Questo grande corteggiamento del cosmo s'è compiuto, per la prima volta, su scala planetaria, cioè nello spirito della tecnica. Ma poiché l'avidità di profitti della classe dominante contava di soddisfarsi a spese di essa, la tecnica ha tradito l'umanità e ha trasformato il letto nuziale in un mare di sangue. 186

Come possiamo evincere dalla parte di testo appena citato, secondo il filosofo l'uomo antico comunicava con il cosmo immerso in un rapporto auratico, «in una apparizione unica di una lontananza»187, dove lontananza e vicinanza ancora

interagivano reciprocamente. Non era possibile instaurare individualmente questo rapporto auratico con il cosmo, ma solo collettivamente ed è per questo che nella società borghese – caratterizzata da un profondo soggettivismo – si è votati a una contemplazione passiva, dove non è più possibile esperire la lontananza e la vicinanza come due momenti contigui e non frammentati. Benjamin sostiene che l'individuo non è in grado di condividere momenti comunitari perché non possiede più una memoria collettiva , che lo inserisca nella continuità della tradizione. Quindi, per l'uomo moderno è estremamente difficile comunicare con il cosmo, e quando ci riesce gli effetti sono drammatici, come lo dimostrano gli eventi della Grande Guerra. In questo conflitto gli uomini hanno cercato di instaurare un nuovo tipo di

186 W. Benjamin, Strada a senso unico, in Opere complete. II, Scritti 1923-1927, Einaudi, Torino,

2001, pp. 461-462.

comunicazione con il cosmo attraverso la téchne, ma l'esito è risultato ugualmente fallimentare in quanto si è conservato un individualismo, anche se di massa. E relazionarsi da solo con il cosmo porta all'annientamento, come sostiene Mario Pezzella nel suo testo L'immagine dialettica. Saggio su Benjamin188. Nel frammento

sopraccitato Benjamin sottolinea come nella Grande Guerra lo spirito della téchne bellica abbia tentato per l'ultima volta di realizzare un'esperienza di ebbrezza collettiva nel rapporto con il cosmo. Ma in realtà quello che doveva essere un ritrovato e riappacificante «letto nuziale» si è trasformato in un bagno di sangue, in una strage. Questo episodio – più dell'art nouveau – ha rappresentato un violento e sanguinario fallimento dell'incontro dell'umanità con la natura. Secondo Benjamin questa ebbrezza provocata dalla téchne è votata al sacrificio, è distruttiva, e non in maniera positiva come la distruttività delle barbarie invocata da Benjamin nel saggio

Esperienza e povertà:

[…] questa povertà di esperienza non è solo povertà nelle esperienze private, ma nelle esperienze dell'umanità in generale. E con questo una specie di nuova barbarie. Barbarie? Proprio così. Diciamo questo per introdurre un nuovo positivo concetto di barbarie. A cosa mai è indotto il barbaro dalla povertà di esperienza? È indotto a ricominciare da capo; a iniziare dal nuovo; a farcela con il poco: a costruire a partire dal poco e inoltre a non guardare né a destra né a sinistra. Tra i grandi creatori ci sono sempre stati gli implacabili, che per prima cosa facevano piazza pulita. 189

Questa distruttività, invece, risulta essere solo passiva, e annienta il corpo umano separandolo dallo spazio corporeo della collettività:

Una generazione che era andata a scuola ancora con il tram a cavalli, stava, sotto il cielo aperto, in un paesaggio in cui niente era rimasto immutato tranne le nuvole, e nel centro – in un campo di forza di esplosioni e di correnti distruttrici – il minuto e fragile corpo umano. 190

Ma secondo Benjamin il rapporto tra physis e téchne non porta sempre a esiti

188 M. Pezzella, L'immagine dialettica. Saggio su Benjamin, ETS, Pisa, 1982, pp. 44-45.

189 W. Benjamin, Esperienza e povertà, in A. Pinotti, A. Somaini (a cura di), Aura e choc. Saggi sulla

teoria dei media, op. cit., p. 365.

fallimentari, poichè la seconda può permettere all'uomo di avvicinarsi al cosmo attraverso una nuova prospettiva, senza dover riproporre anacronisticamente le dinamiche dell'uomo antico. Bisogna attivare un nuovo sguardo per approcciarsi a una physis che muta collettivamente, e secondo il filosofo i surrealisti sono stati i primi a cogliere questa esigenza, e soprattutto – come abbiamo prima sostenuto – sono stati i primi a comprendere l'importanza della dialettica dell'ebbrezza. Benjamin analizza alcuni lavori surrealisti e individua in essi una forte ispirazione materialistica in grado di scatenare le forze dell'ebbrezza per la rivoluzione, e questa ispirazione materialistica è depositata nell'illuminazione profana. Per essere ancora più chiari, possiamo proprio sostenere che l'esperienza surrealista corrisponda all'illuminazione profana:

E queste esperienze non si limitano affatto al sogno prodotto dall'hashish o dall'oppio. È un grosso errore pensare che le «esperienze surrealistiche» i limitino alle estasi religiose o alle estasi da droga. Lenin ha chiamato la religione «oppio per il popolo», e in tal modo ha ravvicinato queste due cose più di quanto i surrealisti forse gradirebbero. […] Ma il superamento vero, creativo, dell'illuminazione religiosa, non risiede certamente nella droga. Risiede in una

illuminazione profana, in una ispirazione, materialistica, antropologica, rispetto a cui l'hashish,

l'oppio e le altre droghe possono avere una funzione propedeutica.191

Questa illuminazione profana non è né quella religiosa, né quella causata dall'uso di droghe – anzi la droga introduce questo tipo di illuminazione – e non si riferisce a un ordine trascendente ma ha un carattere peculiare: è di ispirazione materialistica e antropologica. Come possiamo notare anche la droga viene citata come una funzione propedeutica a quel particolare tipo di illuminazione, infatti le modificazioni sensoriali causate dall'uso di hashish seguono la continuità con quell'istinto materialistico a cogliere nei legami con le cose e nei convenzionali nessi linguistici la possibilità della loro riproblematizzazione e del loro rovesciamento.

Non in tutte le opere surrealiste si può individuare questo tipo particolare di illuminazione, però Benjamin la individua soprattutto in due scritti: in Nadja di Breton e ne Il paesano di Parigi di Louis Aragon. Come si può immediatamente notare l'illuminazione profana è un concetto paradossale, si presenta come un

191 W. Benjamin, Il surrealismo. L'ultima istantanea sugli intellettuali europei, in A. Pinotti, A.

ossimoro in quanto allude a una rivelazione di taglio mistico e insieme anche mondano, e lo scritto Nadja la introduce perfettamente, poiché qui non viene esaltato un amore mistico per una donna, come invece possiamo riscontrare nell'amore angelico che Dante prova per Beatrice, e nemmeno troviamo un amore cortese come nella lirica provenzale. Ma un amore tutto particolare:

Nell'amore esoterico la dama è la cosa meno essenziale. Così è anche in Breton. Egli è più vicino alle cose a cui è vicina Nadja che alla stessa Nadja. 192

Egli esprime l'amore per la donna attraverso l'amore per le cose che le appartengono, o perlomeno più vicine, alla sua amata e: «Quali sono, ora, le cose a cui ella è vicina?»193. E Breton – come anche Aragon ne Il paesano di Parigi – si sofferma

soprattutto sugli oggetti invecchiati che cominciano a scomparire e sulle energie rivoluzionarie che questi sprigionano.

Per primo (il surrealismo) si imbatté nelle energie rivoluzionarie che appaiono nelle cose «invecchiate», nelle prime costruzioni in ferro, nelle prime fabbriche, nelle prime fotografie, negli oggetti che cominciano a scomparire, nei pianoforti a corda, negli abiti vecchi più di cinque anni, nei ritrovi mondani, quando cominciano a passare di moda. Quale sia il rapporto di queste cose con la rivoluzione – nessuno può saperlo più esattamente di questi autori. Come la miseria, non solo quella sociale ma anche e altrettanto quella architettonica, la miseria dell'intérieur, le cose asservite e asserventi si rovescino in nichilismo rivoluzionario, prima di questi veggenti e indovini non se ne era accorto nessuno. […] Breton e Nadja sono gli innamorati che riscattano tutte che noi abbiamo fatto in tristi viaggi in treno ´le ferrovie cominciano a invecchiare), in squallidi pomeriggi domenicali trascorsi nei quartieri proletari delle grandi città, nella prima occhiata attraverso la finestra bagnata dalla pioggia di un nuovo alloggio, traducendo tutto ciò in esperienza (se non in azione) rivoluzionaria. Essi fanno esplodere le grandi forze della

Stimmung. 194

L'avvicinarsi al mondo delle cose invecchiate significa proprio mutare lo sguardo

192 Ibidem, p. 324. 193 Ibidem p. 324. 194 Ibidem, p. 324.

storico in un nuovo sguardo politico, e infatti l'azione dei surrealisti, la loro rivolta, non convoca le forze del progresso, ma trova le sue forze nel passato, adoperate in chiave rivoluzionaria per il potenziale svolgimento del futuro. E svolgono questo lavoro attraverso l'illuminazione profana; e proprio il suo intervento sul mondo cosale e materiale, e soprattutto il suo illuminare il mondo mercificato del capitalismo, la circoscrivono in un campo d'azione profano e non più religioso. Ora, secondo Benjamin, grazie all'azione del movimento surrealista l'illuminazione profana pone le sue forze al servizio della rivoluzione.

Come abbiamo visto nell'introduzione dedicata al surrealismo, il movimento si avvicina alla politicizzazione di sinistra grazie agli eventi della Guerra in Marocco, ma soprattutto, secondo Benjamin, per merito di Pierre Naville, il quale nel 1926 pubblica il testo dal titolo La rivoluzione e gli intellettuali (Cosa possono fare i

surrealisti) in cui sollecita i compagni ad abbandonare, o perlomeno a

ridimensionare, un punto di vista pienamente negativo e anarchico per adottare l'approccio dialettico del marxismo. E Naville più volte sottolinea che un avvicinamento al marxismo impliccherebbe un abbandono del sogno, dell'immaginazione e dell'anarchismo libertario, insomma di tutti quegli elementi che caratterizzarono la fase eroica, ovvero la prima fase del movimento. Nonostante il movimento abbia mantenuto questa linea per tutta la sua esistenza, e quindi non abbia mai rigettato come assurde le idee di Naville, quest'ultimo si allontana dal gruppo – soprattutto a causa di conflitti interni – e per tutta la vita continuerà ad accusare gli ex compagni di essersi allontanati dai loro primari obiettivi politici, e di essersi accontentati del piacere narcisistico degli scandali pubblici. I surrealisti si sarebbero fossilizzati esclusivamente e totalmente nella fase della provocazione, fase che secondo Naville dopo un certo sviluppo del movimento doveva essere abbandonata, in quanto legata solo a una fase di formazione dell'identità. Naville ha colto alla perfezioni i caratteri, e anche limiti dei surrealisti, i quali mossi da un estremo spirito di libertà, sono i primi a «liquidare il mummificato ideale moralistico umanistico di libertà del liberalismo»195 concentrandosi maggiormente sulla rivolta:

Conquistare le forze dell'ebbrezza per la rivoluzione: intorno a questo motivo ruota il Surrealismo in tutti i suoi libri e le sue iniziative. Questo può essere definito il suo compito più proprio e specifico. Esso non consiste solo e semplicemente nel fatto che – come sappiamo – una

componente di ebbrezza è presente e operante in ogni atto rivoluzionario. Essa è identica con quella anarchica. Ma mettere l'accento esclusivamente su di essa equivarrebbe a trascurare interamente la preparazione metodica e disciplinare della rivoluzione a favore di una prassi oscillante fra l'allenamento e i preparativi di una festa. A ciò si aggiunge una concezione troppo immediata e affrettata, adialettica della natura dell'ebbrezza. 196

Però i surrealisti non capiscono che devono andare oltre, superare la rivolta, dal momento che questa rimane legata a una fase iniziale di protesta risultando incapace di attuare una trasformazione radicale, e la paura di Naville è proprio che questa mancata militanza organizzata riduca il movimento a un mero fenomeno passeggero. Secondo Benjamin, le dinamiche politiche del surrealismo non si discostano particolarmente dal tipico atteggiamento degli intellettuali francesi di sinistra. Entrambi le parti si avvicinano al mondo sociale non perché mossi veramente da un ideale rivoluzionario, ma da un certo dovere nei confronti della cultura tradizionale197, confermando il sistema conservatore e non mettendolo per niente alla

prova, quando invece avrebbero tutti i requisiti e il potenziale per « disinfettare e isolare la politica da ogni forma di dilettantismo moraleggiante »198.

É da questa riflessione di Naville che Benjamin si pone le domande se la rivolta possa davvero convertirsi in rivoluzione e se sia sufficiente una rivoluzione dello spirito oppure si necessiti anche di una rivoluzione materiale. Il filosofo berlinese vuole rovesciare la rivolta surrealista dentro la rivoluzione, sradicando i perniciosi giudizi romantici199, ancora latenti nella fase eroica del movimento, e soprattutto

ridimensionare la loro impronta strettamente estetica in modo da accettare anche una visione dialettica. I surrealisti devono abbandonare il loro sguardo orientato alla rivolta, che come abbiamo potuto constatare è legata a una fase iniziale e identitaria. Il vero salto di qualità per avere un reale impatto sulla società consiste nell'acquisire uno sguardo dialettico che permetta di uscire da questo stadio propedeutico, necessario ma non sufficiente, e che permetta di portare avanti un'azione organizzata e metodica, ovvero una rivoluzione. Come giustamente sottolinea Ferruccio Masini,