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4 1 Le forze che coprono la coscienza collettiva del XIX secolo con un «manto di sonno».

Come abbiamo potuto constatare in più occasioni, il progetto sui passages ha come obiettivo lo studio della storia collettiva del XIX secolo, e l'interpretazione delle immagini oniriche, ormai dimenticate, che hanno sommerso la collettività moderna. Come afferma Susan Buck-Morss l'intenzione di Benjamin sembra quella di proporre una versione politicizzata e marxista della Bella Addormentata nel Bosco per sciogliere il classico «C'era una volta» e abbattere la narrazione storiografica317.

Infatti il suo punto di riferimento per affrontare la storia originaria dell'Ottocento non sarà la tradizionale storiografia dei vincitori, ma come lui stesso sostiene, sarà principalmente Proust.

Così come Proust comincia la storia della sua vita con il risveglio, con il risveglio deve cominciare anche ogni esposizione storica; essa, anzi, non può propriamente trattare di altro. Questa esposizione tratta, dunque, del risveglio dal XIX secolo.318

Benjamin vuole presentare una storia collettiva nello stesso modo in cui Proust aveva presentato la sua – anche se quella dello scrittore era privata e personale – ovvero non richiamando la datità dei fatti per come realmente sono accaduti e per come sono stati tramandati e ricordati, ma scavando nella memoria per giungere a un passato dimenticato, che possiamo definire inconscio. Quindi Benjamin scava nella memoria involontaria, o se vogliamo precisare in termini proustiani: nella mémorie

317 S. Buck-Morss, Dialéctica de la mirada. Walter Benjamin y el proyecto de los Pasajes, op. cit., p.

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involontarie.

Il linguaggio ci ha fatto capire, senza possibilità di equivoci, che la memoria non è uno strumento, bensì il medium stesso, per la ricognizione del passato. […] Chi cerca di accostarsi al proprio passato sepolto deve comportarsi come individuo che scava. Soprattutto non deve temere di tornare continuamente a uno stesso identico stato di cose – di disperderlo come si disperde la terra, di rivoltarlo come si rivolta la terra stessa. Giacché gli «stati di cose» non sono altro che strati che consegnano, solo dopo la ricognizione più accurata, ciò che giustifica tale scavo. Ossia le immagini, che, strappate, a tutti i precedenti contesti, per il nostro sguardo ulteriore sono dei gioielli in abiti sobri […] Ed è sicuramente utile, nello scavare, procedere secondo un progetto. È comunque altrettanto indispensabile il colpo di vanga che procede con prudenza e a tentoni nell'oscuro regno della terra. E s'inganna su ciò che è più importante chi fa solo l'inventario degli oggetti ritrovati e non sa indicare nel terreno odierno esattamente il luogo in cui era conservato l'antico. Così i ricordi veri devono non tanto procedere riferendo, quanto piuttosto designare esattamente il luogo nel quale colui che ricerca si è impadronito di loro. […] un buon resoconto archeologico non deve limitarsi a indicare gli starti da cui provengono i propri reperti, ma anche e soprattutto quelli che è stato necessario attraversare in precedenza. 319

Benjamin individua nel passaggio dal XIX al XX secolo l'inizio di un percorso onirico della coscienza collettiva che si proietta in un utopico futuro del progresso. Questa cieca e acritica proiezione è dettata da una ideologica fede nella tecnica e nelle sue potenziali risorse. L'immaginario della coscienza collettiva viene continuamente stimolato dai sogni anonimi messi a disposizione dalle nuove tecnologie, dai nuovi materiali di costruzione – come il vetro e il ferro – e da nuove architetture che creano una fantasmagorica identità collettiva, infatti, come sostiene lo stesso Benjamin, «ogni architettura collettiva del XIX secolo rappresenta la casa della collettività sognante»320.

Secondo Benjamin l'architettura urbana che per eccellenza rappresenta la replica materiale dell'inconscio collettivo è il passage. Quest'ultimo è la perfetta realizzazione del sogno, e risveglia i desideri della collettività321; incarna il labirinto

mitologico moderno, dove l'individuo si può abbandonare, e può abbracciare il proprio inconscio. I passages sono corridoi che «non hanno una facciata esterna.

319 W. Benjamin, Scavare e ricordare, in A. Pinotti, A. Somaini (a cura di), Aura e Choc. Saggi sulla

teoria dei media, Einaudi, Torino, 2012, p. 363.

320 W. Benjamin, I «passages» di Parigi, op. cit., p. 921, (Hº, 1). 321 Ibidem, p. 50, (A 3a, 7).

Come il sogno»322. Comunque i prodotti della collettività sognante non posso essere

liquidati come mera falsità poiché per il nostro filosofo non rappresentano una mera menzogna, ma sono immagini distorte di una realtà sociale; pertanto bisogna comprendere l'origine di questa distorsione attraverso uno sguardo dialettico che permetta una coessenzialità fra sfera onirica e sfera storica. Benjamin aggiunge che affinché ciò che è trattenuto nel mito venga elevato a un grado di esistenza storica, la coscienza deve sprofondare nella dimensione mitica del sogno:

Per capire a fondo i passages, sprofondiamo nel sogno più profondo, parliamone come se essi ci fossero capitati. Un collezionista considera le cose in modo assai simile. Al grande collezionista le cose capitano. Quando egli dà loro la caccia e si imbatte in essi, ogni nuovo pezzo che entra a far parte della collezione provoca un grande cambiamento in tutti gli altri; il che gli rivela le sue cose immerse in un flusso continuo, come la realtà nel sogno.323

E i surrealisti questo lo avevano compreso, infatti essi si collocavano intenzionalmente in uno stato di sogno per registrare le immagini della realtà moderna, e come lo stesso Benjamin sottolinea, essi sprofondarono nelle dinamiche dei passages parigini proprio per coglierne il lato sociale e storico ben celato dallo sfarzo interno: « Il surrealismo è nato in un passage. E sotto il patronato di quali muse!»324.

Come abbiamo sostenuto prima, l'immaginario della coscienza collettiva viene stimolata dal bombardamento di chocs e dagli sviluppi della tecnica, e questo comporta la creazione di ciò che Bodei ha definito «mitologie laiche»325; quest'ultime

permettono al sogno di inserirsi nel mondo della veglia e di trasformarsi in sogno diurno. La coscienza collettiva tenta di integrare oniricamente il passato con la modernità, e una prova di ciò fu l'uso dei materiali all'avanguardia, come il ferro che venne utilizzato più come ornamento che come supporto strutturale, conferendogli la forma di foglia o le sembianze del legno – e un esempio stilistico di questo uso del nuovo materiale fu l'art nouveau. Attraverso l'uso del vetro e del ferro – uso definito da Benjamin troppo prematuro – si riproducono degli elementi classici, come le

322 Ibidem, p. 914, (Fº, 9). 323 Ibidem, p. 917, (Fº, 34). 324 Ibidem, p. 87, (C 1, 2).

325 R. Bodei, I confini del sogno. Fantasie e immagini oniriche in Benjamin, in E. Guglielminetti, U.

colonne: «il principio delle architetture ellenica e germanica trasferito nell'architettura odierna»326, o tradizionali, come le costruzioni delle fabbriche su

sembianza delle abitazioni, o le stazioni che assumono la forma di chalet:

Questa confusione deriva in parte dalla sovrabbondanza di procedimenti tecnici e di nuovi materiali, improvvisamente a disposizione. Quanto più ci si sforzava di appropriarsene, tanto più si compivano passi falsi e si fallivano i tentativi. D'altra parte, questi tentativi sono le testimonianze più schiette di come, ai suoi esordi, la produzione tecnica fosse prigioniera dei sogni. (In certe fasi, non solo l'architettura, ma anche la tecnica, è testimonianza di un sogno della collettività).327

Sotto la maschera del mito classico, e della tradizione, viene celato il potenziale rivoluzionario dei nuovi materiali, il quale, pertanto, rimane a un livello inconscio. Benjamin nota che la collettività del XIX non era preparata a elaborare quelle innovazioni e per questo nascondeva dietro a queste maschere il loro reale desiderio: ritornare a un tempo mitico dove l'individuo potesse riconciliarsi con la natura. Quindi il nuovo diventa mitico poiché si proietta in un futuro utopico, mentre il passato più recente diviene mitico perché non viene affrontato, e i suoi desideri irrealizzati e insoddisfatti vengono proiettati in un passato arcaico:

Come la tecnica mostra la natura ogni volta in una prospettiva nuova, così, accostandosi all'uomo, essa ne modifica anche le emozioni, le angosce, i desideri più ancestrali. […] Negli inizi della tecnica, nell'arredamento del XIX secolo, si rende manifesto il volto seducente e minaccioso della storia originaria che, in ciò che ci è temporalmente più vicino, restava per noi ancora velato.328

4.1.a La riattivazione delle forze mitiche e la biforcazione tra