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Aspetti sincronici e diacronici del vocativo nelle lingue classiche

3.2. Neutralizzazione formale e contiguità: vocativo e nominativo nel greco e nel latino arcaici

3.2.2. Analisi dei dat

Nell’Iliade e nell’Odissea le occorrenze di f…loj all’interno di espressioni allocutive sono in tutto 47, di cui 33 presentano la forma regolare f…le e 14 la forma al nominativo. Una precisazione preliminare sulle dimensioni quantitative del fenomeno di sovrapposizione tra vocativo e nominativo è, dunque, necessaria, in quanto i casi con il nominativo rappresentano un terzo delle attestazioni totali del lessema. Tenuto conto del fatto che gli altri aggettivi presentano regolarmente la forma al vocativo (cfr.SVENNUNG, 1958: 199 e ss.), risulta difficile supporre, con Brugmann ed Ernout, che la struttura caratterizzata da mancato accordo rappresenti quella originaria. L’analisi linguistica dei casi in questione, inoltre, permette di delineare una classificazione, individuando le differenze tra i due diversi usi.

I casi di f…loj flessi al vocativo f…le dipendono per lo più da una testa nominale, che modificano: in 22 attestazioni su 33, infatti, l’aggettivo non si presenta da solo, ma regolarmente concordato con la testa del SN, come mostrano gli esempi seguenti:117

(1) a„do‹Òj tš mo… ™ssi f…le ˜kur deinÒj te: (Il. 3, 172) (2) f…le kas…gnhte q£natÒn nÚ toi Órki' œtamnon (Il. 4, 155) (3) tîn mnÁsai f…le tšknon ¥mune d d»ion ¥ndra (Il. 22, 84) (4) po…V g¦r nàn deàro, p£ter f…le, nh se naàtai

½gagon ™ij 'Iq£khn; […] (Od. 16, 222-223)

(5) œrceo nàn f…le Fo‹be meq' “Ektora calkokorust»n· (Il. 15, 221)

117 L’osservazione del fatto che la quasi totalità delle attestazioni di f…le avviene in

presenza di una testa lessicale con cui si concorda non è scontato se considerato all’interno del confronto con il resto del testo di Omero, dove solitamente gli aggettivi al vocativo utilizzati isolatamente come allocuzione presentano regolarmente la forma propria del vocativo. Alcuni esempi sono: pîj ke sÝ ce…rona fîta saèseiaj meq' Ómilon,/ scštli', ™peˆ SarphdÒn' ¤ma xe‹non kaˆ ˜ta‹ron (Il. 17, 149-150); nàn d' Óte pšr moi œdwke KrÒnou p£ij ¢gkulom»tew/ kàdoj ¢ršsq' ™pˆ nhus…, qal£ssV t' œlsai 'AcaioÚj,/ n»pie mhkšti taàta no»mata fa‹n' ™nˆ d»mJ·(Il. 18, 293-295); n»pie m» moi ¥poina pifaÚskeo mhd' ¢gÒreue·(Il. 21, 99); scštlie, pîj kšn t…j se kaˆ Ûsteron ¥lloj †koito (Od. 9, 351); scštlie, t…pt' ™qšleij ™reqizšmen ¥grion ¥ndra; (Od. 9, 494).

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(6) ™ktÕj mn d¾ lšxo gšron f…le, m» tij 'Acaiîn (Il. 24, 650-651)

Tre di questi casi sono in parte diversi, poiché f…le regge un altro elemento al dativo:

(7) ð 'Acileà kšlea… me Di f…le muq»sasqai

mÁnin 'ApÒllwnoj ˜kathbelštao ¥naktoj· (Il. 1, 74-75) (8) ¢ll' ‡qi nàn P£trokle Di f…le Nšstor' œreio (Il. 11, 611) (9) nàn d¾ nîi œolpa Di f…le fa…dim' 'Acilleà (Il. 22, 216-217)

Le occorrenze di f…le presentano, altrimenti, la particella allocutiva ð: nei restanti 11 casi, infatti, la forma f…le non è retta da una testa nominale, ma è accompagnata dalla particella allocutiva ð (riguardo alla particella allocutiva ed alla sua funzione si veda § 3.3.); in questi casi, dunque, f…le costituisce da solo il SN, come in (10) e (11):

(10) ð f…le, t…j g£r se pr…ato kte£tessin ˜o‹sin (Od. 14, 115) (11) ð f…l', ™pe… m' œmnhsaj ÑizÚoj […] (Od. 3, 103)

Per quanto riguarda, invece, le occorrenze di f…loj al nominativo all’interno di espressioni allocutive, esse sono, come abbiamo detto, 14 su un totale di 47. È interessante notare che in un solo caso f…loj modifica una testa nominale al vocativo, mostrando effettivamente mancato accordo all’interno del sintagma vocativale; eppure è proprio questo uno degli esempi più frequentemente addotti dalle grammatiche tradizionali per esemplificare le particolarità relative agli usi del nominativo nelle espressioni allocutive:

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(12) aŠ g¦r d¾ oÛtwj e‡h f…loj ð Menšlae· (Il. 4, 189)

Nei restanti 13 casi l’aggettivo al nominativo non modifica un nome declinato al vocativo, ma costituisce da solo il sintagma vocativale. Pertanto, l’affermazione che si trova nelle grammatiche per cui ad un nome in caso vocativo si può accompagnare un aggettivo al nominativo non costituisce affatto, almeno in Omero, una generalizzazione valida, poiché i nominativi allocutivi non accompagnano una testa nominale. Diremo anzi che proprio la mancanza di accordo all’interno del sintagma è evitata, dal momento che le occorrenze di f…loj allocutivo sono, in tutti i casi tranne in uno, aggettivi che costituiscono la testa del sintagma. Alcuni esempi sono:

(13) naˆ d¾ taàt£ ge p£nta f…loj kat¦ mo‹ran œeipej (Il. 10, 169) (14) ¢ll¦ f…loj q£ne kaˆ sÚ· t… Ã ÑlofÚreai oÛtwj; (Il. 21, 106) (15) ¢ll¦ sÝ m» moi taàta nÒei fres…, m¾ dš se da…mwn

™ntaàqa tršyeie f…loj· […] (Il. 9, 600-601)

(16) kaˆ sÚ, f…loj, m£la g£r s' ÐrÒw kalÒn te mšgan te,

¥lkimoj œss', †na t…j se kaˆ ÑyigÒnwn ™ä e‡pV. (Od. 1, 301-302) (17) ð f…loj, oÜ se œolpa kakÕn kaˆ ¥nalkin œsesqai (Od. 3, 375) (18) dÒj, f…loj oÙ mšn moi dokšeij Ð k£kistoj 'Acaiîn (Od. 17, 415-

416)

In alcuni di questi esempi è presente il pronome di seconda persona sÚ, come in (14), (15) e (16): si potrebbe ipotizzare che la mancata flessione dell’aggettivo al caso vocativo possa dipendere dal fatto che in questi casi il nome costituisce una ripresa del pronome che svolge la funzione di individuazione deittica dell’interlocutore, e che pertanto la marca specifica non è ripetuta sull’aggettivo. Tuttavia, questo non può costituire la giustificazione della mancata flessione

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dell’aggettivo al caso vocativo, poiché normalmente, anche in presenza di sÚ, i nominali che costituiscono l’allocuzione si presentano regolarmente accordati al vocativo.118 In greco, ed anche in latino, infatti, il caso vocativo è utilizzato regolarmente come esplicatore del deittico puro di II persona, che il nome riprende precisandone la referenza (cfr. § 2.2.2.).

Per quanto riguarda l’esempio in (16),kaˆ sÚ f…loj, in cui del resto la forma f…le sarebbe metricamente impossibile, esso costituisce una clausola metrica di tipo formulare: il fatto che il nominativo compaia in una formula è testimonianza dell’arcaicità della possibilità di vocativo e nominativo di neutralizzarsi in determinati casi.

Anche in (17) l’argomento metrico è stringente: ð f…loj e ð f…le costituiscono varianti metriche dipendenti dall’incipit (consonantico vs vocalico) della parola seguente. Evidentemente, pertanto, la lingua di Omero permetteva di utilizzare il nominativo come variante funzionale del vocativo in base alle necessità metriche. Bisogna sottolineare, però, che il vincolo metrico non può comportare la creazione di sequenze inammissibili per un determinato sistema linguistico: la possibilità di neutralizzare l’opposizione tra i due casi doveva pertanto esistere al di là della necessità metrica, altrimenti si sarebbero create espressioni agrammaticali.

In Plauto i fenomeni di sovrapposizione tra vocativo e nominativo non sono di natura identica a quelli esaminati in Omero. In effetti, essi si trovano sempre all’interno di serie di SN che costituiscono complessivamente delle allocuzioni. In alcuni casi abbiamo una forma vocativale vera e propria all’interno della

118 Alcuni tra i numerosissimi esempi sono: ¢ll¦ sÚ pšr min t‹son 'OlÚmpie mht…eta

Zeà: (Il. 1, 508); zègrei, 'Atršoj uƒš, sÝ d' ¥xia dšxai ¥poina: (Il. 6, 46); ð pšpon ð Menšlae, t… À d sÝ k»deai oÛtwj/ ¢ndrîn; […] (Il. 6, 55-56); “Ektor ¢t¦r sÝ pÒlin d metšrceo, e„p d' œpeita; (Il. 6, 86); t…j d sÚ ™ssi fšriste kataqnhtîn ¢nqrèpwn; (Il. 6, 123); t…pte sÝ d' aâ memau‹a, DiÕj qÚgater meg£loio (Il. 7, 24); eâ d sÝ osqa gerai diotrefšj, oŒoj ™ke‹noj/ deinÕj ¢n»r: […] (Il. 11, 653-654); Glaàke t… À d sÝ to‹oj ™ën Øpšroplon œeipej; (Il. 17, 170); oÜte qeoprop…hj ™mpazÒmeq', ¿n sÚ, geraiš/ muqšai ¢kr£anton, […] (Od. 2, 201-202); deàr' ¥ge kaˆ sÚ, xe‹ne p£ter, pe…rhsai ¢šqlwn (Od. 8, 145); diogenšj, toàton mn ™£somen, e„ sÝ keleÚeij (Od. 10, 443); kaˆ sÚ, gšron polupenqšj, ™pe… sš moi ½gage da…mwn (Od. 14, 386); xe‹ne t£lan, sÚ gš tij fršnaj ™kpepatagmšnoj ™ss… (Od. 18, 327).

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sequenza (tipicamente un nome di persona), rispetto alla quale i SN congiunti possono essere o no concordati al vocativo:

(19) Phil. da, meus ocellus, mea rosa, mi anime, mea uoluptas, Leonida, argentum mihi, ne nos diiunge amantis. (As. 664-665) (20) Phil. mi Libane, ocellus aureus, donum decusque amoris,

amabo, faciam quod uoles, da istuc argentum nobis. (As. 691-692) (21) quom mi illa dicet 'mi animule, mi Olympio,

mea uita, mea mellilla, mea festiuitas, sine tuos ocellos deosculer, uoluptas mea, sine amabo ted amari, meu’ festus dies, meu’ pullus passer, mea columba, mi lepus quom mi haec dicentur dicta, tum tu, furcifer,

quasi mus, in medio pariete uersabere. (Cas. 134 e ss.)

(22) Gy. Equidem hercle addam operam sedulo; sed tu inter istaec uerba, meus oculus, mea Selenium, numquam ego te tristiorem

uidi esse. quid, cedo, te obsecro tam abhorret hilaritudo? (Cist. 52 e ss.)

Altre volte, invece, non è presente l’allocuzione alla persona tramite il nome proprio:

(23) has ego, si uis, tibi dabo. Arg. di te seruassint semper, custos erilis, decu’ popli, thensaurus copiarum,

salus interioris corporis amorisque imperator. (As. 654 e ss.) (24) cor meum, spes mea,

mel meum, suauitudo, cibus, gaudium. (Bac. fragm. XII) (25) is est, Callidamates cum amica incedit. eugae! oculus meus,

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conueniunt manuplares eccos: praedam participes petunt. (Mos. 311- 312)

(26) sed, amabo, oculus meu’, quin lectis nos actutum commendamus? (Per. 765)

(27) Mil. mea uoluptas, mea delicia, mea uita, mea amoenitas, meus ocellus, meum labellum, mea salus, meum sauium,

meum mel, meum cor, mea colustra, meu’ molliculus caseus. (Poen. 365 e ss.)

(28) sic enim diceres, sceleste: huiius uoluptas, te opsecro,

huius mel, huius cor, huius labellum, huiius lingua, huiius sauium, huius delicia, huiius salus amoena, huiius festiuitas:

huiiu’ colustra, huiius dulciculus caseus, mastigia, huiius cor, huiius studium, huiius sauium, mastigia; omnia illa, quae dicebas tua esse, ea memorares mea.

Mil. opsecro hercle te, uoluptas huiius atque odium meum,

huiius amica mammeata, mea inimica et maleuola, oculus huiius, lippitudo mea, mel huiius, fel meum ut tu huic irata ne sis aut, si id fieri non potest,

capias restim ac te suspendas cum ero et uostra familia. (Poen. 387 e ss.)119

119 Non si prendono qui in considerazione i quattro casi filologicamente controversi, per i

quali l’edizione di Plauto di Lindsay (1904) segnala due possibili lezioni. In effetti, tre sono di natura piuttosto diversa dagli altri esaminati, in quanto si tratta di nomi animati umani o di aggettivi riferiti a persone, e non fanno parte di serie vocativali: Alc. abin hinc a me, dignus

domino seruos? Sos. abeo, si iubes. (vel dignu’s) (Am. 857); Eucl. uah, scelestus quam benigne, ut ne abstulisse intellegam! (uel scelestu’s) (Aul. 647); Strab. iam hercle cum magno <malo> tu uapula uir strenuos. (<Ph.> uir strenuo’s Seyffort) (Truc. 945). In tutti e tre i casi

l’apparato critico (riportato tra parentesi) segnala la lezione che prevede la –s della desinenza del nominativo càduca e l’elisione della vocale del verbo es: accettando queste lezioni, pertanto, verrebbe a decadere il problema dell’interpretazione dei nominativi, in quanto sarebbero regolari nominativi all’interno di frase con copula. Il quarto caso pure si presenta problematico, poiché il nominativo che dovrebbe costituire l’allocuzione è seguito da una clausola con copula: Call. o-o-ocellu’s meus,/ tuos sum alumnus, mel meum. (Mos. 325-326). Lindsay sceglie, infatti, la lezione ocellu’s, che implica una costruzione sintattica parallela (e chiastica) con la clausola successiva.

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Come si può notare, la caratteristica di questi sintagmi vocativali che presentano il nominativo in contesti in cui ci aspetterebbe un vocativo è quella di trovarsi sempre all’interno di sequenze di SN coordinati per asindeto. Dal punto di vista della struttura del sintagma, tuttavia, nel caso in cui siano presenti degli aggettivi, l’accordo con la testa del SN è sempre rispettato: in altre parole, se è presente un nominativo in luogo di un atteso vocativo gli elementi costitutivi del SN la cui testa è un nominativo si trovano tutti al nominativo. I nominativi di queste sequenze vocativali, dunque, fanno sempre parte di SN diversi da quelli la cui testa è un nome al vocativo.

Per riassumere le osservazione di ordine sintattico relative ai dati greci e latini presi in esame si può dire che, effettivamente, esistono dei casi, seppur sporadici, in cui, in contesti linguistici dove sarebbe atteso un caso vocativo, si trovano invece dei nominativi. A differenza di quanto sembra però deducibile dalle grammatiche tradizionali, i casi di mancato accordo tra vocativo e nominativo non interessano le relazioni di dipendenza interne al sintagma nominale120, che di norma rispettano l’accordo: i nominativi utilizzati in funzione allocutiva costituiscono, invece, la testa del sintagma, eventualmente coreferente con un sintagma al vocativo all’interno di sequenze vocativali, come accade in Plauto. Anche nei casi in cui il nominativo costituisce esso stesso l’allocuzione, l’accordo all’interno del SN è praticamente sempre regolare. In effetti, l’intuizione di questo fatto, almeno per quanto riguarda il latino di Plauto, è presente in Svennung (1958: 277) («die Sprache des Plautus niemals Vokativformen auf –e […] mit Formen auf –us (nach der 2. Dekl.) zusammenkoppelt»).121

I fenomeni di mancato accordo tra i due casi, pertanto, riguardano l’accordo tra SN distinti all’interno di sequenze vocativali costituite da più SN. Inoltre, la neutralizzazione formale e funzionale tra vocativo e nominativo compare in

120 Ciò che avviene, invece, è il mancato accordo rispetto alla categoria di genere

nell’allocuzione omerica f…le tšknon.

121 Nel latino tardo, al contrario, esistono casi di effettivo mancato accordo anche

all’interno di un SN vocativale, probabile manifestazione della progressiva scomparsa e perdita di riconoscibilità della forma del vocativo (SVENNUNG, 1958: 271 e ss.).

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allocuzioni nominali costituite da un unico elemento lessicale: resta da vedere quali siano le motivazioni linguistiche di tali neutralizzazioni.