• Non ci sono risultati.

1.4. Dal Rinascimento al Razionalismo

1.6.2. De Groot e i casi latin

In due articoli separati da un notevole iato cronologico, lo studioso olandese De Groot (1939; 1956) prende in considerazione il sistema dei casi latini in un quadro segnatamente strutturalista, basato su opposizioni binarie, richiamandosi esplicitamente alla fonologia strutturale di Trubeckoj ed al binarismo funzionale- semantico dei casi dello Jakobson del Beitrag zur allgemeinen Kasuslehre (1936).

Nell’articolo del 1939, De Groot riconosce l’importanza capitale degli studi di Hjelmslev e Jakobson (in cui i casi costituiscono dei sistemi basati su opposizioni del tipo senza funzione vs con funzione) ma ritiene impossibile dare una definizione esclusivamente semantica dei casi, dal momento che il loro siginificato è diverso da lingua a lingua70; inoltre, secondo De Groot, essi compartecipano sia della natura semantica che di quella sintattica, per cui entrambi questi aspetti devono essere presi in considerazione. Le conclusioni cui De Groot giunge in questo primo articolo, tuttavia, e la metodologia applicata ai casi latini per una loro classificazione, appaiono poco consequenziali con le dichiarazioni preliminari: pur essendosi prefisso di escludere la semantica dai parametri classificatorî, il sistema di opposizioni ipotizzato impiega proprio nozioni del contenuto, per cui dopo una prima suddivisione tra casi senza funzione sintattica vs casi con funzione sintattica (vocativo vs altri casi), all’interno del secondo gruppo si distingue secondo il tratto [± funzione

70 Simili i presupposti di Jespersen (1924: 185): «[…] no language of our family has at any

time had a case-system based on a precise or consistent system of meanings; in other words, case is a purely grammatical (syntactic) category and not a notional one in the true sense of the word», salvo poi, subito dopo, includere il vocativo caratterizzandolo come address e nome della II persona, in palese contrasto con l’impostazione sintattica affermata.

Capitolo 1. Il vocativo nella teoria dei casi 77

semantica]: c’è evidentemente un’incoerenza, perché le opposizioni tra i casi dotati di funzione sintattica sono semantiche e dunque tutto il sistema si basa, in ultima analisi, su parametri semantici.71 In tale sistema, comunque, il vocativo è

caratterizzato semplicemente dall’essere l’unico caso che non ha una funzione sintattica.

Più coerentemente costruita è la classificazione del 1956, in cui De Groot riprende il concetto, già in nuce nel 1939, della suddivisione tra casi sintattici e casi semantici, che era stata nel frattempo approfondita e sviluppata da Kuryłowicz (1949). Il metodo applicato alla classificazione dei casi latini è stavolta di tipo distribuzionale, cioè improntato alla definizione del significato dei casi in base alla loro distribuzione: il sistema nella sua totalità è infatti definito dalla sommatoria delle opposizioni fra i casi. La distribuzione viene suddivisa tra sintattica, cioè relativa al piano della frase, e sintagmatica, cioè relativa al piano della parola: ad esempio, la distribuzione sintagmatica del vocativo è diversa in latino da quella dell’ablativo perché il vocativo si trova di norma con nomi che denotano un essere animato, mentre generalmente l’ablativo si trova con nomi che denotano un essere inanimato (DE GROOT, 1956: 188- 189). In realtà, come si può notare dall’analisi dello schema seguente, solo parte del sistema viene costruita in base al principio della distribuzione, che non è invece sfruttato in gran parte della classificazione, realizzata viceversa in base a parametri semantici. Si ipotizza infatti un’opposizione principale tra casi senza significato vs casi con significato: ciò significa che il nominativo viene considerato forma della pura nominazione («the case of pure reference»), senza alcun significato specifico veicolato dalla marca morfologica di nominativo, tanto meno quello di soggetto della frase, dal momento che esso può ricoprire in latino funzioni molto diverse fra loro.

Per quanto riguarda il nostro argomento, il vocativo individua, all’interno dei casi dotati di significato, un’opposizione di tipo equipollente con gli obliqui. L’opposizione è di tipo equipollente perché descrivibile come a+b vs a+c, con a=

71 Una panoramica critica dei lavori di De Groot si trova in Calboli (1972: 146 e ss.) ed in

78 La categoria del vocativo nelle lingue classiche

significato casuale, b= significato attitudinale, c= significato referenziale. Il vocativo presenta i tratti [+significato casuale; +significato attitudianale], mentre i casi obliqui presentano i tratti [+significato casuale; +significato referenziale]. La loro opposizione non si basa pertanto sull’esclusione di un tratto, ma su tratti diversi, ed è pertanto equipollente:

with case-meaning referential meaning process-to-thing relation relation specific without case meaning Nominative attitudinal meaning Vocative thing-to- thing relation Genitive relation non- specific Accusative relation to inanimate cause of the process Ablative relation to person whose interest in the process is involved Dative

Schema 4. Sistema di opposizioni dei casi latini in De Groot (1956: 189).

Attitudinal meaning e referential meaning costituiscono chiaramente due parametri di tipo semantico-funzionale, e postularli come tratti pertinenti alle opposizioni sistemiche del latino ha tutto l’aspetto di un espediente ad hoc per integrare il vocativo utilizzando parametri il più possibile omogenei agli altri della tassonomia. Nello spiegare i concetti di attitudinal meaning e referential meaning, De Groot afferma che il primo, tipico del livello frasale, è relativo all’atteggiamento del parlante rispetto al messaggio, mentre il secondo è relativo alla semplice referenza. L’atteggiamento espresso può essere “emozionale” o “intellettuale”, secondo una poco perspicua definizione, che sembra far

Capitolo 1. Il vocativo nella teoria dei casi 79

riferimento piuttosto ad una sorta di suddivisione tra modalità deontica e modalità epistemica: «The attitude expressed is either “emotional”, as in Alas! John! (a wish to draw the attention of the hearer) Come! (another kind of wish), or it is “intellectual”, i.e., a belief in the existence of something, as in It rains, or in the existence of a “relation” (in a non-technical sense of the term) between something and something else, as in Dogs bark» (DE GROOT, 1956: 192).

Ad ogni modo, alla luce di questo passo sembrerebbe che per De Groot il vocativo appartenga alla sfera “emozionale”. Subito dopo, però, si afferma che «Word-content is used either a. to express an attitude without reference, as in interjections, Alas!, or b. pure reference, as in John!, […] or c. for both at the same time. To the last category belong in Latin, a few classes of inflected words, namely the vocative of the noun, Brute, […]». Nel continuo della lettura si coglie una palese contraddizione, poiché prima sembra che il vocativo sia pertinente alla sfera “emozionale”, per poi affermare che fa parte della pura referenza senza alcun atteggiamento specifico da parte del parlante, ed infine che il vocativo latino esprime contemporaneamente referenza ed atteggiamento del parlante. Quest’ultimo punto però non si correla coerentemente col fatto che ad un’espressione come John! sia attribuita una funzionalità diversa rispetto a quella del vocativo latino: l’assenza di flessione non dovrebbe infatti avere rilevanza, dal momento che si sta trattando del vocativo latino non solo in riferimento alla semantica del morfema ma anche a quella (referenziale) del lessema. Evidentemente, l’applicazione dei parametri dell’attitudinal vs referential meaning al sistema dei casi crea non poche difficoltà ed incoerenze (cfr. anche CALBOLI, 1972: 150).

Ciò che invece emerge con chiarezza, a nostro avviso, è la necessità di appellarsi a parametri ad hoc per tentare un’integrazione del vocativo nel sistema. Dal momento che basa la sua analisi sul latino, è infatti preciso scopo di De Groot poterlo includere a tutti gli effetti nel novero dei casi, prendendo le distanze fin dalle primissime battute dell’articolo dalla posizione di Hjelmslev che, invece, lo escludeva a priori (cfr. § 1.6.1.) (DE GROOT, 1956: 190):

80 La categoria del vocativo nelle lingue classiche

The vocative is a case like any other case, because it is in complementary syntagmatic distribution with the other cases. […] There is no reason to say that, in the case-system, the vocative is “on a different level” from the other cases.

In ultima analisi, dunque, la legittimazione del vocativo all’interno del sistema dei casi viene fondata da De Groot sul piano morfologico, dal momento che in latino il vocativo rappresenta certamente un membro della flessione nominale (almeno nei nomi tematici), ma lascia aperto il problema della sua semantica, soprattutto in relazione agli altri casi, dal momento che l’impianto è strutturalista. Ancora una volta, pertanto, siamo di fronte al problema di riuscire ad integrare nel sistema un elemento formalmente omogeneo ma funzionalmente eterogeneo.72