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SISTEMI SANITARI A CONFRONTO

3.4 ANALISI E PROSPETTIVE DERIVANTI DAL CONFRONTO

Ciò che possiamo notare quindi dal confronto tra il sistema sanitario italiano, quello tedesco e quello statunitense è che ciascuno dei principali paesi industrializzati ha assunto per la sanità forme e assetti specifici anche se hanno seguito percorsi di vita simili. La fine dell’800 infatti ha visto la

Health Affairs è una delle più importanti riviste americane di politica sanitaria.

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Maciocco, Salvadori, Tedeschi, op.cit.

nascita dei primi modelli di sistema che si sono progressivamente estesi nella prima metà del ‘900. Tutti gli anni ‘50, ‘60, ‘70 e metà degli anni ‘80 sono stati caratterizzati da una forte presenza di politiche di espansione della “quantità di sanità” e dalla definizione dei vari modelli di sistema. Solo verso la metà degli anni ‘80 si è visto la necessità di adottare i primi interventi di contenimento della spesa e di rimodellamento sia della distribuzione che della quantità degli impianti presenti sul territorio, dando così inizio a tentativi di controllo della spesa e riforme dei modelli di sistema che ancora non hanno trovato piena attuazione.

Nonostante la diversità del modello e della gestione dei diversi sistemi sanitari, in questi anni tutti i paesi hanno cercato di perseguire alcuni obbiettivi comuni: freno al continuo aumento della spesa, maggiore elasticità a livello di gestione, introduzione di meccanismi mutuati dal mercato e finalizzati al perseguimento di maggiore efficenza operativa.

Lo scopo dei numerosi interventi attuati è quello di rendere i sistemi più dinamici, meno lenti, meno pesanti, più disposti al cambiamento e maggiormente sensibili alle esigenze degli utenti. I sistemi sanitari infatti, essendo rivolti a tutti i cittadini e a tutto il territorio, sono per natura lenti e viscosi. Il tradizionale predominio della componente pubblica, tanto a livello di decisione che di programmazione e erogazione di servizi, li ha resi più attenti alle esigenze di chi vi lavora che di quelle degli utenti. Non si tratta di “miopia” di programmazione, ma scontro di interessi forti e reali che viene pagato dall’anello debole della catena sanitaria: i cittadini malati.

Dopo aver analizzato il modello sanitario americano, basato sul sistema delle assicurazioni private, quello tedesco, che invece si affida per la gestione della sanità alle casse mutue, e quello universalistico italiano, viene da chiedersi quale sia nel concreto il modello migliore.

Come abbiamo visto ogni paese ha cercato di organizzare la copertura sanitaria sulla base della propria cultura e delle proprie tradizioni, ogni realtà che si è venuta a creare presenta punti di forza e di debolezza, ma nella mia analisi sono arrivata alla conclusione che il sistema sanitario che a mio avviso persegue maggiormente i principi dell’equità e dell’efficienza sia quello italiano caratterizzato da una impronta universalistica e dalla forte presenza dell’intervento pubblico nella gestione e erogazione dei servizi.

Quest’ultimo aspetto è infatti fondamentale sia per garantire una copertura sanitaria di tipo universale in cui nessun cittadino è escluso dalle cure mediche di cui necessita, sia per trattare la

particolare categoria di beni in cui rientrano le prestazioni sanitarie, sia per fronteggiare le inefficienze che si verificano dal momento in cui il mercato della sanità non è un mercato perfettamente concorrenziale.

Le prestazioni sanitarie, anche se vengono spesso e erroneamente definite beni pubblici, non possiedono le caratteristiche proprie di questa tipologia di beni, esse infatti presentano tracce di rivalità nel consumo (questo fa sì che il consumo di un bene da parte di un individuo riduca inevitabilmente le possibilità di consumo degli altri) e di escludibilità (cioè il sistema dei prezzi è in grado di precludere il consumo di determinati beni a tutti quegli individui che non sono disposti a sostenerne il relativo onere). 87

In particolare tali prestazioni possono essere considerate “beni di merito”, questa categoria di beni è stata introdotta nella letteratura dall’economista Richard Abel Musgrave e vi rientrano tutti quei beni che non presentano problemi di non rivalità o di non escludibilià, sono beni destinati a soddisfare bisogni trasversali alla tradizionale distinzione tra beni pubblici e beni privati e sono caratterizzati da un problema di interferenza nelle preferenze dei consumatori. In questi casi lo Stato sovrappone il proprio punto di vista a quello individuale imponendo certi comportamenti che possono essere interpretati come di tipo paternalistico, ispirati cioè dal desiderio di fare il bene del destinatario anche se questo non ne è persuaso. Lo Stato può valutare che un certo bene sia 88 consumato troppo o troppo poco e interviene per incentivarne o limitarne il consumo. Il ragionamento che sta alla base dell’esistenza dei beni meritori è che gli individui, per varie ragioni, non sono in grado di soddisfare in maniera ottimale le loro preferenze, in questo caso lo Stato corregge comportamenti che sono per gli individui stessi non ottimali. Le ragioni che portano all’emergere di questi comportamenti possono essere molteplici: non sempre gli individui sono in grado di valutare le conseguenze a lungo termine di certe scelte e adottano quindi un atteggiamento miope, gli individui possono in altri casi discostarsi da comportamenti pienamente razionali quando adottano metodi veloci o approssimativi per prendere decisioni che spesso possono portare a commettere degli errori e distorsioni, inoltre può capitare che le persone effettuino delle scelte in presenza di una dissonanza cognitiva, ossia di una situazione psicologicamente costosa che si verifica quando le preferenze, credenze e opzioni di scelta contrastano funzionalmente fra di loro. In

Balestrino, Galli, Spataro, op.cit.

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P. Bosi, Corso di scienza delle finanze, il Mulino, Bologna, 2003.

tutti questi casi il compito dello Stato è quello di imporre o incoraggiare determinati comportamenti proficui per i cittadini e di scoraggiarne altri non ottimali.

La presenza dell’autorità pubblica nella sanità è inoltre necessaria in quanto il mercato delle prestazioni sanitarie non è un mercato perfettamente concorrenziale e non efficiente in senso paretiano e quindi lo Stato deve cercare di sopperire a tale mancanza. La teoria convenzionale dei mercati concorrenziali infatti è basata su alcune ipotesi cruciali: esistono molti produttori; il bene scambiato sul mercato è omogeneo; i consumatori sono perfettamente informati: essi conoscono i prezzi e le qualità del bene sul mercato; i consumatori pagano per intero il costo di ciò che consumano. Il mercato della sanità invece presenta delle caratteristiche per cui non sono rispettate 89 alcune di esse.

In particolare tra i molteplici fattori che agiscono in tal senso viene data particolare importanza al ruolo del consumatore, l’economia del benessere ne presuppone razionalità e perfetta informazione. In sanità, anche se si volesse mantenere l’ipotesi di razionalità, si deve ammettere che non è possibile che si verifichi una informazione perfetta: il bene sanitario infatti viene considerato un bene la cui qualità può essere verificata, con serie difficoltà e limiti, solo quando si sono già manifestati gli effetti del consumo. Il paziente, che definiremo Principale, da solo non è capace di esprimere la domanda di servizi sanitari e per questo si deve rivolgere ad un medico, che chiameremo invece Agente, il quale condizionerà il processo decisionale. Tra il Principale e l’Agente si instaura un rapporto di “agenzia con informazione imperfetta” per cui il medico agisce per conto del paziente, ma senza che quest’ultimo abbia le informazioni necessarie per controllarne l’operato. Nel caso della sanità il fenomeno dell’informazione imperfetta è presente nelle sue due forme dell’azzardo morale e della selezione avversa.

La copertura assicurativa garantita dal SSN italiano infatti, sebbene svolga un ruolo importante, ha una conseguenza negativa, incoraggia l’individuo a spendere in servizi medici più di quanto egli altrimenti farebbe. La copertura gratuita fornita dal sistema sanitario induce gli individui a spingere il consumo di servizi medici fino a un punto in cui il beneficio marginale è molto inferiore al costo marginale sociale di quei servizi. Il problema derivante dal fatto che la copertura assicurativa

J.E. Stiglitz, Economia del settore pubblico. Fondamenti delle scelte sociali. Analisi dei programmi di

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spesa pubblica. La tassazione: teoria e pratica. Disavanzo pubblico e stabilità economica, Hoepli, Milano,

influenza il comportamento degli individui è noto come “problema dell’azzardo morale”. L’assicurazione sanitaria non influenza inoltre solo la quantità e qualità dell’assistenza sanitaria che gli utenti acquistano quando sono malati, essa può anche influenzare le loro attività di mantenimento della salute in quanto questi, poiché non devono pagare tutti i costi di una eventuale malattia, potrebbero non prendere sufficienti precauzioni per prevenirla. In un certo senso possiamo dire che non c’è una vera soluzione al contrasto tra rischio morale ed efficienza, poiché quanto più è ampia la copertura assicurativa, tanto più deboli sono gli incentivi economici all’efficienza. Tuttavia alcuni problemi di questo tipo possono forse essere ridotti aumentando i controlli diretti a garantire che non vengano sostenute spese sanitarie non necessarie e non garantendo una copertura assicurativa che rimborsi il 100% dei costi dei servizi, ma che questa venga equilibrata anche in base all’indicatore economico equivalente (ISEE) dei singoli utenti. 90

Per quanto riguarda invece la selezione avversa questa si riferisce ad una particolare situazione di asimmetria informativa in cui P, non è in grado di conoscere alcune caratteristiche o informazioni in possesso di A rilevanti ai fine dalla stipulazione del contratto di agenzia. Ne sono un esempio la sanità e tutti i contratti del ramo della vita in cui la popolazione da assicurare viene suddivisa sulla base della variabile “stato di salute”. I malati sono i soggetti ad alto rischio in quanto ad essi è associata una maggiore probabilità che si verifichi l’evento assicurato; i soggetti sani sono considerati a basso rischio. Se non ci fosse asimmetria informativa, P, le assicurazioni, potrebbero controllare senza costi aggiuntivi se il soggetto che chiede di essere assicurato, A, appartiene al gruppo dei sani o dei malati, P quindi sarebbe in grado di offrire due tipo di contratti, uno con premi bassi per i soggetti sani a basso rischio e uno con premi alti per i malati ad alto rischio. Ma nella realtà, essendo l’asimmetria informativa un fenomeno presente, P non è in grado di separare i sani dai malati, quindi che tipo di contratto può offrire? Nel caso in cui offrisse un solo contratto con premi bassi i soggetti ad alto rischio lo sottoscriverebbero volentieri e P incorrerebbe in copiose perdite; se al contrario si pensasse a un premio alto gli individui sani non avrebbero alcun interesse a sottoscriverlo e nuovamente solo i soggetti malati sarebbero coperti dall’assicurazione. La 91 creazione di un servizio sanitario nazionale come quello del nostro paese può offrire quindi una

Stiglitz, ibi.

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Bosi, op.cit.

ingegnosa soluzione al problema della selezione avversa in quanto elimina la distinzione tra individui ad alto e basso rischio assicurandoli tutti e creando una compensazione. Il SSN quindi non solo permette di riparare al fallimento del mercato dell’informazione imperfetta, ma garantisce anche la presenza di un mercato di servizi che non sarebbe né possibile né sopportabile a livello privato.

Altro aspetto da tenere presente è che nel mercato sanitario i servizi offerti hanno la connotazione sia di beni non omogenei, poiché sono difficilmente sostituibili fra loro sia di beni che generano esternalità in quanto producono costi e/o benefici non traducibili in termini monetari, ne sono un esempio le vaccinazioni che producono un effetto positivo a livello individuale, ma anche alla comunità contribuendo a creare una “immunità di gregge” che permette di proteggere anche quegli individui che non possono vaccinarsi.

La formula del sistema sanitario nazionale italiano delinea un modello di copertura sanitaria che maggiormente persegue i due principi di equità e efficienza rispetto ad altri, ma certamente non è esente da presentare numerosi problemi di funzionamento.

Se infatti è vero che un mercato delle prestazioni sanitarie affidato alle regole dell’amministrazione pubblica permette un’universalità della copertura, è anche vero che l’eccesso di consumo dei servizi da azzardo morale non è di fatto risolvibile. Inoltre in una “azienda” così grande come quella del SSN l’asimmetria informativa si presenta anche nella misura in cui è difficile per il Principale, ossia colui che è al vertice dei processi decisionali, controllare l’operato dei singoli lavoratori, gli Agenti. Come si può fare quindi per essere certi che il livello di efficienza sia al massimo delle possibilità? Ciò che nel corso degli anni è stato elaborato è un complesso sistema di incentivi per i lavoratori, come i premi per la produttività individuale o collettiva, che però di fatto non sono stati decisivi per l’obiettivo per cui sono nati.

Se invece si guarda all’efficienza del sistema stesso, è vero che il SSN ripara al problema dei “mercati mancanti”, ma è anche vero che l’eccessiva burocratizzazione delle pratiche e la mancanza di sostituzione di personale che negli ultimi anni è drasticamente diminuito hanno portato all’emergere di nuove e numerose difficoltà nell’accesso alle cure. È infatti noto che le strutture pubbliche denunciano difficoltà sul piano organizzativo che si traducono in prestazioni inefficienti

per quanto riguarda i tempi di attesa, gli aspetti alberghieri, ecc. Questa è evidentemente una grande mancanza per le aziende pubbliche, che non appaiono in grado di competere efficacemente con quelle private. L’espansione delle attività intramurarie potrebbe in qualche misura mitigare tale problema, consentendo un certo recupero di competitività alle strutture pubbliche. Il problema principale è che in un servizio sanitario nazionale come quello italiano la necessità di operare senza far pagare i servizi conduce a due conseguenze, da una parte è inevitabile la scelta di evitare il lusso e dall’altra si verifica un eccesso di domanda. Le strutture pubbliche devono quindi rendersi competitive rispetto a quelle private, sia perché questo rende migliore la gamma di scelte a disposizione dei cittadini sia perché dovranno sempre più far conto di entrate proprie, piuttosto che sui trasferimenti statali e regionali, per finanziarsi. In tal senso l’attività intramuraria fornisce uno strumento di aiuto poiché devia parte del flusso di richieste di assistenza. Questa infatti, offrendo servizi con standard qualitativi più alti in termini alberghieri e tempi di esecuzione più rapidi, attirerà le persone che hanno maggiore disponibilità di risorse finanziarie, per le quali in tempo e la comodità hanno un valore mediamente maggiore, e che desiderano rivolgersi comunque alle strutture pubbliche per l’alto livello delle competenze e delle attrezzature mediche. Le persone invece che hanno molto tempo a disposizione, ma con un reddito relativamente basso potranno comunque rivolgersi al servizio pubblico che dovrebbe così decongestionarsi. Mi chiedo però quale sarebbe la strada di tutte quelle persone e famiglie che oltre ad avere un reddito basso non hanno neanche molto tempo a disposizione, quei nuclei familiari in cui ci sono dei bambini o degli anziani con delle non-auto sufficienze o in cui un membro è affetto da una grave patologia cronica. Per loro sarebbe necessaria una riduzione dei costi di accesso ai servizi sanitari e allo stesso tempo un sistema che permetta di accorciare i tempi, si dovrebbe quindi incentivare il loro uso dell’attività intramuraria per quest’ultimo aspetto, ma allo stesso tempo si dovrebbe introdurre delle agevolazioni a loro favore. Tale soluzione però incontra oggi numerosi ostacoli. Prima di tutto vi sono i costi fissi di avviamento dell’attività che riguardano sia aspetti organizzativi che finanziari difficili da reperire in anni recenti caratterizzati da profondi cambiamenti dell’assetto istituzionale e organizzativo; inoltre un aspetto non secondario è la difficoltà di coinvolgimento del personale

medico che viene fortemente penalizzato sulla retribuzione nel caso in cui decida di optare per l’intramuraria. 92

A. Balestrino, A. Petretto, Assicurazioni sanitarie, agevolazioni fiscali e libera professione

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4.

CONCLUSIONI

Lo scopo principale di questa tesi è stato quello di cercare di dimostrare perché, secondo la mia opinione, il SSN italiano rappresenta il sistema sanitario che maggiormente realizza i principi di equità e efficienza.

È stato necessario per prima cosa ripercorrere la storia e l’evoluzione del Welfare State fin da quando, grazie alle prime trasformazioni industriali, ha mosso i primi passi. Ho delineato le tappe fondamentali che hanno permesso la nascita delle prime assicurazioni obbligatorie nella Germania di fine ‘800, anni in cui il cancelliere Bismark introdusse il primo schema di assicurazioni obbligatorie in caso di malattia per i lavoratori, separando così in modo netto il concetto di previdenza da quello di assistenza. Abbiamo visto come le grandi trasformazioni dei primi del ‘900 e il primo conflitto mondiale abbiano determinato una notevole crescita dei provvedimenti a carattere sociale portando così all’aumento del ruolo dello Stato impegnato ad assicurare il benessere dei propri cittadini. Gli anni del secondo dopoguerra sono stati caratterizzati dalla nascita dello “Stato del benessere” influenzato dai principi di sicurezza sociale e caratterizzato da assicurazioni nazionali a connotazione universalistica unite a una rete di servizi pubblici.

Come abbiamo visto la forma iniziale con cui è nato il Welfare State ha visto nel corso dei decenni delle profonde modifiche dovute soprattutto ai cambiamenti sociali e politici che caratterizzarono la seconda metà del 1900, attraverso queste si cercò di dare una risposta alle nuove problematiche

derivanti dai cambiamenti del ciclo economico e della struttura della popolazione di quegli anni (come ad esempio le esigenze di contenimento della spesa pubblica e l’innalzamento delle aspettative di vita).

Le politiche sociali si sono quindi dovute modificare e adattare ai nuovi contesti passando da una tradizionale logica sussidiaria all’introduzione di politiche attive per evitare la piena distruzione del

welfare state e adottando criteri di razionalizzazione e economicità.

Avendo delineato le principali tappe dell’evoluzione del Welfare mi sono poi concentrata su uno dei tre pilastri dello Stato sociale italiano: la sanità.

La creazione del modello sanitario italiano con le caratteristiche che si presentano oggigiorno ha richiesto, come abbiamo detto, numerosi interventi legislativi. Nonostante infatti la salute sia stata riconosciuta come un diritto fondamentale del cittadino dalla Costituzione nel 1947, dobbiamo aspettare la legge 833 del 1978 per l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale.

Abbiamo visto poi che il modello così delineato dalla prima riforma sanitaria ha necessitato di alcune modifiche negli anni successivi: la riforma sanitaria bis, con i D.Lgs 502/1992 e 517/1993, ha introdotto nel sistema alcune caratteristiche proprie della aziendalizzazione e della regionalizzazione per cercare di porre un freno alla forte crescita della spesa sanitaria; la riforma sanitaria ter, conosciuta anche come riforma Bindi, ha definito i livelli essenziali di assistenza al fine di garantire la sostenibilità del sistema e l’universalità delle prestazioni; la legge costituzionale 3/2001 ha cercato invece di dare allo Stato italiano una fisionomia maggiormente federalista e ha rivoluzionato la tradizionale ripartizione dei compiti dei diversi livelli istituzionali.

Uno dei punti fondamentali emerso in questo secondo capitolo è stato che le esigenze di governo e di contenimento della spesa sanitaria hanno rappresentato, e rappresentano tuttora, una delle questioni politiche principali del nostro paese, sia per i tassi di crescita mostrati che per la natura propria delle stesse.

Dopo aver chiarito come si articola il servizio sanitario in Italia è stato quindi necessario procedere a un confronto con gli schemi di copertura di altre realtà. Ho deciso quindi di analizzare i modelli sanitari della Germania e degli Stati Uniti in quanto, nonostante rappresentino due delle principali

potenze economiche a livello mondiale, presentano entrambi delle forti difficoltà quando si parla di organizzazione sanitaria.

Come abbiamo visto il sistema sanitario tedesco è di tipo mutualistico, questo significa che si basa su una struttura di assicurazioni obbligatorie alle quali i cittadini devono obbligatoriamente iscriversi.

Nonostante il funzionamento del sistema sia abbastanza buono e abbia raggiunto dal 2009 l’universalità, la Germania è tra i paesi europei, con Francia e Svizzera, che presenta da sempre un alto livello di spesa sanitaria: da circa quindici anni è stabilmente sopra il 10% in percentuale sul PIL, l’11,1% nel 2014 secondo i dati OECD. La spesa pro capite a parità di potere di acquisto è alta