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SANITÀ IN ITALIA

2.1 STORIA E PRINCIPI DEL S.S.N ITALIANO

Come abbiamo visto nel capitolo precedente l’evoluzione del servizio sanitario nazionale è stata caratterizzata da numerosi interventi legislativi e riforme e dobbiamo aspettare il 1948, anno in cui la nostra Costituzione entra effettivamente in vigore, perché venga riconosciuto il diritto alla salute come un diritto fondamentale.

La storia della sanità italiana può di fatto essere suddivisa in alcune tappe fondamentali.

Alla vigilia degli anni 40 del 1900, il sistema sanitario si fondava sulle così dette “assicurazioni sociali o mutue assicurazioni”.

Una prima forma di “tutela” in tema di salute si ha nel 1890 con la legge 6972, conosciuta come “legge Crispi”, con la quale veniva stabilito che non rientrava più fra le competenze della Chiesa la gestione delle Opere Pie e che queste verranno poi trasformate in Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB) e affidate alla gestione del comune.

Nella prima metà del 1900 nascono le casse mutue (INAM, ENPAS ed ENPAM) ognuna delle quali era comprendente per una determinata categoria di lavoratori; per poter fruire dell’assicurazione sanitaria e delle cure ospedaliere quest’ultimi vi dovevano iscrivere se stessi e i propri familiari. Tali

casse venivano finanziate in parte dai lavoratori e in parte dal datore di lavoro. Possiamo quindi dire che, in questi anni, il diritto alla salute era correlato e associato all’essere un lavoratore (o quantomeno un familiare) e che si veniva a creare un forte squilibrio tra chi aveva diritto di accesso alla salute e chi invece ne era escluso perché indigente.

Solo con l’entrata in vigore della Costituzione si affermano le norme fondamentali per la tutela della salute. L’art. 32 della costituzione infatti dice che:

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” 20

Il diritto alla salute diviene quindi un diritto sancito a tutela del cittadino per ottenere determinate prestazioni da parte dello Stato e, in qualità di interesse collettivo, per garantire le condizioni di benessere fisico e psichico di tutti i cittadini.

Nonostante non garantisse una copertura di tipo universale, il sistema delle assicurazioni sociali rimane comunque in vigore fino al 1977, anno in cui vengono soppresse in via definitiva le casse mutue e si affidano alla Regione le competenze definite dall’art. 117 della Costituzione del 1948 con il D.P.R. 616.

2.2 LA LEGGE 833/1978

È sulla scia delle riforme di cui abbiamo appena parlato che nel 1978 con la legge 833 viene istituito il Servizio Sanitario Nazionale.

Costituzione della Repubblica Italiana, parte I, Titolo I, art.32.

Elemento fondamentale su cui si basava tale legge era ancora una volta il concetto di “salute”, ma considerato in un’ottica completamente nuova:

“ la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o infermità.” 21

Per arrivare quindi a uno stato di completo benessere una persona (o un gruppo di persone) deve essere capace di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni e di modificare positivamente l'ambiente circostante; deve intraprendere, cioè, un processo di promozione della salute che la renda capace di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla.

La legge di riforma prevedeva l’istituzione di una struttura istituzionale centrale, suddivisa in Unità Sanitarie Locali (USL) a cui spettava la produzione e l’erogazione di interventi socio-assistenziali.

I principi ispiratori del SSN erano molteplici. Una delle caratteristiche principali di tale modello era, ed è tutt’ora, l’universalità. Il sistema sanitario si configura come un sistema rivolto a tutti i cittadini, i quali vi accedono secondo il principio di uguaglianza, ma secondo una logica di universalità selettiva e questo per poter garantire un servizio esigibile. Per accedere al servizio 22 sanitario è necessario il requisito della cittadinanza qualora non lo si possedesse, viene assicurato solo a coloro che hanno un permesso di soggiorno.

Definizione data dall’OMS.

21

Da una parte si è affermato il criterio di garantire le "prestazioni necessarie ed appropriate a chi ne ha

22

bisogno" e dall’altra è cambiato il significato concreto dell’eguaglianza, passando dal principio che "gli individui con lo stesso stato di salute (o di bisogno) devono venire trattati egualmente" alla convinzione e che "gli individui con peggiore stato di salute o con maggiore bisogno devono venire trattati più favorevolmente" (equità verticale)”.

Si parla quindi di universalità, ma selettiva. Selettività significa selezione dei beneficiari sulla base di una prova dei mezzi: accedono ai trasferimenti i poveri, intesi come i soggetti le cui risorse sono al di sotto di una data soglia. La selettività permette di concentrare i trasferimenti sui più poveri e favorirebbe l’efficienza verticale dei trasferimenti, impedendo che non poveri vengano egualmente avvantaggiati dai trasferimenti. La compresenza di universalismo e di selettività permetterebbe di realizzare entrambi i benefici tipicamente associati a ciascuna di queste prospettive.

Altro principio fondamentale del SSN è l’uguaglianza. A parità di condizioni, tutti hanno diritto ad accedere alle stesse prestazioni, e pertanto deve essere assicurata la medesima risposta a chi presenta lo stesso bisogno; tutti i cittadini, ad eccezione di quelli esenti, sono tenuti a partecipare alla spesa del servizio sanitario attraverso il pagamento di un ticket, la modulazione di quest’ultimo è fatta sulla base di quattro fasce economiche differenziate, proporzionate al reddito familiare fiscale o, in alternativa, all’indicatore ISEE se posseduto. La fascia economica di appartenenza viene individuata da una banca dati contenente i dati forniti annualmente dalla Agenzia delle Entrate e dall’INPS, sulla base, come abbiamo detto, delle dichiarazioni dei redditi dell’anno precedente e degli indicatori ISEE in corso di validità. Il SSN si basa inoltre sui principi di solidarietà, globalità e sussidiarietà. Il sistema di finanziamento collettivo su base fiscale, che vedremo più avanti in modo approfondito, è infatti garantito tramite l’apporto di ogni cittadino sulla base della sua capacità contributiva e inoltre i suoi obbiettivi sono da ricercare non soltanto nell’erogazione di assistenza nei confronti del singolo utente, ma, come abbiamo detto, nella cura del benessere psico-fisico della persona e quindi della popolazione. Il SSN deve quindi garantire interventi adeguati in un’ottica di prevenzione, cura e riabilitazione.

Per quanto riguarda il principio di sussidiarietà questa può essere definita come il principio regolatore secondo il quale la responsabilità di garantire l’erogazione di un servizio spetta al livello di governo più vicino al cittadino, per cui, se un ente inferiore è in grado di svolgere bene un compito, l’ente superiore non deve intervenire, ma può comunque sostenere l’azione. Tale principio è stato recepito nell’ordinamento italiano con la novella dell’art. 118 della Costituzione introdotta dalla legge costituzionale n. 3/2001:

“Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

(...)

Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.” 23

Costituzione della Repubblica Italiana, Titolo V, art.118.

Tale principio comporta da una parte che le diverse istituzioni devono tendere a creare le condizioni che permettano alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente senza sostituirsi ad essi nello svolgimento delle loro attività; dall’altra che gli interventi del livello di governo superiore devono essere temporanei e tesi a restituire l’autonomia di azione di quello inferiore; e infine che l’intervento pubblico deve essere attuato quanto più vicino possibile al cittadino.

Il principio di sussidiarietà può essere inteso in due sensi: quello verticale e quello orizzontale. La sussidiarietà verticale consiste nella ripartizione gerarchica delle competenze che deve essere spostata, come abbiamo appena detto, verso gli enti più prossimi al cittadino e quindi più vicini ai bisogni del territorio. La sussidiarietà orizzontale, invece, viene definita anche “sussidiarietà sociale” e si esplica attraverso la possibilità da parte del cittadino di cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che incidono sulle realtà sociali a lui più prossime. Affinché tale principio sia effettivamente garantito è necessario che le due tipologie di sussidiarietà si incrocino e si integrino.

Gli scopi con cui nasce il Servizio Sanitario Nazionale sono principalmente due. Da una parte si poneva l’obbiettivo di investire nella prevenzione almeno il 5% dei bilanci:

“Le unità sanitarie locali provvedono ad erogare le prestazioni di prevenzione, di cura, di riabilitazione e di medicina legale, assicurando a tutta la popolazione i livelli di prestazioni sanitarie stabiliti ai sensi del secondo comma dell’art. 3. (...)” 24

Dall’altra si rendeva necessario per la prima volta attuare una nuova forma di integrazione fra le varie istituzioni coinvolte nella cura del benessere della collettività: l’integrazione socio-sanitaria . 25

Legge 833/1978, Titolo I, Capo III, art. 19.

24

Anche se nella legge 833/1978 non si fa esplicito riferimento il concetto di integrazione socio sanitaria

25

“La funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle Regioni in materia sanitaria, attinente ad esigenze di carattere unitario, anche con riferimento agli obiettivi della programmazione economica nazionale, ad esigenze di rigore e di efficacia della spesa sanitaria nonché agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali e comunitari, spetta allo Stato e viene esercitata, fuori dei casi in cui si provveda con legge o con atto avente forza di legge, mediante deliberazioni del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, d’intesa con il Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale. (...)” 26

Si afferma quindi che è compito del SSN farsi carico della persona malata per raggiungere l’obbiettivo della salute, ma che spetta anche alle Regioni attivarsi per assicurare il collegamento e il coordinamento con le altre istituzioni sociali non incluse nel servizio sanitario, ma comunque fondamentali per raggiungere lo stato di salute. L’obbiettivo del legislatore era quindi quello di coinvolgere nel perseguimento del benessere dei cittadini tutte quelle istituzioni per essa determinanti e questo nell’ottica secondo la quale, quando si manifesta un disagio, anche se inizialmente sembra riguardare esclusivamente l’ambito sanitario, questo investe spesso anche le altre sfere di vita delle persone ( sociale, economica...).

Quest’ultimo tema accompagnerà molti degli interventi legislativi che seguiranno la legge 833/1978. Nel 1984 infatti, con il decreto Craxi, compare per la prima volta in modo ufficiale il termine “integrazione socio-sanitaria” e ne vengono identificate le tre aree di intervento: anziani, disabilità, materno-infantile e sanità mentale.

L’obbiettivo di questa nuova forma di integrazione era da una parte quello di spingere le diverse istituzioni a cercare le cause del disagio per poter fornire interventi adeguati volti a eliminarlo; dall’altra quello di raggiungere un sistema di offerta più efficace, efficiente e accessibile tramite risposte unitarie ai bisogni complessi del cittadino.

Legge 833/1978, Titolo I, Capo II, art. 5.