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SANITÀ IN ITALIA

2.8 IL FINANZIAMENTO DEL SSN

La legge 833 del 1978 istitutiva del SSN ha creato un sistema decentrato dal punto di vista delle competenze, dell’organizzazione e della realizzazione dei servizi sanitari, ma non equilibrato dal punto di vista finanziario. La legge ha infatti introdotto il Fondo Sanitario Nazionale che veniva determinato di anno in anno con la legge di bilancio, ma non ha introdotto strumenti adeguati volti a

Caroppo, Turati; Fiorenti; op. cit.

rendere responsabili i livelli di governo inferiori al controllo della spesa sanitaria in quanto prevedeva la possibilità di attribuire i finanziamenti alla Regione e alle USL sulla base della spesa storica e di poter poi ripianare le spese a piè di lista. Le riforme del 1992-3 e del 1999 hanno agito su tali problematiche e hanno fatto ciò mutando la modalità di assegnazione delle risorse che, oggi, non avviene più su base storica, ma è strettamente in funzione del FSN distribuito alle Regioni in base alla “quota Capitaria”. 43

L’obbiettivo delle riforme è quello di assicurare su tutto il territorio nazionale l’uniformità di servizi erogati senza sprechi o inefficienze, quindi le Regioni sono chiamate ora a far fronte con risorse proprie alle necessità finanziarie richieste dall’erogazione di livelli di assistenza superiori a quelli uniformi. Per tutti gli anni Novanta la spesa sanitaria è stata coperta da tre principali fonti: il Fondo Sanitario Nazionale, le entrate tributarie regionali come l’IRAP e l’IRPEF, e il ticket. Quest’ultimo rappresenta una sorta di compartecipazione alla spesa sanitaria da parte del cittadino che usufruisce di un servizio, tutti i cittadini sono tenuti al suo pagamento salvo alcune esenzioni per eventuali invalidità, patologie, problematiche relative al reddito. La svolta riformatrice che ha investito gli anni 2000 ha portato il nostro paese verso una forma moderna di federalismo fiscale in campo sanitario e quindi ha attribuito una maggiore autonomia finanziaria alle Regioni. Uno dei primi provvedimenti che ha agito in tal senso è stato il D.Lgs. 56/2000. I motivi che hanno portato all’introduzione di tale decreto sono sia la creazione di un modello di finanziamento che contenesse i rischi di sforamento dei limiti di spesa da parte dei governi regionali, sia la rimozione dei vincoli di destinazione delle risorse trasferite dallo Stato alle Regioni per una loro maggiore autonomia, sia infine la razionalizzazione del sistema di trasferimenti regionali tramite criteri più idonei di riparto e meccanismi automatici di perequazione. In particolare il meccanismo di riparto automatico dei fondi è basato su una formula che assegna a ogni Regione una quota capitaria “corretta” che viene calcolata in base al peso della popolazione regionale sulla popolazione nazionale e che viene appunto corretta tenendo conto della differenza nella capacità fiscale, della differenza nei bisogni sanitari, della differenza nelle dimensioni della struttura organizzativa. Il D.Lgs. 56/2000 ha inoltre introdotto un meccanismo di finanziamento autonomo regionale per cui le Regioni ricevono una

Le risorse vengono ripartite tra le Regioni sulla base della numerosità della popolazione sedicente

43

quota di tributi erariali e una parte di questa viene destinata al fondo perequativo nazionale per obbiettivi di solidarietà interregionali.

Oggi il SSN viene quindi finanziato per il 95% dalla fiscalità generale e per il restante 5% da trasferimenti del settore pubblico e privato e da ricavi o entrate proprie delle ASL.

Altro decreto di particolare importanza è il D.Lgs. 68/2011 il quale definisce l’autonomia di 44 entrata delle Regioni e disciplina il loro finanziamento e quello del SSN. Il Decreto Legislativo sancisce che spetta alle Regioni (a statuto ordinario) la copertura dei costi di fornitura dei LEP in sanità e di alcune altre voci di spesa, e che quindi il finanziamento deve fare riferimento ai costi e ai fabbisogni standard. Le Regioni che non hanno sufficiente capacità fiscale per ricoprire tali costi 45 standardizzati potranno usufruire di fondi perequativi.

Detto questo è interessante osservare che nel nostro paese il finanziamento pubblico ha storicamente rappresentato la parte preponderante di copertura della spesa. La spesa sanitaria pubblica ha infatti costituito mediamente, tra il 1985 e il 2003, il 78% della spesa complessiva. La spesa privata invece ha visto crescere lentamente, ma progressivamente il proprio ruolo nell’acquisto di prestazioni sanitarie fino dai primi anni 2000. Altra particolarità della spesa sanitaria italiana è che presenta delle differenze da Regione a Regione. Nelle Isole e nel Meridione infatti la percentuale di spesa pubblica sul totale è da sempre stata superiore rispetto alle altre aree, mentre nelle Regioni nord-occidentali si è sempre registrata una quota di spesa privata più significativa. Ciò è comprensibile se si tiene in considerazione la relazione tra spesa sanitaria e reddito di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente, queste differenze infatti potrebbero essere legate ai differenziali di reddito pro capite di cui abbiamo parlato.

La spesa sanitaria pubblica in Italia per l’erogazione di servizi sanitari è cresciuta dal 1985 al 2005 ad un tasso medio del 7,8% così come la spesa pro capite che è passata sempre negli stessi anni da 383 euro a 1618. 46

Decreto attuativo della Legge 42/1990.

44

Il fabbisogno standard coincide con <<l’ammontare di risorse necessarie ad assicurare i livelli essenziali di

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assistenza in condizione di efficienza e appropriatezza. Il costo standard ammesso è calcolato con la media pro capite pesata dai costi registrati nelle Regioni benchmark, vale a dire quelle più efficienti.>>

Balestrino,Galli, Spataro, op.cit. Caroppo, Turati, op.cit.

TABELLA 2.4: spesa corrente pro capite del SSN- scarti dal valore medio nazionale, anni vari. 47

A questo punto credo che sia necessario un breve chiarimento sul ruolo che la spesa sanitaria privata ricopre nel nostro paese. Questa ha mostrato un andamento altalenante durante gli anni 90, si è 48 registrata una prima fase di crescita a partire dal 1992, ma ha iniziato ad avere un peso notevole solamente all’inizio degli anni 2000. Se ci concentriamo sul finanziamento privato da parte delle famiglie sono sostanzialmente due le fonti di copertura della spesa privata: i pagamenti out-of-

pocket, ossia i pagamenti in denaro delle prestazioni, e i pagamenti per la sottoscrizione di polizze

assicurative private. E su queste due dimensioni possiamo notare che il nostro paese presenta delle nette differenze rispetto agli altri paesi europei. In Italia infatti la quota maggiore di spesa finanziaria si concentra negli out-pocket delle famiglie, mentre la spesa per polizze sanitarie integrative rimane decisamente marginale.

Prendendo in considerazione dati recenti possiamo vedere che la spesa sanitaria privata ha raggiunto nel 2017 la cifra esorbitante di quasi 40 miliardi di euro . Questo vuol dire che 7 milioni 49 di italiani si sono indebitati per pagare le cure e i servizi sanitari di cui hanno bisogno e 2,8 milioni

1985 1995 2005 Regioni nord-ovest -18 27 1 Regioni nord-est 31 73 53 Regioni centro 35 48 88 Regioni meridione -23 -89 -85 Isole -19 -66 -58 Media nazionale 383 840 1618

Caroppo, Turati, ibi., pag.58.

47

I dati qui riportati sulla spesa sanitaria privata in Italia sono il frutto di una comparazione tra i testi:

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Caroppo, Turati, op.cit.; Fiorenti, op.cit.; RBM assicurazione salute-CENSIS VIII welfare day, anno 2018; a cui rimando per Maggiori approfondimenti.

+9,6% rispetto al periodo 2013-2017.

per farlo hanno dovuto vendere la propria casa, mentre 44 milioni in totale hanno pagato di tasca propria prestazioni sanitarie per intero o con ticket, per una spesa media pro capite di 655 euro, che rischia di arrivare a 1000 nel 2025. 50

TABELLA 2.5: spesa sanitaria privata e spesa sanitaria totale per consumi, 2001-2017 (v.a. In milioni di euro correnti,

var.% reale). 51

La spesa sanitaria privata sta aumentando e pesa maggiormente sulle famiglie a più basso reddito e sulla popolazione anziana che spende per la sanità circa l’80% in più di tasca propria rispetto a un giovane, ciò produce di conseguenza un aumento delle disuguaglianze sanitarie e della percezione dell’iniquità sociale da parte della popolazione, il 57,7% dei cittadini infatti crede di non avere più le stesse opportunità di cura rispetto al passato. Dal 2010 al 2017 la spesa sanitaria privata, come

Anni Spesa sanitaria privata Spesa totale per consumi

V.a mln euro correnti

2017 37.325 1.058.983 Var.% reale 2013-2017 +9,6 +5,3 2016-2017 +2,9 +1,5 2001-2017 +2,5 +2,3 2001-2008 +3,6 +3,9 2009-2017 +3,6 +0,3

CENSIS VIII welfare day, ibi.

50

Fonte: elaborazione CENSIS sui dati ISTAT, 2018.

quota della spesa sanitaria totale, è cresciuta passando dal 21,5% al 24,8% mentre quella pubblica si è ridotta dal 78,5% al 75,2%. 52

TABELLA 2.6: le quote di spesa sanitaria pubblica e privata sulla spesa sanitaria totale, 2010-2017 (val. % e differenze). 53

Gli scenari futuri per gli anno 2018-2020 inoltre segnalano che la spesa annua del SSN aumenterà di circa 1,3% all’anno, viene quindi descritta una futura realtà in cui la spesa sanitaria pubblica rimarrebbe stazionaria in termini reali, sufficiente per la gestione ordinaria del Servizio sanitario, ma decisamente inappropriata per promuovere sviluppo e investimento.

Lo scenario che oggi si presenta è stato ben fotografato da Marco Vecchietti, amministratore delegato e direttore generale RBM Assicurazione Salute, che dice: “È ormai indifferibile l’avvio anche in sanità di un secondo pilastro, su base istituzionale per tutti i cittadini o almeno su base occupazionale, per quanti dichiarano un reddito imponibile. Attraverso la disponibilità per tutti i cittadini di una polizza sanitaria o di un Fondo sanitario integrativo, si potrebbe realizzare un effettivo affidamento in gestione della spesa sanitaria privata ad un sistema a governance pubblica e gestione privata. In termini economici, questa impostazione potrebbe consentire di dimezzare e contenere la spesa delle famiglie di circa 20 miliardi, abbattendo i costi medi pro capite di tasca

Anni Spesa sanitaria

pubblica

Spesa sanitaria privata Spesa sanitaria totale

2010 78,5 21,5 100,0

2017 75,2 24,8 100,0

Diff.% 2010-2017 -3,3 3,3 -

CENSIS VIII welfare day, ibi.

52

Fonte: elaborazione CENSIS sui dati ISTAT, 2018.

propria di quasi 340 euro (....) Il punto centrale è identificare la sanità integrativa come strumento d'elezione di gestione della sanità privata dei cittadini, mentre oggi - diversamente da quanto avviene in altri importanti Paesi Ue come la Francia, la Germania o la Gran Bretagna - non opera in modo strutturato e organico nell'ambito del sistema di sicurezza sociale ma è prevalentemente uno strumento uno strumento di welfare contrattuale o aziendale(....)Il problema è portare "a bordo" tutti i cittadini con un modello di secondo pilastro istituzionale e utilizzando un supporto magari di natura fiscale, oggi riservato esclusivamente al lavoro dipendente. Nel nostro Rapporto 2018 mostriamo come, attraverso una riorganizzazione dell'attuale sistema delle detrazioni sanitarie, si potrebbe finanziare completamente un sistema di defiscalizzazione che supporti l'adesione di larghe fasce della popolazione a forme di sanità integrativa.(...)”. 54

2.9 CONCLUSIONI

In conclusione di questo capitolo è necessario a mio avviso cercare di fare una sintesi di quanto detto fino ad adesso. Nel nostro paese la sanità rappresenta uno dei tre pilastri su cui si poggia il

welfare state. L’evoluzione del servizio sanitario italiano è stata a dir poco complessa e elaborata.

Fino agli anni 40 del 1900 infatti le prestazioni sanitarie erano organizzate dalle assicurazioni sociali, in seguito nascono le “casse mutue” con il compito di fornire una assicurazione ai lavoratori che vi si iscrivono e ai loro familiari, si delinea quindi una sanità non accessibile alla totalità della popolazione, una sanità riservata unicamente a chi è in grado di generare un reddito da lavoro. Una prima profonda rivoluzione si ha il 22 Dicembre del 1947 data in cui viene approvata la Costituzione della Repubblica italiana che include tra i diritti fondamentali dell’uomo il diritto alla salute, ma solo nel 1978 viene pubblicata la legge 833 che istituisce il servizio sanitario nazionale. Tale legge propone una nuova concezione di salute che non è più vista come l’assenza di malattia, ma diviene un concetto tridimensionale che comporta dimensioni fisiche, psicologiche e sociali. I principi su cui poggia questo nuovo modello sono l’universalità, l’uguaglianza, la solidarietà, la

CENSIS VIII welfare day, op.cit.

globalità e la sussidiarietà e il concetto su cui per la prima volta si investe è l’integrazione socio sanitaria. Nonostante la portata innovativa della riforma sia evidente la legge 833 presentava comunque numerose lacune che hanno portato a una inevitabile revisione.

I primi anni Novanta sono stati caratterizzati da quella che è stata definita “riforma sanitaria bis”, con i decreti legislativi 502/1992 e 517/1993 si è cercato di agire in tal senso, inizialmente organizzando un riordino territoriale delle USL, e poi cercando di introdurre nel sistema criteri di regionalizzazione, alle Regioni maggiori autorità e competenze, e di aziendalizzazione, ad esempio le USL sono diventate delle aziende (ASL).

Alla fine degli anni Novanta il legislatore si è visto costretto a intervenire nuovamente per cercare di ridurre le inefficienze che permanevano all’interno del SSN. Il principale provvedimento di questa “riforma sanitaria ter” è stato il D.Lgs. 229/1999 che ha individuato, e si è posto l’obbiettivo di garantire per legge, dei Livelli Essenziali di Assistenza e ha definito con maggiore chiarezza le prestazioni socio-sanitarie ponendo nuovamente l’attenzione su questa moderna forma di integrazione.

La riforma del Titolo V della Costituzione ha comportato, anche nel campo della sanità, delle modifiche importanti che si sono distinte per una decisa svolta federalista tradottasi in una revisione dei compiti istituzionali e nell’attribuzione ai livelli di governo più bassi di una maggiore autonomia di spesa e decisionale.

È stato necessario a questo punto chiarire cosa si intende quando si parla si “spesa sanitaria”. Ho cercato di delineare quali sono le variabili che maggiormente influenzano la spesa sanitaria e queste sono state suddivise in due macro gruppi: le variabili istituzionali, che influenzano i produttori, e le variabili non istituzionali, che influenzano lo stato di salute degli individui.

Anche il finanziamento della spesa sanitaria ha richiesto un approfondimento e abbiamo visto che questo ha subito delle profonde modifiche nel 1993, anno in cui siamo passati da una attribuzione delle risorse alle Regioni sulla base della spesa storica con la possibilità di ripianare le spese a piè di lista, a una strettamente in funzione del FSN che viene distribuito alle Regioni in base alla “quota Capitaria”.

Detto questo è stato interessante osservare che nel nostro paese il finanziamento pubblico ha storicamente rappresentato la parte preponderante di copertura della spesa. La spesa sanitaria pubblica ha infatti costituito mediamente, tra il 1985 e il 2003, il 78% della spesa complessiva. La

spesa privata invece ha visto crescere progressivamente il proprio ruolo nell’acquisto di prestazioni sanitarie negli ultimi dieci anni, tra il 2009 e il 217 questa è aumentata del +3,6%. Sta diventando quindi più intenso il ritmo di crescita della spesa privata, meno quello della spesa pubblica, soprattutto in relazione ai fabbisogni di una popolazione che invecchia e fronteggia le cronicità. Come abbiamo visto si tratta di una tipologia di spesa che, in rapporto alla spesa totale per consumi, pesa di più per le famiglie con reddito fino a 40 mila euro rispetto a quelle con reddito pari ad almeno 120 mila euro, e per la popolazione anziana che spende circa l’80% in più rispetto agli altri in spesa sanitaria privata.

3.