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Questa breve premessa serve a chiarire il ruolo centrale della percezione all’interno di un discorso che parla di paesaggio e più in generale dello spazio.

Argomentare e fondare il pensiero sulla percezione non vuol dire inseguire finalità estetiche. Tutt’altro: lavorare su questo tema significa ricondurre lo sguardo verso una giusta visione e compren- sione delle cose. Aiutare a vedere, ad osservare i fenomeni ripor- tandoli alle ragioni originarie.

La prima forma di conoscenza passa infatti attraverso i sensi, primo tra tutti la vista.

La strada si presenta in questo caso come la macchina che guida alla percezione del paesaggio, luogo privilegiato per l’osservazio- ne del territorio che offre la possibilità di fruirlo visivamente, nel tempo e nello spazio: parzialmente ed integralmente, staticamente ed in movimento, con andamento lento, medio e veloce. Rispetto alla condizione del soggetto che osserva, l’oggetto osservato potrà essere percepito in differenti maniere. Lavorando sulla spazialità della strada, fondamentalmente già definita dall’assetto territoria- le, sarà quindi possibile indirizzare la fruizione e la percezione del paesaggio.

Seguire la rete delle percorrenze antiche offre la possibilità di far tutto questo nel giusto modo, rispetto ad un paesaggio altret- tanto antico, pensato e formatosi contemporaneamente e coeren- temente ad essa.

Il territorio ovviamente, per quanto marginalizzato e trasfor- mato in minima parte, ha subito dei cambiamenti, e così anche il percorso, del quale non sempre possono essere recuperate le tracce e l’andamento. È soprattutto in queste circostanze che viene chia- mata in causa una scelta, una selezione; una progettazione ed una nuova interpretazione del paesaggio.

Occorrerà individuare le vedute evocative e le mete visuali ed il modo nel quale arrivare alla loro percezione; distinguere i luoghi del percorrere e quelli dello stare, lavorando sull’ordine del movi- mento, sulla morfologia, sugli ambiti naturali e sulla vegetazione.

L’analisi dei paesaggi naturali e umani, dalla quale era partita la ricerca, mostrerà allora tutta la sua utilità, perché proprio inter- pretando le qualità dell’ambiente sarà permesso di cogliere quelle immagini narrative, ancora presenti nel territorio e testimoni di un paesaggio storico, alle quali, una volta selezionate e riconquistate, sarà affidato il racconto dei luoghi.

La percezione diviene allora il principio d’ordine in grado di muovere verso le scelte progettuali. Solo lavorando su come il pae- saggio viene osservato si potrà ricondurre l’apparenza alla sostan- za, il fenomeno al dato concreto, il giudizio all’essenza delle cose.

Lo spazio viene allora inteso nelle sue qualità di campo di per- cezione, nella sua varietà di estensione e di chiusura, nelle sue proprietà di centralizzazione, direzione e ritmo (Norberg-Schultz, 2005).

197 Parte seconda - capitolo 7 Percezione e orientamento

9.a Ordine di relazioni

Per meglio intendere il “genius loci” abbiamo proposto i con- cetti di “significato” e di “struttura”. Il “significato” di un oggetto consiste nel rapporto che esso intrattiene con altri oggetti, cioè in quello che l’oggetto suddetto “raduna”: una cosa è una cosa in virtù del suo radunare. La “struttura” invece indica le proprie- tà formali di un sistema di rapporti. Struttura e significato sono quindi aspetti della stessa totalità. Ambedue possono essere consi- derati astrazioni derivate dal flusso dei fenomeni, non nel senso di classificazioni scientifiche, ma come verifiche dirette di “costanti”, ossia di relazioni stabili che emergono da avvenimenti di caratte- re transitorio.

Christian Norberg-Schultz, 2005 La percezione rappresenta lo strumento attraverso il quale met- tiamo in relazione reciproca gli oggetti costituenti la realtà e, nel far questo, come si deduce dalle parole di Norberg-Schultz, attribuia- mo ad essi un preciso significato. Essa è pertanto strettamente con- nessa al concetto di relazione. Le due questioni sono indistricabili, dipendono reciprocamente l’una dall’altra.

Più volte se ne è parlato, introducendo così, brevemente e senza soffermarcisi sopra, il tema delle relazioni dirette, indirette e sim- boliche.

Arrivati a questo punto, nel quale si affronta la questione della percezione e dell’orientamento in rapporto alle strutture e agli ele- menti del paesaggio, sarà necessario approfondire ed argomentare meglio il tema.

Chiariamo prima di tutto che è possibile dire che esistono tre differenti modi di mettere in relazione reciproca le cose, secondo un ordine diretto, indiretto e simbolico.

Le relazioni dirette sono di tipo fisico. Avvengono ovvero in maniera concreta, attraverso una struttura che connette, quella delle percorrenze, permettendo di andare (camminando, ad esem- pio) da un elemento all’altro.

Questo ordine di relazione è di tipo lento perché si sviluppa nel tempo in quanto il ricongiungimento tra A e B, tra punto di parten- za e fine, non è immediato.

Nello sviluppo di questa relazione, nella conquista della meta dalla posizione di origine, entra in gioco la percezione del paesag- gio che contiene i due elementi messi in rapporto. L’osservazione dipenderà in questo caso dalla sequenza degli elementi intercettati e degli spazi, quindi dalla qualità della struttura che connette, dalle proprietà formali del sistema di rapporti, dall’ordine del movi- mento.

Così, sebbene inizialmente, ad un primo impatto, questo ordine di relazioni non paresse stringere un forte nesso con il tema della percezione, riferendosi a connessioni fisiche piuttosto che visive o mentali, si rivela ora determinante come guida all’osservazione del paesaggio. Questa posizione è data dalla dimensione spazio-tem- porale alla quale fanno riferimento le relazioni di tipo diretto.

spazio tempo

Fig. 1

Relazione diretta e dimensione spazio-temporale.

Camminando da Norchia a Tuscania, guidati visivamente dalla presenza delle torri di San Pietro, relazione di tipo diretto e simbo- lico che tra poco indagheremo, l’esperienza del percorso che ci con- duce da un luogo all’altro permetterà di assimilare con più consa- pevolezza alcuni dati caratterizzanti il paesaggio. Ad esempio se ne comprenderà meglio l’assetto antropico rispetto alla morfologia: discendere dagli antichi siti dei centri abitati (Norchia, Rocca Re- spampani e Tuscania, in questo tratto di cammino) verso le forre e risalire subito dopo sui pianori diverrà un’esperienza ripetuta che, una volta provata, si fisserà con stabilità nella memoria permetten- do di anticipare le future ed analoghe manifestazioni. Quanto si vede nel presente, dicono, è semplicemente il risultato di quanto si è visto nel passato (Arnheim, 2008).

Le relazioni indirette si realizzano invece attraverso la vista, permettendo di traguardare mete che, seppur non immediatamen- te raggiungibili, sono subito percettivamente riconducibili agli altri elementi del sistema.

Questo tipo di relazione, per inverso da quella diretta, è dunque simultanea, immediata. Molto spesso è proprio la riconnessione indiretta, visiva, che funge da guida in quella diretta e lenta tra ele- menti distanti. Potremmo dunque affermare che le relazioni visive guidano nell’orientamento. Sono pertanto fondamentali nella fru- izione del territorio.

Anzi, certamente, gran parte delle strutture e degli elementi antropici costituenti il paesaggio è stata pensata in modo tale da apparire chiaramente nel suo contesto fisico, secondo relazioni di prossemica, in modo da orientare il viaggiatore che percorreva ed osservava il territorio.

Tutta l’architettura del potere sacro e politico è certamente progettata secondo relazioni visive: collocata in punti strategici in modo tale da controllare l’intorno ed a sua volta essere vista da lontano.

Le torri di San Pietro in Tuscania, per fare un esempio, fungono da marcatori territoriali ed indicano da lontano l’arrivo del percor- so, orientando il viaggiatore che osserva.

Infine esistono le relazioni simboliche, che avvengono, ov- vero, attraverso i sensi, suggerendo con rimandi concettuali le con- nessioni tra le cose.

Il tipo di questa relazione, se lenta o veloce, simultanea o svilup- pata nella dimensione spazio-temporale, dipende dalla presenza o dall’assenza di una riconnessione visiva. Il nesso tematico e carat- teriale tra due o più elementi può essere dunque capito nel tempo, attraverso relazioni dirette, o istantaneamente, per la sussistenza di connessioni indirette.

Quando si è nel tratto della Clodia che attraversa il piano Mor- gano, è possibile osservare simultaneamente i simboli del potere sacro di Norchia, vicino ad est, e di Tuscania, lontana a nord. Le due chiese, entrambi dedicate a San Pietro, dialogano con evidenza tra di loro. La riconnessione simbolica è in questo caso veloce, im- mediata, perché supportata da una visiva. Le stesse analogie sono comunque riscontrabili con altre chiese distribuite nell’Etruria o anche più distanti, che da quel pianoro non sono raggiungibili con

Fig. 2

Relazione indiretta - visiva e simultanea.

Fig. 3

Relazione indiretta simultanea.

Fig. 4

Relazione simbolica simultanea e translocale.

199 Parte seconda - capitolo 7 Percezione e orientamento

Figg. 5, 6, 7, 8

Relazioni dirette, indirette e simboliche

Le torri di San Pietro, occupanti il pianoro della Civita, l’antica arx etrusca, segnalano Tuscania da lontano. Sono visibili già dal pianoro Morgano, ad ovest di Norchia. Sono il simbolo del potere del sacro e rimandano simbolicamente alle altre cattedrali che dall’XI secolo hanno cominciato a contrassegnare le diocesi del Patrimonium Beati Petri.

S. Pietro TUSCANIA NORCHIA MONTEFIASCONE S. Pietro TUSCANIA MONTEFIASCONE

lo sguardo. In questo caso la connessione simbolica sarà di tipo lento perché potrà attuarsi solamente nella dimensione spazio- temporale.

Tuttavia spesso è possibile cogliere questi nessi senza la neces- sità di termini di paragone. L’architettura antica è, nella maggior parte dei casi, codificata: esistono ovvero condizioni ricorrenti che associano tipologicamente e morfologicamente le strutture antro- piche tra di loro.

Questi caratteri non investono solo l’edificio, ma anche e soprat- tutto il rapporto che questo instaura con l’ambiente. Studiando il paesaggio antico è possibile vedere come per alcuni tipi di edifici ri- corrano alcune scelte insediative, di ordine pratico e simbolico. Lo si riscontra a partire dagli stessi abitati, che, come abbiamo capito, in età etrusca e medioevale si collocano, strategicamente, sempre su pianori isolati da forre. Si può proseguire facendo riferimento alle necropoli rupestri, che, volte a ponente, per ragioni religiose, vengono ricavate nei banchi dirimpetto agli insediamenti, per es- sere così ben viste da questi; e concludere con i castelli e le chiese, i quali si pongono in posizioni dominanti e ben visibili dall’intor- no territoriale, le ultime con la facciata rivolta perentoriamente a oriente.

Queste costanti fanno appartenere ogni singola struttura ad un sistema antropico, che è poi anche naturale, e permettono al fruito- re di codificarle e relazionarle simbolicamente a tutte le altre simili per carattere.

Potenziando le relazioni si riesce ad aumentare la qualità dei singoli elementi permettendo di cogliere in essi un valore tanto lo- cale quanto territoriale.

È inoltre possibile riconsegnare ai luoghi significato e struttura, concetti che, come dice Norberg-Schultz (2005), ne descrivono il carattere, il genius loci.

Il discorso sui possibili ordini di relazioni conseguibili in un pa- esaggo può essere compreso meglio se integrato ad altre questioni, che riguardano la percezione, che si andranno ora approfondendo. Ci si soffermerà, tra breve, sulla percezione in rapporto all’ordine del movimento, agli invasi naturali e alle strutture antropiche in qualità di riferimenti visuali. A fondamento di ogni considerazio- ne sarà sempre presente l’orografia, l’andamento morfologico che condiziona lo spazio entro il quale ci si muove e si osserva il pae- saggio. Il dato morfologico viene interpretato come base sulla quale si strutturano ed articolano i percorsi ed allo stesso tempo come fondale connotato da riferimenti visuali, nell’ambito dell’analisi percettiva in rapporto all’ordine del movimento; come struttura in grado di definire il campo visivo, con qualità dunque di margine, quando si parla dell’osservazione in riferimento alla morfologia e agli invasi naturali; infine per le sue proprietà di elemento stret- tamente connesso (quasi una preannuciazione!) alle strutture an- tropiche che fungono da marcatori territoriali e che, in questa loro intenzione, rileggono i dati naturali.

Nella realtà questi caratteri si sommano l’uno all’altro, dando luogo ad una struttura visiva ridondante e sovrabbondante, che