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Nel IV secolo a.e.v città come Norchia, Tuscania e Sovana, raggiungono il loro apice, mentre nuovi centri vengono fondati,

III- I secolo a.e.v Età Ellenistica

L’infrastrutturazione romana e l’istituzione del- la via Clodia

Fig. 14

Carta diacronica: il territorio nell’Età Ellenistica

Chiave di lettura

Istiruzione delle vie radiali romane (Aurelia, Clodia, Cassia etc.) che pe- netrano nel territorio etrusco. Conquista romana delle città costie- re dell’Etruria (oltre a Cerveteri e Veio cadono anche Tarquinia e Vul- ci).

Fondazione, lungo le strade roma- ne, dei centri-stazioni (Forum Cassii, Forum Clodii etc.)

155 Parte seconda - capitolo 6 Caratteri storico-culturali

01 5 10 km

Fig. 14

01 5 10 km

centri pre-romani declassati centri pre-romani

centri fi fondazione romana viabilità antica

centri importanti di fondazione romana strade di istituzione

romana

porti sul Tirreno

CERVETERI VEIO ROMA TARQUINIA ALSIUM PORTUS TRAIANI PYRGI CENTUMCELLAE GRAVISCAE CLEMENTINO REGIS VILLAE VULCI BISENZIO VOLSINI NOVUS BLERA NORCHIA CASTEL D’ASSO SUTRI SORRINA SAN GIULIANO TUSCANIA MUSARNA FORUM CLODII FORUM AURELII

Il santuario di Demetra

Spostandosi di poco dall’area gravitante attorno la via Clodia, avvicinandosi alle pendici del bacino lacustre di Vico, gli scenari cambiano sensibilmente. Ci si addentra nel paesaggio della Selva Cimina, quella occidentale che sempre ha mantenuto la nomea di impenetrabile; di una pietra più dura del tufo, il peperino; in una terra ancor più ricca d’acqua, luogo delle sorgenti; ancor più antica ed ancestrale, magica, ierofanica.

In questo territorio, presso l’abitato di Petrara, nome che la dice lunga sul carattere del luogo, attraversando un bosco di querce e cerri, seguendo un’antica strada tagliata nella roccia e costeggiata qua e là da sepolcri, oppure provenendo dalla parte opposta, da Blera e da San Giovanni in Tuscia, percorrendo un sentiero pluri- millenario che segue il torrente Vallonzano, si incontra il luogo del Santuario dedicato a Demetra.

Dall’età classica, quando era fiorente l’agricoltura dei territo- ri presso Norchia e Blera, veniva qui venerata la divinità propizia per la fertilità. Il culto era professato presso una spelonca natura- le, dove uno spacco della roccia era stato interpretato come segno propiziatorio. Questa era protetta e delimitata da un porticato co- perto di tegole. Più tardi poi, nel III secolo, in età ellenistica, alla divinità e alla sua dimora vennero date forme che le avvicinarono al mondo mortale, ritraendo Demetra come una donna e la sua sede come una casa. La cella, fatta dello stesso peperino sicuramente estratto in situ, dalla cava che si sviluppa nella parte sommitale del santuario, è addossata con una parete al banco roccioso e coper- ta da un tetto a doppio spiovente. Su questo si affaccia la terrazza cultuale, protetta da tre grandi lastre che fanno da parapetto, dalla quale si versavano le libagioni. Al suo interno la cella è dotata di un bancale sul quale è stata ritrovata la statuetta chitonata della dea, ora conservata presso il Museo Nazionale Etrusco di Viterbo. Il ri- trovamento è avvenuto solo una decina di anni fa: fino al 2006 sul luogo insisteva un ovile che sfruttava la cavità e la delimitava con un muro. Gli scavi hanno portato alla luce depositi votivi, monete ed ex-voto, oltre all’architettura: tutto perfettamente conservato.

Infatti, quando il santuario venne abbandonato, nel II secolo e.v. in età traianea, venne consapevolmente nascosto e reso inviolabile con i resti della cava antica. Rimase visibile, ma muto, solamente il segnacolo costituito da un cippo in peperino posto nella parte sommitale dell’area, in corrispondenza della ierofanica fenditura della roccia, per indicare l’inizio dell’area sacra: un segno in attesa di una domanda che solo pochi anni fa, dopo diciannove secoli, è fortuitamente arrivata.

Figg. 15a, 15b

La cella ellenistica del santuario di Demetra presso la Macchia delle Valli, vista dall’alto - dalla terrazza cultuale - e dal basso - dal punto di arrivo del percorso all’interno della struttura sacra.

Fig. 16

La spaccatura nel banco di peperino che venne interpretata come una ierofania da chi decise di porre in questo luogo il santuario dedicato a Demetra. Ai piedi della fenditura una vasca lapidea.

157 Parte seconda - capitolo 6 Caratteri storico-culturali

In questo momento è la cultura romana a dominare in Tuscia. Tutta l’Etruria è compresa, a partire dall’età augustea, nella VII re- gione dell’impero.

L’assetto del territorio cambia radicalmente. I conquistatori ro- mani si adoperano a distruggere i borghi difficilmente espugnabili e la vita, che prima si concentrava prevalentemente in questi siti ar- roccati e ben difesi, si riversa nelle campagne: diminuiscono le città ma si contano molti insediamenti diffusi. In tarda età repubblicana cominciano a svilupparsi lungo le arterie di comunicazione nume- rose stazioni stradali, destinate a scomparire prima del V secolo e.v., come Careiae, o Galeria, a sud di Veio, che si colloca proprio lungo la via Clodia. La campagna è così densamente popolata, da capanne di legno, da modeste fattorie e da villae, distribuite regolarmente nel territorio. Sulle aziende agricole di grande esten- sione prevalgono le piccole proprietà, che meglio si adattano al paesaggio frammentario dell’agro. Sono servite da una capillare rete di diverticoli, strade bianche che vengono realizzate e manute- nute dagli stessi proprietari delle tenute. L’economia si basa sulla coltivazione dell’olivo, della vite e dei cereali, come testimoniano i segni dei fossi per i vigneti ed i resti di torchi e macine, ma anche sull’allevamento di ovini, bovini e suini. La campagna non vivrà più un momento tanto ricco quanto questo, che ha il suo apice all’inizio del II secolo e.v.. Una brevissima ma significativa testimonianza la troviamo nella Historia Romana (lib. IX) di Tito Livio, dove la piana sotto il Cimino viene descritta come la ricca terra d’Etruria (All’alba del giorno dopo aveva già raggiunto le cime dei monti Cimini. E dopo aver contemplato da quel punto le ricche terre d’E- truria, inviò i suoi uomini a metterle a ferro e fuoco). Oltre all’agri- coltura e al pascolo, anche l’attività estrattiva risulta essere molto proficua: lo sono soprattutto le cave di selce, in un mercato dove la manutenzione delle strade è inclusa nei contratti pubblici.

In età augustea, alcuni centri urbani di antica origine sono sog- getti ad un sistematico programma di rivitalizzazione: tra questi Veio, Sutri, Nepi e, sulla Clodia, Blera e Tuscania (Norchia, che pure mostra segni evidenti della romanizzazione, è invece parte del municipio di Tarquinia). Queste ultime due città divengono in- fatti municipi romani di notevole importanza, che è loro conferita proprio dalla collocazione lungo un’importante strada che collega Roma al nord. I segni della cultura romana sono qui visibili nei resti di murature di tipologia imperiale, di ville campestri, di im- pianti residenziali richiamanti le piante di domus e terme (a Tusca- nia, nel pianoro di S. Pietro), di colombari, di sepolture e di ponti (a Blera ve ne sono due ben conservati). Ma lungo le strade, nelle campagne, a caratterizzare il paesaggio romano vi sono anche san- tuari rurali, sepolcreti e mausolei, a costruire quell’immagine che ancora oggi si conserva, quasi integralmente, lungo la via Appia Antica, a sud di Roma.

I a.e.v.-III secolo e.v. Età tardo repubblicana ed imperiale

La campagna densa- mente popolata ed il pae- saggio classico dei sepol- creti e dei mausolei lungo le vie

Fig. 17

Carta diacronica: il territorio nell’Età imperiale

Chiave di lettura

La VII Regione Augustea, Etruria , con i centri citati da Plinio il Vecchio nella sua opera “Naturalis Histo- ria”, scritta al tempo di Vespasiano.

159 Parte seconda - capitolo 6 Caratteri storico-culturali

01 5 10 km

Fig. 17

01 5 10 km viabilità antica

strade di istituzione romana Regio VII Etruria

centri romani citati da Plinio il Vecchio

CERVETERI VEIO CAPENA LUCUS FERONIAE NEPI ROMA TARQUINIA ALSIUM FREGENE PORTUS TRAIANI OSTIA PYRGI CENTUMCELLAE CASTRUM NOVUM ACQUAE TAURI GRAVISCAE REGIS VILLAE VULCI SATURNIA SOVANA STATONIA BISENZIO VOLSINI NOVUS BLERA FORUM CASSII SUTRI SABATE FORUM CLODII FALERII FALISCUM FERENTO ORTE TUSCANIA

Ponti e sepolcri romani ai piedi dell’abitato di Blera Blera è uno di quei pochi centri di fondazione etrusca che possa vantare una continuità di vita, di fervore e di attività anche sotto la dominazione romana. La medievale Bieda (nome che è di chiara provenienza!), infatti, divenne in età romana municipio svolgendo il ruolo di capoluogo della campagna ceretana-tarquinese. È inol- tre uno di quei rari luoghi, nell’Etruria interna, dove i segni della romanizzazione sono ancora ben visibili. Chiaro appare lo stesso tracciato della via Clodia, tanto nel tratto che attraversava il centro abitato, che occupava il pianoro del Petrolo (oggi destinato alla col- tivazione in orti), dove i basoli sono rimontati a realizzare muric- cioli di delimitazione ai bordi della strada, quanto quello che pas- sa esternamente, camminando a mezza costa lungo il Biedano. La presenza dei corsi d’acqua aveva infatti costretto alla realizzazione di due ponti per garantire la continuità e l’agibilità del percorso in ogni stagione.

Così oggi possiamo con facilità recuperare a Blera tanto la me- moria della Clodia quanto quella della cultura romana, attraverso la concreta testimonianza dei ponti cosiddetti del Diavolo e della Rocca che superano rispettivamente il Biedano ed il Ricanale.

Camminando lungo la forra e seguendo inevitabilmente l’anda- mento dei fossi, si ci imbatte in queste strutture. Proveniendo da sud è il ponte del Diavolo il primo che si ha di fronte: si intrave- de, ormai tra la folta ed alta vegetazione, ormai diruta, un grande struttura a tre arcate, che fino a poco tempo fa conduceva chi pro- veniva da ovest sulla sponda ad est al riparo di Blera. Proseguendo fin sotto alla punta del pianoro del Petrolo si arriva quindi al ponte cosiddetto della Rocca. Anche questo, come il precedente, è realiz- zato in opera quadrata. La struttura, ancora funzionante e ad una sola arcata, è preceduta da una rampa viadotto (Colonna di Paolo, 1978).

Tra i due ponti, ed anche oltre, la strada, proprio la Clodia, è af- fiancata da tombe ricavate direttamente nel banco tufaceo, talvol- ta, soprattutto presso il centro abitato, riutilizzate dall’età moderna come rimessini; talvolta di chiara forgia romana. Tra questi sepol- cri, in posizione appartata, sulla sponda sinistra del Biedano, 250 metri dopo il ponte del Diavolo, si distingue un colombaio, detto della Lega (perché posto presso una chiusa) utilizzato nel medioe- vo per l’allevamento dei colombi.

Fig. 18

Vista dal Ponte della Rocca verso Blera.

161 Parte seconda - capitolo 6 Caratteri storico-culturali

L’età definita tardo-antica rappresenta quel momento di pas- saggio tra il mondo antico e quello medioevale. Diverse date ven- gono scelte come fine di questo periodo e quindi inizio dell’evo me- dio. Il sacco di Roma (410 e.v.) piuttosto che la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 e.v.). Oppure si posticipa il passaggio da un’età all’altra addirittura al 568 e.v., anno della calata dei Longo- bardi, o al VII secolo, in concomitanza con l’espansione islamica e la fine dell’unità cristiana d’Europa.

Come sempre, tuttavia, fissare dei confini certi è difficile, seppur necessario.

Ciò che è indiscutibile, però, è che i germi del mondo medievale sono già presenti e pure sviluppati in età tardo-antica. Quel che in- fatti più caratterizzerà il medioevo è, globalmente (per la parte del mondo fino a quel momento conosciuta dall’Europa), l’incontro e lo scontro di culture tra popoli stanziali e nomadi, portati dalla grande migrazione e, a livello locale, la divulgazione del cristianesimo ed il crescente potere della Chiesa.

Il periodo delle grandi migrazioni era cominciato dal II-III seco- lo dell’era volgare, quando lo spostamento dei popoli barbari aveva minacciato ed indebolito pure l’impero romano, per protrarsi, qua- si senza interruzioni, fino all’VIII secolo.

Il cristianesimo, invece, che prima di questo momento aveva an- cora poca diffusione, si espande ora velocemente e nel 380 e.v., con l’editto di Tessalonica, promulgato da Teodosio, diviene religione di stato. Da questo momento inizieranno a proliferare le prime ar- chitetture sacre. Questi due aspetti sono fondamentali per quelli che saranno, nei prossimi secoli, gli assetti territoriali dell’area.

Il paesaggio, oltre che dai primissimi edifici cristiani (chiese ru- rali e pievi) è segnato, così come lo era stato già in età romana, dall’habitat diffuso e dal latifondo.

Come primo segno di risposta economica e produttiva alla de- vastazione dell’orda, che provoca, assieme alla malaria, lo spopola- mento delle campagne e rende impossibile lo sviluppo e la crescita del paese, al fine di trovare necessarie forme di sostentamento, vie- ne riorganizzato il territorio agrario prendendo come modello la struttura delle villae, che aveva svolto questa funzione nel periodo romano.

La campagna riprende così ad essere abitata da curtae e mas- sae, che bene raccontano del paesaggio degradato e disgregato (come dice Sereni) del V secolo. Già dal III secolo e.v. si era manife- stata una graduale diminuzione dei siti e l’aumento della dimensio- ne di alcune ville. Questo processo di trasformazione delle campa- gne arriva ora a culminare nell’assorbimento e nella ricostruzione dei piccoli fondi, in età repubblicana regolarmente distribuiti, in vaste tenute. Il paesaggio agricolo si organizza così in latifondi di pochi e facoltosi proprietari terrieri. Decaduta ormai l’istituzione romana della schiavitù, questi vengono suddivisi i due parti: una a conduzione diretta del signore, la pars dominica, l’altra frazionata tra i contadini, la pars massaricia, che qui hanno una casa ed un terreno.

III - V secolo e.v. Età tardo antica

Le premesse per il me- dioevo

Fig. 19

Carta diacronica: il territorio nell’Età tardo antica

Chiave di lettura

Collocazione nel territorio dell’Etru- ria meridionale interna (delimitata a nord dal lago di Bolsena e a sud da quello di Bracciano) degli inse- diamenti rupestri che si iniziano a diffondere a partire dal tardo antico (fonte: Raspiserra, 1976).