• Non ci sono risultati.

Alcuni esempi di studio e progettuali sul recupero di strade e paesaggi cultural

PIACENZA SORAGNA

PARMA REGGIO EMILIA MODENA BOLOGNA IMOLA FAENZA FORLÌ CESENA RIMINI Figg. 23, 24 La via Emilia.

3.b.3 Il Sistema Territoriale Patrimoniale Iter Plata. Attraversare un paesaggio culturale

Cosa è

La ruta de la Plata è l’antica strada Romana che univa Emerita Augusta, l’attuale Merida, ad Asturica Augusta, oggi Astorga, co- stituendo la spina vertebrale più importante del territorio occiden- tale della regione.

Cosa fa il progetto

Il Sistema Territoriale Patrimoniale Iter Plata rappresenta tanto una strategia progettuale quanto uno strumento di conoscenza del territorio interessato dal tracciato dell’antica strada romana. Un attento studio è risultato infatti propedeutico tanto, in un primo momento, per l’individuazione dell’originale tracciato della strada quanto, poi, per lo sviluppo e la proposta di una metodologia appli- cativa che articolasse gli elementi del paesaggio, di valore patrimo- niale, culturale e ambientale, nell’ambito della via della Plata. STP Iter Plata si presenta dunque come un progetto pilota, dal carattere fortemente innovativo, dal punto di vista teorico ed operativo: rap- presenta infatti uno strumento sensibile e flessibile, che permet- te di sviluppare in modo coordinato e sistemico i possibili futuri interventi pensati per la valorizzazione paesaggistica nel territorio della ruta de la Plata.

Oltre a rendere identificabile e fruibile, anche attraverso varian- ti di tracciato, l’antica strada romana, il progetto cerca in primo luogo di informare, indicare, segnalare. Aiutare, ovvero, coloro che attraversano il territorio ad avere una maggiore consapevolezza dei sistemi e degli elementi incontrati, attraverso una puntuale e chia- ra segnaletica. Nella sua articolazione il progetto individua una se- rie di aree di intervento. Questi siti si collocano in corrispondenza di elementi di interesse storico culturale ma, nella configurazione della proposta progettuale, vengono contemplati tutti gli elementi presenti, antichi, moderni ed attuali, che compartecipano alla co- struzione del paesaggio. Alcune volte, dove possibile, il progetto restaura e rende visibili gli elementi del paesaggio antico; altre vol- te attrezza il percorso, con semplici strutture, aule all’aria aperta, punti di sosta e di vista dai quali il viaggiatore può avere un’espe- rienza complessiva, didattica e narrativa del paesaggio.

Estensione / area di interesse

L’itinerario è lungo 263 km e attraversa le provincie di Salamanca, Zamorra e Leon, incontrando 59 municipi, 62 località e 27 nuclei urbani.

Promotori

Direzione Generale dei Beni Culturali e Ministero della Cultura e del Turismo della Junta de Castilla y León

Progettisti

Darío Álvarez Álvarez, Miguel Ángel de la Iglesia Santamaría

(direttori del Laboratorio de Paisaje, Patrimonio y Arquitectura)

Anno di realizzazione

2010 - oggi

Interessi culturali

73 Parte prima - capitolo 3 Come si racconta un territorio?

Figg. 25, 26, 27

3.c Paesaggi intermittenti (in relazione simbolica) Il paesaggio è costituito da una serie di sistemi. Questi convivo- no sovrapponendosi gli uni con gli altri così che non sempre è facile distinguerli e percepirli. I sistemi sono infatti strutture diffuse, ra- ramente concentrate. E soprattutto quando la fruizione si limita ad un sito circoscritto, isolato nella sua oggettualità, che in sé contiene uno solo o pochi elementi facenti riferimento allo stesso sistema, la comprensione di questi risulta difficile. Ciò fa sì che l’elemento sistematico venga inteso come eccezionale, affidandogli un valore episodico.

Risulta pertanto necessario includere e permettere la fruizione dei singoli beni inserendoli in sistemi più ampi che li comprenda- no. Ogni elemento si gioverà così della sua relazione con gli altri. Il locale sarà capace di parlare del territoriale, di una dimensione più complessa e condivisa che unisce culture, paesaggi, memorie e storie.

Questa categoria raccoglie esempi progettuali che mettono a si- stema paesaggi fisicamente discontinui, ma affini culturalmente. Sono paesaggi tematici, la cui attuale riconnessione avviene, nel tempo (ovvero non simultaneamente), sul piano simbolico e non necessariamente diretto.

Per tale motivo sono stati definiti paesaggi intermittenti, per- chè, per la loro completa fruizione, non è necessario attraversare (nel senso di fruire percependo) il territorio che allo stesso tempo li connette e li tiene distanti.

L’estensione areale che interessa questo tipo di interventi è per- tanto sempre apprezzabile e mai confinata all’interno di un campo apprezzabile interamente con la vista.

Per parlare di itinerari e paesaggi tematici o intermittenti sono stati scelti due esempi: il primo, quello dei siti palafittico- li dell’arco alpino, accomuna siti distanti in base ad un tipo di paesaggio comune che è fatto da un ambiente, quello lacustre, e da una tipologia di insediamento, la palafitta; il secondo, le Terre ed i Balconi di Piero, afferisce ai luoghi percorsi e ritratti dal maestro umbro per nascita. Se infatti è vero, come ho più volte so- stenuto, che l’arte, espressione della cultura e del potere, si riflette sul territorio, lo è anche il contrario: ovvero che le rappresentazioni artistiche sono lo specchio del paesaggio e si offrono pertanto come documento per la sua conoscenza e comprensione. Non solo ci rac- contano di come questo era, ma soprattutto di come veniva visto.

a a a Figg. 29, 30, 31 Paesaggi intermittenti. Fig. 28 Paesaggio intermittente.

75 Parte prima - capitolo 3 Come si racconta un territorio?

3.c.1 I siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino. Un sistema paesaggistico ed insediativo

Cosa è

Il sistema dei Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino è patri- monio UNESCO e comprende una selezione di 111 siti palafitticoli archeologici dei 1.000 conosciuti nel territorio delle alpi e condivisi da sei paesi (Austria, Francia, Germania, Italia, Slovenia e Svizze- ra). I resti degli insediamenti preistorici risalgono al periodo che va dal 5000 al 500 a.e.v., ovvero dal Neolitico all’Età del Bronzo e sono pervenuti al nostro tempo in uno stato particolarmente buo- no, grazie soprattutto alle condizioni umide dei luoghi, ottimali per la conservazione di resti organici, come il legno, i tessuti, i resti vegetali o ossei.

Cosa fa il progetto

La qualità di questi ritrovamenti non sta tanto nell’unicità del singolo sito archeologico, ma piuttosto nell’insieme dei luoghi, che riesce a testimoniare, nella sua organicità, grazie soprattutto al dato quantitativo, un modo di vivere che ha interessato le popo- lazioni continentali dal Neolitico al Bronzo. Grazie a tutte le infor- mazioni provenienti dai numerosi siti palafitticoli è infatti possibile coprire e descrivere le abitudini delle comunità agricole europee per un arco di 4000 anni.

Nonostante sia possibile riconoscere per ogni villaggio un parti- colare assetto riguardo al luogo ed un certo tipo di tecnica costrut- tiva, peculiarità dipendenti dalla qualità dei terreni e dal clima, è possibile identificare un modello unitario riguardo all’ambiente naturale scelto per l’insediamento e alla tipologia strutturale, che accomuna tutti i 111 siti.

La gestione di questo enorme patrimonio culturale, che coin- volge ben sei paesi, ha richiesto il coordinamento di tutti gli Sta- ti membri al fine di integrare i singoli sistemi di tutela propri di ogni nazione. L’elaborazione di un piano di gestione collettivo ha poi definito gli obiettivi comuni, declinabili e traducibili in progetti concreti operanti a diverse scale, da quella internazionale a quella locale.

Un sito web, inoltre, riporta, cataloga e documenta, mettendoli così a sistema, tutti i 111 siti con le proprie peculiarità (ubicazione, età, datazione). Costituisce così una banca dati comune a tutte le aree archeologiche in grado di gestire le informazioni e rimandare ai portali specifici per la documentazione più dettagliata.

Ogni istituzione locale, per rendere possibile la presentazione di questo patrimonio culturale al pubblico, essendo i siti palafitticoli non visibili, sepolti sotto l’acqua o da strati di sedimenti di terra, organizza la visita al luogo supportandola con la presenza di spazi espositivi dove vengono mostrati i reperti ritrovati; alcune volte ar- ricchendo la descrizione con materiali aiudiovisivi e modellini che riproducono in scala ridotta l’insediamento preistorico; in altri casi con le ricostruzioni delle capanne a scala reale, riprendendo i crite- ri costruttivi desunti dagli studi, affiancando l’esperienza indiretta del museo con quella diretta, dal “vero”, del sito preistorico.

Estensione / area di interesse

Il sistema dei siti palafitticoli interessa sei paesi: Svizzera, Austria, Francia, Germania, Italia e Slovenia.

Promotori

Comuni e provincie, enti ed istituzioni dei sei paesi coinvolti (capofila: Svizzera).

Per l’Italia:

Provincia autonoma di Trento, provincie di Varese, Brescia, Cremona, Mantova, Verona, Padova, Torino, Biella, Novara, Porenone; comuni di Biandronno, Bodio Lomnago, Cadrezzate, Varese, Manerba del Garda, Sirmione, Polpenazze del Garda, Desenzano del Garda, Lonato del Garda, Gavardo, Piadena, Carviana, Monzambano, Peschiera del Garda, Cervea, Arquà Petrarca, Viverone, Azeglio, Arona, Ledro, Fiavè, Caneva, Polcenigo; Ente di gestione delle aree potette del Ticino e del Lago Maggiore; Parco Regionale dei Colli Euganei.

Anno di realizzazione

2010 - oggi

Interessi culturali

77 Parte prima - capitolo 3 Come si racconta un territorio?

Figg. 32, 33

Il paesaggio palafitticolo presso Fiavè.

3.c.2 Le Terre ed i Balconi di Piero. L’arte raccorda i luoghi

Chi è

Piero della Francesca è un pittore e matematico italiano, nato e morto a Sansepolcro, riconosciuto come una delle personalità più emblematiche del Rinascimento italiano.

Cosa fa il progetto

Le Terre di Piero ed i Balconi di Piero sono due iniziative distin- te e complementari, e proprio per questo facilmente e naturalmen- te integrabili l’una all’altra, che coinvolgono un esteso territorio in un itinerario alla scoperta delle opere di Piero della Francesca, se- condo due diversi punti di vista.

Mentre nelle Terre di Piero l’esperienza è quella di essere im- mersi nei territori dove ha vissuto e lavorato l’artista, nelle visite guidate presso i Balconi di Piero il punto di osservazione è posto all’esterno del paesaggio, recuperando quello critico di Piero pit- tore.

Terre di Piero è un invito al viaggio, come recita il dépliant illu- strativo, attraverso i luoghi della vita dell’artista. Si tratta di un’i- niziativa che ha come obiettivo quello di riunire le città di Rimini, Urbino, Sansepolcro, Monterchi, Arezzo e Perugia, da nord a sud, e le rispettive regioni, Emilia Romagna, Toscana, Marche ed Um- bria, per mezzo di un itinerario che ha come tema comune la pittu- ra e la vita di Piero. Le città coinvolte sono indubbiamente ricche di storia, arte e cultura ma questo dato che le accomuna è in grado di aggiungere un valore che le rende ancora più interessanti.

La pittura di Piero della Francesca, inoltre, si interessava anche del territorio, di quel concetto di paesaggio che si andava proprio allora delineando e che fa da fondale alle scene umane dipinte. Così la sua opera non solo tiene assieme le città delle corti malatestiane, medicee e montefeltrane, ma unisce queste pure al loro contesto paesaggistico, dai dolci pendii ai più modesti borghi medievali, alle pievi isolate che lo abitano.

Come hanno dimostrato recenti studi condotti da Olivia Nesci e Rosetta Borchia, i paesaggi descritti nelle opere di Piero rappre- sentano una fedele riproduzione di quelli esistenti e caratterizzanti le terre dove ha vissuto l’artista. Sullo sfondo delle sue opere è così possibile riconoscere gli scenari del Montefeltro, della Valmarec- chia, le pianure e le colline vicino a Urbino. Questi paesaggi risco- perti e caricati di questo nuovo valore intangibile, immateriale, vengono resi fruibili dall’iniziativa de i Balconi di Piero, nella re- gione compresa tra le Marche e la Romagna, tra Urbino e Rimini.

Estensione / area di interesse

Terre di Piero coinvolge quattro regioni (Emilia Romagna, Toscana, Marche ed Umbria) e sei città coi rispettivi comuni (Rimini, Urbino, Sansepolcro, Monterchi, Arezzo e Perugia).

Promotori

(Terre di Piero)

MIBACT Ministero dei beni e delle attivitàculturali e del turismo, Regione Toscana,

Regione Emilia Romagna, Regione Marche, Regione Umbria (Balconi di Piero)

Comune di San Leo, Riviera di Rimini,

Regione Emilia Romagna, Provincia di Pesaro Urbino, Regione Marche, Università degli studio di Urbino Carlo Bo

Anno di realizzazione

2010 - oggi

Interessi culturali

79 Parte prima - capitolo 3 Come si racconta un territorio?

Fig. 34

Il paesaggio della Valmarecchia messo a confronto con un’opera di Piero della Francesca.

Fig. 35

3.c.3 Longobardi in Italia I luoghi del potere tra Lan- gobardia Maior e Minor

Chi sono

I Longobardi, popolo Germanico originario del bacino dell’Elba, giunsero e si stanziarono nella penisola italiana nel VI secolo e.v. sotto la guida di re Alboino. Qui diedero avvio ad un regno indi- pendente, organizzato in ducati, che si espanse progressivamente fino a perdere l’autonomia nell’VIII secolo e.v. per la sconfitta su- bita ad opera dei Franchi di Carlo Magno. Nel corso dei secoli, la cultura ed i costumi longobardi finirono per risentire sempre di più dell’influsso dei popoli romano-bizantini che abitavano la penisola e viceversa. La mescolanza di queste culture fu determinante, in tutti i campi (artistico, sociale, politico), per lo sviluppo della so- cietà italiana.

Civitade del Friuli, Brescia, Castelseprio Torba, in Langobar- dia Maior, e Campello sul Clitunno, Spoleto, Benevento, Monte Sant’Angelo, in Langobardia Minor, sono i luoghi prescelti per raccontare sistematicamente la cultura Longobarda in italia.

Cosa fa il progetto

Cosa hanno in comune il Tempietto del Clitumno a Campello (PG), la Chiesa di Santa Sofia a Benevento e il Monastero di Torba di Gornate Olona (VA), bene del FAI dal 1977?

Questo è l’esordio del racconto destinato a descrivere il progetto “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-744 d.C.)” sul sito del Fai.

La domanda è chiara e così anche l’obiettivo che l’iniziativa si pone. L’intento è quello di rendere visibili i nessi presenti tra questi complessi monumentali, apparentemente isolati ed invece stretta- mente relazionati gli uni agli altri dalla cultura che li accomuna.

Insieme ad altri quattro luoghi distribuiti sul territorio nazio- nale, tanto in Longobardia Maior che in Langobardia Minor, che fanno parte del sito seriale, così come viene definito dallo stesso Fai e dall’Associazione Italia Langobardorum, che sono i promotori del progetto, o tematico ed intermittente, come lo si classifica in tale circostanza, questi siti raccontano la cultura e le influenze del popolo Longobardo nel contesto sociale della nostra penisola, deci- sive per comprenderne gli sviluppi.

Il programma prevede diversi itinerari, per i quali vengono pun- tualmente segnalati il tema, il programma delle visite, la durata (in giorni), i siti coinvolti, l’accessibilità. L’offerta è rivolta soprattutto alle scuole, intendendo promuovere il raggiungimento di alcune conoscenze sul popolo longobardo, ma più in generale sviluppare nelle giovani generazioni il senso della storia e dell’appartenenza all’identità comune. Le visite sono spesso integrate con laboratori didattici, favorendo scambi e attività tra i giovani.

Estensione / area di interesse

Il Longobardi in Italia, i luoghi del potere coinvolge diversi comuni e provincie del nord e del sud Italia. Tra le province: Udine, Brescia, Varese, Perugia, Benevento, Foggia.

Promotori

Associazione Italia Langobardorum,

FAI - Fondo Ambiente Italiano, UNESCO, MIBAC

Anno di realizzazione

2011 (iscrizione nella

Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO come 46esimo sito italiano)

Interessi culturali

Storico-archeologici, artistici, am- bientali

81 Parte prima - capitolo 3 Come si racconta un territorio?

Figg. 36, 37, 38, 39

Il sito longobardo di Torba e Castelseprio.

3.d Paesaggi rievocati

Spesso i paesaggi non sono di immediata e facile comprensione. Non lo è la loro storia, molte volte ermetica, fatta di avvenimenti che hanno lasciato segni delebili sulle terre; e neppure la loro strut- tura, i loro caratteri naturali, che non siamo più capaci di osservare con la perspicacia e la necessità dell’uomo antico.

Talvolta si tratta di memorie letterarie, che non hanno mai tro- vato un forte riflesso concreto sul territorio ma che tuttavia si sono tramandate oralmente e per iscritto e che, sedimentate nella storia e nell’immaginario comune, rivestono un ruolo fondamentale per la costruzione della memoria e della identità di un paese.

Quando i segni del paesaggio non sono più in grado di parlarci del passato, occorre allora trovare dei sussidi che ne ripristino la memoria e ne suggeriscano il racconto.

L’arte e l’architettura entrano in gioco generando nuove forme eloquenti, che aiutano i nostri occhi a vedere meglio, a comprende- re il senso ed i portati del paesaggio osservato. Arte ed architettura costituiscono quindi quel “testo” che permette alla memoria di non perdersi e di sopravvivere nel tempo: divengono uno strumento educativo che collabora con il territorio.

I land artist hanno da sempre lavorato in questa dimensione, ma concentrandosi soprattutto su luoghi incontaminati dall’uomo. Nel nostro caso l’interesse si sposta invece su quei contesti decisa- mente antropizzati, dove agli interessi ambientali si sovrappongo- no quelli storico-culturali.

In questo contesto vengono presi in considerazione quattro esempi che lavorano su scale diverse e con metodi differenti.

Si parte dall’intervento più contenuto, quello del parco ar- cheologico di Kalkriese in Germania, ad opera degli architetti Guyer e Gigon e del paesaggista Zulauf Seippel Schweingruber, che ridà forma alla memoria storica della battaglia di Varo. Si passa poi a quello di land art di Christo e Jeanne-Claude, the Gates a Central Park, che agisce, come le altre proposte degli artisti, in una dimensione temporale limitata. Dopodiché vengono presi in con- siderazione due progetti che coinvolgono, seguendo la scia di lun- ghi percorsi, intere Nazioni. Il primo è il Cammino del Cid, del quale l’obiettivo è quello di recuperare un paesaggio consolidatosi nell’immaginario attraverso un’opera letteraria, il celebre Poema del mio Cid. Il progetto lo fa ridescrivendo l’itinerario di Rodrigo Díaz de Vivar (il Cid) che in direzione nordovest-sudest attraversa la Spagna e segnalando i luoghi narrati. Il secondo, ed ultimo della categoria, è quello dei percorsi turistici nazionali della Nor- vegia che attraversano un contesto eterogeneo dove si riscontrano interessi ambientali, faunistici, storici e mitologici, che l’architettu- ra, congiuntamente all’arte, ha il compito di aiutare a far percepire.

Figg. 40, 41, 42, 43

83 Parte prima - capitolo 3 Come si racconta un territorio?

3.d.1 Il parco archeologico di Kalkriese. La narrazio- ne della storia

Cosa è

Kalkriese è una località nella Bassa Sassonia, luogo dell’evento della battaglia della Foresta di Teutoburgo, che si svolse nel 9 d.C., meglio conosciuta come la disfatta di Varo, nome del generale che guidava l’esercito romano contro una coalizione di tribù teutoni- che.

Cosa fa il progetto

Oltre alla realizzazione di un edificio museo, destinato ad acco- gliere ed esporre i materiali archeologici provenienti dagli scavi del sito e ad offrire un punto di osservazione dell’area a 40 metri di al- tezza, ed alla conversione di una ex fattoria in un centro visite, l’in- tervento, partendo dalle conoscenze storiche, intende coinvolgere tutto il luogo, scenario della battaglia, nel racconto della storia.

In questo modo la memoria, non solo quella legata allo scontro ma anche quella estesa a tutto il paesaggio antico, viene recuperata e condivisa, rendendola visibile ed accessibile ad un pubblico vasto.

L’intervento cerca di spiegare come si svolse la battaglia e quali furono i luoghi dello scontro. Vengono così identificati e resi rico- noscibili tre sistemi di percorsi: quello delle legioni romane, con- trassegnato da placche metalliche disposte irregolarmente; quello dell’esercito teutonico, ricoperto da trucioli di legno; ed un terzo percorso, risultante dalla moderna parcellizzazione dei campi agri- coli.

L’intervento vuole inoltre descrivere come era il paesaggio anti- co. Con questa finalità viene schematicamente ridata forma all’am- biente naturale dell’anno 9, attraverso gli odierni strumenti dell’a- gricoltura e le tecniche di piantagione e coltivazione.

Viene in parte ricostruita la foresta di querce e faggi, per quel- la porzione minima che consente di configurarne il bordo a sud. All’interno della vegetazione passava l’esercito tedesco mentre all’esterno, attraversando la radura, quello romano. Di conseguen- za questo elemento diviene decisivo per descrivere le ambientazio- ni della battaglia. A nord, invece, il bosco esistente viene tagliato secondo trame geometriche che descrivono gruppi isolati di alberi, che riproducono la limitata crescita arborea dell’antica brughiera.

Infine nel parco vengono disseminati piccoli padiglioni, “Vede- re”, “Ascoltare” e “Comprendere”, concepiti come strumenti per la percezione, dall’interno dei quali è possibile osservare distaccati il paesaggio della battaglia di Varo.

Opere di architettura si uniscono ad interventi sulla vegetazio- ne che recuperano le attuali tecniche agricole, dando luogo ad una nuova unità paesistica che rievoca la memoria del luogo.