• Non ci sono risultati.

Nonostante Lanciani fosse riuscito ad identificare sul terreno il tempio

82 LA ROCCA 1983/84, p. 635. Lo studioso ritiene tale testa pertinente, in

particolare, alla Musa con la piccola cetra.

83 LA ROCCA 1983/84, p. 641 aggiunge, inoltre, il riferimento ad un passo di Livio

(39.22.1-2), nel quale lo storico patavino, ricordando i ludi sfarzosi organizzati da

Marco Fulvio Nobiliore nel 186 a.C. in seguito alla sua vittoria sugli Etoli, afferma che

<<multi artifices ex Graecia venerunt honoris eius causa>>. Sulla base di tale affermazione è, dunque, possibile supporre che, in questo contesto cronologico, oltre alle opere d’arte giunte a Roma come preda bellica, vi fosse anche uno spostamento degli stessi artigiani, i quali giunti nella capitale dalla Grecia o dall’Oriente, venivano ingaggiati per la realizzazione di opere d’arte, tra le quali, dunque, è possibile includere quelle enumerate da Plinio e attribuite a Timarchides e Philiscos e realizzate appositamente per il tempio di Apollo.

84 VISCOGLIOSI 1996, pp. 189-90, in particolare, colloca l’ingresso delle statue di

Latona e di Diana nonché dei Niobidi nel corso dell’epoca augustea.

85 Le informazioni sono tratte da CIANCIO ROSSETTO 1997/98 e CIANCIO

di Apollo già sul finire dell’80086, solo durante i lavori di isolamento del Teatro di Marcello intrapresi tra il 1928 e il 1932 e in seguito alle demolizione delle case e delle botteghe collocate entro la struttura ludica, furono rinvenuti, praticamente infilati nei fornici, i rocchi marmorei di tre colonne del tempio nonché alcuni grandi frammenti decorati della trabeazione, ritenuti, dunque, pertinenti al Nostro edificio. Gran parte del fianco orientale del podio di età sosiana venne, tuttavia, alla luce solo durante gli scavi eseguiti tra il 1937/38, quando dalla terra affiorarono anche pezzi di notevole dimensione concernenti la decorazione architettonica dell’edificio nonché alcuni frammenti della decorazione frontonale. Durante queste due campagne di scavo, inoltre, fu possibile osservare il pavimento della cella, in gran parte databile all’età augustea. In seguito ad una parziale anastilosi della fronte, realizzata mediante la ricostruzione del podio e il risollevamento sia delle tre colonne sia di un tratto della trabeazione, posizionate non al centro della facciata bensì nell’angolo sud-occidentale del pronao, l’edificio, assieme all’intera area archeologica, fu inaugurato in occasione del Natale di Roma, ossia il 21 aprile del 1940, mentre i materiali rinvenuti nell’area furono immagazzinati assieme a quelli proveniente dal cosiddetto tempio ignoto, ora identificato con il Tempio di Bellona87, e furono studiati solo a partire dal secondo dopo guerra88.

In effetti, nella medesima occasione Colini si impegnava nella stesura di un primo saggio di scavo nel quale esaminava sia le rimanenze archeologiche del tempio di Apollo Sosiano, proponendo anche una ricostruzione dell’alzato nonché della pianta dell’edifico89, sia la parte antistante del tempio, dove, al

86 LANCIANI 1878, p. 218.

87 L’identificazione di tale tempio si deve a COARELLI 1965/67, pp. 45-72. Su tale

tempio si veda anche VISCOGLIOSI 1993d, pp. 190-92.

88 Per la storia degli scavi si veda VISCOGLIOSI 1996, pp. 8-14.

di sotto dei resti di epoca augustea, aveva rinvenuto quello che lui riteneva essere <<il nucleo del podio della fase che è la più antica>>90.

In realtà, in seguito a due nuove campagne di scavo condotte tra il 1997/98 da Vitti, è stato possibile attuare, nell’area compresa tra il Teatro di Marcello e il tempio di Apollo Sosiano, dei sondaggi fino a 5 m di profondità nelle aree prive di strutture nonché una nuova indagine della parte interna del podio sosiano. Se, infatti, sia Lanciani sia Delbrück91 avevano potuto osservare solo il muro di fondo del tempio di Apollo Medico, la cui porzione centrale superiore è visibile all’interno del podio di età augustea (figura 53), mediante le due nuove campagne di scavo è stato possibile portare alla luce una vasta struttura, posta sotto la pavimentazione tardoantica e orientata verso sud, della quale è stato possibile indagare parte del lato occidentale, conservato solo parzialmente, ed il lato orientale, al contrario ben preservato e già intravisto nel 1940 da Colini nella porzione superiore. Si tratta, quindi, non del podio del tempio di età repubblicana, così come interpretato da Colini nel 1940, e nemmeno della <<guancia dell’originaria scalinata del santuario>>, così come ipotizzato da Viscogliosi, il quale interpretava in tal modo la struttura rettilinea allineata con il lato est del tempio visibile in una vecchia planimetria dell’area92, bensì della <<platea su cui il tempio si trovava, conservando un ampio spazio cultuale antistante nel quale erano presumibilmente l’altare e un bacino di acqua lacustre per le abluzioni>>93.

90 COLINI 1940b, pp. 227-28.

91 DELBRÜCK 1903, pp. 8-9.

92 VISCOGLIOSI 1996, pp. 23-27 e fig. 28.

93 CIANCIO ROSSETTO 1997/98, p. 188. Eco di tale bacino di acqua lacustre di età

repubblicana è l’imperiale περιρραντήριον di cui ci è giunta memoria mediante un

passo, tratto dalla vita di Silla di Plutarco (Plut. Sulla 32), relativo all’uccisione di

Mario Gratidiano presso la tomba di Lutazio Catulo, al Gianicolo, da parte di Catilina, il quale, dopo aver portato la testa di questo mariano alla presenza di Silla, si

In particolare di questa platea, spoliata in antico forse per fare spazio a nuove strutture e colmata all’interno da argilla in deposizione secondaria, è stato possibile indagare in maniera approfondita tre dei quattro lati perimetrali, grazie ai quali è stato possibile determinare la forma rettangolare del tempio nonché misurarne la lunghezza, pari a m 38.20 circa, la larghezza, pari a m 21.45, ed, infine, l’altezza, pari a m 6.20 circa. In particolare, tutti e tre i muri perimetrali, ossia quelli occidentale, orientale e settentrionale (il muro meridionale è tagliato dalle fondamenta del Teatro di Marcello, nell’area del quale doveva ricadere la scala di ingresso al tempio94) sono realizzati in opera quadrata con all’interno blocchi grossolani di grandezza alquanto costante di cappellaccio del Campidoglio e un rivestimento esterno realizzato mediante blocchi di tufo, forse, di Monteverde ben rifiniti e di dimensione costante, disposti sia per testa sia per taglio95. Le pareti, sarebbe lavato le mani proprio in tale bacino posto dinnanzi al tempio di Apollo. Cfr. LA ROCCA 1999, pp. 79-80 e VITTI 2010, pp. 576-78. Sotto tale nome si cela, in realtà, un monoptero, ossia un piccolo edificio a pianta circolare circondato da un colonnato di ordine corinzio, con architrave tripartita e fregio decorato all’interno con girali di acanto mentre all’esterno con rami di alloro legati alle corna dei bucrani. Durante le indagine nell’area del Teatro di Marcello eseguite nel 1997, è stato possibile vedere sia la fondazione in opera cementizia sia due elementi del basamento in travertino, poi obliterati in epoca tardoantica. Messo in opera durante l’età augustea, non si hanno conferme, dal punto di vista archeologico, che esso

corrisponda al Perirrhanterion repubblicano anche perché in situ non si sono

rinvenute delle condutture idriche da connettere al bacino lacustre attestato dalle fonti. L’identificazione di tali fondamenta, già viste durante gli scavi eseguiti nell’area in epoca fascista, con l’altare menzionato da Plutarco, si deve a COLINI 1940b, p. 228.

94 CIANCIO ROSSETTO 1997/98, p. 184 e 188. Si noti, dunque, che la lunghezza

reale del tempio doveva essere, dunque, superiore a quella calcolata in m 38.20 circa.

95 CIANCIO ROSSETTO 1997/98, p. 181-84. Dal momento che i blocchi interni e

quelli esterni non sono legati mediante grappe o perni e che, sulla superficie esterna, non vi sono tracce di cementizio, è stata ipotizzata l’esistenza di setti intermedi per altro non visibili. Nel muro occidentale, in particolare, sono visibili solo due blocchi di tufo di Monteverde e un numero leggermente più considerevole di blocchi in cappellaccio. Ben conservata, al contrario, la parete orientale, la quale è <<costituita da 18 assise di blocchi di tufo di Monteverde, di cui la superiore è conservata solo

alte 5 m oltre le fondazioni, dovevano essere definite mediante due fasce, uno zoccolo inferiore realizzato mediante tre filari di blocchi aggettanti, e una sorta di cornice superiore creata dall’aggetto di un filare di blocchi, visibile nella parete di fondo conservatasi all’interno del podio sosiano96.

Indizi cronologici, data l’assenza in tali stratigrafie di materiali datanti, sembrano essere forniti sia dall’impiego massiccio di cappellaccio sia dalle dimensioni dei blocchi, grazie ai quali è, dunque, possibile datare la struttura così emersa al 431 a.C., ossia alla fase iniziale della storia del Tempio di Apollo Medico97. Tale datazione sembra essere confermata da una serie di materiali scoperti in giacitura secondaria durante gli scavi dell’angolo sud- occidentale del confinante tempio di Bellona. Si tratta, in particolare, di oggetti, la maggior parte di produzione locale, eccettuato un piccolo gruppo di ceramiche fini di importazione (in particolare dall’area falisca e con tre esemplari di ceramica attica), cronologicamente inquadrabili tra il VI ed il IV secolo a.C., nonché di alcuni frammenti di terrecotte architettoniche databili al V secolo a.C. dipinte con meandri e pertinenti a lastre di rivestimento. La presenza di queste ultime è particolarmente importante in quanto implica la loro appartenenza ad un edificio templare già presente nella zona almeno fin dal V secolo a.C. Dal momento che il tempio di Bellona è votato solo nel 296 a.C. da Appius Claudius Caecus in seguito ad una vittoria sugli Etruschi98 è

parzialmente e le 4 inferiori sono di fondazione, mentre il filare iniziale inferiore è di cappellaccio>>. Il paramento del muro settentrionale del podio altorepubblicano è ritenuto in tufo dell’Aventino da VISCOGLIOSI 1996, p. 19 mentre in tufo litoide di Monteverde da BINCHINI 2010, p. 525.

96 CIANCIO ROSSETTO 1999a, p. 224.

97 CIANCIO ROSSETTO 1997/98, p. 184. Tale datazione era già stata proposta in

DELBRÜCK 1903, p. 10 ss.

possibile attribuire tali terrecotte architettoniche all’unico santuario presente in tale area, ossia il tempio di Apollo Medico99.

Altri blocchi di cappellaccio sono stati rinvenuti nell’area ipogea dell’albergo della Catena, corrispondente all’area interrata della cella del tempio in epoca augustea. Inoltre, in corrispondenza della facciata del tempio di Apollo Sosiano, è stato individuato un muro in blocchi di cappellaccio, il quale, se congiunto ai muri perimetrali della platea, traccia il perimetro di un tempio, forse, tuscanico di circa 25X21 m, al quale Viscogliosi attribuisce una fronte tetrastila diastila , con intercolumnio centrale più ampio dei laterali, e una pianta a tre celle100 (figura 55). Sulla base di queste osservazioni, dunque, Ciancio Rossetto suppone che <<il tempio repubblicano occupasse interamente la parte terminale della platea, avendo come fronte la stessa del tempio sosiano>>101, il quale, quindi, sarebbe stato semplicemente ampliato verso nord

99 Cfr. CIANCIO ROSSETTO 1997/98, pp. 193-95 e CIANCIO ROSSETTO 1999a,

pp. 224-25.

100 VISCOGLIOSI 1996, p. 24. Lo studioso ritiene che a tale fase del tempio possa

essere attribuito un frammento di capitello corinzio di tipo siceliota in calcare conchiglifero (figura 54). In effetti egli esclude che il tempio potesse essere marmoreo, presupponendo, al contrario, un alzato solo in parte litico con gran parte delle trabeazioni in legno stuccato o decorato con terrecotte architettoniche. L’utilizzo di lastre di rivestimento fittili potrebbe essere confermato dal recente rinvenimento di alcuni frammenti presso l’angolo sud-occidentale del Tempio di Bellona; cfr. nota 99 di questo elaborato.

101 CIANCIO ROSSETTO 1997/98, p. 190. La studiosa, inoltre, non esclude che i

muri perimetrali dell’edificio siano stati usati come fondazione di quelli augustei. VISCOGLIOSI 1996, p. 24, infatti, specificava che i muri del podio repubblicano sarebbero stati completamente distrutti in quanto il tempio marmoreo sosiano- augusteo, essendo più pesante, avrebbe richiesto delle fondamenta più profonde. BIANCHINI 2010, p. 529 conferma tali osservazioni affermando: <<È plausibile che anche i muri laterali del podio, in corrispondenza del pronao e della metà meridionale della cella, siano fondati almeno in parte, direttamente al di sopra dei robusti muri in opera quadrata della platea altorepubblicana>>. Inoltre, in BIANCHINI 2010, pp. 529-30 n. 10, si sottolinea come i filari più alti del muro orientale della platea si trovino a contatto con la pavimentazione augustea; mentre, per supportare il peso del nuovo tempio marmoreo, sembra che ai muri di epoca repubblicana, meno spessi di circa 0.50 cm rispetto a quelli sosiani, siano state aggiunte delle strutture di

così come sembra dimostrare l’esame delle fondazioni costruite ex novo nella parte posteriore della cella102.

Nessun elemento della struttura repubblicana è visibile, se non il mosaico, il quale, posto al centro della cella e perpendicolarmente rispetto l’ingresso meridionale del tempio, corre parallelo ai lati lunghi dell’edificio ed è databile, grazie all’iscrizione, al II secolo a.C.103 Si tratta, probabilmente, del rifacimento di un pavimento precedente ma, il fatto che si trovi ad una quota non così marcatamente differente rispetto a quella del piano della platea, ha permesso di congetturare l’assenza del podio e, quindi, di ritenere che il tempio si posasse direttamente sulla platea, alta cinque metri al fine di proteggere l’edificio dalle frequenti inondazioni del Tevere104.

Come già visto, Viscogliosi proponeva di ricostruire il tempio con un colonnato di ritmo diastilo, ossia con intercolumni pari al triplo del diametro delle colonne105. Tale ipotesi ricostruttiva appare particolarmente affascinante alla luce di un passo di Vitruvio, nel quale l’architetto descrive una, per altro ignota, aedes Apollinis et Dianae come esempio di tempio diastilo106. Nel corso del secolo scorso, infatti, gli studiosi hanno di volta in rinforzo in opera cementizia (figura 56). Cfr. BIANCHINI 2010, p. 540, dove la conservazione dei vecchi muri del tempio di Apollo Medico è riconnessa non solo a motivi di natura ideologica e sacrale ma anche ad un motivo pratico, ossia il loro riutilizzo come fondazioni.

102 BIANCHINI 2010, p. 536.

103 Cfr. nota 66 di questo elaborato. BIANCHINI 2010, p. 530 n. 10 ricorda che il

riempimento del podio sosiano è stato gettato direttamente sopra la pavimentazione musiva del tempio di Apollo Medico.

104 CIANCIO ROSSETTO 1997/98, p. 192.

105 VISCOGLIOSI 1996, p. 24.

106 Vitr. 3.3.4: Diastyli autem haec erit compositio, cum trium columnarum

crassitudiinem intercolumnio interponere possumus. Tamquam est Apollinis et Dianae aedis. Haec dispositio hanc habet difficultatem, quod epistylia propter intervallorum magnitudinem franguntur. (‘D’altra parte, la disposizione di un tempio diastilo sarà questa, possiamo porre tra le colonne un intercolumnio tre volte superiore alla loro grossezza. Tale è il tempio di Apollo e Diana. Tale disposizione ha questa difficoltà, ossia che le architravi si spezzano per la grandezza degli intervalli.’)

volta identificato tale aedes o con il tempio di Apollo Palatino107 oppure con il Nostro nella fase precedente alla riedificazione augustea108.

d)

Il tempio di Apollo in Circo: dal restauro in epoca