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Come visto precedentemente, la mancanza di resti archeologici e la quasi totale assenza, all’interno delle fonti, di informazioni utili a definire l’ubicazione dell’atrio della Libertà, hanno indotto gli studiosi a formulare

136 MORGAN 2000, p. 66.

137 Tale legame è esplicitato in ZECCHINI 1982, pp. 1279-80; qui egli individua due

scopi comuni sia alla sua attività di protettore degli intellettuali sia alla sua stessa produzione letteraria, ossia <<quello di ergersi a inflessibile custode dell’eredità e della memoria di Cesare e quello di accogliere nel suo circolo intellettuali dissidenti e in disgrazia presso Augusto>>. ANDRÉ 1949, p. 116 affermava che <<la fondation d’une bibliothéque publique avait aussi pour but de favoriser la production littéraire, en mettant à la disposition des chercheurs des ouvrages rares ou jusque là dispersés>>.

138 Sen. De ira 3.23.4-8. BOSWORTH 1972, pp. 45-46 considerava l’episodio come

una prova dei buoni rapporti tra Pollione ed Augusto: quest’ultimo, infatti, almeno in base al racconto di Seneca, non avrebbe impedito il successo letterario di Timagene e non avrebbe ostacolato Pollione nella sua attività di patronato. ZECCHINI 1982, pp. 1280-81, al contrario, sostiene che la decisione di proteggere Timagene e la sua opera, in cui si esaltava il periodo ellenistico e in particolare le gesta di Alessandro Magno, possa celare l’intenzione di sminuire Augusto per non aver attuato la spedizione militare contro i Parti già progettata da Cesare.

delle ipotesi circa la localizzazione dell’edificio. Purcell, in particolare, proponendo l’identificazione dell’Atrium con il Tabularium posto sul lato occidentale del Foro Romano, giustifica la sua teoria sulla base di diversi punti, uno dei quali particolarmente interessante139. Egli, infatti, per avvalorare la sua identificazione del Tabularium repubblicano con l’Atrium Libertatis di cui parla Cicerone nella sua lettera ad Attico (Att. 4.17), considera la possibilità che Pollione abbia deciso di restaurare proprio tale edificio per il desiderio di rivaleggiare con l’odiato Munazio Planco e, quindi, con il tempio di Saturno da lui restaurato e posizionato ai piedi del Campidoglio, tra il Vicus Jugarius e il Clivus Capitolinus, a sud-ovest dei Rostri.

L’esistenza di un rapporto burrascoso tra i due viri triumphales, d’altra parte, è chiaramente ed esplicitamente affermata all’interno dell’opera pliniana140, dove, in effetti, Pollione è raffigurato come autore di una serie di

orationes indirizzate contro Planco, la cui pubblicazione alla morte di quest’ultimo non è ancora del tutto certa. Se, dunque, in Plinio il risentimento di Pollione nei confronti di Planco si palesa e si concretizza in un preciso genere letterario, una traccia di tale astio si può forse intravedere all’interno dell’opera storiografica di Velleio.

In essa, infatti, il nome di Pollione ricorre ben sette volte. Nella prima ricorrenza, egli è elencato tra gli eminentes ingenii, ossia tra quegli uomini di cultura che hanno reso illustre il periodo augusteo141, mentre nell’ultima viene

139 PURCELL 1993, pp. 142-51 e in particolare pp. 149-50.

140 Plin. nat. 1 praef. 31.

141 Vell. 2.36.2: Iam paene supervacaneum videri potest eminentium ingeniorum notare

tempora. Quis enim ignorat diremptos gradibus aetatis floruisse hoc tempore Ciceronern, Hortensium, anteque Crassum, Cottam, Sulpicium, moxque Brutum, Calidium, Caelium, Calvum et proximum Ciceroni Caesarem eorumque velut alumnos Corvinum ac Pollionem Asinium, aemulumque Thucydidis Sallustium, auctoresque carminum Varronem ac Lucretium neque ullo in suscepto carminis sui opere minorem

esaltata la sua carriera di homo novus142. Tra queste due, inoltre, Pollione compare come l’esecutore di un clarissimum bellum, ossia di una splendida campagna militare condotta contro Sesto Pompeo nell’estate del 44 a.C. nella

Hispania Ulterior143, nonché come autore di un factum et dictum memorabile databile al 32 a.C. dove, in particolare, egli nega il suo aiuto ad Ottaviano alla vigilia della battaglia di Azio144.

Catullum? (‘Ormai quasi superfluo può sembrare far menzione degli ingegni illustri nel tempo. Chi ignora, infatti, che, separati da diversi gradi di età, in questo tempo fiorirono Cicerone, Ortensio, e prima Crasso, Cotta, Sulpicio, e poi Bruto, Calidio, Celio, Calvo, e vicino a Cicerone e a Cesare, e quasi loro allievi, Corvino e Asinio Pollione, e Sallustio, emulo di Tucidide, e gli autori di poesie Varrone e Lucrezio, nonché Catullo, inferiore in nessuna delle poesie della sua opera?’)

142 Vell. 2.128.3: et qui C. Marium ignotae originis usque ad sextum consulatum sine

dubitatione Romani nominis habuere principem, et qui M. Tullio tantum tribuere, ut paene adsentatione sua quibus vellet principatus conciliaret, quique nihil Asinio Pollioni negaverunt, quod nobilissimis summo cum sudore consequendum foret, profecto hoc senserunt, in cuiuscumque animo virtus inesset, ei plurimum esse tribuendum. (‘E coloro che senza alcun dubbio considerarono fino al sesto consolato come primo tra i Romani C. Mario, uomo di oscure origini, e coloro che attribuirono un tale onore a M. Tullio, giacché quasi solo con il suo assenso procurava a chi volesse il primato, e coloro che non negarono ad Asinio Pollione niente di ciò che i più nobili avrebbero dovuto conseguire con molto sudore, la pensano certamente così, ossia che si debba attribuire il massimo a colui nel cui animo risieda la virtù.’)

143 Vell. 2.73.2: Quem [scil. Sextum Pompeium] senatus paene totus adhuc e

Pompeianis constans partibus post Antonii a Mutina fugam eodem illo tempore, quo Bruto Cassioque transmarinas provincias decreverat, revocatum ex Hispania, ubi adversus eum clarissimum bellum Pollio Asinius praetorius gesserat, in paterna bona restituerat et orae maritimae praefecerat. (‘Dopo la fuga di Antonio da Modena, il senato, essendo ormai quasi totalmente formato da membri del partito pompeiano, nel medesimo tempo in cui aveva decretato le provincie trasmarine a Bruto e a Cassio, richiamò Sesto Pompeo dalla Spagna, dove contro di lui l’ex pretore Asinio Pollione aveva condotto delle brillanti campagne, gli restituì i beni paterni e lo delegò alla difesa costiera.’)

144 Vell. 2.86.3: Non praetereatur Asinii Pollionis factum et dictum memorabile:

namque cum se post Brundusinam pacem continuisset in Italia neque aut vidisset umquam reginam aut post enervatum amore eius Antonii animum partibus eius se miscuisset, rogante Caesare, ut secum ad bellum profisceretur Actiacum: " mea ", inquit, "in Antonium maiora merita sunt, illius in me beneficia notiora; itaque discrimini vestro me subtraham et ero praeda victoris". Per la traduzione si veda la nota 120 di questo capitolo.

All’interno delle Historiae di Velleio, dunque, Pollione è menzionato sempre con un preciso scopo elogiativo: egli, infatti, rappresenta un eminente letterato nel periodo di Augusto, è, inoltre, degno di essere rappresentato come un exemplum di homo novus, al pari di Seiano, è celebrato come vir militaris, nonché osannato per essersi mantenuto distante dall’Oriente e da Cleopatra nel periodo successivo ad Azio e, quindi, per la sua neutralità dinnanzi alla proposta di collaborazione avanzata da Ottaviano.

D’altra parte, proprio nell’ultima circostanza, il ritratto positivo di Pollione sembra essere formulato con lo scopo di creare un confronto a distanza con il profilo negativo di Planco: Pollione, infatti, a differenza di quest’ultimo, dopo il patto di Brindisi, decide di non abbandonare l’Italia e, soprattutto, di non aver alcun contatto con la regina Cleopatra145. I due personaggi, inoltre, sono oggetto di comparazione diretta all’interno di due passi ben precisi: il primo inerente agli eventi del 43 a.C., dove Planco è giudicato di dubia fidei mentre Pollione è definito firmus et fidus146, e un secondo, in cui Planco, dopo la sconfitta di Perugia, è autore di una muliebris

145 Cfr. Vell. 2.76.2, in cui si descrive la partenza di Planco e di Fulvia dall’Italia, e

Vell. 2.83.1-2, in cui Munazio, definito morbo proditor, indossa i panni di Glauco

durante un banchetto organizzato da Antonio alla corte di Alessandria. Tale opposizione è giustamente accentuata in PISTELLATO 2006, pp. 65-71 e VALENTINI 2009, pp. 118-21.

146 Vell. 2.63.3: Plancus deinde dubia, id est sua, fide, diu quarum esset partium

secum luctatus ac sibi difficile consentiens, et nunc adiutor D. Bruti designati consulis, collegae sui, senatuique se litteris venditans, mox eiusdem proditor, Asinius autem Pollio firmus proposito et Iulianis partibus fidus, Pompeianis adversus, uterque exercitus tradidere Antonio. (‘Planco, d’altra parte, per quella fides che è incerta, dopo aver lottato lungamente con sé stesso su quale delle due parti dovesse seguire, ed essendo difficilmente d’accordo con sé stesso, prima era soccorritore del console designato Decimo Bruto, suo collega, raccomandando sé stesso al senato mediante delle lettere, poi lo tradiva; Asinio Pollione, al contrario, fu fermo nei suoi propositi e fedele al partito giuliano, avverso a quello pompeiano, ma entrambi condussero le loro

truppe verso Antonio.’) PISTELLATO 2006, p. 66 sottolinea l’importanza di autem nel

fuga con Fulvia al contrario di Pollione, il quale rimanendo fedele ad Antonio opera nella Venetia, convincendo Enobarbo a passare dalla sua parte147.

La coerenza che Velleio manifesta nella redazione dei due ritratti, quello positivo di Pollione, raffigurato come un <<perfetto dux rispettoso dei mos maiorum motivato solo dall’interesse della propria pars>>148 e quello negativo di Planco, traditore per natura, nonché la presenza di informazioni relative al profilo biografico di Pollione altrimenti assenti o divergenti in altre fonti149, hanno indotto gli studiosi a ritenere possibile che lo storico abbia attinto tali notizie nonché la stessa impostazione narrativa, focalizzata sul confronto tra individui, o dall’opera storiografica, scritta dallo stesso Pollione e andata per noi perduta150, oppure da quelle stesse orationes cui fa riferimento Plinio,

147 Vell. 2.76.2-3: Inviolatam excedere Italia Caesar passus Fulviam Plancumque,

muliebris fugae comitem. Nam Pollio Asinius cum septem legionibus, diu retenta in potestate Antonii Venetia, magnis speciosisqoe rebus circa Altinum aliasque eius regionis urbes editis, Antonium petens, vagum adhuc Domitium, quem digressum e Brutianis castris post caedem eius praediximus et propriae classis factum ducem, consiliis suis inlectum ac fide data iunxit Antonio: quo facto, quisquis aequum se praestiterit, sciat non minus a Pollione in Antonium quam ab Antonio in Pollionem esse conlatum. (‘Ottaviano permise a Fulvia di lasciare incolume l’Italia e con lei Planco, compagno di fuga di una donna; invece Asinio Pollione con sette legioni, dopo aver

tenuto per lungo tempo sotto il controllo di Antonio la Venetia, e dopo aver condotto

numerose e brillanti campagne intorno ad Altino e ad altre città di quella regione, dirigendosi verso Antonio, convinse con i suoi consigli dando la sua parola l’ancora indeciso Domizio, che, come abbiamo già detto, era uscito dall’accampamento di Bruto dopo la sua morte e si era posto a capo della propria flotta, ad unirsi ad Antonio. In merito a tale episodio, chiunque si dimostri equo sappia che Pollione portò ad Antonio non meno benefici di quanti ne portò Antonio a Pollione.’)

148 VALENTINI 2009, p. 119

149 In particolare Velleio rappresenta l’unica fonte a descrivere l’impresa di Pollione in

Spagna contro Sesto Pompeo come una vittoria: App. civ. 4.84 utilizza il termine

ὁµοίως per indicare o uno scontro alla pari o una sconfitta di Pollione (ELEFANTE 1997, p. 384), mentre di una netta sconfitta parla Dio 45.10.3-6. Cfr. WOODMAN 1983, p. 177.

150 Favorevole a tale visione BOSWORTH 1972, pp. 450-51; ZECCHINI 1982, pp.

1286-88; WOODMAN 1983, pp. 186 e 192-96; ELEFANTE 1997, pp. 362, 384-85, 390-91. PISTELLATO 2006, p. 72 non considera Velleio come un mite imitatore dell’opera storiografica di Pollione anche se ammette che è <<ragionevole credere che

pubblicate da Pollione con lo scopo di mettere in mostra il turpe atteggiamento di Planco151.

In ogni caso, da qualunque opera di Pollione Velleio tragga le sue informazioni o parti di esse, non si può negare l’esistenza di un’ostilità latente tra i due generali, la cui origine è forse da rintracciare nelle vicende pre- Azio152 oppure negli eventi appena successivi alla morte di Cesare nel 44 e, in particolare, con gli accadimenti del 43 a.C. dove, per la prima volta, si manifesta concretamente il ‘morbo del tradimento’ di Planco.

Dal punto di vista cronologico, il ritorno di Planco a Roma nel 32 a.C. in seguito all’abbandono del partito antoniano e al passaggio ad Ottaviano, d’altra parte, non sembra contrastare l’ipotesi, formulata all’inizio da Purcell, di concepire il restauro dell’atrio della Libertà (identificato dallo studioso con il Tabularium posto nel lato occidentale del Foro Romano) nel senso di una competizione edilizia ingaggiata con il rivale Planco impegnato, fin dagli anni successivi al suo trionfo militare, nel restauro del tempio di Saturno.

Inoltre, sia che il tempio di Saturno possa essere interpretato come una costruzione manubiale volta a celebrare Ottaviano oppure come un edificio con celati richiami ad Alessandria e, quindi, ad Antonio, esso manifesta ancora una volta quell’ambiguità, propria del carattere di Planco e più volte enfatizzata nel racconto di Velleio, dalla quale sembra nettamente discostarsi Pollione. Quest’ultimo, infatti, non si dedica alla costruzione di un edificio con l’intento di inserirsi nella competizione edilizia ingaggiata dai Velleio conoscesse e talora utilizzasse l’opera di Pollione>>. Secondo lo studioso, infatti, Velleio mette in atto delle tecniche apprese nelle scuole di retorica, in base alle quali la memoria storica relativa ai due personaggi si cristallizza in quadri ben definiti dal punto di vista morale.

151 WRIGHT 2002, pp. 182-84. Lo studioso, comunque, non esclude la possibilità di un

uso simultaneo di entrambe le opere attribuibili a Pollione. Cfr. VALENTINI 2009, pp. 120-21 e n. 33.

triumviri, bensì con il preciso obiettivo di portare a termine un edificio concepito e progettato dallo stesso Cesare con lo scopo, quindi, di affermare sia la propria neutralità politica sia la propria fedeltà al partito cesariano.

Se, dunque, realmente nell’edificazione dell’atrio della Libertà si celi la precisa volontà di gareggiare con Planco, tale confronto si deve considerare come un ulteriore prova dell’interesse di Pollione di salvaguardare la factio

cesariana dall’inevitabile sconfitta cui era destinata qualunque fosse stato l’esito della guerra tra Antonio e Ottaviano.

i)

L’Atrium Libertatis: le figlinae di Asinio Pollione e il