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D’altra parte, la decisione da parte di Pollione di dedicarsi alla realizzazione, o per meglio dire al completamento, di un progetto cesariano manifesta, a mio avviso concretamente, sia il riconoscimento e la fedeltà a Cesare e allo schieramento da lui fondato, sia la volontà da parte dell’ex

116 CASTAGNOLI 1946, p. 283.

117 Cfr. Plin. nat. 7.115 e 35.10; Isid. Orig. 6.5.2.

118 Cfr. Plin. nat. 7.115.

119 Plin. nat. 35.156-57: idem magnificat Arcesilaum, L. Luculli familiarem, cuius

proplasmata pluris venire solita artificibus ipsis quam aliorum opera; ab hoc factam Venerem Genetricem in foro Caesaris et, priusquam absolveretur, festinatione dedicandi positam. (‘Il medesimo Varrone esalta Arcesilao, amico di Lucullo, i cui modelli sono soliti capitare agli stessi artisti più che le opere di altri; da lui è stata fatta la Venere Genitrice che è stata posizionata nel foro di Cesare, prima di essere stata portata a termine, per la fretta della consacrazione.’)

console di mantenersi neutrale nelle vicende politiche e militari dell’ultimo decennio della Repubblica.

In effetti, come visto precedentemente, le date di inizio e di fine dei lavori, per quanto non puntualmente definite, qualificano l’atrio della Libertà come una costruzione manubiale, la cui edificazione si colloca cronologicamente nel decennio che va dal periodo successivo alla celebrazione del trionfo alla morte di Varrone nel 28 a.C.

Dal punto di vista biografico, la celebrazione del trionfo sui Partini rappresenta sia il culmine della carriera senatoriale di Pollione sia l’ultima onorificenza pubblicamente riconosciutagli prima del suo volontario ritiro dalla scena politica e della sua decisione di dedicarsi all’otium letterario e, in particolare, alla storiografia.

Proprio Velleio, difatti, tramanda la notizia della neutralità politica di Pollione negli anni che precedono il conflitto di Azio quando afferma:

Non praetereatur Asinii Pollionis factum et dictum memorabile: namque, cum se post Brundusinam pacem continuisset in Italia neque aut vidisset umquam reginam aut post enervatum amore eius Antonii animum partibus eius se miscuisset, rogante Caesare ut secum ad bellum proficisceretur Actiacum: <<Mea, inquit, in Antonium maiora merita sunt, illius in me beneficia notiora; itaque discrimini vestro me subtraham et ero praeda victoria120.

La scelta di Pollione di non prendere parte alle vicende politiche degli ultimi anni della Repubblica è stata, d’altra parte, interpretata nel senso o di

120 Vell. 2.86.3: ‘Non si tralascino il gesto e il detto memorabili di Asinio Pollione:

anche se egli rimase in Italia dopo la pace di Brindisi, e giammai vide la regina né si congiunse con il partito di Antonio dopo che il suo animo era stato fiaccato dall’amore per lei, quando Ottaviano gli chiese di partire con lui per la guerra di Azio, gli rispose: <<I miei servigi nei confronti di Antonio sono troppo grandi, troppo noti i suoi benefici nei miei confronti; e per questo mi sottraggo dalla vostra contesa e sarò preda del vincitore>>’.

una neutralità generata dalla consapevolezza che lo scontro finale si sarebbe in ogni caso concluso con una sconfitta del partito cesariano oppure come una neutralità specchio del suo recente passaggio alla pars ottavianea.

Questa seconda interpretazione, la cui paternità risale a Bosworth121, in effetti, tende a reinterpretare gli atti compiuti da Pollione, a partire dal patto di Brindisi, in una chiave nettamente favorevole ad Ottaviano: Pollione, infatti, avrebbe ottenuto nel 39 a.C. il proconsolato in una provincia, l’Illirico, posta nella parte dell’impero assegnata ad Ottaviano, come premio per aver garantito all’erede di Cesare la propria neutralità e, solo per mantenere celato ad Antonio questo suo tradimento politico, Pollione si sarebbe impegnato a convincere Enobarbo a consegnare la sua flotta allo stesso Antonio122. Secondo Bosworth, dunque, la sconfitta degli antoniani a Perugia, in parte dovuta alla lentezza con la quale lo stesso Pollione condusse le sette legioni poste sotto il suo comando, e, quindi, il rafforzamento del partito ottavianeo avrebbero indotto Pollione a cambiare nuovamente partito e a scegliere quella pars con la quale avrebbe potuto ottenere maggiori onori.

La visione degli eventi proposta da Bosworth, d’altra parte, sembra non tenere conto di una serie di dettagli che tendono ad avvalorare l’idea che la scelta di mantenersi neutrale non abbia rappresentato il risultato di un accordo stipulato con Ottaviano quasi dieci anni prima lo scontro di Azio, bensì l’esito di riflessioni personali123. In primo luogo, sono proprio alcune notizie tramandate dagli autori antichi a mettere in dubbio l’ipotesi che Pollione abbia tradito il partito antoniano e aderito, dunque, a quello di

121 BOSWORTH 1972, pp. 462-73.

122 Per tale episodio si veda Vell. 2.76.2.

123 Contrario, a mio avviso giustamente, alle ipotesi formulate da Bosworth è

Ottaviano: Macrobio124, infatti, fa riferimento a una chiara ostilità tra Pollione e Ottaviano culminata in uno scambio di Fescennini avvenuto, probabilmente, dopo Perugia, mentre Plinio125 allude a delle orationes scritte da Pollione contro l’odiato Planco, in quanto traditore della causa antoniana. D’altra parte, lo stesso passo di Velleio, riportato nelle pagine precedenti, se, da un lato, sembra individuare nell’intimo rapporto sorto tra Cleopatra ed Antonio la motivazione che forse lo stesso Pollione poteva addurre come causa del suo allontanamento da Antonio, dall’altro, manifesta chiaramente anche il suo rifiuto a combattere a fianco di Ottaviano nello scontro di Azio.

La decisione di mantenere un atteggiamento neutrale nelle ultime fasi della guerra civile tra Antonio ed Ottaviano appare, dunque, come una scelta coerente rispetto alle informazioni tramandate dalle fonti antiche sugli eventi successivi al patto di Brindisi e, allo stesso tempo, come un atto in alcun caso contradditorio rispetto a quello che era stato l’iter politico di Pollione. In effetti, egli, figlio di un cavaliere marrucino, si era schierato fin da giovanissimo a favore della fazione cesariana, varcando il Rubicone a fianco di Cesare, combattendo con i suoi generali contro i Pompeiani sia in Sicilia sia in Africa, a Farsalo e nella battaglia di Munda, venendo quindi

124 Macr. sat. 2.4.21: Temporibus triumviralibus Pollio, cum Fescenninos in eum

Augustus scripsisset, ait: at ego taceo. Non est enim facile in eum scribere qui potest proscribere. (‘Nel periodo triumvirale Pollione, giacché Augusto aveva scritto contro di lui dei Fescennini, affermò: <<Ma io sto zitto. Infatti non è facile scrivere contro colui che è in grado di proscrivere.>>’)

125 Plin. nat. 1 praef. 31: Nec Plancus inlepide, cum diceretur Asinius Pollio orationes

in eum parare, quae ab ipso aut libertis post mortem Planci ederentur, ne respondere posset, <<cum mortis non nisi larvas luctari>>; quo dicto sic repercussit illas, ut apud eruditos nihil imprudentius iudicetur. (‘E anche Planco ebbe una battuta spiritosa, quando si diceva che Asinio Pollione stesse preparando contro di lui delle orazioni, che sarebbero state divulgate o da lui o dai liberti dopo la morte di Planco, affinché non potesse rispondere <<solo le larve posso lottare con i morti>>; questo detto ha a tal punto screditato quelle, che presso gli eruditi non si giudica niente di più sfrontato.’)

ricompensato per la sua fedeltà con la nomina a pretore nel 45 a.C.126 D’altra parte, lo stesso Pollione, nella prima delle tre lettere indirizzate a Cicerone e conservatasi sino ai nostri giorni, esprimeva sia la propria riconoscenza nei confronti del defunto dittatore, grazie al quale egli aveva potuto intraprendere il cursus honorum, nonché il suo desiderio di “pacis et libertitatis”127. Proprio tale aspirazione alla pace, connaturata alla sua stessa natura, dunque, si può ritenere in parte responsabile di quella tattica temporeggiatrice adottata da Pollione durante la crisi del 43 a.C., quando la decisione di schierarsi o con Antonio o con Ottaviano significava prendere parte a una guerra non soltanto contro altri Romani, bensì un conflitto tra membri appartenenti a una stessa factio, ossia quella cesariana128.

In qualche modo, dunque, quando di ritorno dal suo proconsolato Pollione decide di ritirarsi dalla scena politica rinunciando sia a raggiungere Antonio nella parte orientale dell’impero sia ad appoggiare Ottaviano alla vigilia dello scontro di Azio, egli sceglie di rimanere neutrale rifiutandosi di assumere un ruolo attivo in una guerra tra cesariani e probabilmente consapevole che <<chiunque fosse stato il vincitore, o l’Oriente con Antonio o il ceto medio

126 In Plut. Caes. 32.7 si fa riferimento al passaggio del Rubicone; l’assedio di

Siracusa è menzionate in Plut. Cato min. 52.2-4 e App. civ. 2.40; combatte in Africa

una prima volta in App. civ. 2.45; è a Farsalo in App. civ. 2.82, Plut. Caes. 46 2-3 e

Ant. 72.4, Suet. Iul. 30.5; combatte nuovamente in Africa in Plut. Caes. 52.8;

partecipa alla battaglia di Munda in Suet. Iul. 55.4. La sua nomina a pretore è

ricordata in Vell. 2.73.2

127 Cfr. Cic. fam. 10.31.2: Natura autem mea et studia trahunt me ad pacis et

libertatis cupiditatem. (‘D’altra parte la mia natura e i miei studi mi portano a

desiderare la pace e la libertà.’);31.3: Caesarem vero, quod me in tanta fortuna modo

cognitum vetustissimorum familiarium loco habuit, dilexi summa cum pietate et fide.

(‘Quanto a Cesare, in verità, dal momento che, avendomi conosciuto soltanto quando era al culmine della sua prosperità mi considerò come uno dei suoi più vecchi amici, l’ho amato con somma devozione e fedeltà.’).

128 La visione di un Pollione come <<uomo di partito, fedele alla causa cesariana e

italico con Ottaviano, dallo scontro sarebbe stata sconfitta quell’aristocrazia romano-italica, a cui egli sentiva di appartenere>>129.

Anche se, dunque, per motivi ideologici egli decide di abbandonare la scena politica, d’altra parte, la scelta stessa di inserire nell’atrio della Libertà la prima biblioteca pubblica di Roma, mettendo in opera in tal modo un progetto che lo stesso Cesare aveva affidato a Varrone, manifesta, a mio avviso concretamente, la fedeltà che Pollione sentiva nei confronti del defunto dittatore e di quello schieramento cui sentiva di far parte130. Inoltre, nel clima di antagonismo edilizio sviluppatosi a Roma nel decennio del secondo triumvirato, Pollione si discosta da altri viri triumphales, come lo stesso Planco o Caio Sosio occupati a restaurare o costruire dei templi in grado di gareggiare con il santuario di Apollo edificato da Ottaviano sul Palatino, e sceglie di dedicarsi al restauro di un importante edificio repubblicano, probabilmente connesso al Forum Iulium, dichiarando in questo modo la sua neutralità anche nei riguardi di quella competizione edilizia in atto tra i due triumviri e i loro alleati131.

Da un diverso punto di vista, la scelta di restaurare l’atrio della Libertà e di porvi al suo interno una biblioteca pubblica può essere considerata come la realizzazione di un preciso piano politico-culturale132. In un recente articolo,

129 ZECCHINI 1982, p. 1277.

130 Cfr. ZECCHINI 1982, p. 1279 e in particolare n. 63.

131 ZANKER 1989, p. 77 afferma che la decisione di restaurare l’atrio della Libertà

<<non suonava come un gesto di lealtà verso i triumviri>> tanto che lo stesso Ottaviano promosse la costruzione di una biblioteca greco-latina all’interno del santuario di Apollo, che lo stesso Zanker interpreta <<in chiave di antagonismo>>.

132 TORTORICI 1991, p. 107 afferma: <<Si tratta infatti di una operazione complessa

e di raffinato livello in cui gli aspetti artistici, culturali e politici si fondono ancora una volta all’interno di un unico complesso architettonico>>. In particolare, l’aggiunta delle biblioteche e di un museo di scultura aperti al pubblico rappresenta un evento culturale di particolare importanza se si considera che fino a quel momento <<il possesso dei libri era costosissimo e che le biblioteche fornite ed organizzate

infatti, Morgan riesamina la decisione di Pollione di ritirarsi dalla scena politica mettendo tale scelta in relazione con i mutamenti che la vita politica romana aveva subito con l’inizio del Principato. In tal senso, dunque, rifiutando sia l’immagine di Pollione collaboratore di Ottaviano133 sia quella, proposta da Syme, in cui egli era raffigurato come un accanito oppositore al regime134, lo studioso, ritenendo Pollione consapevole che il cambio di regime avrebbe determinato un mutamento anche nelle forme tradizionali in cui si esplicava la vita politica della Roma repubblicana, ipotizzava che, di ritorno dal suo proconsolato, egli avesse deciso di abbracciare la storiografia, considerando, dunque, l’universo letterario come l’unico spazio in cui era ancora possibile esercitare la libertas, intesa come <<senatorial self- expression>>135. La scelta di collocare una biblioteca nell’edificio da lui facevano parte dell’appannaggio esclusivo della ricca aristocrazia>> (TORTORICI 1991, p. 120).

133 Tale ipotesi, come si è già visto, è stata avanzata da BOSWORTH 1972, pp. 462-

73.

134 SYME 1962, pp. 485-88.

135 MORGAN 2000, p. 66. Sul concetto di libertas si confrontino WIRSZUBSKI

1957, pp. 122-185 e COGITORE 2011, pp. 115-132. In particolare, il primo affermava che già sotto Cesare la libertà di parola era scomparsa così come la partecipazione ai

dibattiti divenne inutile, sottolineando, inoltre, che il tema della libertas era stato

usato come slogan politico già dai cesaricidi (WIRSZUBSKI 1957, pp. 136-38). La

Cogitore, in effetti, osservando le ricorrenze della parola libertas all’interno delle

fonti letterarie del tempo, osservava che il periodo della dittatura cesariana è

caratterizzato da una scarsa ricorrenza del tema della libertas sia a livello letterario

(si noti, ad esempio, che solo in due passi del de Bello Civile il termine compare con

valenza politica per sostenere delle cause popolari) sia a livello numismatico. Di

particolare importanza è l’espressione ‘’in libertatem vindicare’’: essa, infatti, coniata

in senso politico a partire dalla Pro Flacco di Cicerone e utilizzata dallo stesso autore

all’interno del De Re Publica per indicare un atto di opposizione, delimitata, quindi, da

Sallustio a una contrapposizione tra fazioni politiche, è, infine, recuperata dai

cesaricidi per marcare la loro opposizione al regnum di Cesare, percepito come un

potere monarchico. Il tema della libertas non venne, quindi, recuperato dai triumviri

ed anche sotto Augusto l’espressione ricorre in sole due occasioni: in una moneta

coniata ad Efeso nel 28 a.C. con allusione alla vittoria di Azio e in un passo delle Res

Gestae, dove il termine vindex è utilizzato per indicare la contrapposizione a una

restaurato può, quindi, essere considerata una conseguenza concreta della decisione di allontanarsi dai negotia per dedicarsi alla vita culturale ma, d’altra parte, tale edificio rispecchia, forse, anche la sua volontà di considerare il mondo letterario come <<an alternative form of public activity>>136.

La creazione di una biblioteca pubblica all’interno dell’atrio della Libertà sembra, quindi, possa essere coerentemente collegata alla politica culturale di fronda intrapresa da Pollione con la creazione di un circolo letterario alternativo a quello di Mecenate137. Tra i suoi protetti le fonti enumerano Timagene, uno storico di origine alessandrina e autore di un’opera intitolata

Περὶ βασιλέων, il quale, scacciato dalla casa di Augusto, venne per l’appunto accolto in quella di Pollione138.