CAPITOLO SECONDO
2.3 L’anello mancante Il libro della Scala di Maometto e gli studi di Enrico Cerulli (1949-1972)
Come si evince dai fatti che ho elencato nei paragrafi precedenti, la maggior parte dei dantisti e orientalisti italiani respinsero la tesi di Palacios, in virtù del fatto che non ci fosse prova certa di una redazione che potesse essere pervenuta a Dante; pertanto, dopo la ripresa del tema nel 1943 da parte dello stesso arabista con la sua Historia y critica di una
polemica, la questione cadde nel silenzio.
Enrico Cerulli 113, analizza con attenzione una indicazione bibliografica indicata da Ugo Monneret de Villard114 il quale afferma che, già nel 1944, studiando l’opera di Alfonso X di Castiglia, detto il Saggio, in favore della conoscenza della cultura islamica, il sovrano spagnolo aveva richiamato l’attenzione degli studiosi riguardo due versioni del racconto del mi ‘r$j di Muhammad. Queste due redazioni (che in buona parte si rifanno alla redazione C del secondo ciclo115 di cui ho parlato nel primo capitolo, la cui origine è descritta da Palacios nell’Escatologia musulmana en la divina comedia), la prima, Livre de
l’Eschiele Mahomet, in lingua francese, e la seconda, Liber Scalae Mahometi, in latino,
con ogni probabilità avevano iniziato a diffondersi in Europa dopo il 1264, dunque erano probabilmente giunte in Italia tra il 1200 e il 1300.
Nel 1949 Cerulli pubblicò un testo destinato a segnare in modo irreversibile gli studi danteschi del secondo dopoguerra per ciò che concerne il dibattito sulle fonti arabe di Dante, visto che si tratta di un volume candidato ad essere l’anello che mancava alla teoria di Asìn Palacios: Il Libro della Scala e la questione delle fonti arabo-spagnole della
Divina Commedia. Nel 1972 integrò e completò il suo lavoro facendo seguire un secondo
volume: Nuove ricerche sul Libro della Scala e la conoscenza dell’Islam in Occidente.
2.3.1 Fonti dirette e fonti indirette
Per Cerulli il giusto metodo con cui procedere è l’analisi delle fonti (quasi esclusivamente spagnole) della conoscenza della cultura arabo-islamica da parte del poeta fiorentino; queste vengono suddivise in dirette e indirette.
“Dante poté conoscere delle singole raccolte di tradizioni musulmane quella parte che, adattata, entrò a far parte delle opere tradotte in lingue europee sino alla fine del XIII secolo. Ed anche indiretti sono i legami di Dante con la letteratura filosofica araba, i
113 Enrico Cerulli (Napoli,1898 - Roma, 1988) è stato un orientalista internazionale, linguista specializzato in lingue semitiche e diplomatico durante il periodo fascista. Ricoprì l’incarico di alto funzionario dell’Africa orientale italiana. Si laureò presso l’Università degli Studi di Napoli e si formò studiando la lingua e la cultura araba sotto Carlo Alfonso Nallino e Giorgio Levi Della Vida presso il Regio Istituto Orientale di Napoli, oggi “L’Orientale”. Approfondì gli studi sul Kit!b al-Mi#r!j (Libro del Mi#r!j), celebre testo arabo
concernente l’ascesa al cielo di Muhammad dalla Mecca a Gerusalemme e il suo viaggio svoltosi in una sola notte; due leggende che, secondo molti (tra cui Cerulli stesso), avevano avuto grande influenza su Dante e sulla Divina Commedia per mezzo delle numerosissime versioni del Libro della Scala di Maometto.
114 Ugo Monneret de Villard (Milano, 1881 - Roma, 1954) fu uno studioso dell’arte dell’Oriente. Pubblicò, a seguito dei suoi viaggi in Medio Oriente, l’inventario dei monumenti della storia della Nubia romana e cristiana.
cui influssi egli sentì specialmente attraverso il filtro della filosofia scolastica: tanto che in questo caso il problema non è più individuale di Dante, ma piuttosto concerne in generale la storia della cultura medievale nei suoi rapporti col pensiero degli Arabi.116”
L’orientalista dà per certo che le fonti indirette abbiano avuto un ruolo nella costruzione della Divina Commedia, infatti molti sono i rapporti con il patrimonio di narrazione proveniente dal mondo arabo dal dodicesimo al quattordicesimo secolo. Una di queste è la leggenda del viaggio ultraterreno di Muhammad.
Cerulli è molto più cauto nell’affrontare le fonti dirette; infatti secondo lo studioso la diffusione della narrazione islamica riguardanti l’escatologia islamica nella Toscana di Dante non è sufficiente a dimostrare il suo influsso sulla composizione della Divina
Commedia. Infatti, anche se molte sono le notizie di una conoscenza del mi ‘r$j del Profeta
nell’Italia del 1200/1300 (Ricoldo da Montecroce che in Contra Legem Sarracenorum compone un esaustivo riassunto del viaggio di Muhammad; il nipote del nobile ghibellino Farinata degli Uberti, Fazio degli Uberti, che testimonia la leggenda islamica nel suo
Dittamondo117, ripreso un secolo dopo dal religioso salentino Roberto Caracciolo), non è possibile affermare con certezza che Dante abbia potuto utilizzare direttamente tale letteratura; tant’è che Palacios nell’Escatologia sbaglierebbe a dare per scontati i molti elementi di analogia tra le due escatologie.
Occorre, dunque, esaminare le fonti arabo-islamiche non ponendole in riferimento diretto a Dante, bensì al dibattito latino sulle credenze islamiche: infatti, proseguendo lungo questo tipo di cammino di ricerca, si va incontro ad un tema, secondo Cerulli, di rilevante importanza, cioè la materialità118 dell’oltretomba. Infatti uno dei topoi principali che accomuna il Libro della Scala e la Divina Commedia è proprio la descrizione molto
116 Enrico Cerulli, Il libro della Scala e la questione delle fonti arabo-spagnole della Divina Commedia, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1949, p. 545.
117 Lungo poema enciclopedico che racconta di un viaggio intrapreso dallo stesso Fazio degli Uberti per percorrere tutto il mondo allora conosciuto. Una citazione (Libro V, canto XII, vv.82-84) dell’opera è alquanto esplicita: “Ancor nel libro suo (di Muhammad) che Scala ha nome / dove l’ordine pon del mangiar
loro (dei beati) / divisa e scrivi quivi d’ogni pomo (frutta del Paradiso).” Benché il Dittamondo risalga alla
generazione successiva a Dante, non è impossibile che egli avesse letto il Libro della Scala di Maometto in una delle tante copie che circolavano in Europa alla sua epoca o quantomeno ne avesse conosciuto un sunto o una rielaborazione cristianeggiante.
118 Enrico Cerulli, Il libro della Scala e la questione delle fonti arabo-spagnole della Divina Commedia, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1949, p. 515.
realistica e materiale delle pene che i dannati subiscono all’inferno e delle penitenze purgatoriali, in conformità con la legge del contrappasso.
Cerulli aggiunge che occorre osservare un particolare preciso, cioè che il supplizio a cui è sottoposto il Profeta dell’Islam nella nona bolgia si presenta come il preciso rovesciamento della leggenda coranica del *arh al-sadr119 che recita così:
“Già! Non ti abbiamo noi squarciato il petto? Non ti abbiamo alleviato dalla zavorra che gravava sulle tue spalle? Non abbiamo levato alle stelle il nome tuo? In verità la gioia si accompagna col dolore. E’ proprio così: la felicità si accompagna con la tristezza. Quando termini il lavoro, sforzati e il tuo Signore invoca!”120
Secondo l’orientalista precisa che questo episodio che narra lo squartamento del petto di Muhammad, durante la sua infanzia, come segno della sua elevazione mistica, va preso in seria considerazione in quanto va annoverato tra i racconti in apparenza semplici, che
arrivarono in Occidente ricchi di nozioni molto vicini alle dottrine gnostiche come quella
della purificazione del cuore di Muhammad121.
Lo studioso inoltre, nel suo primo testo, invita a porre l’attenzione su altre due rilevanti somiglianze. La prima riguarda il fatto che nel Libro della Scala colui che svolge il ruolo della guida, ovvero l’angelo Gabriele, discute e risolve numerosi dubbi e domande del Profeta dell’Islam concernenti la struttura e l’ordine dei regni dell’Aldilà, quesiti teologici e riguardanti la cosmografia dei tre regni e, infine, fornisce pure spiegazioni delle scene allegoriche che i due incontrano durante il viaggio. Ciò accade allo stesso modo nel poema dantesco in cui molte volte Virgilio indossa le vesti di chiarificatore di tutte le perplessità e incertezze dell’Alighieri che, al pari di Muhammad, talvolta si scusa con la sua guida per gli innumerevoli interrogativi che è costretto a porre. La seconda consonanza tra le due leggende che il Cerulli propone si riferisce alla cura dei due autori di situare, in modo topograficamente preciso, i tre regni oltremondani e di analizzare in modo molto dettagliato la geografia interna.
119 L’espressione del Corano si può tradurre con “squarcio”, “purificazione”, “apertura del petto. 120 Il Corano, traduzione di Federico Peirone, Oscar Mondadori, Milano, 2009, p. 912.
121 Enrico Cerulli, Nuove ricerche sul “Libro della Scala” e la conoscenza dell’Islam in Occidente, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1972, pp. 277-279.
2.3.2. Le conclusioni di Cerulli
Le conclusioni dello studioso fecero crollare l’edificio di ricerca di Asìn Palacios, in quanto quest’ultimo aveva puntato troppo sulla possibile conoscenza di Dante di varie redazioni del mi ‘r$j e, soprattutto, delle opere di Ibn ‘Arabi122. Se, però, l’esito del lavoro di Cerulli distrugge le tesi dell’Escatologia, d’altro canto convalida, almeno in parte, alcune ipotesi di Palacios, cioè quelle che asseriscono una conoscenza in Occidente della tradizione dell’escatologia islamica; pertanto, lo studio dell’orientalista italiano, andrebbe a confermare l’ipotesi dell’abate spagnolo secondo cui Dante aveva potuto attingere a fonti escatologiche musulmane.
Ecco il perché della scelta di Cerulli di riprendere nel suo testo del 1972 Nuove ricerche sul
Libro della Scala, lo studio a cui Palacios dedica molte pagine nell’Escatologia sulla
questione dell’ambasceria di Brunetto Latini presso la corte castigliana di Alfonso X. Cerulli, tornando appunto sul problema cruciale della trasmissione, rivela l’esistenza di un’opera del sovrano spagnolo dal titolo Setenarìo123. Si tratta di un abbozzo di
un’enciclopedia che contiene un preciso riferimento al Libro della Scala di Maometto, e che, forse, avrebbe potuto influenzare la stesura dell’opera enciclopedica scritta in francese da Brunetto Latini, il quale era di sicuro a conoscenza di alcuni elementi della cultura araba.
Pertanto l’ipotesi di Palacios secondo cui Dante avrebbe potuto venire a conoscenza della tradizione escatologica islamica anche soltanto oralmente attraverso il suo maestro non è, per Cerulli, una teoria del tutto inconsistente.