CAPITOLO SECONDO
2.1 Gli studiosi italiani di Dante vs La Escatologia musulmana en la Divina Comedia
Per il fatto di mettere in dubbio il genio creatore di Dante, e dunque l’originalità dell’intera
Divina Commedia, il lavoro di Asìn Palacios mise di fatto in discussione i risultati di secoli
di studi su Dante.
In effetti molti studiosi ritenevano, e ancora ritengono, che, nella stesura del suo poema, il poeta fiorentino si fosse basato sulla tradizione classica e cristiana; in particolare su opere come l’Eneide e la seconda Lettera ai Corinzi di San Paolo74, per ciò che riguarda la modalità di accesso in vita alla dimensione dell’oltretomba; invece, per ciò che concerne la tematica della visione delle sfere celesti, gli studiosi di Dante indicano come fonti il
Somnium Scipionis75 di Cicerone e l’Apocalisse di Giovanni. Oltre a questo tipo di fonti e a quelle che derivano da citazioni dirette o indirette di Dante stesso (oltre allo stesso Virgilio, Ovidio, Stazio, Lucano...), molti studiosi, nel corso dei secoli hanno ipotizzato l’ispirazione divina della Divina Commedia e che vi fosse un sottofondo di realtà nel viaggio oltremondano del poeta fiorentino76.
Risulterà facile capire come già nel 1919, l’opera di Palacios abbia generato negli studiosi italiani reazioni di sconcerto e incredulità.
In questo capitolo, prenderò in esame, in modo separato, alcuni degli studi più importanti della critica dantesca in Italia.
74 Paolo di Tarso (Tarso, 5/15 a.C. - Roma, 67), Saulo fu scrittore, teologo cristiano e principale missionario del Vangelo di Gesù Cristo. Tra le tredici lettere scritte da lui in greco, raccolte nel Nuovo Testamento, è di particolare interesse la Seconda Lettera ai Corinzi, in cui racconta del suo rapimento estatico: Conosco un
uomo in Cristo che, quattordici anni fa - se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest'uomo - se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunziare.
75 Celebre brano dell’oratore e filosofo Cicerone, tratto dal suo trattato De re publica. Il brano è la narrazione di un sogno di Scipione Emiliano, il protagonista del trattato, a cui gli era apparso il nonno adottivo Scipione l’Africano. Quest’ultimo aveva predetto lui le sue glorie future e la sua morte prematura, mostrandogli successivamente una visione delle sfere celesti, dimora eterna nella Via Lattea delle anime degli uomini politici virtuosi.
76 Etienne Gilson (Parigi, 1884 - Auxerre, 1978), filosofo di orientamento cattolico e storico della filosofia medievale, per esempio, sosteneva la possibilità che Dante considerasse se stesso un profeta, e ritenesse di aver veramente ricevuto una visione del mondo ultraterreno (Lo spirito della filosofia medievale, Parigi, 2000).
Occorre specificare fin da subito che la traduzione italiana dell’opera di Asìn Palacios avverrà soltanto nel 1994 e che, inizialmente, il suo studio non verrà mai contrapposto ad uno studio altrettanto complesso e articolato, bensì a svariati articoli sparsi in riviste letterarie e articoli di giornale.
2.1.1 La prima fase della critica in Italia (1919-1937): un generale rifiuto della teoria di Palacios
La prima fase della critica si sviluppa negli anni a cavallo delle due guerre, perciò, più o meno, nel ventennio successivo alla pubblicazione dell’Escatologia musulmana en la
Divina Comedia.
I primi commenti all’opera di Palacios, inizialmente, si devono ad alcuni orientalisti che considerano convincente le ipotesi avanzate dall’arabista spagnolo.
Ad esempio, Giuseppe Gabrieli77, orientalista e docente di lingua e letteratura araba, che l’11 marzo 1919 pubblica un articolo sul Corriere d’Italia78 col titolo Nuove fonti della
Divina Commedia. Dante e il pensiero musulmano, in cui definisce lo stesso Palacios uno
dei più esperti conoscitori di Dante e delle sue fonti. L’orientalista, inoltre sostiene che l’escatologia musulmana potrebbe essere stata trasmessa al poeta fiorentino per due vie: la
77 Giuseppe Gabrieli (Calimera, 4 aprile 1872 - Roma, 7 aprile 1942) è stato uno studioso orientalista e bibliotecario presso la Reale Accademia dei Lincei. Nel 1915 conseguì la Libera Docenza in “Lingua e Letteratura araba”, disciplina che insegnerà due anni più tardi presso l’Università di Roma.
La sua biografia è molto vasta e verte sugli studi orientalisti (arabistici ad ebraistici), in particolare ai rapporti tra l’Oriente musulmano e l’Occidente cristiano.
In Intorno alle fonti orientali della Divina Commedia Gabrieli, in nome della rivendicazione di un ruolo attivo degli orientalisti nella questione di storiografia letteraria, dice: «Spero che chi ha detto e scritto a questo proposito [cioè la polemica dantesca] "gli orientalisti stiano al loro posto" vorrà riconoscere l'ingiustizia dell'intimazione [...] Si dovrebbe invece far buon viso, parmi, ed esser grati a simili tentativi, purché fatti con serietà di preparazione e di metodo, anche se dimostrinsi alla prova fallaci nelle loro conclusioni; incoraggiare anzi ed invitare gli orientalisti a rivolger la loro attenzione alle cose nostre, come gli occidentalisti sono i benvenuti e bene accolti quando indirizzano le loro ricerche al mondo orientale; solo così si può affrettare e assicurare, in ogni più modesto campo di studio comparativo, storico o letterario, la ricostruzione della verità; la quale in siffatti argomenti è quasi sempre multilatere e complessa, spesso complicata, né conosce differenze di punti cardinali, ma si concede e si rivela allo sforzo concorde di quanti la cercano con rispettosa volontà movendo dalle più diverse parti, talvolta anche dalle più lontane.».
prima è rappresentata da Raimondo Lullo79, esperto conoscitore della dottrina di Ibn‘Arabi; la seconda dal domenicano Ricoldo da Montecroce80, il quale dopo aver predicato il Vangelo ai musulmani di Siria , Persia e Turkestan, fece ritorno al monastero di Santa Maria Novella a Firenze. Sappiamo di per certo che Dante, durante la sua giovinezza, aveva assistito da laico alle lezioni di lettere e di scienze presso il suddetto monastero fiorentino. Tuttavia Gabrieli sarà costretto, verso la fine dello stesso anno, a rivedere la sua posizione, tanto che in un opuscolo, Intorno alle fonti orientali della Divina Commedia, critica l’abate spagnolo per le sue analogie troppo “dimostrative”81 e per il fatto che Dante non dichiara mai apertamente nelle sue opere, tantomeno nella Commedia, le sue fonti dirette.
Sempre nel 1919 Italo Pizzi82, professore di persiano e di filologia indo-iranica presso l’università di Torino, nel Giornale storico della letteratura italiana83, pubblica un articolo, L’influenza araba in Dante, in cui garantisce la fedeltà della letteratura araba nel fungere da base per il testo di Palacios. Inoltre lo studioso orientalista pronostica per
L’escatologia un’accoglienza in Italia tutt’altro che positiva da parte dei dantisti. Tuttavia
Pizzi invita a riconoscere che le analogie e le somiglianze tra il poema dell’Alighieri e le leggende escatologiche islamiche sono troppo numerose per essere casuali.
79 Raimondo Lullo (Palma di Maiorca 1233/1235 - Isola di Maiorca ? 1315) fu un filosofo, teologo mistico e missionario catalano. La missione fondamentale dettatagli dal suo pensiero era quella di convertire ebrei e musulmani al cristianesimo per poter, così, instaurare l’unità della fede. L’arte di Lullo (“ars lulliana”, che risale secondo il filosofo stesso a una ispirazione divina) stabilisce, da un punto di vista logico e ontologico, elementi semplici e primi raffigurati in lettere o simboli e da metodi di combinazione di tali elementi che permettano di acquisire, tramite relazioni, verità in ogni ambito del sapere. L’“ars lulliana”, dunque, costituendo una scienza unitaria, avrebbe la pretesa di offrire una visione totale della realtà.
Sappiamo che Lullo visitò ripetutamente l’Italia tra il 1287 e il 1296.
80 Ricoldo Pennini (noto anche come Riccoldo da Monte di Croce oppure Ricoldo da Montecroce), fu un missionario ed esploratore fiorentino nato a Firenze nel 1243. Divenne frate domenicano nel 1267 e risiedette presso il convento di Santa Maria Novella. Dopo essere stato docente presso l’Università di Pisa, partì per una missione evangelica nel Vicino Oriente. Soggiornò a Baghdad dove studiò il Corano e altre opere di teologia islamica al fine di poter affrontare in modo sicuro le dispute sulla dottrina con i musulmani.
81 Le analogie tra la Divina Commedia e le varie tradizioni islamiche proposte da Palacios avrebbero la pretesa di dimostrare troppo, un vizio dialettico che farebbe perdere ogni forza dimostrativa. Tant’è che alla fine dell’opuscolo sopra citato l’orientalista italiano invita l’abate spagnolo a riscrivere il suo lavoro partendo da un punto di vista più oggettivo.
82 Italo Pizzi (Parma, 1848 - Torino, 1920) è stato uno studioso orientalista italiano che si occupò del patrimonio poetico iranico. Inoltre si occupò anche di traduzione di lingue come il sanscrito, siriaco, arabo, antico tedesco e greco.
83 E’ un periodico dedicato alla letteratura italiana fondato nel 1883 da Rodolfo Reiner, Graf e Novati. Si pubblica tutt’oggi a Torino in fascicoli trimestrali. Comprende saggi filologici e critici, recensioni e rassegne di studi intorno a figure e problemi.
Il pronostico di Pizzi in effetti si concretizzò lo stesso anno, quando un filologo, letterato e studioso di Dante, Pio Rajna84, nella Nuova Antologia85, Dante e i romanzi della tavola
rotonda, respinse immediatamente l’ipotesi dell’imitazione avanzata da Asìn Palacios. A suo dire, le tesi dell’arabista spagnolo potrebbero essere dimostrate soltanto se ad un certo momento della sua vita Dante si fosse fatto musulmano. Pertanto, secondo Rajna, per dare ragione all’abate, occorrerebbe abbandonare i secolari anni di studio della Divina
Commedia per poi riformulare ex novo l’intera vita poetica dell’autore fiorentino. Con
ferma convinzione, dunque lo studioso italiano, respinge ogni deduzione fatta nell’
Escatologia.
Il filologo Ernesto Giacomo Parodi86 e lo studioso di cultura spagnola Bernardo Sanvisenti87 si trovarono in accordo con le considerazioni fatte da Rajna. Infatti Parodi nell’articolo Fonti arabe della Divina Commedia? pubblicato ne Il Marzocco88 nel 1929, dopo aver analizzato in modo dettagliato le molteplici analogie introdotte da Palacios, formula l’ipotesi del parallelismo psicologico e culturale. Tale ipotesi, accolta in seguito anche da Sanvisenti, sostiene che possono esistere coincidenze in più evoluzioni di pensiero, in questo caso tra l’escatologia islamica e quella della Divina Commedia: infatti l’Islam e l’Europa cristiana del medioevo provengono da un unico ceppo originario, cioè la tradizione classica greco-romana e quella biblica. Visto che la psiche umana è pressoché sempre identica nel suo funzionamento, certe tematiche e argomenti devono necessariamente essere concepiti e prodotti in modo simile da tutti gli esseri umani. Per questo motivo, secondo il pensiero di Parodi, le somiglianze tra le due escatologie non hanno nulla a che vedere con alcun tipo di imitazione, ma sono attribuibili semplicemente a tale duplice parallelismo psicologico e culturale.
84 Pio Rajna (Sondrio, 1847 - Firenze, 1930) è stato un filologo italiano che, dal 1874 a Milano e dal 1884 al 1922 a Firenze, fu insigne maestro di romanistica; divenne nel 1907 socio nazionale dei Lincei.
85 Periodico trimestrale fondato del 1866 a Firenze, che si occupa di lettere, scienze e arti.
86 E.G. Parodi (Genova, 1862 - Firenze, 1923) è stato uno scrittore, letterato e filologo che dopo essersi laureato presso l’Università di Genova, studiò presso il Regio Istituto superiore di studi storici a Firenze. 87 B. Sanvisenti (Firenze, 1978 - Firenze, 1944) è stato professore di lingua e letteratura spagnola presso la Bocconi di Milano. Si occupò degli influssi che Dante, Petrarca e Boccaccio ebbero dalla letteratura spagnola.
Un altro dantista, Francesco Torraca89, nel 1920 scrive un articolo ne La Critica90 dal titolo
I precursori di Dante, sostiene che l’unico possibile ponte di comunicazione tra il poeta
fiorentino e la cultura islamica possa essere stato gettato dal maestro Brunetto Latini che, come già detto nel capitolo precedente, potrebbe essere stato a contatto con la letteratura escatologica musulmana durante la sua permanenza presso la corte di Alfonso il Saggio. Tuttavia per lo storico della letteratura, il soggiorno spagnolo durò troppo poco tempo per far sì che Latini potesse venire a conoscenza di una cultura così estesa che avrebbe, poi, in teoria, trasmesso a Dante.
L’arabista Carlo Nallino91 nel 1921 scrive L’influenza islamica sulla letteratura
occidentale sulla Rivista di studi orientali92, in cui asserisce che Brunetto Latini, come sostenne Torraca, non poteva essere l’unico canale di comunicazione tra Dante il mondo islamico, infatti occorre considerare molti altri elementi rilevanti. Alcuni di questi sono i trovatori italiani che si presentavano alla corte di Alfonso il Saggio, i prigionieri islamici in Toscana e i mercanti che avevano relazioni economiche con la Spagna. Pertanto, secondo il professore, la trasmissione del racconto del viaggio di Muhammad è assolutamente possibile. Inoltre, verso la fine del suo discorso, Nallino nega ogni somiglianza tra il purgatorio cristiano, luogo in cui avveniva l’espiazione di ogni colpa, e quello musulmano, sostenendo che nell’Islam non si possa neppure parlare, di purgatorio, eccezion fatta per l’a
‘raf93, luogo posto tra paradiso e inferno citato nel Corano,
89 Francesco Torraca (Pietrapertosa, 1853 - Napoli 1938) è stato uno storico della letteratura e dantista di enorme fama. Ricoprì anche diversi incarichi politici, tra cui quello di senatore del Regno d’Italia nel 1920. Profondo conoscitore della letteratura italiana, francese e provenzale; si dedicò particolarmente all’indagine della biografia di Boccaccio e di Dante.
90 Fu una delle maggiori riviste del primo Novecento, fondata da Benedetto Croce nel 1902.
91 Alfonso Carlo Nallino (Torino, 1872 - Roma, 1938) è stato un islamista e arabista che divenne professore ordinario presso l’Università degli Studi di Roma.
92 La Rivista degli Studi Orientali (RSO) è una pubblicazione orientalistica dell’Università di Roma, fondata nel 1907 da alcuni professori della Scuola Orientale della Facoltà di di Filosofia e Lettere della stessa università.
93 “Al-a ‘raf”, cioè il promontorio o luogo elevato o Limbo, è un luogo citato nel Corano in quanto serve a rappresentare la separazione geografica tra paradiso e inferno e a concretizzare la distinzione morale fra bene e male, delineando il passaggio escatologico della ricompensa e della punizione allo scopo di dare un valore alle azioni umane.
“Fra i due ci sarà un velame e in Al-a ‘raf ci saranno persone che tutti conosceranno per i loro tratti caratteristici. Grideranno agli amici del Giardino: <La pace su di voi , sia la pace>. Ma non potranno entrare anche se ne avranno acuta nostalgia.94”
cioè di un vero e proprio luogo in cui si può fare penitenza per una colpa in quanto la vera e propria cancellazione del peccato ha luogo soltanto dopo il giudizio finale.
Come aveva fatto Gabrieli, altri studiosi andarono contro corrente (per lo meno in un primo momento) rispetto alla maggior parte dei dantisti italiani: Alessandro Bonucci95 e Giorgio Levi Della Vida96. Il primo, come spiega nella Rivista di studi filosofici e religiosi, in un articolo uscito nel 1921, ed in Nuovi studi sulla Divina Commedia, ritiene certi gli esempi di influenza escatologico-islamica portati avanti da Asìn Palacios, sostenendo che quest’ultimo diede il più grande contributo di analisi dantistica dell’ultimo secolo. Il secondo, come fa Bonucci, nell’articolo Dante e l’Islam secondo i nuovi documenti, uscito nella Rivista di Cultura nel 1921, asserisce che l’Escatologia musulmana en la Divina
Comedia, sia il più grande contributo agli studi dell’opera del poeta fiorentino, soprattutto
per ciò che concerne i modelli che Dante poteva avere in quel momento, tematica che, secondo Della Vida, non era mai stata trattata e studiata in modo così esaustivo fino a quel momento. Respingendo l’ipotesi di molti dantisti, secondo cui non sarebbe mai stato possibile mettere in discussione il genio creativo dell’Alighieri, lo studioso l’orientalista veneziano dà credito alla possibilità per cui l’influenza della cultura ispano-islamica sullo sviluppo della cultura in generale, nel mondo cristiano occidentale nel medioevo, sia un fatto ormai certo e assodato. Tuttavia, dopo aver analizzato a fondo le varie analogie sostenute da Palacios, ritenute credibili dallo stesso Della Vida, l’orientalista denuncia una debole, e a volte assente, capacità dimostrativa dell’arabista spagnolo, precisamente per quanto riguarda il modo in cui i testi escatologici del mondo islamico possano essere giunti
94 Il Corano, traduzione di Federico Peirone, Oscar Mondadori, Milano 2009, Sura VII, 46, Al-a ‘raf, p. 237. 95 A. Bonucci (Perugia, 1883 - Palermo, 1922) fu professore di filosofia del diritto presso l’Università di Camerino nel 1907 e presso l’Università di Perugia nel 1911. La sua attività d’indagine, oltre che da interessi giuridici e filosofici, è caratterizzata da studi storico-religiosi.
96 Giorgio Levi Della Vida (Venezia, 1886 - Roma, 1967) è stato un orientalista, storico delle religioni, ebraista e islamista. Nel 1914 ottenne la cattedra di Lingua e Letteratura araba presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, nel 1917 la cattedra di Filologia semitica nell’Università di Torino e nel 1920 la cattedra di Ebraico e lingue semitiche comparate presso l’Università di Roma. Furono vastissimi i suoi interessi e la sua attività scientifica, che abbracciano la filologia semitica, la storia ebraica e islamica, l’epigrafia fenicia e punica e la letteratura siriaca.
nelle mani di Dante. Ciò nonostante l’Escatologia musulmana en la Divina Comedia può essere ritenuto un testo di alto livello, secondo Della Vida, in quanto apre un nuovo campo d’indagine fino a quel momento inesistente e incita arabisti e dantisti verso una più stretta ed efficace collaborazione.
Nel 1923 il dantista e medievalista italiano Bruno Nardi97, pubblicò un articolo dal nome
Intorno al sito del purgatorio e al mito dantesco dell’Eden nel Giornale Dantesco98. In questo articolo spiega come Dante si fosse ispirato, nel delineare la localizzazione del purgatorio e dell’Eden, alla tradizione classica e biblica e non, per questa volta, all’escatologia islamica (pensiero che sosterrà anche nel 1930 nel libro Saggi di filosofia
dantesca99). E’ una conclusione che entra in contrasto, almeno in modo parziale, con ciò che Nardi sosteneva negli anni precedenti in cui difendeva l’influenza islamica sulle dottrine filosofiche di Dante.
Bruno Nardi, nella ricerca erudita sui maggiori problemi della critica dantesca, era mosso dalla necessità di ricostruire il pensiero di Dante nelle sue linee generali. Una tematica a lui molto cara fu quella del profetismo del poeta fiorentino a cui era stata affidata, secondo il medievalista italiano, una missione da Dio.
“Aperta coi profeti dell’Antico Testamento, la serie di coloro ai quali Dio ha largito il dono della profezia, non è ancor chiusa. Poiché la rivelazione profetica non ha avuto il solo scopo di annunciare la venuta di Cristo, ma anche quello di raddrizzare i costumi degli uomini e d’insegnar loro il rispetto della legge divina.
[...]Uno di questi uomini dotati di spirito profetico era, per Dante, il calabrese abate Gioachino, checché ne pensassero Bonaventura e Tommaso. Ed altri probabilmente
97 Bruno Nardi (Altopascio, 1884 - Roma. 1968) fu un filosofo italiano. Si laureò nel 1911 presso l’Università Cattolica di Lovanio con una tesi su Sigieri di Brabante nella Divina Commedia e le fonti della
filosofia di Dante. Nardi si dedicò senza sosta per circa cinquant’anni allo studio del pensiero di Dante,
aprendo nuove strade e formulando proposte inedite. Lo studioso da subito si distaccò con coraggio dagli ambienti culturali danteschi che proponevano tesi consolidate da anni, gettando luce su elementi e suggestioni che il poeta latino traeva dalla filosofia araba (in particolare Avicenna e Averroè) e neoplatonica. Scriverà nel 1956 :in Dante trovai il vero e primo maestro, quello a cui debbo la maggior gratitudine.
Vastissima fu la sua produzione sia nel campo filosofico che in quello dantesco.
98 E’ una rivista nata nel 1893 diretta inizialmente da Passerini, poi, dopo l’interruzione della guerra nel 1921 da Pietrobono col nome di Nuovo Giornale Dantesco. La rivista venne trasferita a Roma, dove contribuì alla divulgazione e approfondimento degli studi danteschi affrontando problemi inerenti all’interpretazione allegorica, teologica, morale e in genere strutturale e scientifica della Divina Commedia.
Dal 1982 la rivista prese il sottotitolo di Annuario Dantesco e da mensile si fece annuale. Le pubblicazioni cessarono nel 1940.
anche dopo di lui aveano avuto da Dio la rivelazione delle cause del decadimento della chiesa. Qual meraviglia se anch’egli, Dante, raccolto a meditare sui mali ond’era travagliata l’umanità per implorare da Dio il rimedio, egli che, edotto da una dolorosa esperienza e provato dalla sventura, non aveva perduto la fede nella provvidenza, ma anzi l’aveva sentita crescere ogni giorno più vigorosa, qual meraviglia, dico, se la sua speranza d’un rinnovamento umano, predisposto dalla volontà di Dio, prese forma di profetica visione, e se una voce interiore, risuonando alla sua coscienza, gli disse come al profeta Geremia: - Sorgi e parla, va, grida alle orecchie di Gerusalemme, - o come