Prima di fornire una breve biografia di Antonio Canova (Possagno, 1 novembre 1757 -Venezia, 13 ottobre 1822)20, si ritiene opportuno sottolineare che, oltre ad essere stato il più grande scultore neoclassico, egli si dedicò anche alla pittura e all’architettura21.
Rimasto orfano di padre in tenera età, in seguito alle seconde nozze della madre con Francesco Sartori, fu cresciuto dal nonno, Pasino Canova22. Quest'ultimo, di mestiere scalpellino, riconobbe l'attitudine del nipote per la scultura e gli consentì di lavorare con lui
14 Cfr. Carlo Scarpa e l’ampliamento della Gipsoteca di Possagno, in Guderzo, Il Museo e la Gipsoteca, cit.,
2012, p.272; Delfini Filippi Gabriella, La Gipsoteca nel XX secolo, note d’archivio, in Antonio Canova, cit., 1992, pp.369,370; Elenco cronologico dei conservatori, cit., 2012, p.287; Stefano e Siro Serafin. Artisti e
restauratori canoviani, in Guderzo, Il Museo e la Gipsoteca, cit., 2012, p.286.
15 Cfr. Carlo Scarpa e l’ampliamento, cit., 2012, p.272; Nepi Scirè Giovanna, Manieri Elia Giulio, Rossi Sandra,
Gallerie dell’Accademia di Venezia, Milano, Mondadori Electa, 2009, p.15.
16 Cfr. Carlo Scarpa e l’ampliamento, cit., 2012, pp.272,274.
17 Cfr. Bassi Elena, Ricordi sfumati nel tempo, in Antonio Canova, cit., 1992, p.344; Carlo Scarpa e
l’ampliamento, cit., 2012, p.273; Guderzo Mario, Introduzione, in Gipsoteche. Realtà e Storia, cit., 2008,
p.12; Guderzo, La Mia casa come il mio museo, cit., 2014, p.336.
18 Cfr. Carlo Scarpa e l’ampliamento, cit., 2012, pp.272, 273,276,278. 19 Cfr. Elenco cronologico dei conservatori, cit., 2012, pp.287-288. 20 Cfr. Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.214,252. 21 Cfr. Guderzo, La Mia casa come il mio museo, cit., 2014, p.333.
22 Cfr. Honour Hugh, Dal bozzetto all’«ultima mano», in Antonio Canova, catalogo della mostra a cura di
Giuseppe Pavanello e Giandomenico Romanelli (Venezia, Museo Correr - Possagno, Gipsoteca, 22 marzo - 30 settembre 1992), Venezia, Marsilio, 1992, p.33; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.214.
presso Villa Falier23. Grazie al nonno e al supporto dell'influente committente, il giovane Canova poté così entrare nello studio di Giuseppe Bernardi, detto il Torretti, seguendolo a Pagnano e a Venezia24.
Nella città lagunare frequentò i corsi serali dell'Accademia del nudo e, in seguito, poté studiare sui calchi e sulle opere barocche della collezione dell'abate Farsetti, sistemata nel palazzo in cui oggi trova sede il Municipio di Venezia25. A questa prima fase di formazione, risale il rapporto amicale con Antonio D’Este, così come la realizzazione dei
Canestri di frutta e delle figure di Orfeo ed Euridice, cui fecero seguito diverse
commissioni, tra cui quelle per Prato della Valle a Padova26. Nel frattempo, nel 1777 il giovane aveva aperto un laboratorio a San Maurizio, dove eseguì il gruppo di Dedalo e
Icaro, di cui si conserva il gesso a Possagno27. Nel 1779 divenne membro dell’Accademia
e, in seguito, si recò per la prima volta a Roma, dove soggiornò per alcuni mesi a Palazzo Venezia, presso Girolamo Zulian, che ricopriva l’incarico di ambasciatore della Serenissima28.
Qui poté studiare direttamente i capolavori d’arte antica e moderna, ricevette dall’abate Foschi delle lezioni di lingua italiana, inglese e francese e di cultura classica; poté inoltre entrare in contatto con il vivace ambiente artistico locale, contrassegnato dal
23 Cfr. Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.214.
24 Cfr. Aliberti Gaudioso Filippo M., Canova e Possagno, in Antonio Canova, cit., 1992, p.377; Pavan,
Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.214,215.
25 Cfr. Favaretto Irene, Riflessioni su Canova e l’antico, in Antonio Canova, cit., 1992, p.61; Honour, Dal
bozzetto all’«ultima mano», cit., 1992, pp.33,34; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.215;
Pavanello Giuseppe, «Antonio Canovae veneto…», in Antonio Canova, cit., 1992, p.45; Zorzi Marino,
Collezioni di antichità a Venezia nei secoli della Repubblica, catalogo della mostra (Venezia, Biblioteca
Nazionale Marciana, Libreria Sansoviniana, 27 maggio - 31 luglio 1988), Roma, Istituto Poligrafico e zecca dello Stato, 1988, pp.48-52. In particolare, la collezione conservava calchi e copie di sculture antiche e moderne e bozzetti e modelli dei maestri del barocco romano. Cfr. Androsov Sergej, Filippo Farsetti, in Borean Linda, Mason Stefania, Il Collezionismo d'arte a Venezia. Il Settecento, Venezia, Marsilio, 2009, p.266.
26 Cfr. Honour, Dal bozzetto all’«ultima mano», cit., 1992, p.39; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit.,
2012, p.215; Pavanello, «Antonio Canovae veneto…», cit., 1992, p.46; Pellegrini Franca, cat. 192,193, in Dal
Medioevo a Canova. Sculture dei Musei Civici di Padova dal Trecento all’Ottocento, catalogo della mostra a
cura di Davide Banzato, Franca Pellegrini, Monica De Vincenti (Padova, Musei Civici agli Eremitani, 20 febbraio - 16 luglio 2000), Venezia, Marsilio, 2000, pp.208-211; Romanelli Giandomenico, La nostalgia del
ritorno. Canova e il Veneto, in Antonio Canova, cit., 1992, p.53.
27 Cfr. I temi dell’arte canoviana, in Guderzo, Il Museo e la Gipsoteca, cit., 2012, p.14; Pavan, Biografia di
Antonio Canova, cit., 2012, p.215; Pavanello, «Antonio Canovae veneto…», cit., 1992, p.46; Romanelli, La nostalgia del ritorno, cit., 1992, p.53.
28 Cfr. Chiarini Paolo, Canova, Goethe e dintorni, in Antonio Canova, cit., 1992, p.12; Guderzo Mario, Antonio
Canova “ebbe la sua officina”, in Gli ateliers degli scultori, atti del convegno a cura di Mario Guderzo,
(Possagno, 24-25 ottobre 2008), Crocetta del Montello, Terra Ferma, 2010, p.20; Pavan, Biografia di
cosmopolitismo e improntato ai valori del nuovo classicismo29. Nel 1755 era infatti giunto a Roma Johann Joachim Winckelmann, autore dei Pensieri sull’imitazione dell’arte greca
nella pittura e nella scultura (1755) e, più tardi, della Storia dell’arte dell’antichità (1764),
che si configura come un testo fondamentale per lo sviluppo della moderna disciplina storicoartistica. Fu l’inglese Gavin Hamilton ad introdurre il Canova ai principi dell’estetica neoclassica e del nuovo approccio metodologico promosso dall’erudito tedesco30. Tuttavia, in tale ambiente il Canova si sarebbe sempre distinto per la sua poetica personale e per una particolare concezione dell’arte e del rapporto con l’antico, caratterizzata dal rifiuto di un’impersonale imitazione dei capolavori e dalla pratica di contemperare lo studio dell’arte del passato con quello della natura31.
Nel corso di questo primo soggiorno, si recò pure a Napoli, Pestum, Pompei e Pozzuoli, dove poté ammirare altre opere d’arte antica, che destarono su di lui grande impressione32.
Dopo un breve periodo trascorso in Veneto, rientrò a Roma nel dicembre 1780 e l’anno successivo ottenne una pensione per tre anni da parte del Senato della Serenissima33. In città ricevette diverse commissioni, tra cui il Teseo sul Minotauro, che giocò un ruolo fondamentale per la sua affermazione34. Inoltre, in occasione della presentazione di tale opera, all’interno del proprio studio lo scultore conobbe Quatremère de Quincy, il quale, insieme ai veneti Giannantonio Selva e Giovanni Volpato, all’inglese Gavin Hamilton, al romano Ennio Quirino Visconti e a Carlo Fea, fu uno dei punti di riferimento e di confronto indispensabili per il suo inserimento nel dibattito artistico del tempo35.
Nel 1798, in seguito all’occupazione francese, Canova ritornò a Possagno e incaricò Antonio D’Este di occuparsi della gestione del suo studio, un’attività che egli avrebbe
29 Cfr. Chiarini, Canova, Goethe e dintorni, cit., 1992, p.12; Honour, Dal bozzetto all’«ultima mano», cit.,
1992, p.34; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.216,217.
30 Cfr. Argan Giulio Carlo, “La virtù visiva dell’anima”, in Antonio Canova, cit., 1992, p.3.
31 Cfr. Chiarini Paolo, Canova, Goethe e dintorni, cit., 1992, pp.10,11; Honour, Dal bozzetto all’«ultima
mano», cit., 1992, p.33; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.217. 32 Favaretto Irene, Riflessioni su Canova e l’antico, in Antonio Canova, cit., 1992, p.62. 33 Cfr. Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.217,218; Pavanello, «Antonio Canovae veneto…», cit., 1992, p.47. 34 Cfr. Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.217,218. 35 Cfr. Favaretto Irene, Riflessioni su Canova e l’antico, in Antonio Canova, cit., 1992, p.62; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.218.
svolto anche dopo il rientro in città dell’amico, al fine di permettergli di dedicarsi ai sempre più numerosi incarichi affidatigli dai diversi committenti36.
Canova, che nel 1802 divenne ispettore generale delle Antichità e Belle Arti dello Stato Pontificio, contribuì a far sì che in quello stesso anno Pio VII, con il suo Chirografo, stabilisse un controllo sull’esportazione dei materiali di scavo37.
Nel 1807 conobbe Leopoldo Cicognara, ovvero l’autore della Storia della scultura (1813-1818), che rappresenta un altro passaggio fondamentale nel processo di sviluppo della moderna storiografia. Tale incontro si verificò poco prima dell’annessione degli stati pontifici all’impero napoleonico38, in seguito a cui lo scultore ricevette, nel 1811, l’incarico di direttore generale dei Musei39.
Il Canova, coadiuvato da Alessandro D’Este, giocò un ruolo importante ai fini della restituzione delle opere portate a Parigi in seguito alle requisizioni che avevano interessato il territorio dello Stato Pontificio all’indomani dell’armistizio di Bologna (1796) e, soprattutto, del Trattato di Tolentino (1797)40. Segnatamente, nel 1815 il cardinale Consalvi e Pio VII affidarono a Canova il compito di negoziare la restituzione delle opere sottratte da Napoleone41. Garantendo la pubblica fruizione delle stesse, il Canova riuscì a farsi accordare il permesso di far rientrare quasi tutte le opere requisite in seguito al Trattato di Tolentino e una parte degli altri dipinti sottratti42.
In seguito Canova, riconoscente per l’appoggio ricevuto dall’Inghilterra, si recò a Londra, dove poté analizzare i marmi del Partenone trasferitivi da Lord Thomas Bruce Elgin43. Quest’ultimo, anni prima, si era recato presso lo studio dell’artista per presentargli dei disegni dei marmi e il Canova aveva espresso un parere negativo in merito all’opportunità di procedere al restauro degli stessi44. Durante la visita a Burlington House, l’artista possagnese ricevette la conferma delle sue intuizioni in merito al rapporto tra arte e
36 Cfr. Honour, Dal bozzetto all’«ultima mano», cit., 1992, pp.38,39; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.224. 37 Cfr. Aliberti Gaudioso, Canova e Possagno, cit., 1992, p.380. 38 Cfr. Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.234. 39 Cfr. Ivi, p.236.
40 Cfr. Per un approfondimento su tale questione si rimanda a: Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit.,
2012, pp.243-245; Pietrangeli Carlo, Un ambasciatore d’eccezione: Canova a Parigi, in Antonio Canova, cit., 1992, pp.15-21. 41 Cfr. Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.243,244; Pietrangeli, Un ambasciatore d’eccezione: Canova a Parigi, cit., 1992, pp.16,17. 42 Cfr. Pietrangeli, Un ambasciatore d’eccezione: Canova a Parigi, cit., 1992, pp.18,19. 43 Cfr. Chiarini, Canova, Goethe e dintorni, cit., 1992, p.10; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.245,246. 44 Cfr. Favaretto, Riflessioni su Canova e l’antico, cit., 1992, p.61; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.229.
natura e il suo parere influenzò la decisione del Parlamento di acquisire i pezzi al fine di destinarli al British Museum45.
Ritornato a Roma il 3 gennaio 1816, si occupò dell’ordinamento del Museo Vaticano e del Museo Capitolino e di nuovi acquisti46. Il 7 agosto, su proposta del Canova venne istituita una commissione incaricata di effettuare valutazioni sulle opere da acquistare47. L’artista, in qualità di presidente, invitò Antonio D’Este, Bertel Thorvaldsen, Carlo Fea e Filippo Aurelio Visconti a far parte di tale collegio48.
Nel 1819 presero avvio i lavori di costruzione del Tempio della Trinità a Possagno, progettato dallo stesso Canova, il quale anni prima aveva già realizzato un modello per la costruzione di una chiesa a Possagno, che però non aveva trovato attuazione49.
Nell’ultimo periodo si dedicò tanto all’esecuzione delle opere commissionategli, quanto alla vigilanza sui lavori di erezione del Tempio, che sarebbe stato inaugurato solo dopo la sua morte50. Dopo un periodo di viaggi compiuti tra Roma, Napoli e Possagno, a causa di problemi di salute, decise di tornare a Possagno, dove soggiornò dal 7 settembre 1922 all’inizio del mese successivo51. Lungo il viaggio di ritorno a Roma, decise di fermarsi a Venezia e qui spirò il 13 ottobre; le cerimonie funebri si tennero a Venezia, Possagno e Roma, ma fu sepolto nel suo paese natale, presso il Tempio della Trinità52.
L’intento di celebrare la memoria del grande scultore veneto, determinò l’erezione del Monumento funebre presso la Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, il quale, inaugurato nel 1827, fu destinato ad ospitare il suo cuore, mentre la mano destra fu conservata presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia53.
Infine, si segnala che condusse numerose opere benefiche in favore di artisti, studenti e istituti di cultura54 e ricevette varie onorificenze, diventando membro e assumendo ruoli direttivi nell’ambito di varie istituzioni artistiche e culturali55.
45 Cfr. Chiarini, Canova, Goethe e dintorni, cit., 1992, p.10; Favaretto, Riflessioni su canova e l’antico, cit., 1992, p.61; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.246,247. 46 Cfr. Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.248. 47 Cfr. Ibidem. 48 Cfr. Guderzo, Antonio Canova “ebbe la sua officina”, cit., 2010, p.20; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.248.
49 Cfr. Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.249,250. Per un approfondimento si rimanda a
Guderzo, La Mia casa come il mio museo, cit., 2014, p.336,337; Romanelli Giandomenico, Il Tempio
canoviano, in Antonio Canova, cit., 1992, pp.347-353;
50 Cfr. Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.250,251. 51 Cfr. Ivi, pp.250,251.
52 Cfr. Ivi, p.252.
53 Cfr. Ibidem; Romanelli, La nostalgia del ritorno, 1992, p.59.
54 Cfr. Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.231,233,248; Pietrangeli, Un ambasciatore
Nonostante il suo studio fosse a Roma, ritornò periodicamente in Veneto56 e, in particolare, a Possagno57, dove si dedicò prevalentemente all’arte pittorica58. Il rapporto esistente tra lo scultore e la terra natale fu infine suggellato dalla costruzione del Tempio della Trinità e dall’apertura della Gipsoteca a lui dedicata59.
SCULTURE IN GESSO
La Gipsoteca possagnese conserva duecento sculture in gesso, di cui centonovantacinque sono opera di Antonio Canova. A queste si aggiungono due busti di Giambattista Sartori eseguiti da Cincinnato Baruzzi, l’Erma di Giovanni Volpato di Antonio D’Este e il bassorilievo con la stele dedicata ad Antonio Canova dal cugino, Domenico Manera60.
Il nucleo individuato è costituito dai modelli e dai calchi delle più importanti sculture realizzate dal Canova a partire dal gruppo di Dedalo e Icaro, risalente al periodo precedente al primo soggiorno romano. Sono dunque rappresentate le commissioni più significative, fino ad arrivare all’esecuzione, nel suo ultimo anno di vita, del gruppo della
Pietà.
Proprio a Roma, l’artista poté apprendere un procedimento esecutivo differente da quello generalmente adottato in Veneto; al fine di restaurare le sculture antiche e, in seguito, di realizzarne delle copie, gli scultori usavano infatti impiegare un numero superiore di punti di riporto61. Dopo aver realizzato l’Apollo che s’incorona e il Teseo sul
Minotauro, per eseguire il Monumento di Clemente XIV Ganganelli Canova iniziò ad
utilizzare un nuovo metodo di lavoro, che poi sarebbe stato adottato da molti scultori
55 Cfr. Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.222,225,229,230,233,236,238,241,243,244,247;
Pietrangeli, Un ambasciatore d’eccezione: Canova a Parigi, cit., 1992, p.21.
56 Per un approfondimento sul legame indissolubile stabilito dal Canova con la sua terra d’origine, ovvero
sugli spunti ricevuti dal punto di vista della formazione artistica, il sostegno accordatogli dalla Serenissima, le commissioni più esemplificative di tale rapporto e le collaborazioni e i contatti stabiliti con personaggi come Isabella Teotochi Albrizzi e Jacopo Morelli, si rimanda a Favaretto Irene, Riflessioni su Canova e
l’antico, in Antonio Canova, cit., 1992, p.63-65; Pavanello, «Antonio Canovae veneto…», cit., 1992, pp.45-50; Romanelli, La nostalgia del ritorno, 1992, pp.53-59. 57 Cfr. Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, pp.221,222,224,225,226,236. 58 Cfr. Aliberti Gaudioso, Canova e Possagno, cit., 1992, p.377; Guderzo, La Mia casa come il mio museo, cit., 2014, p.329. 59 Cfr. Pavanello, La Gipsoteca di Possagno, cit., 1992, p.361; Romanelli Giandomenico, Il Tempio canoviano, cit., 1992, p.347.
60 Per un approfondimento si rimanda alla scheda dedicata in questo studio ai gessi conservati presso il
Museo Civico di Asolo.
europei62. In particolare, il procedimento esecutivo seguito da Canova si componeva di diverse fasi, che partivano dalla realizzazione dei disegni preparatori e di un bozzetto in argilla63. In seguito lo scultore, impiegando un’armatura a crocette, eseguiva un modello grande in creta, da cui veniva tratto il calco in gesso64. In seguito al posizionamento dei punti di riporto, quest’ultimo veniva collocato, come il blocco marmoreo ad esso affiancato, sotto una cornice quadrangolare provvista di fili a piombo, chiamata allora “telaio merato”65. Gli assistenti, procedendo alla sbozzatura del marmo, impiegavano dei compassi per effettuare le opportune misurazioni66. Infine, il maestro interveniva nel trattamento delle superfici, conferendo alle sue sculture un aspetto palpitante di vita67. Secondo Hugh Honour lo scultore riteneva la prima versione marmorea di un determinato soggetto inferiore a quelle realizzate in seguito, poiché queste ultime potevano subire modifiche e perfezionamenti nel trattamento delle superfici68.
La fortuna delle opere canoviane, in ogni caso, è testimoniata dall’esistenza di numerose copie, alla cui proliferazione concorse lo stesso autore, fornendo i calchi dei suoi lavori a diversi scultori69.
Come noto, il patrimonio conservato presso la Gipsoteca possagnese risulta uno strumento fondamentale per lo studio del percorso artistico del Canova, in quanto riunisce i bozzetti, i modelli e i calchi di quasi tutte le opere da lui realizzate70. Inoltre, alcuni gessi sono le sole testimonianze plastiche pervenuteci in riferimento a determinate creazioni dell’artista71. 62 Cfr. Ivi, p.35. 63 Cfr. Honour Hugh, Canova’s Studio Practice-I: The Early Years in «The Burlington Magazine» 114, 1972, pp.147-149; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.254. 64 Cfr. Honour, Dal bozzetto all’«ultima mano», cit., 1992, pp.35-36; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.254; Honour, Canova’s Studio Practice-I: The Early Years, cit., 1972, pp.147-149.
65 Cfr. Honour, Dal bozzetto all’«ultima mano», cit., 1992, p.36; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit.,
2012, p.255; Honour, Canova’s Studio Practice-I: The Early Years, cit., 1972, pp.147-149.
66 Cfr. Honour, Dal bozzetto all’«ultima mano», cit., 1992, p.36; Honour, Canova’s Studio Practice-I: The
Early Years, cit., 1972, pp.148-149. 67 Cfr. Honour, Dal bozzetto all’«ultima mano», cit., 1992, pp.36,41; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.255; Honour Hugh, Canova’s Studio Practice-II: 1792-1822 in «The Burlington Magazine» 114, 1972, pp.214,217. 68 Cfr. Honour, Dal bozzetto all’«ultima mano», cit., 1992, p.40. 69 Cfr. Ivi, cit., 1992, p.42. 70 Cfr. Aliberti Gaudioso, Canova e Possagno, cit., 1992, p.377; Guderzo Mario, Gypsotheca ex canovae operibus. La Gipsoteca Canoviana di Possagno, cit., 2008, p.140. 71 Cfr. Aliberti Gaudioso, Canova e Possagno, cit., 1992, p.377.
ALLESTIMENTO
La Gipsoteca progettata da Lazzari risulta caratterizzata da un impianto di tipo basilicale e nel primo allestimento approntato il Sartori volle restituire il tipico assetto di uno studio di scultura72. Le opere furono articolate su tre livelli sovrapposti: in basso vi erano, accostate le une alle altre, le sculture a tutto tondo, nella fascia centrale correvano le mensole con i busti e le teste ideali e, infine, il livello superiore era occupato dai rilievi73. Inoltre, come segnalato da Gabriella Delfini Filippi, le scelte effettuate sono riconducibili ad un approccio museografico diffuso all’inizio del secolo, testimoniato dagli allestimenti di diverse collezioni romane d’arte antica74.
Come attesta il pannello esplicativo posto all’ingresso della Gipsoteca, i diversi interventi condotti successivamente sono stati attuati nel rispetto della concezione a cui fu originariamente improntato l’allestimento voluto dal Sartori75.
Dopo un primo riallestimento della Gipsoteca, reso necessario dai già citati danneggiamenti verificatisi nel corso del primo conflitto mondiale, al termine di quello successivo vennero infatti apportate modifiche rilevanti all’assetto originario76 e ulteriori cambiamenti furono introdotti in seguito all’intervento di Carlo Scarpa, a cui si deve l’assetto attuale del Museo Gipsoteca Canova. In seguito a tale interventi, ad esempio, i busti e la teste ideali non furono ricollocati sulle mensole lignee e si decise di ricomporre il
Monumento di Maria Cristina d’Austria77.
Attualmente all’ingresso, oltre al già citato pannello con le informazioni relative alla Gipsoteca, è fornita una breve biografia di Antonio Canova, volta a far conoscere al pubblico il percorso artistico dello scultore dipanato tra i diversi ambienti del museo.
Le pareti dell’ala ottocentesca presentano, contrariamente all’allestimento originario78, una colorazione chiara, invece i basamenti delle sculture sono quelli originali79. 72 Cfr. Guderzo Mario, Gypsotheca, cit., 2008, p.143; Guderzo, La Mia casa come il mio museo, cit., 2014, pp.334,335; Pavan, Biografia di Antonio Canova, cit., 2012, p.255. 73 Cfr. Delfini Filippi Gabriella, La Gipsoteca nel XX secolo, note d’archivio, in Antonio Canova, cit., 1992, p.369; Guderzo Mario, Gypsotheca, cit., 2008, pp.145,146; Pavanello, La Gipsoteca di Possagno, cit., 1992, pp.360,364-366. 74 Cfr. Delfini Filippi, La Gipsoteca nel XX secolo, cit., 1992, p.369. 75 Cfr. Guderzo, La Mia casa come il mio museo, cit., 2014, p.335. 76 Cfr. Guderzo, La Mia casa come il mio museo, cit., 2014, p.335. 77 Cfr. Delfini Filippi, La Gipsoteca nel XX secolo, cit., 1992, p.370,372. 78 Cfr. Ivi, p.369; Guderzo Mario, Gypsotheca, cit., 2008, p.145; Pavanello, La Gipsoteca di Possagno, cit., 1992, pp.360,364. 79 Cfr. Guderzo Mario, Gypsotheca, cit., 2008, p.146.
Ai fini del presente studio risulta degno di nota soprattutto il fatto che le didascalie siano fornite sia in italiano sia in inglese e che alcune opere siano accompagnate da spiegazioni più approfondite sulla loro genesi e sui rapporti con altri pezzi conservati in