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In alcuni Paesi di common law, come Regno Unito, Hong Kong221, India, Irlanda, Nuova Zelanda222 e Sud Africa223, è stato stabilito un regime speciale per i “computer-generated

work”, ovvero per i lavori che sono tali in quanto creati da un autore non umano224.

221 Sezione 11 della Copyright Ordinance (cap. 528) del 1997.

222 La Section 5(2) del New Zealand Copyright Act (1994) prevede che: “computer-generated, in relation to a

work, means that the work is generated by computer in circumstances such that there is no human author of the work. For the purposes of subsection (1), the person who creates a work shall be taken to be, (a) in the case of a literary, dramatic, musical, or

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La questione autoriale in questi casi è risolta individuando come titolare: “the person by

whom the arrangements necessary for the creation of the work are undertaken”225, o, “the person who

causes the work to be created”226.

Inoltre, la § 178 del Copyright Design and Patents Act (“CDPA”) individua espressamente come “computer-generated works”, quelli che sono creati dal computer in circostanze per cui non è presente un autore umano. Il tempo di durata della privativa è calcolato dalla data di produzione del lavoro stesso.

L’individuazione dell’autore di tali lavori è determinata da una finzione legale, derogatoria rispetto alla regola generale per cui, solitamente, è considerato autore chi crea il lavoro. In questo contesto, infatti, vi è uno scostamento tra la figura dell’autore legale e quella dell’autore di fatto. Nell’applicare la disciplina deve essere effettuata una reinterpretazione di alcuni concetti fondamentali della materia autoriale, come quello dell’originality, che non è più definita come riflesso della personalità dell’autore legale all’interno dell’opera (costui, infatti, non ha svolto alcun lavoro per creare l’opera), ma nemmeno viene attribuita all’autore di fatto (l’automa infatti non ha alcuna personalità da riflettere nella sua opera)227.

Interessante è l’applicazione a livello giurisprudenziale della norma, che solleva alcuni quesiti interpretativi.

Infatti, nonostante la previsione normativa appaia come un indice di apertura verso la tutela delle opere create dalle macchine intelligenti, vi è incertezza se effettivamente il regime possa essere applicato a tutte le opere create da automi.

Una questione centrale a livello interpretativo è costituita dal termine “arrangements”, in riferimento all’individuazione della persona responsabile di essi, che potrebbe coincidere talvolta con l’utilizzatore, e talvolta con il programmatore del sistema, o con il soggetto che produce e vende i software, o addirittura con chi investe per la creazione delle opere. Inoltre, adottando un’interpretazione ancora più ampia, il termine potrebbe anche indicare chi ha artistic work that is computer-generated, the person by whom the arrangements necessary for the creation of the work are undertaken”.

223 South Africa Copyright Act (1978), così come emendato nel Copyright Amendment Act (2002).

Section 1, n. 1, s.v. author, letter h), recita che: “a literary, dramatic, musical or artistic work or computer program, which is computer-generated, means the person by whom the arrangements necessary for the creation of the work were undertaken”.

224 Si consulti la section 178 del UK Copyright Design and Patents Act. 225 Ibidem.

226 Section 2(d)(vi) Indian Copyright Act.

227J.MCCUTCHEON, Curing the authorless void: protecting computer generated works following Ice TV and phone

directories, 37 Melbourne University Law Review 46-51 (2013), il quale afferma che: “it seems the criterion of originality would be applied on a hypothetical basis: if the work had been authored by a human, or if that human could be identified, would it be original?”.

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istruito o allenato il programma o chi ha personalizzato il software228. Non è nemmeno escluso che l’autore possa anche essere individuato in una combinazione di tutti questi soggetti, se gli interpreti sono concordi che il termine “person” possa includere più di un individuo.

Tutte le opzioni sopramenzionate sono possibili, considerando anche che il termine “arrangements” si riferisce al preparare e all’organizzare qualcosa, senza cui il lavoro finale non potrebbe essere prodotto, e tutti questi soggetti sono in grado di soddisfare questa definizione.

Inoltre, la normativa sottolinea che deve trattarsi di “necessary arrangements” e quindi di contributi decisivi, per cui il termine potrebbe essere circoscritto solo ai programmatori o utilizzatori.

L’individuo a cui è attribuita la paternità tramite la finzione legale viene individuato su base casistica considerando, di volta in volta, diversi fattori, tra cui l’iniziativa nel creare il lavoro, la vicinanza con l’atto finale, o l’estensione degli apporti creativi che sono stati posti in essere per la creazione del lavoro stesso. L’aspetto fondamentale da sottolineare è che, chiunque sia l’individuo riconosciuto come autore dell’opera, costui non avrà posto in essere “any personal, creative effort”229.

Nell’applicazione giurisprudenziale, in Express Newspapers v. Liverpool Daily Post230, la Corte ha riconosciuto come protetta da copyright una griglia di lettere creata da un computer dietro al quale non vi era alcuna direzione umana. Applicando la normativa alla lettera la titolarità è stata riconosciuta in capo al programmatore del sistema.

Anche in un altro caso britannico, che riguardava la struttura di immagini generate quando l’utilizzatore gioca ad un videogioco, “the person by whome arrengements were undertaken” è stata individuata con il soggetto che ha programmato e disegnato il gioco231. La Corte in questo caso ha espressamente negato il riconoscimento di alcun diritto in capo all’utilizzatore del gioco, in quanto i suoi input non erano in alcun modo artistici e

228 Sul punto si veda A.GUADAMUZ, Do Androids Dream of Electric Copyright? Comparative analysis of

originality in artificial intelligence generated works, 2 Intellectual Property Quarterly 169 (2017), il quale osserva come

l’apparente ambiguità della norma possa essere risolta “simply by reading the letter of the law and applying it on a case

by case basis”, con la conseguenza che “if the artificial agent is directly started by the programmer, and it creates a work of art, then the programmer is clearly the author in accordance to § 9 (3) CDPA. However, if a user acquires a program capable of producing computer-generated works, and uses it to generate a new work, then ownership would go to the user”. La soluzione

interpretativa non fa che ipotizzare, nel primo caso, che il programmatore del sistema di IA sia anche il suo utilizzatore.

229E.DOROTHEOU, Reap the Benefits and Avoid the Legal Uncertainty: Who Owns the Creations of Artificial

Intelligence?, 21 Computer and pre Telecomm. L. Rev. 85 (2015).

230 Express Newspapers PLC v. Liverpool Daily Post & Echo PLC and others, 1 WLR, 1089 (ch.), 1985. 231 Nova Productions Ltd. v. Mazooma Games Ltd., RPC 379 (2006).

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soprattutto costui non aveva posto in essere alcun “arrangement” necessario per dare vita alla struttura dell’immagine.

Si consideri che non tutti i casi in futuro saranno di immediata soluzione, se si tiene in considerazione come nel mondo dei videogiochi i giocatori hanno un ruolo sempre più attivo nel gestire la partita. Di conseguenza, l’incertezza interpretativa che caratterizza la norma in questione e l’identificazione dell’autore, che si basa su una finzione legale da individuare su base casistica, suggeriscono una ragione per non estendere questa formulazione legislativa ai Paesi che non possiedono alcuna indicazione per la tutela delle opere create dalle IA. L’ambiguità interpretativa può essere risolta solo interpretando alla lettera la disposizione normativa e applicandola ai singoli casi.

Infatti, secondo la legge, se il programmatore avvia il programma e crea l’opera, costui è sicuramente l’autore; se invece è l’utilizzatore che acquista una macchina capace di generare opere e poi la macchina crea, allora sarà sicuramente l’utilizzatore a possedere i diritti su di esse232.

La normativa in questione, se da un lato ha il pregio di riconoscere una forma di tutela alle opere computazionali, al tempo stesso richiede ancora l’individuazione di una figura umana per l’attribuzione dei diritti. Dunque, se da un lato il sistema riconosce la creazione di opere da parte di un computer, al tempo stesso non supera l’antropocentrismo che caratterizza la disciplina.

Questo aspetto si pone come problematico in riferimento alle opere delle IA che sono create in modo (quasi) autonomo, in quanto diventa difficile individuare il soggetto umano che, di volta in volta, è il responsabile degli “arrangements”. Inoltre, un approccio casistico non sembra essere la soluzione migliore, in quanto eccessivamente labile.

Emerge, dunque, come la previsione normativa sia inversamente proporzionale alla evoluzione della realtà tecnologica, in quanto più sono autonomi i sistemi di IA e meno essa è applicabile.

Se da un lato la disposizione non funziona per le macchine più tecnologiche, dall’altro non funziona uniformemente nemmeno per quelle meno autonome, a causa della difficoltà interpretativa su chi sia effettivamente il soggetto responsabile.

In conclusione, si ritiene che, nonostante lo sforzo di iniziare a riconoscere la creazione di lavori generati da computer autonomi, non è auspicabile applicare la medesima

232 Questo è quanto sta accadendo con Google Deep Dream Project, dove Google ha rilasciato il

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disposizione normativa anche all’interno dei sistemi italiano e statunitense, in quanto non si pone in linea con l’evoluzione futura degli automi e non offre una risposta adeguata al problema.