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Tradizionalmente, l’inventore è il soggetto il cui atto creativo porta all’invenzione. All’interno della disciplina italiana ed europea non vi è alcuna definizione in merito alle caratteristiche di questo soggetto, ma tradizionalmente si ritiene che costui debba necessariamente essere una persona fisica369.

368 35 U.S. Code § 115, “Inventor’s oath or declaration”.

369 Alcuni riferimenti letterari che rafforzano questa tesi sono contenuti all’articolo 60 EPC, in cui si

afferma: “(…) two or more persons have made an invention independently of each other, the right to a European patent therefor

shall belong to the person whose European patent application has the earliest date of filing, provided that this first application has been published.” Rilevano anche le disposizioni di cui all’articolo 119 c.p.i., in cui si disciplinano i casi di una

scorretta indicazione dell’inventore e all’articolo 185 c.p.i, in cui si richiede di inserire il nome e cognome dell’inventore stesso nella domanda di brevetto. Inoltre, all’interno del sottogruppo delle nuove varietà vegetali, l’articolo 101 c.p.i., definisce come costitutore: “a) la persona che ha creato o che ha scoperto e messo a punto una varietà; b) la persona che è il datore di lavoro della persona sopraindicata o che ne ha commissionato il lavoro”, sottolineando ancora una volta come l’inventore sia una persona.

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La paternità sul trovato nasce con l’invenzione stessa e prescinde dall’esistenza del brevetto370. Gli articoli 63, comma I, c.p.i., e 2589 c.c., precisano che si tratta di un diritto inalienabile e intrasmissibile371 che si concretizza nella pretesa dell’inventore a che il suo nome figuri sul brevetto e di agire giudizialmente per far accertare la propria paternità su di esso.

L’invenzione, infatti, dà vita a due diritti, quello morale ad essere considerato come inventore e quello economico che deriva dallo sfruttamento del brevetto. I diritti iniziali spettano a chi ha inventato il trovato e non a chi ha investito economicamente nell’attività di ricerca. Questo approccio segue il principio generale per cui tutti i frutti delle creazioni intellettuali vengono attribuiti, in primis, al loro inventore, trattando come eccezione il diritto alla titolarità del brevetto che spetta, ad esempio, al lavoratore subordinato per l’invenzione ottenuta durante il rapporto di lavoro372.

La caratterizzazione della figura dell’inventore con l’essere umano è confermata quindi anche dal fatto che a costui sono garantiti i diritti morali373.

I diritti morali hanno come scopo quello di proteggere l’inventore, e sono indipendenti rispetto ai diritti sull’ottenimento del brevetto e alla brevettazione dell’invenzione stessa374. Il fatto che i diritti morali possano essere fatti valere dall’inventore e dopo la sua morte dal coniuge o dai discendenti entro il secondo grado, conferma ancora una volta la sua natura umana. Oltre a questo aspetto si consideri anche il fatto che ontologicamente i diritti morali sono definiti come diritti della personalità375.

370 Sul tema, L.C.UBERTAZZI, Profili soggettivi del brevetto, Giuffrè, Milano, 1985, 207; G. SANTINI, I

diritti della personalità nel diritto industriale, Cedam, Padova 1959, 85.

371 App. Milano, 23 dicembre 1977, in Giur. ann. dir. ind., 1978, n. 1025.

372SENA, I diritti sulle invenzioni e sui modelli di utilità op. cit., 169; OTTOLIA, Profili soggettivi del brevetto, op.

cit., 416, in cui si afferma che le eccezioni al principio generale sono talmente significative nel sistema italiano

che mettono in dubbio il fatto che il principio possa ancora essere considerato come la regola generale.

373 Gli articoli 62 e 64 c.p.i., 62 e 82 EPC, 2589-2590 c.c., e l’articolo 4-ter CUP (richiamato dall’articolo

2(1)TRIPs), affermano che l’inventore ha il diritto ad essere menzionato come l’autore dell’invenzione. Per un approfondimento, SANTINI, op. loc. cit.

Si consideri che nell’ambito brevettuale i diritti morali godono di un livello di protezione inferiore rispetto a quello di cui godono nella privativa autoriale. In modo particolare, l’inventore non può attuare l’invenzione, non può obiettare in merito a qualsiasi deformazione o modificazione del lavoro che potrebbe mettere a rischio la sua reputazione e nemmeno ritirare il suo lavoro dal mercato, per un approfondimento, VANZETTI-DI CATALDO, op. cit., 418.

374UBERTAZZI, Profili soggettivi del brevetto, op. cit., 214-215; G. SENA, Il contenuto del cosiddetto diritto morale

dell’inventore, in Riv. Dir. Ind., 1959, 59; SENA, Il contenuto del cosiddetto diritto morale dell’inventore, op. cit., 409.

375UBERTAZZI, Profili soggettivi del brevetto, op. cit., 233; Trib. Milano, 15 maggio 1997, in Giur. Ann. Dir.

Ind., 1999, 186, in cui si legge: “poiché il fatto costitutivo del diritto morale di paternità dell’invenzione risiede

per definizione nell’attività creativa umana, la capacità giuridica di essere soggetto di tale diritto non può essere riconosciuta a persona diversa dalla persona fisica”.

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Un ulteriore principio generale, a sostegno dell’umanità dell’inventore stesso, risiede nel fatto che sia la domanda di brevetto che il suo titolo devono contenere l’indicazione dell’inventore376. L’ufficio brevetti, tuttavia, non controlla l’esatta menzione dell’inventore (Art. 119 c.p.i. e Rule 19 (2) EPC). La domanda di brevetto si considera rifiutata se l’indicazione dell’inventore è assente o mancante da non poter essere considerata valida e il richiedente non vi pone rimedio entro 16 mesi dalla data di deposito o di priorità377.

Bisogna dunque analizzare se l’assenza di indicazione, o la scorretta menzione dell’inventore, possano portare alla revocazione del brevetto stesso. L’articolo 76 c.p.i elenca in modo esaustivo i casi di nullità del brevetto e l’articolo 138 EPC ricalca la normativa nazionale, riferendosi a casi di invalidità determinati dalle singole legislazioni nazionali378. Considerando che la correzione della indicazione dell’inventore può essere effettuata anche dopo la registrazione del brevetto (art. 119, comma III, c.p.i e EPC Rule 21 (1)) si può concludere che la scorretta o assente indicazione non ricade all’interno dei casi di revocazione di esso, ma riguarda solo un caso di colpevolezza del processo di deposito della domanda di brevetto stessa, senza inficiarne la validità379.

Se l’inventore deve comunque essere una persona fisica, l’indicazione di un robot come tale risulta formalmente invalida. In questo caso l’EPO dovrebbe richiedere di modificare l’indicazione, attribuendola ad un inventore che può essere considerato come tale. Se questo non dovesse accadere, l’applicazione dovrebbe essere rifiutata, ma se l’Ufficio non dovesse sollevare alcuna questione, l’indicazione di un robot come inventore potrebbe rimanere, senza alcuna ripercussione per la validità del brevetto.

Apparentemente le invenzioni generate dalle macchine intelligenti non sono compatibili con il regime di titolarità richiesto dalla normativa brevettuale, in quanto le IA non sono soggetti di diritto e non possono quindi essere considerate come i diretti titolari del trovato nel caso ipotetico in cui abbiano agito in modo autonomo come inventori indipendenti. Di conseguenza, una prima conclusione vorrebbe che i trovati da esse individuati ricadessero necessariamente nel pubblico dominio, in quanto non potrebbe essere attribuita a nessuno la paternità di esse.

376 Articolo 160, 185(2) c.p.i. e articolo 81 EPC.

377 EPO, Guidelines for examinations in the EPO cit., Parte A, Capitolo III-7.

378 Uno dei casi in relazione a questa possibilità è rappresentato dalla possibilità che il proprietario

dell’invenzione non abbia alcun titolo in merito ad essa e che l’inventore a cui spetti non ha richiesto che gli venga assegnato il brevetto. Questa previsione è connessa con i diritti di sfruttamento economico e non con i diritti morali e la stessa situazione si applica nel caso di usurpazione.

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Tuttavia, questa concezione di titolarità dell’invenzione si fonda sull’idea storica per cui l’inventore è considerato un operatore solitario che inventa utilizzando unicamente le proprie risorse finanziarie380. Bisogna, infatti, considerare che l’evoluzione tecnologica degli ultimi secoli ha invece lasciato uno spazio sempre minore alla figura del ricercatore solitario, sostituendolo con operatori professionali che lavorano in gruppo, spesso finanziati da enti (privati o pubblici).

In questo nuovo scenario, uno dei problemi centrali è quello di stabilire a chi appartengano le invenzioni prodotte dalla ricerca tecnologica (spesso identificata in robot o sistemi di IA) condotta da un insieme di soggetti.

Si tratta, quindi, di fissare chi sia il titolare dei risultati prodotti dalle macchine

intelligenti, dove la macchina assume un proprio ruolo all’interno di un sistema organizzato,

lontana dalla figura dell’inventore solitario.

Anche negli Stati Uniti, il Patent Act non offre una definizione specifica del termine “inventor”, ma vi sono delle chiare e precise indicazioni da cui emerge chiaramente che costui debba essere individuato in un essere umano.

Lo scopo legale del termine “inventorship”, fissato nel testo costituzionale, è stato sviluppato negli anni dalla legislazione intervenuta in materia e dalla casistica giurisprudenziale381.

Dalla lettura della Patent Clause all’interno della Costituzione americana382, emerge come il fine ultimo del sistema brevettuale sia quello di proteggere i frutti degli inventori, attribuendo loro il diritto esclusivo nei confronti dei lavori che producono. Se dalla carta costituzionale possono essere ricavati pochi spunti interpretativi rispetto al requisito dell’“inventorship”, gli atti del Congresso si rivolgono direttamente ad esso.

Nel descrivere il possibile oggetto del brevetto, 35 U.S.C., § 101, nel passaggio al Patent Act del 1952 è stato affermato davanti al Congresso che oggetto della privativa dovesse essere: “anything under the sun that is made by man”383. In questo modo viene effettuata una chiara demarcazione dell’idea per cui gli inventori sono necessariamente gli esseri umani.

380VANZETTI-DI CATALDO, op. cit., 425.

381E.G.GREIVE, The Doctrine of Inventorship: Its Ramifications in Patent Law, 17 W. Res. L. Rev. 1342,

1342-43 (1966), che discute i concetti di original authority e di inventorship nella disciplina brevettuale statunitense.

382 U.S. CONST. art. I, § 8, cl. 8. James Madison ha spiegato l’utilità di questa clausola nel Federalist

Paper No. 43, affermando che: “the right to useful inventions seems with equal reason to belong to the inventors” e indicando che: “the public good fully coincides with the claims of individuals”.

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Questo aspetto è maggiormente rafforzato dalle regole dello United States Patent and Trademark Office (“UTSPO”), che richiede agli inventori di fornire informazioni come il loro nome e il luogo di residenza per depositare il brevetto.

La legislazione richiede inoltre che tutti gli inventori siano nominati nel brevetto, altrimenti questo potrebbe risultare invalido o “unenforceable”. Tuttavia, questa tipologia di errore può essere corretta durante la registrazione e non inficia la potenziale validità del brevetto384.

Inoltre, il manuale che disciplina la procedura di esaminazione dell’UTSPO, prevede che: “the threshold question in determining inventorship is who conceived the invention. Unless a person

contributes to the conception of the invention, he is not an inventor”385.

A differenza della normativa sul copyright, la legge sui brevetti richiede specificatamente che gli individui debbano essere nominati come inventori con la diretta conseguenza di escludere alcuni soggetti dalla titolarità, come ad esempio le società. Anche nella giurisprudenza è stato chiarito che: “only natural person may be inventors”386.

In generale, un inventore è considerato colui che ottiene una protezione brevettuale da cui deriva il diritto: “to exclude others from making, using, offering for sale, or selling the

invention”387. In modo più specifico, “inventor” è: “the individual or, if a joint invention, the

individuals who collectively invented or discovered the subject matter of the invention”388. Inoltre, gli inventori, individuali e in gruppo, devono essere tutti nominati all’interno del brevetto e devono effettuare un giuramento o una dichiarazione di invenzione389.

Questo aspetto, anche se specchio di un sistema vecchio, che una volta era il centro focale del concetto di “inventorship”, è utile nella presente analisi per sottolineare ancora una volta l’individuazione della persona fisica nella figura dell’inventore.

Infatti, in una terribile parte della storia americana, e precisamente nel 1858, si afferma che né gli schiavi, né i padroni di essi, potevano essere considerati come inventori del trovato dello schiavo stesso. La ratio deve essere ricercata nel fatto che lo schiavo non

384 Beco Dairy Automation, Inc. v. Glob. Tech Sys., Inc., 104 F. Supp. 3d 1023, 1036 (E.D. Cal. 2015). 385 Manual of Patent Examing Procedure (“MPEP”) § 2137.01 (2014).

386 Beech Aircraft Corp. v. EDO Corp., 990 F.2d 1237, 1248 (Fed. Cir. 1993). 387 35 U.S.C. § 154.

388 35 U.S.C. § 100(f); 35 U.S.C. § 100(h).

389 35 U.S.C. §115(a)); 37 C.F.R. § 1.63 (2015) in cui: “Oath or Declaration must: (1) Identify the inventor or

joint inventor by his or her legal name, (2) Identify the application to which it is directed, (3) Include a statement that the person executing the oath or declaration believes the named inventor or joint inventor to be the original inventor or an original joint inventor of a claimed invention in the application for which the oath or declaration is being submitted; and (4) State that the application was made or was authorized to be made by the person executing the oath or declaration”.

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poteva giurare di essere inventore, o fare giuramento in generale390. Questa parentesi storica sottolinea come l’idea, che l’inventore debba necessariamente essere un umano dotato della capacità di giuramento, sia sempre stata presente nella storia della privativa.

Nell’analisi in merito alle caratteristiche dell’invenzione è stato sottolineato come l’inventore debba compiere un significativo passo in avanti rispetto alle precedenti alternative ai fini di considerare la sua invenzione come brevettabile. Questo aspetto viene considerato come il: “mental part of the inventive act”391.

Dunque, la legge richiede che l’inventore sia un essere umano, che attraverso un processo mentale, particolarmente significativo, riesce a dare vita a qualche tipo di “inventive

concept” che sia suscettibile di brevettazione. Nonostante ciò, come esposto

precedentemente, diversi brevetti sono stati inconsapevolmente rilasciati anche a inventori non-umani, anche se non risultava in modo esplicito dal deposito della domanda di brevetto.

Quindi, alla luce delle disposizioni dello Statute, della giurisprudenza e della storia del concetto di “inventorship”, è evidente che tradizionalmente questa figura è sempre stata riferita ad un essere umano, capace di contribuire all’invenzione.

Al giorno d’oggi, non risulta esservi alcun precedente in merito alle invenzioni non umane, anche se, possono essere applicate ai brevetti le medesime conclusioni che erano state tratte per il caso Naruto v. Slater392.

Alla luce della presente analisi emerge come le macchine intelligenti non possano essere considerate come inventori solitari e indipendenti, ma nemmeno come “joint authors”, in quanto non sono esseri umani.

Nell’analisi che segue, dopo aver valutato se le ragioni giustificative alla base del sistema di privativa possono essere valide anche rispetto alle invenzioni computazionali, verranno analizzati due scenari, in totale contrapposizione tra di loro.

Il primo scenario, che si basa maggiormente sulla realtà pratica dell’utilizzo delle IA propone il riconoscimento di un regime di titolarità per i diritti che derivano dalla protezione delle invenzioni computazionali in capo all’utilizzatore di esse o in capo al loro programmatore.

390 B.L. FRYE, Invention of a Slave, 68 Syracuse L. Rev. 181 (2018), in cui si legge che la privativa

brevettuale doveva essere vietata agli schiavi per due ragioni: “(1) slaves were unable to take the patent oath, and (2)

slaves were unable to receive property rights”.

391 Townsend v. Smith, 17 C.C.P.A. 647, 651 (C.C.P.A. 1929). 392 Ibidem, Naruto v. Slater.

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Il secondo scenario, invece, analizza la figura del robot-inventore solitario e non può che concludere con la necessità di riconoscere l’output computazionale come appartenente al pubblico dominio.